Ho apprezzato molto l’intervento del rettore di Sassari Attilio Mastino che su Sardegna Antiqua la ricorda così:
In questi anni ha svolto un’intensa attività di ricerca, presentando i risultati in convegni nazionali ed internazionali, con una produzione scientifica di qualità che dalla Storia Romana si è estesa alle Antichità Romane e all’Epigrafia Latina. 35 anni d’impegno, con alcuni principali filoni di ricerca, le antichità della Sardegna romana, l’epigrafia del Nord Africa in età romana, i Severi, gli aspetti generali dell’Epigrafia latina e della Storia romana.
Il nucleo principale di studi è riferito alla storia della Sardegna romana: tra l’altro ha pubblicato un catalogo di monete tarde rinvenute nell’isola; ha pubblicato alcune iscrizioni inedite e riletto diversi documenti epigrafici del cui testo ha proposto nuove letture e interpretazioni. Ha fatto oggetto di studio le città di Tharros, Sulci, Olbia, relativamente alla loro condizione giuridica; Carales e Nora, relativamente agli edifici di spettacolo ed alla possibilità di stabilirne la capienza, che ha messo in relazione con il numero dei residenti; il territorio di Siniscola e di Selargius. Ha dedicato pagine indimenticabili ai popoli della Sardegna antica, localizzando i Galillenses e i Patulcenses Campani della Tavola di Esterzili, i Balari del Logudoro, gli Ilienses del Marghine Goceano a Molaria, i Giddilitani di Cornus (in territorio di Cuglieri), i Celesitani di Sorabile (Fonni). Ha dedicato un articolo al simbolo dell’ascia presente nei documenti funerari sardi, per appurare quando e da chi esso sia stato introdotto nell’isola. Ha studiato i pani di piombo trovati in diverse località della Sardegna o su relitti di navi e cercato di stabilire se essi siano stati prodotti nell’isola, ricca di piombo argentifero, oppure nella penisola iberica anch’essa ricca di galena. Ha affrontato il problema concernente le iscrizioni, contenute nelle opere barocche del Seicento spagnolo, considerate false dal celebre epigrafista tedesco Theodor Mommsen, iscrizioni delle quali, attraverso due articoli, ha proposto una sia pur parziale rivalutazione, anche alla luce di alcuni rinvenimenti epigrafici recenti. Ha infine affrontato in vari studi la storia delle donne, come nel lavoro dedicato all’analisi di un’iscrizione inedita nella quale viene menzionata a Carales una abbatissa del monastero di San Lorenzo, ed ha messo in rilievo che si tratta di una delle rarissime testimonianze epigrafiche relative donne che rivestirono il ruolo di badessa di un monastero a noi note.
Ad aspetti più generali si riferiscono altri studi, come quello sul ius trium liberorum per il quale ha raccolto le epigrafi che documentano il particolare privilegio accordato sulla base di due leggi di età augustea per chi aveva tre figli. Oppure l’articolo con il quale ha indagato la cronologia di alcuni iuridici, alti funzionati del tardo impero nella Penisola.
Nel giudizio per il concorso a professore associato avevamo scritto: “La produzione scientifica della candidata si distingue per originalità, e corretto utilizzo degli strumenti critici, nella sostanziale continuità della ricerca nei quattro ambiti individuati e nell'armonia tra i diversi settori dell'indagine scientifica e le pubblicazioni presentate che abbracciano l'arco di un ventennio. L'attitudine e l'impegno scientifico sostenuto da una solida formazione classica di base, da una buona capacità critica e da un'evidente ampiezza di interessi e di conoscenze. Il contributo fornito ad alcuni settori dell'antichistica appare consistente, così come la sua diffusione a livello nazionale e internazionale”.
Al di là delle formule burocratiche, volevo dire che nella sostanza Marcella Bonello non si sentiva una filologa pura ma si poneva problemi storici generali che spesso risolveva in modo sorprendente e con abilità. Soprattutto ci legavano alla fine una simpatia e una complicità che avevano permesso tanti passi in avanti, lei sempre con più generosità e disponibilità al dialogo. Da qui anche il senso di colpa oggi, perché non ci aveva fatto sapere nulla della sua malattia; questo rende più doloroso un distacco da un’amica che ha saputo costruire giorno per giorno per i suoi allievi ma anche per la sua famiglia un futuro diverso.
Non so quante iscrizioni funerarie latine ha studiato, corretto, emendato nel corso dei suoi studi, certamente diverse centinaia. Mi tornano ora in mente le loro formule, così ripetitive e insistenti. Se veramente la morte non è niente, perché sei solo passata dall’altra parte come scrive Henry Scott Holland, asciughiamo le lacrime di tutti i tuoi, e ti lasciamo andare in pace con le parole antiche di una grande poetessa, Alda Merini: “Che la terra ti sia finalmente lieve”.
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