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sabato 22 giugno 2024

Tradurre dall’italiano al latino. Un libro che è stato appena pubblicato presenta traduzioni in latino di Edmondo Vittorio D’Arbela trascelte dalla Storia della letteratura latina, due volumi, di Concetto Marchesi, presenta vari scritti a cura di Enrico Renna. Recensione di Felice Di Maro

Tradurre dall’italiano al latino.

Un libro che è stato appena pubblicato presenta traduzioni in latino di Edmondo Vittorio D’Arbela trascelte dalla Storia della letteratura latina, due volumi, di Concetto Marchesi, presenta vari scritti a cura di Enrico Renna. 

Recensione di Felice Di Maro

 


“EXCERPTA MARCHESIANA” E ALTRI SCRITTI - Traduzioni in latino dalla Storia della letteratura latina di Concetto Marchesi. Autore: Edmondo V. D’Arbela, con introduzione e a cura di Enrico Renna. La scuola di Pitagora editrice 2024, Napoli.

Il latino, diversamente dal greco antico, è stato e lo è ancora per alcune funzioni di comunicazione la lingua ufficiale del Vaticano. Fino all’inizio degli anni Sessanta in Italia la messa era in latino e si può affermare che il latino è stata una lingua conosciuta non in toto s’intende ma alquanto nota a livello popolare per le pratiche religiose ma non soltanto. Confesso che non mi era ancora capitato di fare una

recensione ad un libro che presenta un itinerario di storia latina con testi in latino e italiano ma l’originale è in italiano e questo pone di conoscere da vicino chi è stato l’autore, Concetto Marchesi, che ha pubblicato la Storia della letteratura latina, in due volumi, 1925-1927, ma anche Edmondo V. D’Arbela che è stato colui che ha fatto le traduzioni in latino. Il libro, pp. 320, presenta un indice sul quale è necessario soffermarsi perché il curatore, Enrico Renna, già guardando l’indice ci delinea il quadro dell’opera e chi legge l’indice scopre immediatamente il cuore dell’opera che si presenta con una denominazione latina, Excerpta Marchesiana, ossia Estratti dalla Marchesiana, tratti dall’opera di Concetto Marchesi, pp.49-163, che in 13 capitoli ci offre un affresco rapido certo, ma mirato dell’opera di Concetto Marchesi, con i testi a fronte di latino e italiano che offrono una lettura, come dire, in combinata disposizione che invita a passare dal latino all’italiano e viceversa proprio come un esercizio di latino.

 

Nella Premessa, Enrico Renna presenta questo lavoro scrivendo che “rappresenta un capitolo dimenticato” ed ha ragione ma è importante per la storia della letteratura latina a livello delle relazioni tra le fonti bibliografiche e storiografiche e ci dice anche che in aggiunta agli Excerpta l’opera contiene la ristampa della «Introduzione» con una nuova denominazione, Osservazioni di stile latino, tratto dal volume, Avviamento al comporre latino, di Edmondo Vittorio D’Arbela del 1934, pp.175-254. Le traduzioni dalla Storia della letteratura latina di Concetto Marchesi pubblicate in questo libro sono quelle che vanno dagli inizi, De initiis litterarum Latinarum, fino a Stazio presentando “la fine della palliata” (De fine fabulae palliatae), Virgilio, Ovidio, Livio, Seneca, Lucrezio e Giovenale. Ecco l’elenco:

 

Cap. I: Inizio della letteratura latina; Cap. II: Fine della palliata; Cap. III: Arte della Bucolica; Cap. IV: Georgica; Cap. V: L’arte di Ovidio; Cap. VI: Opere di Ovidio. Amores; Cap. VII: Metamorfosi; Cap. VIII: Tito Livio; Cap. IX: Arte e stile di Seneca; Cap. X: La dottrina morale; Cap. XI: Valore artistico del poema di Lucrezio; Cap. XII: Valore artistico e letterario delle satire di Giovenale; Cap. XIII: P. Papinio Stazio.

 

Quando Edmondo V. D’Arbela pubblicò queste traduzioni furono viste da Marchesi grazie all’Editore Principato che le ha pubblicate, allora Marchesi insegnava presso la R. Università di Padova e meritarono da lui un incondizionato plauso come si evince da una lettera di Marchesi a D’Arbela del 9 giugno 1934 conservata presso l’Archivio D’Arbela che viene pubblicata per la prima volta, p.281. Ecco il testo:

«Padova 9 giugno 1934                                                                         
Caro Professore,                                                                                                                                                            
il comm. Principato mi ha fatto avere l’opera Sua della quale, in un saggio manoscritto, durante le mie lezioni di grammatica latina, avevo già sperimentato la singolare originalità, penetrazione e perizia. Il modo ond’Ella rende con assidua perspicacia il testo italiano rivela un buon gusto e una conoscenza che va oltre i limiti della consueta disciplina scolastica. E un insegnante capace e solerte, che sappia intendere e fare intendere l’ingegnoso e immediato ammaestramento del Suo libro ne otterrà rapidi e solidissimi vantaggi.
Mi congratulo vivamente e Le auguro ogni buona fortuna.
Suo aff.
Concetto Marchesi»

Questa lettera è importante perché dimostra che Marchesi aveva già sperimentato di impegnare gli studenti con traduzioni dall’italiano al latino e quest’opera di D’Arbela è stata qualcosa in più per rilanciare una tipologia di esercizi scolastici del latino. La pubblicazione di D’Arbela comunque fu una svolta ma dopo la guerra la ripubblicazione dell’opera di Marchesi nel 1957 non fu seguita dalla ripubblicazione dell’opera di D’Arbela magari con non impossibili aggiornamenti e oggi il tema delle traduzioni dall’italiano al latino si pone grazie a questo libro come un recupero culturale complessivo ed anche per un rilancio degli studi sulla lingua latina.

Edmondo D’Arbela era nato a  Gerusalemme nel 1892 ed è morto a Milano nel 1985, la sua formazione è avvenuta a  Firenze presso la scuola di Girolamo Vitelli ed è stato latinista, filologo e professore di greco e latino presso il Liceo “Parini” di Milano dal 1934 al 1957.  La sua produzione è importante per la storia della letteratura latina, si ricorda il commento al X libro di Livio che è del 1926, quello al XIII libro degli Annales di Tacito che è del 1927, dello stesso anno sono le Elegie scelte di Tibullo e i commenti ai libri II e III dell’Eneide, del 1928 è il commento alla Germania di Tacito. Fanno parte a pieno titolo della storia della letteratura latina il commento al V libro del De rerum natura di Lucrezio che è del 1934,  mentre l’opera scolastica già citata con il nome, Osservazione di stile latino che è qui pubblicata, pp. 175-254, è stata pubblicata con il titolo, Avviamento al comporre latino nel 1934. Ecco la presentazione: «… ci proponiamo di riassumere brevemente le principali regole della stilistica latina per l’uso pratico della scuola. Una stilistica intesa scientificamente avrebbe per oggetto la ricerca sistematica di tutto l’insieme dei mezzi espressivi miranti ad un fine estetico, condotta sui monumenti più importanti di ogni genere letterario e di ogni età. Solo in tal modo si potrebbe avere una visione storica complessiva dello stile nel suo svolgimento (p.175)». Lo scopo di D’Arbela è stato quello che una stilistica destinata alla scuola media deve rilevare le differenze del modo di concepire e di esprimersi dei latini ma in confronto con i moderni in modo che i giovani possano tradurre con maggiore finezza e precisione in italiano, al riguardo D’Arbela fa una scelta di campo e privilegia gli scrittori di prosa del periodo classico e fra questi Cicerone e Cesare. Per la divisione della materia segue un ordine che qui si presenta:

1)      La scelta del materiale linguistico ed i difetti da evitare in questo campo, a tale fine esamina l’uso delle parti del discorso: dell’articolo, del sostantivo, dell’aggettivo, del verbo, delle preposizioni, degli avverbi, delle congiunzioni e dei traslati, specialmente della metafora.

2)      La disposizione delle parole nelle proposizioni.

3)      L’ordine delle proposizioni nel periodo.

4)      Il collegamento fra i periodi.

5)      Il ritmo del periodo.

D’Arbela nello stesso anno, 1934, pubblica il commento al I libro delle Epistulae oraziane, seguiranno i lavori grammaticali sulla lingua latina come la morfologia che è del 1937 e la sintassi  del 938. Gli anni Quaranta segnano la stagione della poesia latina con l’importante volume sulle Bucoliche di Virgilio che è del 1942 e  l’antologia dedicata alle Metamorfosi di Ovidio che è del 1943, l’Antologia oraziana è del 1944. Importante è stata la collaborazione con l’Università di Milano, documentata anche dalla corrispondenza epistolare di Luigi Castiglioni, Ignazio Cazzaniga e Mario Untersteiner, con Alberto Grilli era iniziata nel 1945. L’attività filologica è confluita nell’edizione critica di Catullo del 1946 mentre del 1950 è il fortunato Vocabolario della lingua latina. La sua instancabile attività editoriale, dopo il commento al I libro dell’Eneide del 1952, è stata  per  le  edizioni critiche ciceroniane come L’oratore, 1958, il Bruto, 1967, le tre orazioni ciceroniane sulla legge agraria, 1967, ma l’anno prima era stato completato il terzo volume dell’edizione critica di Properzio.

 

Concetto Marchesi è nato a Catania il primo febbraio del 1878 ed è morto Roma il 12 febbraio del 1957. È stato un politico, deputato alla Costituente e al parlamento e membro del Comitato centrale del Partito Comunista Italiano, latinista e Rettore dell’Università di Padova. Oltre ad essere stato uno storico della letteratura latina ha pubblicato varie opere latine e monografie su autori romani come Apuleio, Ovidio, Arnobio e Sallustio (1913), Marziale (1914), Seneca (1921), Giovenale (1922), Fedro (1923), Tacito (1924) e Petronio (1940). Altre opere sono state, Il libro di Tersite, 1920-1951, Divagazioni, 1953Il cane di terracotta1954. La Storia della letteratura latina è stata l’opera più nota tanto che recentemente Sebastiano Saglimbeni sul sito dell’Associazione Concetto Marchesi Gallarate, il 2 febbraio del 2018 le ha dedicato un articolo con il titolo: Concetto Marchesi e il suo capolavoro. Ecco le prime righe:  

 

«È da un trentennio che, con incontri culturali e scritti su alcuni giornali, ricordo con altri l’umanista e il politico Concetto Marchesi. Rileggendolo oggi, ad oltre sessant’anni dalla sua scomparsa, nelle pagine, ad esempio, della Storia della letteratura latina, editata nel 1925 in due volumi dal messinese Giuseppe Principato, e in altri scritti, trasmette un’eloquenza fresca, rara, e una interpretazione di questo mondo immondo, come sempre, dai secolari privilegi.

Ricordo che l’anno scorso, per il sessantesimo anniversario della scomparsa dell’umanista, trascrivevo, in un mio testo per un quotidiano siciliano, una breve citazione estratta da uno scritto che mi aveva inviato Norberto Bobbio. La citazione recita: “Marchesi era un umanista che nella continua meditazione sulla storia esemplare di Roma antica aveva appreso, come Machiavelli, a conoscere le passioni e le opere, le virtù e i vizi degli attori sul proscenio, dei dominatori, dei vincitori, degli amici e dei servi dei vincitori”. Ed anche, nello scritto di Bobbio, un Marchesi rivolto al malessere dei deboli della sua Sicilia. La parola scritta dell’umanista pertanto risuona molto attuale, pare che si riverberi sferzante l’infamia dei governanti di questa nostra Repubblica dove persiste un’oligarchia aristocratica mentre imperversa la povertà, la disoccupazione dei giovani che non sono tutti giovani, ma dei quarantenni, dei cinquantenni».

 

Quest’opera è ancora attuale e non è stata non superata. Il libro di Enrico Renna nel presentare le traduzioni in latino di D’Arbela la rilancia anche chiudendo quest’opera con la Postfazione di Giovanni Benedetto.

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