sabato 29 marzo 2014
Porti e Approdi della Sardegna nuragica, di Pierluigi Montalbano. Nora e Bithia
Porti e Approdi della Sardegna nuragica: Nora e Bithia.
di Pierluigi Montalbano
Inizia oggi una serie di articoli tratti dal mio ultimo lavoro (in pubblicazione, Capone Editore) dedicati al'epoca dei contatti fra nuragici e levantini avvenuta a cavallo fra Bronzo e Primo Ferro.
L’isola, fino a una decina di anni fa, era vista come una terra di conquista e colonizzazione da parte di genti straniere che arrivavano, invadevano le coste e occupavano il territorio portando la loro cultura. Oggi esiste una tendenza marcata a studiare la Sardegna come interessata da una rete di scambi lungo tutto il Mediterraneo, e come incontro di tradizioni con scambi reciproci, senza prevaricazioni. Due culture che vengono a contatto danno vita a una terza, frutto delle contaminazioni fra le precedenti. Ogni cultura si presenta con novità che sono recepite, elaborate e assorbite con un processo di adattamento al proprio patrimonio di conoscenze. I porti e gli approdi costituiscono l’interfaccia che divide e, allo stesso tempo, unisce genti diverse che vengono a contatto.
La costa sud occidentale
Iniziamo l’indagine dalla Sardegna sud occidentale, ossia il tratto di costa che ospita Nora, Bithia e altri approdi come Capo Malfatano e Porto Pino, poco indagati e dunque difficili da inquadrare.
Questo tratto di costa favorisce l’approdo per le rotte che vanno da Oriente a Occidente, e offre un buon porto per i viaggi dalla Sicilia e da Cartagine. I venti e le correnti suggeriscono queste rotte e certamente le attività marinaresche antiche tenevano in gran conto gli eventi naturali. Il Mar Tirreno si presenta come un triangolo che ha un vertice in Sicilia, uno nell’Africa Settentrionale e l’ultimo nel tratto fra la Corsica e la Toscana. Le terre che si affacciano in questo triangolo d’acqua sono da sempre in contatto fra loro.
Nell’età del Bronzo, la zona sud occidentale sarda era esposta alle navigazioni che attraversavano il Mediterraneo Occidentale alla ricerca di metalli, fino alla penisola iberica. Nelle zone costiere, le comunità sarde entrarono in contatto con la Grecia micenea e Cipro, con uno scambio reciproco di materiali e idee.
Nora offre un approdo riparato e accogliente, con due corsi d’acqua e una fascia di pianura che consente di collegarsi al Campidano, la grande pianura fertile che unisce Cagliari a Oristano. Inoltre, scavalcando un passo si arriva a Bithia e ad altri itinerari che in antichità erano utilizzati per attraversare le montagne fino alle zone minerarie. Man mano che si scava in Sardegna, si sta attenti a nuovi dettagli e gli studi mostrano rapporti stretti fra sardi e fenici, quasi fossero il risultato dell’unione dei due popoli avvenuta nei secoli precedenti.
Nora
Il porto di Nora è stato individuato da indagini archeologiche subacquee di Ignazio Sanna, un tecnico della soprintendenza. Si nota un canale ben tagliato, scavato sott’acqua, che si dirige verso l’attuale peschiera, e ai lati si notano accumuli di cocci. Le strutture del porto sono di età punica e romana, ma l’insenatura mostra evidenti tracce d’interventi di epoca nuragica.
Le infrastrutture portuali erano utilizzate a pieno regime, e Nora fu un’interfaccia di scambio con tutto il Mediterraneo. Mentre alcune strade urbane furono abbandonate e occupate nel corso dei secoli da sculture di animali o altre figure, la grande via che conduceva al porto fu tenuta sgombra fino al 650 d.C.
Poco distante, ad Antigori (Sarroch), si nota una comunità arcaica che acquisisce ceramiche di lusso, grossi orci per la conservazione di derrate alimentari e manufatti domestici. In questo breve tratto di costa è attestata la presenza dei micenei ed è verosimile che l’influenza sia arrivata fino a Decimoputzu, vista la preziosa statuetta con un volto umano che indossa un elmo in avorio decorato con denti di cinghiale, identica ad altri esemplari presenti proprio nella Grecia micenea.
I primi fenici collaborano con i locali e ottengono l’autorizzazione per partecipare ai mercati nei luoghi con forte presenza di nuragici. L’integrazione è pacifica e la costa costituisce un punto d’appoggio per i navigli che stagionalmente giungevano per commerciare. Si sviluppano una serie di comunità miste e non si rileva più se sono fenicie o indigene.
I segni dei primi insediamenti sono testimoniati anche dalla ceramica, con un picco di frequentazione dall’VIII a.C. al VII d.C., in età bizantina. Circa 1500 anni di storia che mostrano una fioritura di Nora intorno al 650 a.C., con la presenza di ceramiche greche più antiche, recentemente scoperte, che offrono uno scenario ancora da interpretare. La ceramica dal 750 al 700 a.C. è locale, prevalentemente da cucina, con rari manufatti destinati al commercio. Intorno al 700 a.C. aumenta la ceramica fenicia fino a raggiungere, intorno al 650 a.C., una quantità che supera quella indigena.
Dal 650 a.C. in poi si nota in Sardegna un incremento di fenici, forse spinti dagli Assiri ad abbandonare le coste orientali perché vessati da tributi insostenibili. La costa sarda presenta ormai una popolazione con fenici integrati ed è verosimile che i nuovi arrivati si mescolino proprio nelle zone dove gli antenati erano più numerosi. La componente fenicia aumenta ma nel giro di qualche generazione (750-650 a.C.) sardi e fenici divennero un popolo unico.
Forse l’approdo di Nora era sfruttato anche come base d’appoggio per le navi etrusche e greche, ma i rapporti più stretti in questo primo periodo furono con i fenici, che portavano, oltre i prodotti, anche idee e tecnologie. Le ceramiche e gli altri materiali di ambito tirrenico sono meno numerosi. I cocci più significativi mostrano una forte collaborazione fra popoli ed è difficile distinguere quando si tratta di pezzi di importazione o se sono copiati dai locali. I materiali scavati suggeriscono un feeling fra l’Etruria, i fenici e i cartaginesi, come dimostrano le navi di Pyrgi nel santuario del porto di Cerveteri che presentano lettere scritte in etrusco e in punico. Dopo il 500 a.C., infatti, i rapporti continuano e Nora diventa un insediamento stabile permanente. Prima di questa data non sono state trovate tracce d’insediamento urbano, ma solo buchi per pali utilizzati per le recinzioni e per le capanne. Nella necropoli punica di Nora si notano rapporti con il mondo esterno, con un cofanetto di legno decorato in avorio, databile intorno al 470 a.C., simile a quelli di Tharros. È difficile capire i rapporti fra Nora e l’entroterra perché in superficie presenta frammenti di età punica, ma non sappiamo cosa c’era al di sotto, né che estensione avesse il territorio di pertinenza del porto.
Un altro mondo con cui Nora si presenta come interfaccia di scambi è quello greco, con Atene in particolare. Dalla tomba punica di un personaggio femminile di stirpe greca, vissuta a Nora e sepolta lì, si è capito che i rapporti con la Grecia erano forti, perché è l’unica delle 40 tombe il cui corredo è composto solo da ceramica greca figurata, con scene che ci riportano al mondo femminile. Queste belle ceramiche attiche nere, dipinte, sono poi copiate dai locali nel porto di arrivo e in altre zone. Le imitazioni, in seguito, diventano prevalenti e dopo circa un secolo, quando i rapporti con il mondo greco non mostrano più contatti, sostituiscono le importazioni divenendo la ceramica buona dominante in tutta la Sardegna. Abbiamo anche delle belle ceramiche nere che provengono dalla Campania, e le officine ceramiche locali accolgono queste forme di lusso, riproducendole con la tecnica che si avvicina all’originale. Iniziano produzioni miste con forme puniche verniciate di nero e decorate come fossero greche.
Durante il periodo punico, troviamo anche ceramiche tipiche del mondo romano, a dimostrazione che i rapporti erano buoni con molti popoli. Fra il I a.C. e il I d.C. si rilevano ceramiche di lusso prodotte in Toscana e in Gallia, rielaborate internamente dalle officine artistiche sarde e diffuse nell’entroterra divenendo le più apprezzate nell’isola. In seguito abbiamo ancora influssi culturali e manufatti che giungono a Nora dall’Africa, e gli scambi proseguono fino all’epoca bizantina, intorno al VI d.C., periodo di decadenza della città.
Ceramiche tipologia micenea, Nuraghe Antigori
Bithia
Bithia è un piccolo promontorio su cui si trova l’abitato. Nella parte bassa c’è un tempio dedicato a Bes ed è stata scavata una necropoli fenicia intatta che ha restituito oggetti di pregio come uova di struzzo decorate e utilizzate come brocche, con l’aggiunta di protesi in avorio simili a quelle scavate nelle necropoli etrusche, lungo il corso dell’Arno. Inoltre, insieme alle ceramiche fenicie, nelle tombe di Bithia si trovano anche ceramiche etrusche integre. Interessanti, oltre alle classiche incinerazioni fenicie, sono alcune tombe a inumazione in cui il defunto porta sul petto un pugnaletto e resti in ferro e bronzo. Erano personaggi nuragici di alto rango che, intorno al 650 a.C., vivevano insieme ai fenici. Sono stati trovati anche vasi nuragici contenenti resti carbonizzati di defunti, quindi un rito fenicio applicato a personaggi sardi. Si deduce che anche Bithia è un insediamento misto che mostra una forte integrazione. A Bithia c’è un tempio di età romana, all’interno del quale c’era la statua di Bes oggi conservata al museo archeologico di Cagliari. Si tratta di una divinità benefica egiziana, introdotta dai primi commercianti levantini, venerata anche in Sardegna, a dimostrazione della pluralità di contatti con il mondo esterno. Bes fu forse integrato in Sardegna con qualche divinità della salute, come suggeriscono altre statuette di età romana rinvenute nell’isola. Molte sculture sono realizzate da artigiani specializzati nell’arte di produrre vasi perché le forme derivano da quella scuola. È testimoniato dai rotolini in argilla che sono applicati ai vasi per ottenere figure antropomorfe. I materiali scavati suggeriscono un feeling fra l’Etruria, i fenici e i cartaginesi, come dimostrano le navi di Pyrgi nel santuario del porto di Cerveteri che presentano lettere scritte in etrusco e in punico.
Immagini e testo tratti da "Porti e approdi nel Mediterraneo antico" di Pierluigi Montalbano, Capone Editore, in pubblicazione.
di Pierluigi Montalbano
Inizia oggi una serie di articoli tratti dal mio ultimo lavoro (in pubblicazione, Capone Editore) dedicati al'epoca dei contatti fra nuragici e levantini avvenuta a cavallo fra Bronzo e Primo Ferro.
L’isola, fino a una decina di anni fa, era vista come una terra di conquista e colonizzazione da parte di genti straniere che arrivavano, invadevano le coste e occupavano il territorio portando la loro cultura. Oggi esiste una tendenza marcata a studiare la Sardegna come interessata da una rete di scambi lungo tutto il Mediterraneo, e come incontro di tradizioni con scambi reciproci, senza prevaricazioni. Due culture che vengono a contatto danno vita a una terza, frutto delle contaminazioni fra le precedenti. Ogni cultura si presenta con novità che sono recepite, elaborate e assorbite con un processo di adattamento al proprio patrimonio di conoscenze. I porti e gli approdi costituiscono l’interfaccia che divide e, allo stesso tempo, unisce genti diverse che vengono a contatto.
La costa sud occidentale
Iniziamo l’indagine dalla Sardegna sud occidentale, ossia il tratto di costa che ospita Nora, Bithia e altri approdi come Capo Malfatano e Porto Pino, poco indagati e dunque difficili da inquadrare.
Questo tratto di costa favorisce l’approdo per le rotte che vanno da Oriente a Occidente, e offre un buon porto per i viaggi dalla Sicilia e da Cartagine. I venti e le correnti suggeriscono queste rotte e certamente le attività marinaresche antiche tenevano in gran conto gli eventi naturali. Il Mar Tirreno si presenta come un triangolo che ha un vertice in Sicilia, uno nell’Africa Settentrionale e l’ultimo nel tratto fra la Corsica e la Toscana. Le terre che si affacciano in questo triangolo d’acqua sono da sempre in contatto fra loro.
Nell’età del Bronzo, la zona sud occidentale sarda era esposta alle navigazioni che attraversavano il Mediterraneo Occidentale alla ricerca di metalli, fino alla penisola iberica. Nelle zone costiere, le comunità sarde entrarono in contatto con la Grecia micenea e Cipro, con uno scambio reciproco di materiali e idee.
Nora offre un approdo riparato e accogliente, con due corsi d’acqua e una fascia di pianura che consente di collegarsi al Campidano, la grande pianura fertile che unisce Cagliari a Oristano. Inoltre, scavalcando un passo si arriva a Bithia e ad altri itinerari che in antichità erano utilizzati per attraversare le montagne fino alle zone minerarie. Man mano che si scava in Sardegna, si sta attenti a nuovi dettagli e gli studi mostrano rapporti stretti fra sardi e fenici, quasi fossero il risultato dell’unione dei due popoli avvenuta nei secoli precedenti.
Nora
Il porto di Nora è stato individuato da indagini archeologiche subacquee di Ignazio Sanna, un tecnico della soprintendenza. Si nota un canale ben tagliato, scavato sott’acqua, che si dirige verso l’attuale peschiera, e ai lati si notano accumuli di cocci. Le strutture del porto sono di età punica e romana, ma l’insenatura mostra evidenti tracce d’interventi di epoca nuragica.
Le infrastrutture portuali erano utilizzate a pieno regime, e Nora fu un’interfaccia di scambio con tutto il Mediterraneo. Mentre alcune strade urbane furono abbandonate e occupate nel corso dei secoli da sculture di animali o altre figure, la grande via che conduceva al porto fu tenuta sgombra fino al 650 d.C.
Poco distante, ad Antigori (Sarroch), si nota una comunità arcaica che acquisisce ceramiche di lusso, grossi orci per la conservazione di derrate alimentari e manufatti domestici. In questo breve tratto di costa è attestata la presenza dei micenei ed è verosimile che l’influenza sia arrivata fino a Decimoputzu, vista la preziosa statuetta con un volto umano che indossa un elmo in avorio decorato con denti di cinghiale, identica ad altri esemplari presenti proprio nella Grecia micenea.
I primi fenici collaborano con i locali e ottengono l’autorizzazione per partecipare ai mercati nei luoghi con forte presenza di nuragici. L’integrazione è pacifica e la costa costituisce un punto d’appoggio per i navigli che stagionalmente giungevano per commerciare. Si sviluppano una serie di comunità miste e non si rileva più se sono fenicie o indigene.
I segni dei primi insediamenti sono testimoniati anche dalla ceramica, con un picco di frequentazione dall’VIII a.C. al VII d.C., in età bizantina. Circa 1500 anni di storia che mostrano una fioritura di Nora intorno al 650 a.C., con la presenza di ceramiche greche più antiche, recentemente scoperte, che offrono uno scenario ancora da interpretare. La ceramica dal 750 al 700 a.C. è locale, prevalentemente da cucina, con rari manufatti destinati al commercio. Intorno al 700 a.C. aumenta la ceramica fenicia fino a raggiungere, intorno al 650 a.C., una quantità che supera quella indigena.
Dal 650 a.C. in poi si nota in Sardegna un incremento di fenici, forse spinti dagli Assiri ad abbandonare le coste orientali perché vessati da tributi insostenibili. La costa sarda presenta ormai una popolazione con fenici integrati ed è verosimile che i nuovi arrivati si mescolino proprio nelle zone dove gli antenati erano più numerosi. La componente fenicia aumenta ma nel giro di qualche generazione (750-650 a.C.) sardi e fenici divennero un popolo unico.
Forse l’approdo di Nora era sfruttato anche come base d’appoggio per le navi etrusche e greche, ma i rapporti più stretti in questo primo periodo furono con i fenici, che portavano, oltre i prodotti, anche idee e tecnologie. Le ceramiche e gli altri materiali di ambito tirrenico sono meno numerosi. I cocci più significativi mostrano una forte collaborazione fra popoli ed è difficile distinguere quando si tratta di pezzi di importazione o se sono copiati dai locali. I materiali scavati suggeriscono un feeling fra l’Etruria, i fenici e i cartaginesi, come dimostrano le navi di Pyrgi nel santuario del porto di Cerveteri che presentano lettere scritte in etrusco e in punico. Dopo il 500 a.C., infatti, i rapporti continuano e Nora diventa un insediamento stabile permanente. Prima di questa data non sono state trovate tracce d’insediamento urbano, ma solo buchi per pali utilizzati per le recinzioni e per le capanne. Nella necropoli punica di Nora si notano rapporti con il mondo esterno, con un cofanetto di legno decorato in avorio, databile intorno al 470 a.C., simile a quelli di Tharros. È difficile capire i rapporti fra Nora e l’entroterra perché in superficie presenta frammenti di età punica, ma non sappiamo cosa c’era al di sotto, né che estensione avesse il territorio di pertinenza del porto.
Un altro mondo con cui Nora si presenta come interfaccia di scambi è quello greco, con Atene in particolare. Dalla tomba punica di un personaggio femminile di stirpe greca, vissuta a Nora e sepolta lì, si è capito che i rapporti con la Grecia erano forti, perché è l’unica delle 40 tombe il cui corredo è composto solo da ceramica greca figurata, con scene che ci riportano al mondo femminile. Queste belle ceramiche attiche nere, dipinte, sono poi copiate dai locali nel porto di arrivo e in altre zone. Le imitazioni, in seguito, diventano prevalenti e dopo circa un secolo, quando i rapporti con il mondo greco non mostrano più contatti, sostituiscono le importazioni divenendo la ceramica buona dominante in tutta la Sardegna. Abbiamo anche delle belle ceramiche nere che provengono dalla Campania, e le officine ceramiche locali accolgono queste forme di lusso, riproducendole con la tecnica che si avvicina all’originale. Iniziano produzioni miste con forme puniche verniciate di nero e decorate come fossero greche.
Durante il periodo punico, troviamo anche ceramiche tipiche del mondo romano, a dimostrazione che i rapporti erano buoni con molti popoli. Fra il I a.C. e il I d.C. si rilevano ceramiche di lusso prodotte in Toscana e in Gallia, rielaborate internamente dalle officine artistiche sarde e diffuse nell’entroterra divenendo le più apprezzate nell’isola. In seguito abbiamo ancora influssi culturali e manufatti che giungono a Nora dall’Africa, e gli scambi proseguono fino all’epoca bizantina, intorno al VI d.C., periodo di decadenza della città.
Ceramiche tipologia micenea, Nuraghe Antigori
Bithia
Bithia è un piccolo promontorio su cui si trova l’abitato. Nella parte bassa c’è un tempio dedicato a Bes ed è stata scavata una necropoli fenicia intatta che ha restituito oggetti di pregio come uova di struzzo decorate e utilizzate come brocche, con l’aggiunta di protesi in avorio simili a quelle scavate nelle necropoli etrusche, lungo il corso dell’Arno. Inoltre, insieme alle ceramiche fenicie, nelle tombe di Bithia si trovano anche ceramiche etrusche integre. Interessanti, oltre alle classiche incinerazioni fenicie, sono alcune tombe a inumazione in cui il defunto porta sul petto un pugnaletto e resti in ferro e bronzo. Erano personaggi nuragici di alto rango che, intorno al 650 a.C., vivevano insieme ai fenici. Sono stati trovati anche vasi nuragici contenenti resti carbonizzati di defunti, quindi un rito fenicio applicato a personaggi sardi. Si deduce che anche Bithia è un insediamento misto che mostra una forte integrazione. A Bithia c’è un tempio di età romana, all’interno del quale c’era la statua di Bes oggi conservata al museo archeologico di Cagliari. Si tratta di una divinità benefica egiziana, introdotta dai primi commercianti levantini, venerata anche in Sardegna, a dimostrazione della pluralità di contatti con il mondo esterno. Bes fu forse integrato in Sardegna con qualche divinità della salute, come suggeriscono altre statuette di età romana rinvenute nell’isola. Molte sculture sono realizzate da artigiani specializzati nell’arte di produrre vasi perché le forme derivano da quella scuola. È testimoniato dai rotolini in argilla che sono applicati ai vasi per ottenere figure antropomorfe. I materiali scavati suggeriscono un feeling fra l’Etruria, i fenici e i cartaginesi, come dimostrano le navi di Pyrgi nel santuario del porto di Cerveteri che presentano lettere scritte in etrusco e in punico.
Immagini e testo tratti da "Porti e approdi nel Mediterraneo antico" di Pierluigi Montalbano, Capone Editore, in pubblicazione.
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Complimenti, articoli come questo arricchiscono il web e la Sardegna!
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