Archeologia. La prima marina militare dell'impero romano nasce in Sardegna, a Cagliari, istituita da Cesare Ottaviano Augusto.
Articolo di Pierluigi Montalbano
Sarei felice di poter raccontare le vicende di qualche marinaio nuragico, ma le fonti storiche sono avare di dati. Vista la tecnologia navale del tempo e l’invariabilità di tempo, venti e correnti, si navigava solo nella buona stagione e i coraggiosi equipaggi consentivano a genti lontane di conoscersi e commerciare. Il preconcetto di alcuni studiosi che vede i sardi provare repulsione verso il mare è oggi da scartare perché le testimonianze archeologiche mostrano una frequentazione stabile almeno da 8000 anni. E’ sciocco proporre i sardi impauriti dal mare e abbarbicati sul Gennargentu e il
Limbara, e chi propone questa teoria dovrebbe dimostrare, fra le altre cose, che i circa 200 modellini di navi nuragiche in bronzo, realizzate 3000 anni fa con un sofisticato sistema di fusione denominato a cera persa, riproducano mezzi di trasporto per andare da Barumini al Nuraghe Losa. Qualche studioso afferma che le navicelle bronzee sono mezzi per raggiungere l’aldilà, quindi dovrei dedurre che i nostri antenati progettavano le crociere dopo la morte. Per chi non vede di buon occhio una civiltà sarda proiettata verso il Mediterraneo, tutte le proposte sono buone, e va detto che per fortuna finora nessuno ha ipotizzato che le navicelle fossero giocattoli o portacenere, ma resta da domandarsi come siano arrivati i primi abitanti. Esclusa la germinazione spontanea s’intuisce un affannoso via vai di barche e zattere, con remi e vele. Il detto “Dae su mare su male” che ho sentito con toni di compiaciuto pessimismo si riferisce, evidentemente, a una storia molto più recente.
Alcuni documenti egizi, tra i quali il papiro di Wilbour citato da Lilliu a proposito del periodo degli attacchi dei popoli del mare a Qadesh e nel Delta del Nilo, nel pieno sviluppo della Civiltà Nuragica, riferiscono di Sardi dal cuore ribelle, invincibili guerrieri che giungono dal mare. Sono raffigurati nei rilievi scolpiti sui templi egizi di Medinet Abu, Karnac e Abu Simbel, e mostrano personaggi simili ai nostri bronzetti, soprattutto nel vestiario e nelle armi. Tanta ricchezza di armi e armati nei bronzetti sembra eccessiva se il compito fosse limitato a regolare faide tribali interne all’isola. Inoltre, le coste italiche non sono lontane: risalendo le coste sarde e quelle della Corsica, e dirigendosi verso l’isola d’Elba, si naviga a vista fino all’arcipelago toscano. Vi erano tutte le condizioni favorevoli per uno scambio commerciale fra le due sponde, e l’archeologia conferma che nella Sardegna di 3000 anni fa c’erano asce, spade, fibule, anfore e brocche per il vino, e numerose navicelle in tombe etrusche. Nelle città di Tarquinia, Vulci, Populonia e Vetulonia troviamo un repertorio archeologico vicino al mondo nuragico, e sono testimoniati scambi col mondo miceneo dell’Egeo.
La marina di Roma nasce nel 261 a.C., quando si comprese che Cartagine con le sue pentère e la sua flotta possedeva il dominio sul mare e a poco sarebbe valso conquistare il predominio terrestre. Già nello stesso anno i romani costruirono venti trière e cento pentère, utilizzando una nave cartaginese recuperata. Nel 260 a.C., il console Caio Duilio sconfisse i punici a Milazzo, catturando parte della flotta. Attilio Regolo, un eroe con modesto discernimento politico, valutò definitivo il successo e incautamente si recò a Cartagine per imporre durissime condizioni ma i punici, che non sempre si comportavano elegantemente, si ricordarono di una vecchia botte con le punte di ferro all’interno e vi fecero accomodare dentro l’incauto romano precipitandolo giù da una rupe. Nel 241 a.C. Lutazio Catulo sconfisse i cartaginesi al largo delle isole Egadi. Tre anni dopo la Sardegna divenne romana ma i sardi resistettero a più riprese ai tentativi di romanizzazione attuati dal senato tramite l’invio di legioni e comandanti in cerca di gloria. Dal II secolo a.C. il Mediterraneo fu progressivamente smilitarizzato per mancanza di nemici ma ciò favorì un aumento della pirateria. Fu Pompeo che con la legge Gabinia del 67 a.C. ebbe ragione di questa piaga che creava lutti e danneggiava le economie dei popoli del Mediterraneo.
Diona Cassio e Strabone raccontano che nel 6 a.C. alcune popolazioni dell’isola si ribellarono a Roma, si riversarono nelle fertili terre del campidano, aggredirono le città costiere sarde e disturbarono con atti di pirateria i traffici marittimi dell’alto Tirreno, arrivando a sbarcare nella Lunigiana. Le 4 tribù montanare sarde (i Diaghesbei, prima chiamati Iolei) sono conosciuti attraverso gli scritti degli antichi autori latini: Parati, Sossinati, Balari e Aconiti. L’imperatore Cesare Ottaviano Augusto valutò la serietà del pericolo e decise di controllare l’isola personalmente, preferendo non cederla al Senato. Schierò a Karalis il primo distaccamento navale della marina militare. Pochi decenni dopo i romani cominciarono a reclutare soldati e marinai nell’isola, anche per far cessare i tumulti. La Coorte degli Aquitani fu trasferita in Germania e quella dei Lusitani fu spedita in Numidia. Nell’isola rimasero le coorti dei Corsi e dei Liguri, affiancati dalla Cohors I Sardorum. In altre parole i contingenti militari incaricati di controllare le coste del Mediterraneo Occidentale erano sardi. La Tavola di Esterzili, del 65 d.C., conferma una situazione positiva: i Gallilenses occuparono i territori delle pianure posseduti dai Patulcenses, ma non vi fu un conflitto armato. I tempi erano cambiati e sorprendentemente i Patulcenses, davanti a quel sopruso, non reagirono e si rivolsero al proconsole. Anche i Gallilenses andarono per vie legali utilizzando tutti i cavilli giuridici per giustificare l’occupazione delle terre. La romanizzazione della Sardegna, a mio avviso, si completa proprio in questo periodo. Nerone nel 67 d.C. restituì il controllo della Sardegna al Senato. Nel I secolo le truppe sono concentrate nel nord o dislocate a vigilanza delle montagne barbaricine. Nel 71 d.C. Vespasiano creò due flotte: la Ravennate nel Mediterraneo nord-orientale con basi in Epiro, Macedonia, Acaia (Peloponneso), Propontide (Mar di Marmara), Ponto (Mar Nero), Creta e Cipro; la seconda flotta, più grande, aveva il suo comando a Capo Miseno (Napoli) e controllava il Mediterraneo Occidentale, comprese le coste africane. Aveva basi in Gallia, Spagna, Baleari, Mauretania, Egitto, Sicilia e Sardegna, dove contava sui porti di Olbia, Turris Lybisonis, Sulky e Carales. Tharros e il Golfo di Oristano erano approdi minori, non graditi ai romani. Lo statunitense Starr osserva che la Sardegna fu la provincia occidentale che fornì il maggior numero di navi e uomini alla flotta di Miseno. Non male per un popolo che alcuni propongono privo di esperienze marinare, a meno che non paia credibile l’ipotesi che i romani volessero autodistruggere la flotta dandola in mano a equipaggi incompetenti. Il Pais ricorda che i ritrovamenti epigrafici che ricordano i classiari sardi sono pari, in termini quantitativi, a quelli che ricordano classiari di tutte le altre regioni mediterranee messi insieme, e solo la Siria vantava contingenti di pari livello a quelli sardi. Con i Flavi e gli Antonini la Sardegna è prospera e alcuni documenti riferiscono di soldati sardi inquadrati nelle legioni pretorie con gradi molto elevati. Nel II secolo la concentrazione militare si sposta a Carales, con compiti di guardia d’onore e polizia, mentre la marina mantiene compiti di prevenzione della pirateria e di collegamento con Roma. Altre forze si dispongono nell’Iglesiente a protezione delle miniere, e la pace è confermata per tutto il III secolo.
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