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sabato 7 settembre 2024

Monte Sirai, una delle città più antiche d'Italia.

 Monte Sirai, una delle città più antiche d'Italia.


Nella Sardegna sud-occidentale, c'è una cittadella antica 3000 anni posizionata a 200 metri d'altezza su un colle che domina la città di Carbonia, l'isola di Sant'Antioco e la vallata che ospita l’antico corso del fiume Cixerri. L'area del sito è abitata fin dal IV millennio a.C. come testimoniano alcune domus de Janas, le grotticelle artificiali realizzate per il sonno dei defunti. Come racconta l'archeologo Michele Guirguis, direttore degli scavi nel sito, fin dall’età nuragica tutta l’area di Monte Sirai fu frequentata da sardi che costruirono una tomba di giganti e alcuni nuraghi monotorre sulla sommità del pianoro e sui

fianchi del monte. Il villaggio, intorno all'800 a.C., si sviluppa in una posizione privilegiata che controlla buona parte del distretto minerario del Sulcis e la via che conduceva all’antica Sulky, l'attuale Sant'Antioco. Gli abitanti trasformarono il piccolo insediamento nuragico in una cittadella, realizzando una grande piazza all'ingresso dell'abitato destinata a ospitare il loro principale luogo di culto, il tempio di Astarte, sistemato all’interno di un nuraghe modificato all'occorrenza. Nella piazza confluiscono le principali vie della cittadella. 


Dall’area del nuraghe-santuario proviene un bronzetto raffigurante un personaggio nell’atto di versare vino in una coppa con una brocca askoide. Dalla stessa area provengono anche la statua della dea Astarte (oggi al Museo di Cagliari) e alcune raffinate terrecotte femminili del IV a.C., oltre un piccolo altare in terracotta di ispirazione orientale con raffigurazione del volto di una gorgone e un rilievo nella parte posteriore che rappresenta un trono fiancheggiato da sfingi alate, simile al trono di Astarte in pietra rinvenuto a Sidone a grandezza naturale. 



Sull’acropoli sono state indagate alcune abitazioni, tra cui la Casa del lucernario di Talco e la Casa Fantar, e i materiali confermano la datazione di frequentazione della cittadella intorno all'800 a.C. ma il periodo più florido fu in età punica quando l'insediamento si sviluppò notevolmente fino all'abbandono avvenuto agli inizi del I a.C. La necropoli arcaica, quella dell'VIII, mostra quasi 400 sepolture, con prevalenza di cremazioni rispetto alle inumazioni. 


La presenza di donne e bambini, e l'assenza di armi, suggeriscono un uso civile della cittadella contrariamente alla funzione militare precedentemente ipotizzata. I corredi delle tombe più antiche sono caratterizzati da brocche con orlo espanso (a fungo) e brocche bilobate per il vino. Non mancano le tombe a fossa di età punica e un’area utilizzata come ustrinum (forno crematorio). Le tipologie tombali di età punica, ossia dal V a.C., sono esclusivamente inumazioni in sepolcri ipogei (sottoterra). 



Si segnala un’interessante serie di scarabei in diaspro verde con varie iconografie di matrice egizia. Nel corso del IV secolo a.C. si registra una ripresa dell’attività costruttiva con la ristrutturazione delle mura esterne della cittadella e la fondazione del santuario tofet (il cimitero dei bimbi nati morti o deceduti dopo pochi anni). In questi cimiteri sono presenti delle stele (pietre lavorate con figure sacre) e le urne contenenti le ceneri degli infanti.

Immagini da: Il tempo dei fenici, Ilisso, curato da Michele Guirguis.





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