Diretto da Pierluigi Montalbano

Ogni giorno un nuovo articolo divulgativo, a fondo pagina i 10 più visitati e la liberatoria per testi e immagini.

Directed by Pierluigi Montalbano
Every day a new article at the bottom of the 10 most visited and disclaimer for text and graphics.
History Archaeology Art Literature Events

Storia Archeologia Arte Letteratura Eventi

Associazione Culturale Honebu

Translate - Traduzione - Select Language

martedì 8 aprile 2025

Il malocchio nelle tradizioni popolari. Articolo di Pierluigi Montalbano

 Il malocchio nelle tradizioni popolari

Articolo di Pierluigi Montalbano


Il Malocchio è una pratica malefica le cui origini risalgono a tempi antichissimi. Come suggerisce il nome, la sua trasmissione avviene attraverso lo sguardo, poiché si crede che gli occhi possano rivelare e trasferire all’esterno le forze nascoste nel corpo. Nella mitologia il Malocchio è presente in diverse forme: lo sguardo furioso delle donne dell’Illiria era temuto per la sua capacità di uccidere, il gigante Balor delle leggende celtiche poteva trasformare il suo unico occhio in un’arma letale, e Medusa era in

grado di pietrificare chiunque incrociasse il suo sguardo.

Il potere degli occhi è spesso attribuito a coloro che sono sospettati di stregoneria, in particolare alle donne. Secondo la tradizione, alcune persone possono esercitare il Malocchio involontariamente posando lo sguardo su un’altra persona. I sintomi includono mal di testa frequenti, cattivo umore e sintomi depressivi. Inoltre, possono verificarsi eventi negativi all’interno della famiglia, come abbandoni immotivati da parte del partner, guasti meccanici o altro.

Per contrastare l’influenza del Malocchio, esiste un Rito Magico che purifica l’Aura e riporta il soggetto al suo stato psicofisico originale, interrompendo immediatamente gli eventi nefasti. Nella tradizione popolare, un metodo di protezione consiste nell’inviare un fiore per 9 giorni consecutivi alla persona ritenuta responsabile del maleficio, ma questo funziona solo se i fiori sono inviati con sincera amicizia.

 La medicina dell'occhio

Spesso, il Malocchio colpisce la sfera sessuale, ed è per questo che, secondo una vecchia usanza, toccarsi i genitali è considerato un gesto protettivo. Se il Malocchio è stato trasmesso, esistono riti specifici per debellarlo, che variano a seconda della regione. Questi riti sono tramandati esclusivamente in linea femminile, poiché solo le donne sono considerate le custodi del segreto e le praticanti di tali rituali. In Sardegna, il Malocchio assume diverse denominazioni a seconda delle località: ocru malu nel nuorese, ogru malu nel logudorese e ogu malu nel campidanese. Ci sono anche espressioni dialettali per descrivere il maleficio, come “occhio cattivo” (ogu malu) o “occhio che si posa” (si ponidi), che reca danno.

Il Malocchio è l’occhio di un estraneo, solitamente non legato da vincoli di sangue, che, una volta focalizzato su un individuo, può portare via beni preziosi come bellezza, salute o fortuna, “mangiati” dal colpo dell’occhio (manigara de su corpu ‘e soju). Nella cultura sarda, le donne sono sia vittime che autrici del Malocchio: sono le più esposte al rischio, ma anche le più capaci di infliggere il maleficio. Gli oggetti magici e gli amuleti che proteggono dal Malocchio vengono trasmessi di generazione in generazione tra le donne, che gestiscono anche la vita e la morte attraverso la pratica della “medicina dell’occhio”, un termine ampiamente utilizzato in tutte le province della Sardegna.

 I brebus

Questa pratica può essere appresa sia in ambito familiare che da persone esterne. Per diventare guaritori, è fondamentale essere riconosciuti come idonei; infatti, solo in rari casi il passaggio a questa condizione avviene attraverso verifiche formali o rituali specifici. Per quanto riguarda i riti terapeutici, sono stati documentati ben 24 modi di esecuzione, nei quali si trovano vari elementi combinati. Tra questi ci sono i “brebus”, preghiere come il Padre Nostro, l’Ave Maria e la recitazione del Credo, spesso accompagnate dall’uso di grano, acqua, sale, olio, orzo, riso, pietre, corno di muflone, cervo o bue, l’occhio di Santa Lucia, carbone e carta. Per ottenere la guarigione, il rito deve essere ripetuto da un minimo di 3 a un massimo di 9 volte. Nei casi più gravi, di solito intervengono tre operatori diversi.

Un altro aspetto importante della difesa è quello preventivo, che comprende una serie di oggetti come amuleti e gesti apotropaici, destinati a neutralizzare qualsiasi influenza malefica proveniente dall’esterno. Tra gli scongiuri rivolti a chi potrebbe portare il malocchio, troviamo pratiche come sputare per allontanare il male, toccare oggetti di ferro o corno, bestemmiare al passaggio della persona sospetta, tirare fuori la lingua per tre volte o fare le “fiche” in modo discreto. Questa usanza è diffusa sia tra uomini che donne e a Cagliari è ben nota, con il detto “Ti dexit comenti sa fica in s’ogu” (ti giova come la fica nell’occhio).

 Amuleti di protezione

Oltre alle tecniche gestuali, in Sardegna si è sviluppata una varietà di oggetti apotropaici, tipicamente mediterranei, che hanno acquisito significati culturali specifici. Le ricerche dimostrano che, sebbene gli amuleti sardi possano avere molteplici valenze, la maggior parte di essi è riconducibile all’ideologia del malocchio. Purtroppo, molti amuleti erano così fragili e deperibili che non sono stati conservati, giungendo fino a noi solo attraverso i racconti degli anziani. Diverso è il caso degli amuleti realizzati in materiali preziosi o di oreficeria, che hanno radici precristiane e hanno subito un’evoluzione nel tempo. Ad esempio, “sa sabegia”, inizialmente tonda e realizzata in pietra nera o corallo, si è trasformata con l’uso di materiali non naturali come il vetro sfaccettato o la pasta di vetro policromo, importati da altre culture. Nonostante il cambiamento dei materiali, l’amuleto ha mantenuto il suo significato simbolico e la sua funzione apotropaica. L’unica condizione affinché l’amuleto funzioni è “aver fede”, credere nel suo potere; in alcune zone, infatti, l’efficacia dell’amuleto è legata al fatto che su di esso devono essere state recitate le “parole, le preghiere magico-religiose”.

In Sardegna, la sabegia è conosciuta come l’amuleto anti-malocchio per eccellenza. Si tratta di una pietra nera, come il gavazzo o giaietto (una lignite scura), l’onice o l’ossidiana, di forma tonda e sempre incastonata in argento.

 L'occhio buono

La sabegia rappresenta l’occhio, in particolare l’occhio buono che contrasta con quello cattivo, attirando il suo sguardo. La sua funzione è quella di proteggere chi la indossa, rompendosi al posto del cuore della persona “guardata”. Il termine con cui viene chiamata varia a seconda delle zone e non è sempre facile da rintracciare. È conosciuta come sabegia nel Campidano di Cagliari, ma nel capoluogo il suo uso è andato perduto, anche se se ne ricordava ancora nei primi decenni del secolo scorso. Nella Barbagia è chiamata cocco, mentre nella Gallura, nel Logudoro e a Orgosolo è nota come pinnadellu. In alcune zone dell’oristanese, a Desulo e nella Barbagia di Belvì, viene invece chiamata pinnadeddu.

Tradizionalmente di colore nero, l’amuleto può anche essere rosso, realizzato in corallo, specialmente in Gallura e in alcuni paesi barbaricini, dove è noto come corradeddu ‘e s’ogu leau (corallino del malocchio). In queste aree, veniva indossato appeso alla spalla e ricadeva sul braccio, spesso insieme ad altri amuleti di corallo incastonati in argento. In ogni caso, la sabegia rimane sempre un simbolo dell’occhio.

La sabegia veniva appesa alle culle dei neonati, mentre i bambini più grandi la portavano al polso, legata con un fiocchetto verde, e veniva tradizionalmente regalata dalla nonna o dalla madrina. Le donne, invece, la indossavano al collo o appesa al corsetto

Nessun commento:

Posta un commento