martedì 5 febbraio 2019
Archeologia e tradizioni popolari. Aruspicina e incubazione: pratiche sciamaniche nuragiche sin dall'alba dei tempi. Articolo di Mauro Atzei
Archeologia e tradizioni popolari.
Aruspicina e incubazione: pratiche sciamaniche nuragiche sin
dall'alba dei tempi.
Articolo di Mauro Atzei
A cominciare da Diodoro Siculo ( 90 a.C. – 27 a.C.), a Pausania, detto il
periegeta (110-180 d.C.), e a Giovanni Filòpono (490 – 570), commentatore di
Aristotele, passando allo storico delle religioni Raffaele Petazzoni (La
religione primitiva in Sardegna, 1912)a tanti altri e, per finire, con
l'antropologa Dolores Turchi (Oliena, 1935), a partire da almeno un millennio
dalla fine della civiltà dei costruttori di nuraghi, si è parlato tanto di
religione nuragica; talmente tanto che, ancor oggi, la si conosce molto poco. Le divinità, sin dall'origine della civiltà nuragica, erano delle entità
spirituali che si manifestavano quando venivano invocate, cioè quando si
determinavano le condizioni perché si rivelassero. I nuragici avevano probabilmente sviluppato delle tecniche per far si che il
ierofante, a piacimento, potesse fruire dell'aiuto degli spiriti (le divinità),
nei momenti più critici e delicati della
loro vita sociale. La guarigione dalle
malattie era una delle situazioni del quotidiano nella quale il bisogno di
protezione spirituale diveniva più impellente. Lo sciamanismo dei nuragici si
distingueva sopratutto nelle pratiche più conosciute che ci hanno tramandato:
l'aruspicina e l'incubazione.
Se la medicina moderna occidentale partendo dai sintomi cura le malattie,
quasi come avessero vita a se, a prescindere dall'essere umano che le sviluppa,
la medicina arcaica, della quali i guaritori nuragici erano i capostipiti,
cercava le stesse cause dei mali per intervenire sull'uomo, imputandole sempre
ad agenti soprannaturali: spiriti avversi, e divinità maligne.
Lo sciamano, guaritore religioso, diagnosticava la malattia attraverso
l'auscultazione del polso (sin per le donne e dx per gli uomini), e ne
registrava la velocità di pulsazione, che avrebbe rivelato se l'attacco fosse
pervenuto da un essere spirituale malvagio o da un fantasma benevolo.
Pure dalla lettura dei chicchi di grano recuperati dai visceri di un
giovane pollo, gli sciamani guaritori potevano risalire alla causa scatenante:
Dopodiché avrebbe iniziato il rituale più appropriato, durante il quale affrontare
un contatto fisico con le entità superiori. Una volta individuata la sorgente
spirituale del dolore, attraverso il Dio tutelare, il Dio offeso veniva indotto
a spiegare il motivo del suo risentimento a che cosa avrebbe accettato come
offerta.
In un certo periodo della epopea nuragica (c.a 1000-800 a.C), il dono più
richiesto dagli Dei consisteva in una figurina in bronzo, di fattezze umane, o
delle spade rituali, sempre in bronzo, dei pugnali, o le famigerate asce
bipenne, oppure altri piccoli manufatti, prodotti dalla fusione con la tecnica
della cera persa, che avrebbe originato i cosiddetti “bronzetti nuragici” (1)
Per quanto riguarda l'altra pratica, raccontata perfino da Aristotele, e
chiamata col termine di “incubazione”(2), si intendeva la prassi rituale di
recarsi presso un santuario con lo scopo precipuo di entrare in contatto
diretto con la potenza invisibile che lo sovrastava, e ricevere le cure
direttamente dagli antenati (se quelle del guaritore non avevano avuto
effetto). Ciò poteva avvenire o in uno stato di sonno, o in stato di
dormiveglia, oppure dopo essersi calati in uno stato di estasi indotto con un
particolare sistema di respirazione.
Accadeva talvolta (3) che durante la connessione con gli spiriti, si
poteva verificare una prima apparizione indiretta del Dio, che si sarebbe
presentato sotto falso nome facendosi percepire in un luogo diverso dal
santuario in cui si era recati a praticare; sempre nel corso della stesso
sogno, o visione, veniva suggerito al malato stesso o ad un suo congiunto (ci
sono molte varianti in questo senso) di recarsi presso il luogo sacro per
ricevere la cura adeguata o per compiere i gesti prescritti, talvolta in
polemica esplicita o in rapporto di semplice successione rispetto alle cure
invano impartite dal guaritore al paziente. L'incubazione presso il santuario -
(Tombe dei giganti ?)- veniva solitamente gestita da uno sacerdote del tempio;
erano previsti riti di purificazione (abluzioni, digiuni, sacrifici, recita di
inni e litanie (antenate dei brebus), accensione di lumi e offerte ex voto:
particolari momenti liturgici che dovevano propiziare o solennizzare le più
consuete espressioni della ritualità taumaturgica e terapeutica.
Note:
(1) Giovanni Lilliu- Sculture della Sardegna Nuragica- Ilisso 2008.
(2) Raffaele Petazzoni- La religione primitiva in Sardegna- Società
Editrice Pontremolese 1912
(3) E.J. Edelstein-L. Edelstein, op. cit. , II, pp. 184-194; P. Cox
Miller, Il sogno nella tarda antichità. Studi sull’immaginazione di una cultura
[1994],tr. it. Jouvence, Roma 2004,p. 124.
Foto: Interno di una Domus de Janas, sullo sfondo una Tomba di giganti.
Idealizzazione del pittore Giovanni Seu
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