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venerdì 23 febbraio 2018

Archeologia. Storia delle armi da fuoco. Riflessioni di Edoardo Mori.

Archeologia. Storia delle armi da fuoco.
Riflessioni di Edoardo Mori.


 


Nello scrivere queste note sulla storia delle armi, ho fatto frequente uso di espressioni come "di regola", "di norma", "generalmente": ciò deriva dal fatto che il campo delle armi è talmente vasto e multiforme, su di esse si è talmente esercitata l'inventiva umana, che ben difficilmente è consentito fare affermazioni categoriche; ogni regola trova facilmente la sua eccezione. Nell'evoluzione dell'uomo l'arma ha rappresentato lo strumento per eccellenza; la necessità di difendersi e di cacciare trasformò lentamente l'ominide in un essere che poteva afferrare oggetti, usarli per percuotere, scagliarli, che doveva procedere eretto per poter usare gli arti anteriori per questi movimenti. Nel corso di millenni, a partire da 500.000 anni fa, si perfezionarono amigdale, asce, lance, finché nel paleolitico vi fu la prima invenzione "meccanica": l'arco che
sfruttava l'elasticità del legno per lanciare la freccia. Durante altri millenni il progresso fu limitato al miglioramento dei materiali usati per costruire le armi, ma, in effetti, l'unica vera nuova invenzione si ebbe in una fase avanzata della nostra civiltà, con la costruzione di macchine da guerra ad opera dei romani, quali la catapulta e la balista, da cui nel medioevo deriverà la balestra. La vera rivoluzione tecnologica nelle armi si ebbe però attorno al 1250 quando gli alchimisti pervennero, con tutta verosimiglianza in Germania, a scoprire le giuste proporzioni con cui mescolare salnitro purificato, carbone polverizzato e zolfo, per ottenere la polvere da sparo o polvere nera. E' questione del tutto oziosa il cercare di individuare un inventore della polvere da sparo. Per questa invenzione, come per altre importantissime, quale l'elettricità, vale la regola secondo cui non vi sono mai invenzioni subitanee, ma solo delle idee, delle intuizioni di più persone che vengono affinate con un continuo lavoro di decenni, da parte di infiniti altri soggetti. Già 75 anni dopo i cannoni iniziano a far la loro comparsa nelle cronache (Cividale del Friuli, 1331), seguiti, dopo alcuni decenni, dalla prima arma portatile, lo schioppo (1364, in una cronaca della città di Perugia). Le prime armi da sparo sono ad avancarica e sono costituite, in sostanza, da un tubo (canna) chiuso ad un'estremità da un tappo (vitone); dalla bocca la polvere veniva versata nella canna e pressata con uno stoppaccio entro l'estremità chiusa (la culatta); sopra lo stoppaccio veniva poi introdotta la palla; la polvere veniva accesa accostando una miccia ad un piccolo foro nella parte posteriore (il focone). Nelle armi portatili la canna è inserita in un supporto di legno detto cassa in cui si distinguono il calcio e l'impugnatura, dal fusto che è la parte che sorregge la canna. In un primo modello (il petrinale) l'arma era tutta di metallo e veniva appoggiata al petto. Contemporaneamente però si cerca di semplificare il caricamento mediante una camera posteriore mobile (masculo) in cui vengono sistemate la polvere e la palla. Il masculo viene poi sistemato e fissato alla parte posteriore della canna con cunei. Compaiono anche le prime armi in grado sparare più colpi in rapida successione (ribauldequin).

Lo sviluppo successivo è rivolto proprio a migliorare il sistema di accensione della polvere. Dal sistema a miccia, che richiedeva agli archibugieri di portare con sé delle micce sempre accese o di procedere alla loro accensione prima di sparare, si passa, nei primi anni del 1500, all'invenzione di un vero e proprio "accendino" automatico mediante il cosiddetto meccanismo a ruota. Trattasi di un meccanismo abbastanza sofisticato per l'epoca, costituito da una piastra su cui sono montati una ruota zigrinata collegata ad una molla caricabile con un'apposita chiave, una specie di pinza (il cane) che tratteneva un pezzo di pirite (poi sostituita dalla pietra focaia), uno scodellino con un coperchietto a contatto col focone e riempito di polvere da sparo finissima. Azionando il grilletto, il cane si abbassava a contatto con la zigrinatura della ruota, il copriscodellino si apriva, la ruota iniziava a girare sprigionando scintille dalla pietra e la polvere si infiammava provocando lo sparo. Il meccanismo a ruota, alquanto costoso e fragile, venne applicato principalmente ad armi di lusso, e portò rapidamente alla produzione di armi corte (le pistole) e di splendidi fucili da caccia, nel mentre che per gli archibugi rimase in uso l'accensione a miccia.  Verso il 1550 si diffuse un nuovo tipo di acciarino detto snaphance (gallo che becca) in cui si rinunziava alla ruota ed era lo stesso cane che teneva stretta la pietra focaia e, spinto da una molla a lamina, colpiva violentemente una piastra zigrinata appoggiata allo scodellino. Circa un secolo dopo questo meccanismo venne definitivamente perfezionato nell'acciarino a pietra focaia che rimase in servizio fino ai primi del 1800. In questo arco di tempo si ebbero naturalmente anche notevoli progressi tecnologici con il miglioramento dei materiali e delle tecniche di lavorazione; questi consentirono di adottare la rigatura delle canne e quindi proiettili ogivali invece che sferici, con uno straordinario aumento della precisione e della gittata.  L'ulteriore progresso nelle armi fu però opera di una nuova invenzione dei chimici: nel 1799 veniva inventato il fulminato di mercurio e nel decennio successivo molti inventori riuscirono a realizzare delle capsule fulminanti da porre sul focone e che venivano fatte esplodere, incendiando così la polvere, dalla percussione di un cane   metallico; nascevano così i sistemi a percussione che nel giro di pochi anni avrebbero soppiantato i sistemi a pietra focaia. Fino a quel momento la produzione di armi a più colpi (a ripetizione) era stata ristretta ad un livello pressoché sperimentale per la difficoltà pratica di impedire che l'accensione si propagasse da un focone all'altro, facendo partire tutti i colpi contemporaneamente, con grave pericolo per lo sparatore. Il sistema a percussione, in cui la capsula chiudeva perfettamente il foro d'ingresso del focone inserendosi su di un apposito tubicino (luminello), consente la produzione di armi a più canne fisse o rotanti e porta direttamente all'invenzione del revolver ad opera di Samuel Colt nel 1835. A questo punto le possibilità di evoluzione delle armi ad avancarica erano praticamente esaurite e notevoli erano i loro limiti: laboriosità del caricamento, laboriosità delle operazioni di scaricamento, difficoltà nella pulizia della canna, insufficiente forzatura del proiettile nella canna. L'ingegnosità degli inventori si rivolse pertanto alla ricerca di un sistema efficace di caricamento dalla parte posteriore della canna (retrocarica). Il primo passo fu compiuto da Nicholas Dreyse che nel 1836 brevettò il fucile ad ago e la prima cartuccia vera e propria. Il fucile era munito di un otturatore che, come nei fucili moderni, chiudeva la parte posteriore della canna, in cui veniva alloggiata la cartuccia. All'interno dell'otturatore vi erano una molla e un'astina di acciaio (l'ago); tirando un anello si arretrava l'astina e si comprimeva la molla in una posizione in cui essi venivano trattenuti da un dente di arresto; azionando il grilletto, l'ago veniva lanciato in avanti e colpiva la cartuccia. Questa era un involucro di carta che conteneva il proiettile, una borra sul cui fondo era applicato l'innesco di fulminato di mercurio, e la carica di polvere; l'ago perforava la carta, passava attraverso la polvere e percuoteva l'innesco.  Con qualche miglioramento l'arma venne usata dai francesi (Chassepot) ed è rimasto famoso nei libri di storia del Risorgimento il suo impiego nella battaglia di Mentana contro i Garibaldini.  Tutte queste armi a retrocarica non riuscivano però a risolvere il problema della fuga di gas dalla parte posteriore, impossibile a realizzare senza l'impiego di una cartuccia con bossolo rigido, almeno in parte metallico, che si dilati al momento dello sparo, chiudendo ermeticamente la culatta. Già nel 1835 vengono inventate da Lefauchaux padre cartucce con bossolo di cartone e fondello metallico e innesco posto all'interno di esso che veniva fatto esplodere facendo percuotere dal cane uno spillo che sporgeva di alcuni millimetri lateralmente, alla base del bossolo. Questo tipo di munizioni, perfezionato da Houllier nel 1836 con l'introduzione di un bossolo interamente metallico, divenne famoso con il nome di cartuccia a spillo Lefaucheux, che Eugène Lefauchaux (figlio) brevettò e inizio a produrre con grande successo nel 1850. Nel 1849 Auguste Flobert, proprietario di un salone di tiro a Parigi, produce per le sua armi da bersaglio da sala una cartuccia costituita, in sostanza, da un pallino di piombo inserito su di un innesco, creando quello che sarebbe poi diventato il cal. .22 a palla sferica (Bulleted breech cap, BB Cap). Visto il successo dell'idea, la brevettò nel 1851; la Smith & Wesson migliorò la cartuccia con successivi brevetti del 1854, 1856 e 1860. Sebbene manchi una carica di polvere, visto che il propellente è costituito dal solo innesco, la palla raggiunge già una velocità di circa 230 ms. Queste cartucce, pur rappresentando l'ingresso nella storia delle armi della cartuccia metallica, non erano ancora efficienti perché le tecnologie del tempo non consentivano di produrre bossoli che resistessero alle pressioni necessarie per i fucili. Perciò le prime cartucce poterono essere impiegate solo in revolver. Pochi anni dopo compaiono già le munizioni a percussione centrale, cioè con l'innesco posto al centro del fondello. La prima cartuccia commerciale può essere considerata la .577 Boxer creata nel 1855 dall'inglese Edouard M. Boxer; il bossolo è particolarmente complicato perché formato da strati di foglia di ottone e di carta arrotolati in modo da formale un tubo a cui è saldato il fondello di lamiera di ferro.
Nel 1858 nasce la cartuccia Dickrand (= orlo spesso) nei calibri 7 mm, 9 m, 12 mm, per i revolver Galand e Perrin; è detta anche cartuccia Perrin.   Nel 1868 nasce il calibro .450 Revolver per il revolver inglese d'ordinanza Adams, detto anche .450 short o .450 Colt (ed è del tutto simile al .45 Webley). Non è facile stabilire quale fu la prima cartuccia con bossolo metallico a percussione centrale per fucile perché tra gli anni 1860 e 1865 vi fu in vero fiorire di invenzioni e miglioramenti (Pottet in Francia nel 1857, Schneider in Francia nel 1861, Eley in Inghilterra nel 1866. Negli stessi anni vengono messi in commercio fucili da caccia a retrocarica con le canne incernierate sulla bascula. Subito (1870) compaiono fucili da caccia hammerless in cui il cane esterno è stato abolito e sostituito da un percussore alloggiato nella bascula. La cartuccia metallica a percussione centrale rende possibile, dopo il 1862, la costruzione della prima mitragliatrice Gatling, costituita da un fascio di una decina di canne fatte ruotare manualmente in posizione di sparo con una manovella e alimentate di cartucce da un serbatoio cilindrico posto sopra di esse.  Nel frattempo anche i chimici avevano fatto compiere ulteriori progressi alla scienza degli esplosivi. Nel 1846 Schönbein scopre la nitratazione della cellulosa mediante una miscela di acido nitrico ed acido solforico, ottenendo il fulmicotone, e solo due anni dopo Sobrero scopre la nitroglicerina. Dall'unione dei due prodotti si perviene alla gelatinizzazione della nitrocellulosa e alle prime polveri senza fumo che pervengono ad avere il primo impiego con caratteristiche di sufficiente stabilità e costanza di rendimento dopo il 1880, ed a soppiantare la polvere nera a partire dal 1890. Nel 1867 Nobel aveva trovato il modo di stabilizzare la nitroglicerina mescolandola con sostanze inerti, scoprendo la dinamite, che però non ha alcun impiego nelle armi. Nel campo dei fucili militari a canna rigata, all'invenzione della cartuccia a percussione centrale seguì un'epoca di perfezionamenti rivolti a migliorare i sistemi di otturazione e caricamento, fino ad arrivare ai fucili militari di fine secolo, tra cui il mod. 1891 dell'esercito italiano, a ripetizione manuale od ordinaria; in essi vi è un otturatore contenente il percussore con la sua molla ed un serbatoio posto nel fusto in legno, al di sotto dell'estremità anteriore dell'otturatore. Azionando manualmente l'otturatore mediante un manubrio, una cartuccia viene prelevata dal serbatoio e viene spinta nella camera di cartuccia della canna; l'otturatore, ruotando, si blocca in appositi incastri e la molla del percussore blocca quest'ultimo in posizione di sparo; premendo il grilletto l'arma spara un colpo. Svincolando ed arretrando nuovamente l'otturatore, il bossolo esploso viene estratto ed espulso e l'arma è pronta per un nuovo ciclo. Analogo era il funzionamento dei fucili a leva tipo lo Spencer ed il Winchester in cui il movimento del meccanismo è affidato ad una leva sita posteriormente al grilletto e l'otturatore è sostituito da un blocco metallico all'interno del castello. Neppure questi miglioramenti sono sufficienti per gli usi militari e, contemporaneamente, vengono studiate e   realizzate armi in cui le operazioni di caricamento delle cartucce e di espulsione dei bossoli avvengono automaticamente,sfruttando o la pressione dei gas di sparo o l'energia del rinculo. Le prime applicazioni di questi principi avvennero con le mitragliatrici pesanti Hotchkiss e Maxim, ma già nella prima guerra mondiale vennero impiegati fucili e pistole a raffica, tra cui l'italiana Villar Perosa. Il principio dello sfruttamento dell'energia di rinculo per ricaricare un'arma (la stessa forza che sposta in avanti il proiettile agisce nell'opposta direzione facendo arretrare il bossolo e l'otturatore che poi una molla spinge di nuovo in chiusura, così completando il ciclo) viene utilizzato in quella vera nuova invenzione in materia di armi che è la pistola semiautomatica. Essa viene costruita in modo da non funzionare in modo automatico (a raffica), ma in modo semiautomatico, stante la limitatezza del numero di cartucce contenibili nel serbatoio; quindi l'espulsione del bossolo e la successiva introduzione nella camera di cartuccia di una cartuccia avviene in modo automatico, ma per esplodere i colpi occorre azionare ogni volta il grilletto.  La prima pistola semiautomatica commerciale può essere considerata la Bergmann (1896), ma subito seguirono la Mauser, la Borchart e la Parabellum di Luger (1902). Quest'ultima, in particolare, nulla ha da invidiare alle pistole di moderna produzione. Già nel 1906 Browning produce la prima pistola "tascabile" di ridotte dimensioni.
Nel 1905 Browning produce un fucile da caccia a canna liscia a funzionamento semiautomatico, che poi sarebbe diventato il "fucile automatico" da caccia per antonomasia.  Dopo la prima guerra mondiale tutti gli sforzi dei militari si indirizzano al miglioramento delle armi leggere automatiche (pistole mitragliatrici o mitra, fucili d'assalto, mitragliatrici leggere).


Fonte: http://www.earmi.it/varie/storia.htm

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