domenica 31 gennaio 2016

Storia e archeologia di un'antica invenzione: la strada.

La storia delle strade
di Alberto Bucchi


Delle strade si possono dare diverse definizioni. Tuttavia ritengo che la strada propriamente detta nasca, in linea generale, nel momento in cui un gruppo sociale conclude il suo processo di insediamento e di controllo su un certo ambito territoriale. L’avvento dell’”homo sapiens” attorno a 40.000 anni fa accelera la diffusione migratoria e la scoperta del primo mezzo di trasporto: la slitta, trainata da buoi, cani e poi cavalli. Con la slitta non era ancora iniziata la storia della strada, ma la slitta, cominciando la vicenda dei trasporti terrestri, va considerata la progenitrice del carro, nella linea evolutiva culminata con l’invenzione della ruota. La ruota costituisce un salto di civiltà nella storia dell’uomo, realizzando il moto rotatorio. L’applicazione delle ruote alla slitta ha come primo riferimento archeologico il tempio di Inama nella bassa Mesopotamia, dove alcune tavolette, risalenti al 3.200 a.C., ne riportano uno schizzo esplicito. L’evoluzione della ruota dalla forma massiccia alla geometria a raggi, fino al suo svincolarsi dalla solidarietà con l’asse attraverso il mozzo, si sviluppa nel secondo millennio a.C. estendendosi dalla valle dell’Indo all’Egitto. I ritrovamenti nelle tombe dei re e dei notabili di queste regioni ci hanno tramandato interi carri funebri a testimoniare il

sabato 30 gennaio 2016

Archeologia subacquea. I relitti sommersi di Yassi Ada, nel Mar Egeo

Archeologia subacquea. I relitti sommersi di Yassi Ada, nel Mar Egeo
di Ivan Lucherini


Yassi Ada, nelle vicinanze di Bodrum, è una piccolissima isola, pressoché uno scoglio, posta fra la costa turca e l’isola greca Pserimos, in quel mare Egeo, testimone di tanta parte della nostra storia antica. Quella zona del Mediterraneo è stata nei secoli sempre temuta dai navigatori e dai marinai che vi si trovavano a passare, per le caratteristiche di pericolosità, che quei tratti di mare presentano ancora adesso. I numerosi relitti, che giacciono in quei fondali, sono i muti testimoni di quegli antichi naufragi. Si deve a Peter Throckmorton e alle sue prospezioni di cinquanta anni fa, la scoperta di numerosi di essi.
La bibliografia è particolarmente ricca di notizie sui relitti di Yassi Ada poiché per la prima volta, si effettuarono degli interventi archeologici subacquei, sperimentando tecniche innovative, con un rigore scientifico mai adottato fino ad allora, almeno nel lavoro archeologico sottomarino. Una equipe, proveniente dagli Stati Uniti, esattamente dall’Università della Pennsylvania, composta da membri dell’University Museum, guidati da George Bass, iniziò le indagini sui resti di un

venerdì 29 gennaio 2016

Archeologia. Scoperta a Vulci una tomba etrusca con corredo di 2800 anni fa.

Archeologia. Scoperta a Vulci una tomba etrusca con corredo di 2800 anni fa.


Nei giorni scorsi grazie al tempestivo intervento della Soprintendenza archeologica del Lazio, in collaborazione con il Parco di Vulci, è stata salvata una tomba dalle grinfie degli scavatori clandestini. Si tratta di una sepoltura scoperta nei pressi della biglietteria del parco, all'interno della quale si trova un prezioso corredo risalente alla fine dell'ottavo secolo a.C. Forse furono sepolti membri della prima aristocrazia etrusca di Vulci. Questa mattina, sotto la direzione della Soprintendenza, gli archeologi e il direttore scientifico della Fondazione Vulci Carlo Casi hanno portato alla luce vasi, ceramiche e ornamenti in metallo. Tra questi risalta la presenza di un anello in argento, oggetti di bronzo e ossa che saranno analizzate per stabilire se siano di origine umana o animale. I lavori sono stati seguiti durante le fasi salienti da una troupe del Tg2 che ha documentato l'evento. I restauratori della Fondazione Vulci e dell'Accademia delle Belle Arti di Viterbo si occuperanno del restauro presso il laboratorio di Montalto di Castro. 



Intanto, c’è stata una uova scoperta archeologica durante i lavori per la valorizzazione della necropoli dell'Osteria a Vulci. Vicino alla famosa tomba della Sfinge è stato rinvenuto un piccolo dromos, con un vestibolo su cui si

giovedì 28 gennaio 2016

Archeologia. Corredo funerario punico spunta fra la necropoli di Tharros e la Chiesa Paleocristiana di San Giovanni.

Archeologia. Corredo funerario punico spunta fra la necropoli di Tharros e la Chiesa Paleocristiana di San Giovanni.


Nella Penisola del Sinis, a pochi km da Monte Prama, è stato portato alla luce un corredo funerario proprio a due passi dalla Chiesa Paleocristiana di San Giovanni di Sinis, nei pressi della necropoli settentrionale di Tharros. Due turisti hanno notato alcuni oggetti affioranti: un'anfora, un piatto e altri due oggetti riconducibili ad un corredo funerario. Si sono presentati in caserma dai carabinieri di Cabras e hanno denunciato il ritrovamento. Gli uomini dell'Arma hanno poi avvisato la Soprintendenza che ha così proseguito gli scavi con risultati immediati. Dalla stradina che affianca la necropoli, tra due case costruite alla metà del Novecento nella borgata marina, è saltato fuori un piccolo tesoro di età punica lasciato nei sepolcri per accompagnare il defunto nel viaggio verso l'aldilà. Oltre all'anfora, il pezzo pregiato di questa collezione, ci sono anche dei piatti, delle urne cinerarie e altri oggetti. Futuri scavi e studi chiariranno l’entità del

mercoledì 27 gennaio 2016

Archeologia. Il massacro più antico del mondo

Archeologia. Il massacro più antico del mondo



Il primo sterminio di massa che si conosca ha coinvolto 27 adulti e bambini, uccisi con frecce e bastoni circa 10000 anni fa ad ovest del lago Turkana, in Kenya, nel villaggio di Nataruk.
Gli scheletri dei cacciatori-raccoglitori, secondo gli antropologi e gli archeologi del Centro Leverhulme dell'Università di Cambridge, sono la prova che esisteva una violenza interna in questi gruppi umani, anche se si trattava di casi molto rari. In questo caso l'attacco venne, secondo i ricercatori, pianificato. Il gruppo attaccato stava raccogliendo del cibo da conservare nelle loro pentole. Questi primi umani vivevano sulle sponde di quello che era, allora, un lago ricco di pesce e di acqua potabile e questo li rendeva vittime ideali.
Il massacro di Nataruk potrebbe essere il risultato di un raid per appropriarsi delle risorse del territorio. Donne e bambini erano occupati nell'immagazzinare il cibo quando la piccola comunità venne attaccata. Prima che fosse scoperto il massacro di Nataruk, la sepoltura comune più

martedì 26 gennaio 2016

Quotidiano on line supera il milione e mezzo di visite, e Honebu organizza nuovi eventi culturali: "La storia del sale" con Sandro Mezzolani e "Fonti e pozzi sacri in Sardegna" con Massimo Rassu.

Quotidiano on line supera il milione e mezzo di visite, e Honebu organizza nuovi eventi culturali: "La storia del sale" con Sandro Mezzolani e "Fonti e pozzi sacri in Sardegna" con Massimo Rassu.

Il nostro quotidiano on line di storia e archeologia, inaugurato l'estate del 2010, conta abitualmente circa 1500 lettori al giorno, con visualizzazioni che giungono da tutto il mondo. Abbiamo deciso di continuare sulla strada tracciata, senza pubblicità, senza finanziamenti pubblici. Solo passione e volontariato. Ringrazio tutti gli autori, fotografi, appassionati e amici che continuano a inviare articoli e materiale che arricchisce questo spazio dedicato alla cultura. Il gemellaggio con l'Associazione Culturale Honebu ha aggiunto un tassello al nostro progetto, e con il vostro aiuto puntiamo a mantenere questi standard qualitativi.

L’Associazione Culturale Honebu è lieta di invitarvi all’incontro con Sandro Mezzolani dedicato alla storia del sale e delle saline. Nel corso della serata saranno illustrati i temi: cos'è una salina e come funziona; geografia delle saline nel Mediterraneo; rotte commerciali antiche e moderne del sale; le saline e gli stagni salanti in Sardegna; le saline di Stato e quelle private; esempi di valorizzazione con riferimento a quelle di Trapani. Al termine è previsto un dibattito.
L’appuntamento è per Venerdì 29 Gennaio alle ore 19, nella sala conferenze di Via Fratelli Bandiera 100 a Cagliari/Pirri, con ingresso libero. 
Considerando l'alta affluenza, e la partita del Cagliari alle 20.30, suggeriamo di arrivare in anticipo. Inizieremo puntuali.



L'evento di Venerdì 5 Febbraio, sempre alle ore 19, nella sala conferenze Honebu, avrà come tema : "Fonti e Pozzi Sacri in Sardegna", a cura dell'ing.Massimo Rassu. Un censimento sistematico dei pozzi sacri e delle fonti, edifici costruiti fra l'età del Bronzo e il Primo Ferro. Saranno illustrati cento monumenti con descrizioni, immagini e planimetrie. Per ognuno saranno forniti anche la posizione e le coordinate geografiche per GPS.
Ingresso libero

lunedì 25 gennaio 2016

Da grande volevo fare l’archeologo. Analisi semiseria di una professione in equilibrio precario.

Da grande volevo fare l’archeologo. Analisi semiseria di una professione in equilibrio precario.



Articolo di www.professionearcheologo.it (Non ho trovato l'autore e lo inserisco integralmente)

Il post di “Professione Archeologo“, sul prezzo da pagare per essere archeologo, ha ricevuto quasi 20000 visite e un numero imprecisato di like, oltre ad essere stato twittato, condiviso e commentato in rete.  Tra i commenti apparsi in calce al post, quello che vi presentiamo di seguito è senza dubbio il più toccante perché amaro, commovente e soprattutto realistico.  Ed è per questo che abbiamo deciso di farne un guestpost, nel qual, lo sappiamo, molti di noi si rispecchieranno.  Lo condividiamo con la segreta speranza che le storie di chi investe anni, fatica, entusiasmo ed energia in una formazione decennale e poi è costretto ad abbandonare il sogno di poter vivere della propria professione, diventino una minoranza rispetto alle storie di chi invece riesce ad essere non solo un archeologo appassionato, ma un archeologo professionista.  Molto spesso, se il giovane in questione vuole imparare a scavare, parteciperà ad almeno una o due campagne all’anno e quindi la triennale diventerà di 4 o 5 anni e la magistrale di 3 o 4, anche perché lo studio del passato e il prepararsi ad una professione altamente specializzata come quella dell’archeologo, non sono imprese da poco tempo, anzi.  La preparazione di certi esami, lungi dal

domenica 24 gennaio 2016

Torri: edifici a sviluppo verticale, di Fabrizio Di Marco

Torri: edifici a sviluppo verticale.
di Fabrizio Di Marco

Le costruzioni molto alte, sviluppate verticalmente, rappresentano una tipologia costante nell’evoluzione storica dell’architettura e dell’ingegneria. In diverse civiltà e in diversi periodi storici le torri hanno avuto funzioni molto differenti: difensive, religiose, abitative, simboliche.
Nelle antiche civiltà del Mediterraneo e del Medio Oriente edifici alti e massicci venivano utilizzati per difendere le città: il tipo edilizio della torre nacque con funzioni essenzialmente difensive. Anche i Romani costruirono torri militari: alcune isolate, poste nei pressi del limes, il confine dell’Impero, erano usate per l’avvistamento; altre erano a difesa delle città, situate sia a fianco delle porte cittadine sia a protezione del resto della cinta muraria. Di questi tipi rimangono notevoli esempi proprio nella città di Roma: le porte Latina e Appia (oggi S. Sebastiano), per esempio, sono fiancheggiate da torri e si aprono nelle Mura Aureliane, fatte costruire dall’imperatore Aureliano nel 271 d.C. per difendere la città dai barbari: ogni 100 piedi romani (circa 30 metri) il muro era munito di una torre difensiva, a pianta quadrata.

venerdì 22 gennaio 2016

Archeologia. Palermo…3000 anni fa, di Pierluigi Montalbano

Archeologia. Palermo…3000 anni fa.
di Pierluigi Montalbano


La città antica si trova sotto l’attuale, quella punica è nota per le fortificazioni e le sepolture. L’area si trova in quella medievale del “Càssaro”, con le mura bizantine, arabe e normanne. La cinta muraria del quartiere ha nove porte, oggi lontane dal mare; in età punica un’insenatura consentiva all’acqua di lambire l’abitato. L’attuale distanza dalla costa è dovuta all’azione di due fiumi, oggi asciutti, che scorrevano ai due lati dell’abitato: il Papireto e il Kemùnia. Un terzo fiume, l’Oreto, anche questo asciutto, si trova a sud e contribuiva al trasporto dei detriti a valle e al conseguente innalzamento di tutta l’area. Palermo aveva una paleopolis (città vecchia) e una neapolis (città nuova) all’interno del Cassaro, nel tratto che oggi si trova fra la Chiesa di San Francesco e Piazza Marina, il quartiere commerciale Trans-kemonia, dove sono stati ritrovati materiali fuori contesto di età ellenistica.I luoghi che hanno restituito contesti di IV e III a.C. sono quelli dell’oratorio di San Lorenzo, del Palazzo Mirto, del Palazzo Bonagìa e del Palazzo Steri. È evidente che questo doveva essere un quartiere di età ellenistica che gravitava intorno al porto. S’ipotizza un’ascendenza punica della città perché nella zona a sud vicina alle mura, a due passi dal Palazzo dei Normanni, in Piazza Vittorio e in Corso Vittorio Emanuele, vi è un

Le ceramiche preistoriche in Sardegna, di Pierluigi Montalbano

Le ceramiche preistoriche in Sardegna
di Pierluigi Montalbano




La Sardegna protostorica è caratterizzata da un’età aurea in cui caccia, pesca e agricoltura contribuivano al raggiungimento del benessere di quel pacifico popolo di laboriosi artigiani che producevano ceramiche riccamente decorate. Erano plasmate sapientemente e commerciate in ogni angolo dell’isola. Le tracce di quelle antiche culture si trovano anche in Francia, Spagna, nord-Africa e coste tirreniche.
In quell’epoca i sardi non avevano bisogno di torri e mura, vivevano in villaggi corredati di luoghi per il culto e zone funerarie. Il Neolitico sardo dal 6.000 al 3.000 a.C. fu un’epoca di fioritura artistica e le ceramiche che ho riassunto nell’immagine sono lo specchio della cronologia sarda fino all’avvento della civiltà mediterranea (l’età cosiddetta fenicia) che creò un nuovo gusto e quello stile inconfondibile che dal X a.C. si diffuse rapidamente lungo tutte le coste.
Il fermento culturale di questo lunghissimo periodo aiuta la comprensione dello stile di vita dei sardi e la povertà delle ceramiche nuragiche si scontra con le maestose architetture che svettano sul panorama isolano. La ricchezza, l'abbondanza e la bellezza artistica dei manufatti contrasta fortemente con la linearità e l'assenza di icone del periodo nuragico. In particolare, si assiste alla creazione di armi formidabili come le spade di Sant’Iroxi mentre spariscono le belle ceramiche del

giovedì 21 gennaio 2016

Archeologia. Iscrizione fenicia in un sigillo. di Roberto Casti

 Archeologia. Iscrizione fenicia in un sigillo.
di Roberto Casti


























Sigillo ovale in diaspro rosso con iscrizione fenicia di tredici lettere disposte su tre righe sopra una sfinge con l’ankh, il simbolo della vita. Parigi collezione Luynes, proveniente da Beirut. Fine VIII sec. a.C.

Trascrizione
L1 L ‘ZM 
L2 ‘BD ‘Z
L3 RB‘L
Traduzione 
Appartiene a/ di ‘ZM, servo di ‘ZRB‘L

Note:
1 il nome ‘ZM è ipocoristico di ‘ZMLK = il re è la mia forza. 
2 il motivo della sfinge con l’ankh lo ritroviamo anche in

mercoledì 20 gennaio 2016

Lo stato costrutto, la tecnica per fondere due nomi per costituire un’unità morfologica. I nomi del Dio (della Dea), della Natura e i suoi epiteti. di Salvatore Dedola

Lo stato costrutto, la tecnica per fondere due nomi per costituire un’unità morfologica.
I nomi del Dio (della Dea), della Natura e i suoi epiteti.
di Salvatore Dedola

La Sardegna sta al centro di un fenomeno linguistico arcaico, d’ampiezza mediterranea, i cui archetipi si ritrovano in tutte le antiche lingue semitiche. È lo stato costrutto, ossia la tecnica di fusione di due nomi, reggente-retto, che in tal modo vanno a costituire un’unità morfologica.
   In origine la sequenza era: sostantivo reggente + sostantivo retto al genitivo, saldati insieme da una -i- (morfema di sutura). Oggi che il genitivo non è più in voga, la Sardegna ne fa ovviamente a meno ma conserva ugualmente la -i- di sutura nonché i rapporti originari tra i due termini che si saldano. Esempio: cabi-mannu ‘che ha la testa grande’, cambi-russu ‘che ha le gambe grosse’, pili-ruju ‘che ha i capelli rossi’, mani-lestru ‘svelto di mano’, matti-falada ‘avente il prolasso uterino’, fusti-albu ‘pioppo’, ecc. Questi sei esempi di “fusione” sono composti apposizionali o predicativi (i più frequenti fra tutti i tipi di composizione) costituiti da nome-aggettivo, in cui l’aggettivo è apposizione del nome.
   Beninteso, in composizione possono entrare anche

martedì 19 gennaio 2016

Archeologia. Visita guidata alla necropoli "Su Crucifissu Mannu" e presentazione libro sulla Civiltà Nuragica. Sabato 23 Gennaio, Porto Torres, nel primo pomeriggio.

Archeologia. Visita guidata alla necropoli "Su Crucifissu Mannu" e presentazione libro sulla Civiltà Nuragica. Sabato 23 Gennaio, Porto Torres, nel primo pomeriggio.

Sabato 23 Gennaio, a Porto Torres, in occasione della visita guidata alla necropoli Su Crucifissu Mannu, un evento organizzato nell’ambito del Progetto ArcheoNur, in collaborazione con la Locanda del Mingherlino, sarà presentato il libro: “Sardegna, l’Isola dei Nuraghi” di Pierluigi Montalbano.
Con l'ausilio di immagini proiettate, saranno illustrate le origini dei nuragici, le varie fasi evolutive delle architetture, le differenze tipologiche delle strutture, la distribuzione nel territorio e le funzioni degli edifici, con particolare attenzione ai nuraghi a corridoio, i più antichi.
Programma:
- Ore 14.45 ritrovo presso il Csoa Pangea Via Falcone e Borsellino 7 da dove partirà la visita guidata alle Domus de Janas di Su Crucifissu Mannu.
- Ore 16:30, Locanda del Mingherlino (interno Csoa Pangea), presentazione del libro “Sardegna, l’isola dei Nuraghi”
- Merenda sociale


La necropoli sotterranea di Su Crucifissu Mannu conta oltre 20 tombe, non tutte riportate interamente alla luce. Conosciute con il nome Domus de Janas, furono realizzate 5000 anni fa dai

lunedì 18 gennaio 2016

Archeologia. Scoperte strutture murarie e depositi di un impianto di 2000 anni fa per la lavorazione del tonno.

Archeologia. Scoperte strutture murarie e depositi di un impianto di 2000 anni fa per la lavorazione del tonno.

Tonni, pesci spada e ricciole risalenti all’età romana. Sono stati ritrovati al Tono di Milazzo nei mesi scorsi, oggi l’area è stata vincolata dalla Soprintendenza di Messina. A comunicarlo è l’assessore ai Beni Culturali di Milazzo, Salvatore Presti. Durante i lavori di sbancamento per la costruzione di un fabbricato in contrada Tono, nella parte più interna della Baia, nella zona adiacente la Chiesa, sono state ritrovate strutture e depositi archeologici di eccezionale interesse per la storica economica di Milazzo in epoca romana. Si tratta di due ambienti, delimitati da strutture murarie poste in opera a secco con pietrame parzialmente lavorato. Le indagini eseguite nell’area interessata hanno consentito il recupero di

domenica 17 gennaio 2016

Meditazione sugli strumenti musicali arcaici della Sardegna ( launeddas ) e sul pane cerimoniale di Fonni, a cura di Salvatore Dedola

Meditazione sugli strumenti musicali arcaici della Sardegna ( launeddas ) e sul pane cerimoniale di Fonni
di Salvatore Dedola


Launeddas. Questo strumento musicale della preistoria sarda, unico del suo genere nella tipologia universale degli strumenti arundìnei (assieme a quelli scozzesi e britannici scolpiti nelle pareti di qualche chiesa celtica, o nell’abbazia di Westminster, o dipinti in rari manoscritti medievali), viene ancora usato in Sardegna, anzi sta conoscendo un momento di grande fortuna. È fatto di canna, composto da tre corpi chiamati mancosamancoseddatumbu o bàsciu. La canna più lunga e più grossa, su tumbu, funge da bordone e fornisce un’unica nota continua. Il tubo di media grandezza è la canna melodica, fissata a su tumbu e suonata con la mano sinistra (le due canne unite si chiamano croba). La seconda canna melodica (mancosèḍḍa o destrìna) è tenuta libera e suonata con

sabato 16 gennaio 2016

Clamoroso ritrovamento: Beni archeologici sequestrati in villa. Alcuni reperti somigliano ai giganti di Monte Prama

Beni archeologici sequestrati in villa. I reperti nell'immagine somigliano ai giganti di Monte Prama, ma dovrebbe trattarsi di una foto di repertorio dell'ANSA che non riguarda il sequestro in oggetto.


I militari della Guardia di Finanza della Spezia hanno sequestrato numerosi reperti di interesse storico e archeologico. L'indagine, condotta dal pm Maurizio Caporuscio, ha portato al ritrovamento, in una villa a Porto Venere di proprietà di un tedesco e utilizzata come residenza estiva, 16 reperti di interesse archeologico, cronologicamente inquadrabili tra il I a.C. e il III d.C., tra cui cornici, capitelli, colonne, urne cinerarie, un coperchio di sarcofago, frammenti di lastra fittile, frammenti di anfore, lavezzi e residui di tornitura di pietra ollare, la cui stima commerciale non è stato possibile effettuare per la particolarità dei pezzi. L'uomo è stato denunciato per

venerdì 15 gennaio 2016

Origine e significato dei toponimi Crema e Cremona, di Massimo Pittau

Origine e significato dei toponimi Crema e Cremona
di Massimo Pittau

L'antica città di Cremona non è di origine gallica, come fa intendere anche un passo di Tacito (Hist. 3.34) che la definisce propugnaculum adversus Gallos (TopIT 121). Il toponimo invece è molto probabilmente di origine etrusca, come fa intendere il suo suffisso accrescitivo -on-, il quale in etrusco suonava come -un- e pure -ũ nasalizzato (LLE, Norme 7, 8). Si vedano i casi del tutto simili dei toponimi Cortona (etr. Curtun), Verona (gentilizi etr. Veru, Verunia), Vèscona (Asciano, SI; TTM 46), Vescóna (TVA 56) (gentilizi etr. Vescu, Vescun(-ia) (ThLE² 149), Bettona (Umbria; lat. Vettona) (gentilizio etr. Vetu) e inoltre quelli toscani Cetona, Faltona (LIOE 84, 92, 119).
Se il toponimo Cremona è dunque un accrescitivo, si vede bene che la base da cui è derivato è l'altro toponimo lombardo Crema.
Ebbene, io prospetto che il toponimo Crema corrisponda all'appellativo crema «panna, grasso del latte, burro», che finora risulta di origine incerta (DELI). Pertanto sono dell'avviso che

giovedì 14 gennaio 2016

Archeologia. Considerazioni sulla relazione del prof. R. Mondazzi sulle statue di Monte Prama, di Franco Laner

Archeologia. Considerazioni sulla relazione del prof. R. Mondazzi sulle statue di Monte Prama
di Franco Laner

Quelle che seguono vogliono essere alcune osservazioni a seguito della "perizia": Brevi considerazioni tecniche sulle sculture “Giganti di Mont’e Prama” del prof. Raffaele Mondazzi, Torino  dic. 2015 nell'articolo di questo quotidiano on line in data 11 Gennaio 2016http://pierluigimontalbano.blogspot.it/2016/01/archeologia-brevi-considerazioni.html/
Ho usato la parola “perizia”. Non sia intesa in modo riduttivo, ma nell’ampiezza della sua accezione. Infatti il carattere dell’attenta disamina del prof. Mondazzi, è volutamente “neutro”: il prof-scultore scrive ciò che vede, ciò che la sua competenza gli suggerisce e si astiene da giudizi e pareri.
Mette in condizione altri di trarre conclusioni, proprio come dovrebbe essere compilata una “perizia” di tribunale!
A ben leggere, considerato che è difficile staccarsi completamente dall’oggetto in esame, c’è, accanto all’asetticità  tecnologica, anche l’interpretazione, come quando il prof. conclude la disamina con l’immagine di una “Dea Madre” neolitica (quella di Decimoputzu), che giudica di “eccessiva bellezza” quasi a dire: “Se vogliamo parlare d’arte possiamo farlo per questa Dea, per i Giganti di Mont’e Prama sospendo il giudizio. Non vedo arte!”
In un recente colloquio con Pinuccio Sciola, anche il Maestro mi ha risposto con un simile, secco, giudizio:
“Mi addolora vedere l’accanimento e l’esaltazione dei media sui Giganti, modesti e nemmeno sardi. L’attenzione andrebbe spostata a valorizzare altri e più importanti prodotti dell’arte nuragica, ivi compresa l’architettura dei pozzi, dei nuraghi, delle tombe di giganti”.
Sulla questione Sciola e valore artistico delle statue, tornerò con un prossimo post.
Attenzione comunque, non sto parlando del valore documentale e archeologico dei guerrieri di MP!
L’osservazione del professor Mondazzi sugli attrezzi per scolpire di diversa tipologia e uso di ferro, pur non chiudendo del tutto a qualche impiego di bronzo o pietra dura, fa pensare ad uno scultore molto “attrezzato”, non agli esordi. D’accordo che gli strumenti da soli non fanno maestria, ma si presume che

mercoledì 13 gennaio 2016

Conferenza di Carlo Tronchetti da Honebu, a Cagliari. Venerdì 15, alle 19. Come e cosa mangiavano i romani.

Conferenza di Carlo Tronchetti da Honebu, a Cagliari. Venerdì 15, alle 19. Come e cosa mangiavano i romani.


L'archeologo Carlo Tronchetti sarà il relatore del prossimo appuntamento nella sala conferenze Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100 a Cagliari/Pirri, con inizio alle ore 19. 
Lo studioso, già direttore del Museo Archeologico di Cagliari e celebre per la scoperta negli anni Settanta delle sculture a tutto tondo conosciute come "Giganti di Monte Prama", illustrerà gli alimenti e gli strumenti da cucina utilizzati dagli antichi romani. Con l'ausilio di immagini proiettate, i partecipanti saranno condotti lungo un "Viaggio nella Storia di Roma", e scopriranno che l a buona alimentazione è sempre stata una delle attività preferite dagli antichi.



Come e cosa mangiavano i romani.

Plinio ci fa sapere che, nei primi tempi, da bravi pastori e agricoltori quali erano, ai Romani bastava un po' di polenta per andare avanti (anche perché ancora non conoscevano il pane). Poi, raggiunto l'apice della loro potenza, non si fecero mancare nulla, escluso ovviamente i cibi ancora per loro sconosciuti come le patate, il riso, il granturco, il pomodoro, gli agrumi, il cioccolato, i liquori, il caffè, il tè  e lo zucchero (sostituito con il miele). Di norma consumavano tre pasti al giorno, di cui uno solo era veramente importante e abbondante: la cena, consumata nel "triclinium" verso la nona o decima ora (cioè le due o le tre pomeridiane). La giornata iniziava presto con una "piccola colazione" (ientaculum), consumata verso la terza o quarta ora  (fra le sette e le nove ) a base di

martedì 12 gennaio 2016

Storia e archeologia della Sardegna. Quando i poveri mangiavano aragosta e parlavano in sardo.

Quando i poveri mangiavano aragosta e parlavano in sardo.
di Sandra Mereu



Quando a Parigi scoppiava la rivoluzione c’era una cittadina, nella costa nord-occidentale della Sardegna adagiata sulle rive del fiume Temo, dove la regina Maria Antonietta avrebbe potuto pronunciare una frase del tipo: “Non hanno pane? Mangino aragosta!”, senza correre il rischio di perdere la testa. Perché davvero a Bosa c’è stato un tempo in cui l’aragosta era il cibo dei poveri, talvolta l’avanzo del pescato che i pescatori tenevano per sfamare se stessi e le loro famiglie. Lo apprendiamo da un interessante documento del 1789 conservato nell’archivio comunale di Bosa. Si tratta di un registro in cui un ufficiale dell’antica città regia di Bosa annotava scrupolosamente, tra le altre cose, il prezzo stabilito per la vendita degli alimenti. L’aragosta, oggi cibo di lusso per eccellenza, costava allora “chimbe cagliaresos sa libera”: era cioè più a buon mercato dell’anguilla, “s’ambidda frisca de su Riu”, che invece costava “noe cagliaresos sa libera”, e quanto “sa salpa”, oggi considerato un pesce di terza scelta.
L’aranzellu, così è denominato questo documento, è dunque un’importante testimonianza di come i gusti alimentari sono cambiati nel corso della storia e del fatto che molti cibi un tempo riservati ai poveri sono diventati oggi cibo d’élite. Ma l’aranzellu è un prezioso documento anche per

lunedì 11 gennaio 2016

Archeologia. Brevi considerazioni tecniche sulle sculture “Giganti di Mont’e Prama” di Raffaele Mondazzi

Archeologia. Brevi considerazioni tecniche sulle sculture “Giganti di Mont’e Prama”
di Raffaele Mondazzi (docente di scultura all’Accademia delle Belle Arti di Torino)

(articolo pubblicato per gentile concessione dell'Associazione Agorà Nuragica che ha invitato il professore Raffaele Mondazzi a valutare le sculture in oggetto)


Inizio con alcune considerazioni su cosa questo scritto non vuole essere: non vuole essere un giudizio storico, non una valutazione di autenticità, non un tentativo di datazione. Non desidero dare, in questa sede, una valutazione di merito ai restauri né al criterio espositivo. Dopo tute queste negazioni, come S. Pietro, piangerò amaramente su ciò che, in positivo, dirò. Ciò che dirò riguarderà esclusivamente l’aspetto tecnico della esecuzione delle statue, cercherò di sostenere quanto affermo con la documentazione delle fotografie che sono riuscito a fare e che spero confermeranno quanto ho osservato.

Tipo di metallo: ferro o bronzo
La prima cosa: le sculture, in pietra calcarea sedimentaria non cristallina (non metamorfosata) relativamente tenera, sono state eseguite, ognuna forse da un unico blocco, con utensili in ferro. Probabilmente è osservazione banale: serve comunque a definire un momento post quem le statue sono state eseguite. Le foto dello spazio scavato tra la coda del “gonnellino” a punta che scende dietro le cosce e le gambe dei personaggi rendono chiaramente l’idea di come siano stati ricavati gli spazi: usando uno scalpello col fusto piegato “a calcagnolo” che si appoggia su un punto fronteggiante lo scavo e che, colpito col mazzuolo in modo non eccessivamente violento, scava lateralmente il corpo del materiale lapideo. L’uso del bronzo nell’utensileria da scavo non consentirebbe la preparazione di tale attrezzo: la presenza di questi spazi in quasi tutte le sculture dei Giganti dice chiaramente il materiale di cui sono fatti gli stessi attrezzi ed il modo, assai raffinato, paragonabile all’uso che se ne fa, a mano, tuttora nell’adoperarli. Anche l’ imponente scavo che ha dato origine allo spazio sottostante lo scudo (posto che questo sia stato ricavato dal monolite della statua) non necessariamente deve essere stato realizzato con un utensile in ferro: paradossalmente, pur essendo di dimensioni enormi rispetto al piccolo vuoto tra gambe e costume del personaggio, è meno complicato da fare: lo stesso spazio consente l’uso di utensili eventualmente più tozzi (il bronzo non si tempra, lo si può indurire martellandolo, ma difficilmente avrà un

domenica 10 gennaio 2016

Iscrizione punica. Tempio di Antas, Fluminimaggiore. Una statuetta di Ḥoron offerta da un devoto a Ṣid Addir Baby, di Roberto Casti

Iscrizione punica. Tempio di Antas, Fluminimaggiore. Una statuetta di Ḥoron offerta da un devoto a Ṣid Addir Baby
di Roberto Casti


Iscrizione votiva di età punica incisa su frammento di base cilindrica in marmo bianco (Dim. cm. 7 x 3 x 5) destinato a sostenere una statuetta votiva, rinvenuta nel 1967 nel corso degli scavi nel tempio di Antas presso Fluminimaggiore. Il presente frammento corrisponde all’Iscrizione n. XIII pubblicata da M. Fantar  nel 1969  successivamente riconosciuto da Maurice Sznycer quale parte integrante di una seconda iscrizione frammentaria di  quattro righe; anche questa pubblicata  da M. Fantar come Iscrizione n. VI e dove, alla riga 2, sempre Sznycer, identifica il nome della divinità siro-palestinese Ḥoron. L’appartenenza dei frammenti VI e XIII alla medesima iscrizione, ricomposta solo parzialmente, verrà confermata da M. L. Uberti nel 1978. Inquadramento cronologico:  IV sec. a. C.  Cagliari Museo Archeologico Nazionale.
Trascriviamo in caratteri latini le sei lettere puniche incise nel

sabato 9 gennaio 2016

Archeologia. Sarà visibile per due settimane il più antico manoscritto dei 10 Comandamenti

Archeologia. Sarà visibile per due settimane il più antico manoscritto dei 10 Comandamenti

Da quando è stato scoperto, non ha quasi mai lasciato la stanza dove è conservato, completamente al buio, per evitare danni, e nei prossimi mesi, eccezionalmente, e solo per due settimane, sarà visibile al pubblico.
Si tratta del frammento 4Q41, forse del I a.C., secondo alcuni la più antica testimonianza dei Dieci comandamenti, scritta oltre duemila anni fa su una piccola striscia di pelle di capra.
Appartiene ai cosiddetti Manoscritti di Qumram, ritrovati, per caso, a metà del secolo scorso, in Terra Santa, all'interno di un complesso di grotte, da alcuni pastori beduini.
Il raro gioiello storico, archeologico e religioso sarà esposto a Gerusalemme, al Museo di Israele nell'ambito di una mostra comprendente una quindicina di altri

venerdì 8 gennaio 2016

Ancora sull’Atlantide, di Massimo Pittau

Ancora sull’Atlantide
di Massimo Pittau


Nella recente pubblicazione promossa dal Dipartimentop di Storia dell'Università di Cagliari “Itinerando – Senza confini dalla preistoria ad oggi” (Morlacchi Editore, Perugia 2015) è incluso anche uno studio di Giovanni Ugas, intitolato “L'isola del continente: l'Atlantide tra fantasia e storia”.
L'articolo è preceduto da un “riassunto”, che mi preme trascrivere testualmente per evitare sia mie troppo numerose e lunghe citazioni sia miei eventuali errori di interpretazione.

«Con la sua narrazione sull’isola di Atlantide, Platone ha proposto un racconto favoloso con un messaggio di natura politica, ma ciò non preclude l’esistenza di un substrato fisico e storico su cui il mito è costruito. Il compito di rintracciare i brandelli di storia e geografia di questo racconto è irto di insidie come emerge dalle tante e disparate ipotesi interpretative e dalla elaborazione di nuove fantastiche creazioni. Percorrendo il sentiero poco esplorato dell’analisi dei testi egizi, questo rapido lavoro giunge alla conclusione che l’isola di Atlantide è, in origine, una nesos nel senso del termine egizio iw, non circondata ma solo lambita dall’Oceano, che va identificata con

giovedì 7 gennaio 2016

Honebu. L'archeologo Nicola Dessì presenta: "La fauna nella Sardegna preistorica".

Honebu. L'archeologo Nicola Dessì presenta: "La fauna nella Sardegna preistorica".



L'Associazione Culturale Honebu è lieta di invitarvi al primo appuntamento di storia e archeologia della stagione 2016. L'evento si svolgerà Venerdì 8 Gennaio, con inizio alle ore 19. 
Il tema trattato sarà "La Fauna nella Preistoria", a cura dell'archeologo Nicola Dessì che, con l'ausilio di immagini proiettate, racconterà in particolare quali animali si cacciavano e si allevavano in epoca nuragica. 

https://www.facebook.com/events/1689366171303509/

Durante la serata sarà possibile iscriversi all'associazione o rinnovare la tessera sociale per il nuovo anno.

Ingresso libero, sono gradite le condivisioni dell'evento.

mercoledì 6 gennaio 2016

Archeologia. Tutti i tatuaggi della mummia di Ötzi (e sono 61!), di Marco Samadelli

Archeologia. Tutti i tatuaggi della mummia di Ötzi (e sono 61!)
di Marco Samadelli


Da oggi la mummia Ötzi ha qualche segreto in meno da nascondere e qualche tatuaggio in più da mostrare. Merito di un team di ricerca dell'Eurac, l'Accademia Europea di Bolzano, che ha mappato tutti e 61 i tatuaggi presenti sul corpo dell'uomo rinvenuto all'inizio degli anni '90 sulle Alpi Venoste, al confine tra Italia e Austria.
La mummia, conosciuta ufficialmente come Uomo del Similaun, fu ritrovata in prossimità dell'omonimo ghiacciaio il 19 settembre 1991 da una coppia di escursionisti tedeschi. I resti, conservatisi per più di 5mila anni grazie al clima rigido, sono stati oggetto di studi approfonditi, diventando in breve tempo anche un curioso fenomeno pop. Per citare un esempio, l'icona di Hollywood Brad Pitt ha un tatuaggio sull'avambraccio con i contorni della mummia.
Di Ötzi, che oggi riposa nel Museo Archeologico di Bolzano, sappiamo molte cose. Le analisi cui è stato sottoposto nei due decenni hanno rivelato che si tratta di un

martedì 5 gennaio 2016

Cultura: 13,3 mln Mibact per musei sardi. Fondi anche per candidatura Unesco e per completamento scavi

Cultura: 13,3 mln Mibact per musei sardi. Fondi anche per candidatura Unesco e per completamento scavi

Per la Sardegna ci sono 13,3 milioni di euro per 14 importanti progetti, nell'ambito di un programma approvato dal ministro del Beni culturali (Mibact), Dario Franceschini, e dotato complessivamente di 300 mln per il patrimonio in tutta Italia. Nell'Isola il programma triennale prevede il consolidamento e restauro delle strutture archeologiche e valorizzazione del sistema dei siti e delle necropoli puniche della Sardegna meridionale per la costituzione della candidatura alla lista dei siti Unesco e completamento degli scavi per 1,5 mln di euro totali. Poi il completamento del recupero funzionale dell'ex Convento di San Francesco a Oristano per 2,7 mln, la progettazione e il restauro del nuraghe Palmavera a Alghero per 750mila euro. Ed ancora: scavo archeologico, consolidamento, restauro e realizzazione opere legate alla fruizione della necropoli di Sant'Andrea Priu a Bonorva per 450mila euro, completamento restauro generale e realizzazione Centro servizi collettivi uffici Mibact nell'ex ospedale SS.Annunziata di Sassari per un milione di euro totali, consolidamento strutturale e restauro degli apparati pittorici della cattedrale di Santa Maria Assunta a Oristano per 1,5 mln, restauro e consolidamento dell'ex Episcopio di Tortolì per 1,2 mln, interventi urgenti di sistemazione dei depositi librari della

lunedì 4 gennaio 2016

Archeologia funeraria. La Valle dei re, il più importante cimitero dell’Egitto.

Archeologia funeraria. La Valle dei re, il più importante cimitero dell’Egitto.
di R. Pirelli

La necropoli regale del Nuovo Regno (XVIII, XIX e XX dinastia) è chiamata Biban el-Mulūk. Si tratta di un grande wādī, incuneato nella montagna tebana occidentale, a 3,5 km da Deir el-Baḥrī, che si biforca verso la fine in due rami e in altre ramificazioni inferiori. Lo wādī è collegato ai due siti di Deir el-Baḥrī e Deir el-Medīna (ramo orientale). Presso la cima della montagna che lo sovrasta, chiamata el-Qurna, c'era un piccolo tempio dedicato alla dea Ḥatḥor.
La Topographical Bibliography di Porter e Moss elenca 62 ipogei, cui ne vanno aggiunti tre senza numero. Tra i primi, dopo la riscoperta nel 1994 da parte dell'egittologo americano Kent Weeks, va ricordata la tomba multipla che, oggi sappiamo, apparteneva ai figli di Ramesse II (Tomba 5).
Nella necropoli sono state identificate tutte le tombe dei sovrani del Nuovo Regno, tranne quella di Amenophis IV/Ekhnaton, che si trovava a Tell el-'Amārna, e quelle di Aḥmose e Amenophis I, la cui collocazione è ancora incerta. Le mummie di questi ultimi comunque sono state riportate alla luce nel ripostiglio di Deir el-Baḥrī, prova che essi furono seppelliti a Tebe.
Dalla Tomba di Thutmosis I (Tomba 38) si può seguire l'evoluzione delle tombe regali del Nuovo Regno. Gli elementi comuni a tutti gli ipogei sono: l'entrata scavata nella

domenica 3 gennaio 2016

Giotto e la pittura medievale

Giotto e la pittura medievale

Giotto è l'artista che ha rinnovato la pittura italiana, così come Dante, suo contemporaneo, è ritenuto il padre della lingua italiana. La gloria di Giotto è affidata a opere sparse in quasi tutta la penisola, da Roma a Firenze, da Assisi a Rimini fino a Padova; la sua importanza fu tale da influenzare non solo le scuole pittoriche del Trecento, ma anche gli artisti del Rinascimento. La leggenda più nota fiorita intorno a Giotto di Bondone (nato a Colle di Vespignano nel Mugello probabilmente nel 1267) è quella che narra il suo incontro con l'artista Cimabue. Quest'ultimo avrebbe osservato il giovane pastore Giotto mentre disegnava su una roccia una pecorella del suo gregge con tanta abilità da convincerlo a portare il giovane nella sua bottega; così Cimabue sarebbe divenuto il primo maestro di Giotto. Il giovane artista visitò Roma dove ebbe modo di vedere i cicli pittorici della Roma antica e paleocristiana e le opere dei più importanti pittori romani della fine del Duecento.
Dal 1296, Giotto fu chiamato a realizzare gli affreschi della basilica superiore di Assisi. Il ciclo pittorico, che già destava meraviglia nei fedeli dell'epoca, è diviso in 28 riquadri, che descrivono la

sabato 2 gennaio 2016

Le cinque scoperte archeologiche più importanti che ci ha regalato il 2015

Le cinque scoperte archeologiche più importanti che ci ha regalato il 2015
di Nadia Vitali



Il 2015 è stato un anno terribile per l’archeologia. Impotenti e sconvolti, tutti abbiamo assistito alle distruzioni sistematiche di tesori inestimabili, testimonianze di antiche civiltà contro le quali nulla aveva potuto l’usura del tempo; fino a quando non è intervenuta la furia distruttrice della stupidità che questa volta si chiama ISIS.
Abbiamo visto l’idiozia distruggere le statue e i bassorilievi (alcuni risalivano ad oltre 3000 anni fa) nel museo di Mossul e le mura di Ninive, in Iraq. Poco tempo dopo, un altro sito archeologico assiro, nel nord dell’Iraq, veniva completamente raso al suolo: lo scorso aprile è stato proprio il sedicente stato islamico a diffondere il video della distruzione di Nimrud.
Poi la ferita più grande, d’estate, con la distruzione di Palmira, in Siria, la sposa del deserto: quello che non hanno potuto  le esplosioni con le quali i templi sono saltati in aria, lo hanno fatto i saccheggi, con i reperti che – c’è da scommetterci – sono finiti immediatamente sul mercato nero. Le vestigia del magnifico passato del Medio Oriente sono morte così, assieme all’ultraottantenne Khaled al Assad, l’archeologo che per oltre quarant’anni è stato direttore del sito archeologico della città di Palmira: ucciso da un gruppo di jihadisti per non aver voluto rivelare dove si trovavano alcune antiche opere d’arte, il corpo decapitato esposto al

venerdì 1 gennaio 2016

Archeologia. La Sardegna e la Grecia tra il XVI e il IX secolo a.C.: riflessioni sulle architetture idrauliche, di Riccardo Locci

Archeologia. La Sardegna e la Grecia tra il XVI e il IX secolo a.C.: riflessioni sulle architetture idrauliche
di Riccardo Locci


Il presente contributo si inserisce nell’ambito degli studi sulle architetture idrauliche mediterranee e in particolare indaga quelle categorie architettoniche che nella seconda metà del II millennio a.C. testimoniano, in Sardegna e in Grecia, l’impiego di tecniche e soluzioni architettoniche affini. Fra queste, la diffusione delle camere di raccolta idrica circolari sembra documentare una tradizione architettonica mediterranea di ampio respiro. I passaggi a luce ogivale delle riserve idriche a Tirinto e Micene e dei probabili ponti micenei, invece, trovano confronti nel XIII a.C. nel mondo ittita e nuragico. A contatti fra le due aree in esame, infine, sembra ricondurre la copertura ad architravi digradanti nelle scalinate dei pozzi egei e dei templi dell’acqua nuragici.

Nella seconda metà del secolo scorso la ricerca archeologica ha approfondito la conoscenza delle testimonianze architettoniche protostoriche nell’oriente e nell’occidente mediterraneo, evidenziando al contempo affinità e differenze nelle tecniche edilizie delle diverse aree. Grande rilevanza hanno avuto in questo settore le ricerche di D. Mitova Džonova e P. Belli, i quali nell’indagare gli edifici dell’acqua, l’una da un punto di vista archeologico, l’altro da uno architettonico, hanno saputo superare una visione regionale proponendo una panoramica mediterranea del fenomeno. In tale ambito di studi si inserisce il presente contributo, estrapolato da un lavoro più ampio il cui obiettivo è indagare, in base ai dati desumibili dalla letteratura scientifica e corroborati dalle ricerche sul campo, le testimonianze dell’architettura idraulica attestate in Sardegna e in Grecia fra il XVI e il IX a.C. L’architettura idraulica è una vasta branca dell’architettura protostorica che racchiude al suo interno categorie eterogenee, contraddistinte da peculiarità regionali e locali, la cui trattazione esaustiva richiederebbe uno spazio maggiore di quello a disposizione; pertanto, in questa sede, l’analisi si soffermerà sulle categorie architettoniche che palesano le maggiori affinità fra le due aree. Elementi guida nell’indagine saranno le tecniche architettoniche, le soluzioni planimetriche e gli