Archeologia. Tutti i tatuaggi della mummia di Ötzi (e sono 61!)
di Marco Samadelli
Da
oggi la mummia Ötzi ha qualche segreto in meno da nascondere e qualche
tatuaggio in più da mostrare. Merito di un team di ricerca dell'Eurac, l'Accademia Europea
di Bolzano, che ha mappato tutti e 61 i tatuaggi presenti sul corpo dell'uomo
rinvenuto all'inizio degli anni '90 sulle Alpi Venoste, al confine tra Italia e
Austria.
La
mummia, conosciuta ufficialmente come Uomo del Similaun, fu ritrovata in
prossimità dell'omonimo ghiacciaio il 19 settembre 1991 da una coppia di
escursionisti tedeschi. I resti, conservatisi per più di 5mila anni grazie al
clima rigido, sono stati oggetto di studi approfonditi, diventando in breve
tempo anche un curioso fenomeno pop. Per citare un esempio, l'icona di
Hollywood Brad Pitt ha un tatuaggio sull'avambraccio con i contorni della
mummia.
Di
Ötzi, che oggi riposa nel Museo Archeologico di Bolzano, sappiamo molte cose.
Le analisi cui è stato sottoposto nei due decenni hanno rivelato che si tratta
di un
maschio tra i 40 e i 50 anni, morto durante l'Età del Rame fra il 3100 e
il 3300 a.C., probabilmente a seguito di una ferita procurata da una freccia.
Gli esami condotti nel 2008 su alcuni pezzi dei vestiti fanno pensare che Ötzi
facesse il pastore, mentre lo screening del DNA ha certificato come non abbia
lasciato eredi: apparteneva infatti a un raro sottogruppo di Homo
Sapiens, andato in seguito estinto.
Le
zone della mummia dove si trovano i tatuaggi. Spicca il fatto che molte delle
zone tatuate corrispondono alle principali linee dell’agopuntura. Finora si era
supposto che questa pratica terapeutica si fosse sviluppata in Asia solo due
millenni dopo. TATUAGGI. Il
fascino e il mistero dell'uomo venuto dal ghiaccio sono anche legati ai
tatuaggi presenti sul suo corpo. I primi studi ne individuarono un numero
variabile, che oscillava tra 49 e 57. Le difficoltà nei calcoli derivano dal
fatto che molti segni – semplici punti, linee e crocette – sono difficili da
individuare a occhio nudo, innanzitutto a causa dello stato di deterioramento
della pelle, e poi perché collocati in uno strato profondo della cute. Bisogna
infatti tenere presente che la tecnica utilizzata all'epoca non prevedeva l'uso
di aghi: si praticavano delle piccole incisioni nella pelle e quindi si
ricopriva l'incavo con il carbone vegetale.
Il
gruppo di ricerca guidato da Marco
Samadelli ha utilizzato un metodo di imaging non invasivo (nello specifico
una tecnica di ripresa multispettrale messa a punto da Profilocolore, una
società di Roma) capace di mettere in risalto le più impercettibili sfumature
della pelle. Questo particolare procedimento fotografico ha permesso di
catturare la luce dall’infrarosso all’ultravioletto, facendo emergere in modo
nitido tutti i disegni scolpiti sulla mummia. La mappa, pubblicata sul Journal of
Cultural Heritage, conta 61 tatuaggi, classificati in 19 gruppi. A eccezione di due
croci, sono quasi sempre brevi segmenti lineari lunghi dai 7 millimetri ai 4
centimetri, di solito disposti parallelamente come le righe di un quadernino. La
maggior parte dei tatuaggi di cui si aveva già prova sono posizionati in
prossimità delle articolazioni: questa peculiarità aveva accreditato l'ipotesi
che si trattasse di una pratica terapeutica affine all'agopuntura. I nuovi
studi hanno però portato alla luce un disegno sul petto, in un'area in
apparenza 'sana' (almeno fino a prova contraria), riaprendo così il dibattito
sull'effettiva valenza dei tatuaggi in epoca preistorica.
Fonte: www.focus.it
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