giovedì 27 maggio 2010
Monte Prama, i giganti.
I giganti di Monte Prama
Nel 1974 vicino a Cabras, in provincia di Oristano, mentre arava il suo campo, il signor Poddi si accorse che dalla terra saltavano fuori frammenti di pietra bianca calcarea lavorati dall’uomo: un busto, una testa e un braccio. Erano i primi fra gli oltre 5000 pezzi di statue monumentali venuti alla luce e sparsi su una necropoli sepolta: facevano parte di statue alte oltre 2 metri con volti, nasi e sopracciglia stilizzati e occhi incisi a cerchi concentrici. Statue realizzate da artigiani della civiltà nuragica. Nel 1977 la soprintendenza archeologica sarda e l’Università di Cagliari organizzarono una campagna di scavi in quella zona sabbiosa presso il mare chiamata Monte Prama (nome sardo della palma nana che cresce in quella zona, «prama»). I frammenti furono raccolti ma seguì un lungo periodo di stasi fino al 2005, quando un gruppo composto da una ventina di specialisti ha iniziato a riassemblare le statue nel Centro di restauro Li Punti, nel sassarese.
Gli scavi organizzati dalla soprintendenza di Cagliari, che affidò a Tronchetti il lavoro, misero in luce una necropoli con 34 tombe a fossa contenente corpi inumati. Era un’area sacra dell’VIII a.C. sopra la quale c’era un fossato su cui qualcuno aveva gettato le sculture ridotte in frantumi. Con i 300 frammenti di modellini di nuraghe, gli archeologi hanno recuperato altri 4.900 pezzi fra teste, braccia, cosce, piedi e altro: appartengono a figure poderose, alte in media di 2 metri e 40, ognuna dal peso compreso tra i 100 e i 250 chili per un totale di oltre 10 tonnellate.
A che epoca risalgono? Forse lo stesso periodo della necropoli, VIII a.C., ma si va rafforzando l’ipotesi che data le statue al X a.C. e che qualcuno le avrebbe inizialmente collocate in un punto visibile dal mare. Successivamente furono distrutte e buttate sulla necropoli già abbandonata da tempo. Le sculture rappresentano arcieri e guerrieri (corridori o pugilatori), ma vi sono anche dei piccoli nuraghe a dimostrazione che gli ideatori furono proprio i sardi nuragici.
Di rilevante importanza è la figura di alcuni personaggi denominati erroneamente pugilatori. Hanno in mano un maglio metallico e si proteggono la testa con uno scudo flessibile in cuoio (o giunchi intrecciati, o strati di lino uniti con resina) da oggetti scagliati dall’alto come avviene in battaglia. Personalmente ritengo si tratti di “corridori” che durante le guerre affiancavano gli arcieri e si lanciavano sul nemico moribondo per finirlo fracassandogli la testa col maglio metallico impugnato. L’equipaggiamento leggerissimo, costituito da un semplice perizoma, li avvantaggiava nei movimenti contro i nemici abbigliati con vestiario pesante o comunque ingombrante tipico di chi combatte sui carri. Con i loro dettagli raffinati come mani, pugni e corazze, per la loro somiglianza le sculture rimandano agli incantevoli bronzetti raffiguranti arcieri, guerrieri e corridori (pugilatori), realizzati dai nuragici con il metodo della cera persa e che misurano appena 10-15 centimetri. Forse chi ha fuso i bronzetti potrebbe essersi ispirato alle sculture di Monte Prama. La novità sarebbe enorme: i nuragici rappresentavano se stessi e fino a oggi non era conosciuta una loro scultura lapidea antropomorfa a tutto tondo. Ma non tutti gli studiosi concordano con l’ipotesi nuragica, alcuni li assegnano ai fenici. Altri interrogativi vengono a galla: chi e perché ha distrutto e incendiato le statue e la necropoli? Cosa rappresentavano le statue? Dove erano poste prima dell’atto vandalico?
Attualmente è in corso il restauro mediante l’assemblaggio dei frammenti, tra i quali vi sono 20 teste e 24 busti. A seconda delle ipotesi la datazione oscilla intorno al IX a.C. e ne fa comunque le più antiche statue di questa tipologia del bacino mediterraneo occidentale, antecedenti i Kouroi greci. Sono inoltre stati rinvenuti diversi modelli di Nuraghe e betili.
La statuaria antropomorfa sarda è antichissima. Attinenti all'iconografia della dea madre abbiamo numerosi idoli in stile volumetrico, finemente decorati e ricchi di particolari. Uno degli esempi più significativi è l'idolo di Perfugas (loc. Sos Badulesos), nel quale è raffigurata la dea nell'aspetto di nutrice che porta in grembo, stretto fra le braccia, un bambino che succhia il latte dalla mammella sinistra. Questa tipologia a due figure sarà poi ripresa nella civiltà nuragica con le pietà nuragiche (La Grazia, Madre dell’ucciso, Madre con bimbo in grembo)
Una diversa iconografia per temi e stilemi ci è offerta poi dalle Statue-menhir, personificate dagli schematici rilievi anatomici del volto a T, in unico blocco naso/sopracciglia, ma senza occhi né bocca. In esse è raffigurata un'arma a doppio pugnale e il pittogramma pettorale del "capovolto", raffigurato in forma a tridente, nella rappresentazione del mondo dell’aldilà sulle pareti interne dei sepolcri a domus de janas (Ugas, 2006).
Probabilmente di epoca successiva sono poi alcuni reperti trovati a Viddalba, Ossi (custoditi al Museo Sanna di Sassari) e Bulzi. Quest’ultimo (esposto presso il museo di Perfugas) consiste in una testa antropomorfa calcarea con tipico schema a T del volto, che rispetto alle predette Statue-menhir reca due fori a rappresentare gli occhi. Questa scultura è inoltre sormontata da un elmo a visiera frontale dotato di due incavi, nei quali furono inserite ad incastro le corna calcaree e delle quali residua un breve tratto. Queste caratteristiche avvicinano tali manufatti alle statue menhir di Filitosa in Corsica (datate intorno al 1600 a.C.). Sono queste sculture probabilmente a costituire il precedente artistico e ideologico dei Giganti di Monte Prama e della correlativa bronzistica.
Le statue sono state scolpite su pietra di arenaria estratta da cave nei pressi di Oristano. Gli occhi incavati, sono resi con un doppio cerchio concentrico creato con un compasso o uno strumento analogo. La bocca infine, è resa con un breve tratto inciso, che può essere rettilineo o angolare. I capelli sono in genere raccolti in lunghe trecce. I piedi poggiano su basi e sono ampi e larghi, con le dita bene definite. Le incisioni ripetono i simboli e le decorazioni della ceramica sarda e dei bronzetti creando un filo diretto tra le sculture bronzee e i Giganti. Infatti, i motivi disegnati derivano la propria matrice dalla tecnica della lavorazione a punta di bulino propria della bronzistica, le cui sporgenze e rilievi non potendo esser resi su pietra sono stati ricreati con la soluzione dell’incisione. Sono presenti i cerchi concentrici largamente utilizzati nei vasi nuragici tra i quali ad esempio gli Askos. Dalle tracce recentemente rinvenute si ritiene che le statue fossero dipinte di rosso e di nero. Il materiale organico utilizzato per i colori potrebbe forse essere utilizzato per determinare la datazione delle statue attraverso il metodo del carbonio 14.
Gli arcieri
I frammenti appartenenti a questa tipologia di statue, appartengono a 12 figure. Le caratteristiche, come nelle statuette bronzee, sono assai varie. L’iconografia più diffusa vede il guerriero che indossa una corta tunica che copre l’inguine e una placca pettorale a lati leggermente concavi. La resa del petto fra i lacci della placca indica che questi reggevano anche una sorta di goliera, peraltro visibile in alcuni bronzetti.
La testa in miglior stato di conservazione mostra il tipico elmo cornuto dei guerrieri shardana raffigurati nei bassorilievi egizi. Alcuni frammenti di piccoli elementi cilindrici, terminanti in sfere, possono esser ricondotti alle parti terminali delle corna degli elmi, come nei bronzi. Gli arti superiori presentano spesso il braccio sinistro munito di brassard che tiene l’arco mentre la mano destra è tesa in segno di saluto. Altri arti presentano la mano destra che tiene uno scudo. Nei busti di alcune figure di arciere è visibile una corazza; alcuni arcieri hanno, sulla schiena, la faretra con la spada a fianco.
I Corridori
Personalmente ritengo che i personaggi che Lilliu classifica come pugilatori, siano in realtà corridori, guerrieri dei popoli del mare con funzioni particolari che contribuirono alla caduta dei grandi imperi del passato e che ho descritto in questo libro nel paragrafo dedicato proprio alle invasioni dei popoli del mare avvenute intorno al 1200 a.C. Il torso è nudo ed i lombi cinti da un breve gonnellino svasato posteriormente a “V” visibile nella bronzistica dei pugili ma anche nell’arciere di Serri. Si percepiscono su qualche gonnellino i lacci che lo tenevano legato, raffigurati con cordoncini a bassissimo rilievo. Il capo è rivestito da una calotta liscia i cui due lembi ricadono ai lati del collo, al di sotto della quale escono le lunghe trecce. Il braccio destro è rivestito da una guaina in cuoio che parte dal gomito e il pugno impugna una sorta di maglio metallico che serviva per finire il nemico. Il braccio sinistro tiene lo scudo a coprire il capo. Lo scudo è di forma ellissoidale e doveva essere composto da cuoio, giunco intrecciato o altro materiale flessibile. La figura del pugilatore è molto rappresentata anche nella bronzistica e, oltre agli esemplari sardi, si segnala il bronzetto rinvenuto nella Tomba del Capo a Vetulonia.
Le statue furono rinvenute, come ho già detto, presso una necropoli formata da 34 tombe a pozzetto irregolare e prive di corredo funerario eccetto che per uno scarabeo. La necropoli di Monte Prama si trova in un territorio che registra un'altissima densità di monumenti nuragici. Quasi ogni rilievo collinare ha sulla sua sommità un nuraghe, di dimensioni variabili. Le tombe sono praticamente l’una attaccata all’altra e collocate entro recinti che suddividono il terreno in diverse aree sepolcrali. Il problema della datazione di tali opere è determinato dal fatto che, come già detto, con tutta probabilità furono spostate dalla loro sede originaria già in antichità ad opera dei loro distruttori. Attestano questi fatti l’estrema frammentazione e il rinvenimento di tracce d’incendio nella pietra. Uno dei recinti tombali offre un'indicazione fondamentale: le tombe erano poste in fila, e a causa del ristretto spazio interno al recinto, le ultime tre di esse, sono state affiancate alle precedenti. Si hanno quindi 34 tombe numerate dalla n°1 verso la n° 34 in ordine cronologico progressivo, quindi si provvedeva a scavare una nuova tomba man mano che se ne presentava la necessità, affiancandola a quella più recente. Nella tomba n° 25 è stato ritrovato uno scarabeo egiziano del Ferro con raffigurato un doppio fiore di loto schematizzato; una tipologia nota a partire dagli ultimi secoli del II millennio. La presenza di uno scarabeo identico ad un altro rinvenuto a Tiro, in uno strato dell'VIII a.C. ci indica il periodo al quale risalgono le tombe: intorno al 800 a.C.
Ma non si tratta di un calcolo definitivo. Infatti come si è detto i giganti di Monte Prama sono stati realizzati prima e gettati sulla necropoli, inoltre sono legati a doppio filo alla bronzistica sarda. Iconograficamente sono praticamente uguali ai bronzetti ritrovati nei santuari di Abini-Teti e Santa Vittoria-Serri. I vari studi affermano che i bronzetti sono del Ferro, non oltre comunque il X a.C. In tutto il Mediterraneo i bronzetti delle varie culture seguono la statuaria, riproducendola in forma ridotta come nel caso dei Kouroi greci. Non si vede quindi il motivo per cui solo in Sardegna sarebbe avvenuto il contrario. Quindi è plausibile l’ipotesi di retrodatare ancora una volta le statue di Monte Prama al X a.C.
Recentemente Rockwell ha analizzato personalmente le sculture riscontrando l’uso di vari strumenti in metallo, probabilmente in bronzo. In particolare ha osservato l'uso di: subbia, scalpello con lama di varie misure, uno strumento simile ad un raschietto utilizzato per levigare la superficie, una punta secca per incidere linee fini di dettaglio, uno strumento per produrre fori simile ad un trapano. Inoltre è evidente l’uso di uno strumento simile al compasso con il quale sono state realizzate le linee circolari degli occhi.
Il collage di immagini realizzato è stato eseguito presso il centro di restauro della sovrintendenza a Li Punti.
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Signor Montalbano sono sempre la nostalgica Grazia,costretta dai genitore a migrare in Toscana da piccola,e che,in vecchia si sta sempre più innamorando della Sardegna e sopratutto,attraverso il blog di GFP e il suo sta entrando nel mondo delle meraviglie nuragiche.Mi chiedo: ma in che mondo sono vissuta fin'ora?Vi ringrazio,con tutto il cuore,per avermi introdotto in questo mondo meraviglioso.Ai miei amici toscani ho sempre parlato della bellezza naturale della Sardegna e dei nuraghi,ma ora,sto scoprendo cose stupende e le trasmetterò agli amici innamorati della mia isola.Grazie ancora
RispondiEliminaGrazie a te per la partecipazione a questo blog. E' nato da un mese, e noto con piacere che molti visitatori d'oltremare si sono interessati agli argomenti.
RispondiEliminaHo in serbo una sorpresa riguardo la rassegna "Viaggi e Letture" per chi non ha preso parte a causa della distanza, ma ci vorrà un po' di tempo perché è un lavoro lungo e mi servirà l'autorizzazione dei docenti relatori.
Carissimo Pierluigi, non voglio dare del Lei a nessuno, non lo farò neanche con te, prendila come un incontro tra amici che si conoscono da sempre. Fortunatamente in questo periodo sto analizzando tutto il materiale possibile sui "nostri giganti", e tu che segui maggiormente il forum di Leo, sai che le regole del discutere, che personalmente chiamerei del dialogo, almeno tra sardi, vengono spesso travisate per passare subito ad ardite diatribe; tutto questo perchè l'opinione che vuole far passare per arditi eroici combattenti, avulsi da qualsiasi forma di lotta che non sia quella estrema e solenne della spada e dell'arco, possa far sembrare il popolo sardo antico, sardana sicuramente in un periodo particolare, quasi meno eroico e poco combattivo se "avesse" utilizzato l'arte del "pugilare" in momenti di battaglia.
RispondiEliminaPremesso che il nostro sapere, nei riguardi di conflitti avvenuti tra il II° millennio a.C. ed il III° secolo d.C., si basa unicamente sui reperti bronzei di armi, lame, bronzetti e statue "ora" sotto osservazione; premesso che consideriamo "sardi" o meglio sardana, le raffigurazioni di Medinet Habu, avendo quindi ulteriori immagini sul come si guerregiava in passato, mi domando :
perchè tanta ira nei confronti di chi, come te, suppone che proprio dall'osservazione di reperti, diciamo pure del X° sec. a.C., possa dedurre che quella che noi "oggi" consideriamo uno sport ( che personalmente detesto) poteva allora essere un'arte militare ?
Perche, torno a chiedermi, se di arte militare si trattava, altri non tollerano che poteva essere applicata nel modo che hai presupposto indicando quei "fantasiosi" corridori ? Insomma in qualche modo, se pugni dovevano dare in battaglia, che li davano correndo o stando fermi (lo credo poco!)li dovevano pur dare !
Caro Angelo, ricambierò la formula che hai scelto e ti risponderò da amico, anche perché è la formula che abitualmente utilizzo, da 50enne ormai nella fatidica discesa, anche con i miei allievi, con i miei colleghi e con i miei maestri.
RispondiEliminaCiò che mi fa propendere per l'ipotesi guerriera, e non atletica o sportiva, è la presenza di due dettagli: lo scudo che copre la testa (impensabile nei pugili) e il maglio metallico che riveste il pugno destro.
Se qualche persona ha definito fantasiosa la mia ipotesi...rispetto la sua opinione, ma dovrebbe dimostrarmi in qualche modo che ho torto. Non è sufficiente affermarlo a parole, servono prove archeologiche, letterarie, pittoriche, scultoree o comunque fondate su basi metodologiche che abbiano almeno un minimo di scientificità.
Ma arriviamo al dunque: tu che ne pensi di questi personaggi?
Carissimo: condivido l'ascesa (o discesa) semisecolare, essa è puramente relativa!
RispondiEliminavolendo definire con quale metodo si debba giudicare non solo l'essenza delle statue stesse ma il perchè storico della loro presenza prima e distruzione poi, mi accorgo di entrare in un campo che propriamente non m'appartiene, ma che per il solo esistere, mi affascina e mi incita a delle risposte forse non proprio tecniche, ma certamente frutto di altre conoscenze. Un presupposto ritengo doveroso debba essere dato: esse (le statue) sono una rappresentazione simbolica artistica aventi significato militare trionfante, simbolico funerario o celebrativo sportivo ? Ed in quest'ultima ipotesi, lo sport, come generalmente inteso, poteva essere allora conosciuto come un'insieme di eventi ludici facenti parte di una sorta di propedeuticità alla guerra?
Un dubbio ulteriore: il pugilatore, è un elemento alquanto violento e deleterio in uno scontro, non so bene quanto se paragonato ad altri uomini muniti di altre armi, lascio ad altri eventuali comparazioni, la domanda potrebbe essere: come assimilarlo al pugilatore di Lisippo, datato I° sec. a.C.? Quali attinenze se confrontato su un terreno sportivo oppure militare? Poteva essere possibile un incontro con "cotanta" potenza ?
Come vedi, se "a priori" non diamo una prima supposizione del loro "esistere", dal cui poter trarre vicende storiche possibili e reali, temo che ci si vada ad imbrigliare in una infinità di supposizioni fuorvianti.
Voglio partire dal fatto concreto della loro esistenza, non dare per certo che appartengano al sito funerario ove sono stati rinvenuti, che facessero parte di una cultura certamente evoluta, quella sarda del I° millennio a.C., e che altrettanto cruenta deve essere stata la loro distruzione.
Continuo il commento con una ulteriore riflessione nella speranza d'essere influente nella discussione:
RispondiEliminamolte s'è detto e tuttora viene scritto sul significato dell'edificazione di statuaria in generale, in particolar modo quella definita gigante; se individuata nei settori disciplinari della storia dell'arte avremo un significato più o meno celebrativo, frutto di dispendio di risorse che in altro modo sarebbero confluite in un maggiore benessere della civiltà o popolo che le ha erette, sinonimo quindi di possibilità economiche oltre quelle minime di sufficienza;da aggiungere quella più significativa del " volerle " quindi interesse artistico che supera quello meramente economico; altra lettura è quella militare, ma di cui il mio interesse è minimo, ma non ne escludo l'origine. Ci sarebbe quella puramente sportiva, una lettura che però incontra carboni ardenti al suo passaggio, in quanto potrebbe essere azzardata l'ipotesi di una disciplina sociale antecedente a quella certa greca e di cui non avremmo prova certa ( o che forse detta statuaria ne rappresenterebbe l'origine nel momento in cui se ne avesse la certezza).
L'ulteriore sintesi di quest'ultima riflessione risiede nel verificare il perchè della loro presenza, prima di addentrarsi in pericolose deduzioni razionali; ricercare la genesi del volerle erigere, del significato in sito, e, della manifestazione culturale che avrebbero avuto in seno alla cultura del I° millennio tra le popolazioni esistenti nel Mediterraneo in quel periodo; in questo particolare contesto ritengo debbano concentrarsi le ipotesi della loro realizzazione, lasciando per ultime i significati particolari insiti in ognuna delle statue.
Credo che una raffigurazione tanto importante, per giunta disintegrata nella sua essenza di simbolo creato dai nuragici al domani della decisione di smettere di costruire nuraghe (e iniziare con le capanne per le riunioni dotate di bancone circolare, adatto a ricevere un'assemblea), sia da attribuire a vicende militari trionfali (non necessariamente contemporanee al team di scultori che realizzò queste forme d'arte). Lo sfascio delle statue è, a mio modo di vedere, dovuto a qualche atto di guerra nel quale un popolo invasore riuscì a conquistare quel lembo di terra e riversò la sua ira su quei simboli, rei di rappresentare una comunità che resistette all'assedio. Non saprei valutare se la distruzione avvenne in antichità. Troppe vicende si sono succedute in 3000 anni e ignoro quali nemici siano stati tanto "barbari" da voler cancellare la memoria di quei simboli.
RispondiEliminaIl quesito resisterà nei nostri discorsi, e quei volti continueranno ad osservarci, con gli ipnotici occhi concentrici che ci chiedono: -"possibile che con la vostra evoluzione culturale non riusciate a capire chi siamo?"-.
Carissimo Pierluigi complimenti per il tuo Blog,la cosa che ho notato subito è che c'è un bel clima disteso e pacifico..riguardo ai "pugilatori", sarei più propenso ad una sorta di ordine sacerdotale con connotazioni ludiche legate strettamente ad un ambito sacro..che ne pensi?
RispondiEliminaE' il pensiero del mio maestro, prof. Ugas che più volte ha cercato di convincermi. Non posso escludere la possibilità, ma sono più propenso a fare un ragionamento militare che vado a descrivere.
RispondiEliminaLe tipologie dei personaggi sono 3, e precisamente arcieri, opliti (spadaccini) e i cosiddetti pugilatori che, essendo armati, rientrano nella categoria dei guerrieri. Inoltre non penso che un pugilatore-sacerdote avesse necessità di uno scudo sollevato sulla testa...per difendersi da chi o da cosa?
La connotazione ludica sarebbe una possibilità...e da qualche giorno vado convincendomi che questi personaggi (le 3 tipologie) possano essere legate anche alle prime olimpiadi, quelle di Atene, che sono proprio contemporanee alla realizzazione delle statue. Se così fosse saremmo davanti alla divinizzazione di atleti olimpici. La funzione sacerdotale non riesco proprio a vederla, non sarebbe logica se si tiene conto del maglio metallico con le guglie, tipico di un guerriero: il corridore, ossia il terminator dei campi di battaglia.
è anche il mio maestro:) però se penso al bronzetto di Cavalupo e all'altare in forma di nuraghe quadrilobato da San Sperate con scolpito lo stesso identico personaggio mi fornisce un indizio in più per attribuirlo ad un ambito sacro..la posizione di proteggersi la testa può essere vista non solo come difensiva ma anche come "stare sull'attenti"..Anche se non è da escludere la doppia valenza sacra e militare. perchè un guanto armato in quella maniera e anche "ben studiato" come design doveva sicuramente servire a far tanto male.
RispondiEliminaLe tre iconografie dovevano rappresentare una gens che magari amministrava sia il potere militare che religioso, confermato anche in questo caso dalla presenza dei modelli di nuraghe (fortezza=potere e prestigio).
Mi auguro si finisca di scavare l'area, perchè son dell'idea che quelle statue non sono nel punto preciso dove sorgevano ma sono una sorta di "colmata Persiana" antelitteram.
Se gli scavi proseguissero ne vedremo delle belle. La "linea" di sepoltura è stata individuata da Bedini e Tronchetti, e sarebbe sufficiente proseguire lungo quel sentiero. Non è un caso che il ritrovamento è stato fatto in una zona così densa di nuraghe e vicinissima a Tharros, quasi a sottolineare che da lì passavano solo genti autorizzate dai nuragici. Il sito sorge lungo la strada che dal porto arriva al nuraghe S'Uraki, il maestoso complesso che svettava su tutto il territorio.
RispondiEliminaSicuramente la zona di un capocantone o di più di uno..Un nuraghe così maestoso come s'uraki è raro...(escludendo i famosissimi di Orroli e Barumini)forse per dimensioni accostabile aSu Casteddu de Fanari di Decimputzu/Vallermosa
RispondiEliminaNel nuraghe S'Uraki si distinguono chiaramente sette torri, collegate fra loro da cortine murarie rettilinee con un'altezza residua sull'attuale piano di campagna di circa 3 metri. L'antemurale prosegue verso sud, al di sotto della vecchia strada provinciale, dove giacciono i resti di almeno altre tre torri. Non è stato messo in luce l'ingresso che da queste mura conduceva quasi certamente all'interno di un cortile da cui si poteva accedere alle torri più interne del nuraghe. Il resto della costruzione è completamente interrato. Nonostante questo, l'imponenza della cinta esterna pone senz'altro il nuraghe S'Uraki tra i più grandi della Sardegna per estensione e complessità.
RispondiElimina...e ci aggiungo che fa male al cuore passarci davanti e vedere una struttura che dev'essere stata così grandiosa pressoché dimenticata.
RispondiEliminaPaolo Marras (Oristano)
P.S.: complimenti per il tuo sito, che seguo con vivo interesse.
Grazie Paolo. Hai ragione...piange il cuore.
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