E' necessaria una premessa, che parte dalla considerazione che chi ha lasciato questa traccia così difficile da interpretare (trattandosi probabilmente della porzione di un manufatto che nella sua composizione originale poteva essere molto differente), in realtà pensava di fare una cosa facilmente leggibile. Altro elemento fondamentale per la comprensione dei segni lasciati sul manufatto, è quello che i nostri avi, non perdevano tempo prezioso per fare cose inutili ma, al contrario, tutto quello che veniva realizzato e che comportava dispendio di energie e tempo, doveva avere grande significato e valore in termini di utilità.
mercoledì 24 luglio 2019
Archeologia. Fonni: i misteri di Gremanu. Articolo di Gustavo Bernardino
Archeologia. Fonni: i misteri
di Gremanu
Si tratta di fantarcheologia?
Può darsi, ma resta la possibilità di approfondire e indagare meglio sulla
ipotesi che consente, comunque, di aprire nuove strade.
Articolo di Gustavo
Bernardino
L'ultimo articolo di
Pierluigi Montalbano, apparso il 23 luglio 2019 sulla rivista Honebu, consente
di fare una ulteriore riflessione in merito al sito archeologico di Gremanu.
Questo luogo magico e
misterioso che si trova vicino a Fonni custodisce nel suo ventre antiche e
arcane costruzioni cultuali, all'interno delle quali si svolgevano riti
probabilmente legati alla ierogamia o prostituzione sacra. Qui, forse,
giocavano un ruolo fondamentale, le maschere de sos Boes e sos Merdùles oggi usate
(a Ottana) come elementi caratteristici del folclore sardo capaci di catturare
l'interesse del turista. Maschere che purtroppo sono cariche d’incrostazioni
deformanti che col tempo hanno modificato il probabile originale significato di
natura religiosa. Quindi forse è più realistico pensare ad un loro uso
cerimoniale in cui l'uomo, mascherato da animale (Merdùle) ritenuto sacro (lo
dimostrerebbe il simbolo ancora in uso presente nelle maschere che rappresenta
il dio-creatore Šamaš “dio del sole” dei Sumero/accadici) mentre pascolava
la mandria de (sos Boes), si accoppiava con la vedova (donna vestita di nero
chiamata Filonzana) la quale aveva
il potere di modificare il destino avverso
(morte del marito) e quindi attraverso l'accoppiamento con la divinità
(rappresentata dall'animale) tagliava il filo del destino per tornare a nuova
vita. Questa ipotesi sarebbe avvallata anche dalla caratteristica
architettonica del complesso megalitico voluta dal committente a forma fallica
e in cui sono presenti pròtomi raffiguranti “sa Merdùle” e alcuni reperti rinvenuti dagli archeologi,
riconducibili al culto del dio padre generatore.
Sono state trovate infatti
numerose spade votive infisse nella pietra dopo essere state private dello
strumento funzionale all'uso militare e cioè l'impugnatura, con la punta
rivolta verso l'alto assumendo così un aspetto fallico. Un altro enigma è quello
della stele istoriata rinvenuta nella struttura di rifascio della tomba n.1 di
Madau (Vedi “Il complesso nuragico di GREMANU” di M.A. Fadda e Fernando Posi –
Carlo Delfino editore)
La stele rappresenta ancora
oggi un mistero perché nessuno è riuscito a decifrare i simboli incisi. Io propongo una soluzione che
potrebbe portare nuova luce alle ipotesi interpretative di Paolo Valente
Poddighe e Sergio Frau circa la possibilità che la nostra isola fosse in realtà
la mitica Atlantide. Si potrebbe infatti sostenere che la stele rappresenti una
mappa in cui è disegnata una porzione del Mediterraneo e precisamente: il
Canale di Sicilia con le isole Pantelleria, Linosa, Lampedusa, Malta e, in
forma più marcata, le colonne d'Ercole. Una nel territorio di Marsala (quella a
base quadra) e l'altra in Tunisia, nella zona di Dar Allouche (quella a base
circolare). Si tratta ovviamente di un’ipotesi interpretativa, che però trova
fondamento attraverso una prova sperimentale.
E' necessaria una premessa, che parte dalla considerazione che chi ha lasciato questa traccia così difficile da interpretare (trattandosi probabilmente della porzione di un manufatto che nella sua composizione originale poteva essere molto differente), in realtà pensava di fare una cosa facilmente leggibile. Altro elemento fondamentale per la comprensione dei segni lasciati sul manufatto, è quello che i nostri avi, non perdevano tempo prezioso per fare cose inutili ma, al contrario, tutto quello che veniva realizzato e che comportava dispendio di energie e tempo, doveva avere grande significato e valore in termini di utilità.
E' necessaria una premessa, che parte dalla considerazione che chi ha lasciato questa traccia così difficile da interpretare (trattandosi probabilmente della porzione di un manufatto che nella sua composizione originale poteva essere molto differente), in realtà pensava di fare una cosa facilmente leggibile. Altro elemento fondamentale per la comprensione dei segni lasciati sul manufatto, è quello che i nostri avi, non perdevano tempo prezioso per fare cose inutili ma, al contrario, tutto quello che veniva realizzato e che comportava dispendio di energie e tempo, doveva avere grande significato e valore in termini di utilità.
Ciò premesso, se si
sovrappone l'immagine della stele, alla carta geografica sottostante,
posizionandola in modo che i due disegni
incisi posti alla base di lato minore della stele (uno a forma di cerchi
concentrici, l'altra a forma quadra con al centro un piccolo cerchio) si
trovino all'incirca in corrispondenza delle località sopra indicate, si scopre
che c'è una corrispondenza quasi millimetrica, tra gli altri segni della stele
con le isole Pelagie.
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