Sarà presentato in anteprima da Honebu a Cagliari a
metà Novembre, il nuovo libro di Pierluigi Montalbano, dedicato interamente
all'archeologia della Sardegna, dal Neolitico alla Civiltà Nuragica. Un saggio che si
mantiene fedele ai canoni scientifici imposti dalla metodologia di indagine
universitaria ed è scritto con un linguaggio divulgativo che consente al
lettore di comprendere facilmente i nodi della disciplina archeologica. Sono
raccontate le vicende della Sardegna antica, con particolare riferimento
all’epoca dei nuraghi, le maestose torri che svettano nel paesaggio dell’isola.
Nel testo vengono illustrate le principali scoperte archeologiche studiate nel
territorio sardo, confrontate in vari casi con architetture contemporanee e
attività che si svolgevano in
Storia dei popoli: seminiamo il seme della cultura nei nostri figli perché il futuro è ancora da costruire.
lunedì 30 ottobre 2017
Sardegna, l'Alba di una Civiltà, il nuovo libro di Pierluigi Montalbano.
Archeologia. Sardegna, l'Alba di una Civiltà, il nuovo libro di Pierluigi Montalbano.
domenica 29 ottobre 2017
Archeologia. Individuata nel Tempio di Antas, a Fluminimaggiore, la prima raffigurazione del mitico Sardus Pater, la massima divinità sarda dell'antichità. Riflessioni di Fabio Isman
Archeologia. Individuata nel Tempio di Antas, a Fluminimaggiore, la prima raffigurazione del mitico Sardus Pater, la massima divinità sarda dell'antichità.
Riflessioni di Fabio Isman
Per 50 anni, erano rimaste in una cassa. Sono le decorazioni in terracotta del Tempio di Antas in Sardegna, vicino a Iglesias, uno dei più antichi e dei più misteriosi dell’isola. Le ha ordinate e studiate Giuseppina Manca di Mores, archeologa isolana che ha scoperto così la più antica raffigurazione del “Sardus Pater”, mitico progenitore della Sardegna, la cui immagine di divinità con il cappello inequivocabilmente piumato si fonde con quella di Iolao, il nipote di Eracle che tradizionalmente è considerato il massimo eroe della mitologia classica.
Vicino a Fluminimaggiore, c’è uno dei grandi misteri sardi: un tempio punico del 500 a.C. dedicato al
Riflessioni di Fabio Isman
Per 50 anni, erano rimaste in una cassa. Sono le decorazioni in terracotta del Tempio di Antas in Sardegna, vicino a Iglesias, uno dei più antichi e dei più misteriosi dell’isola. Le ha ordinate e studiate Giuseppina Manca di Mores, archeologa isolana che ha scoperto così la più antica raffigurazione del “Sardus Pater”, mitico progenitore della Sardegna, la cui immagine di divinità con il cappello inequivocabilmente piumato si fonde con quella di Iolao, il nipote di Eracle che tradizionalmente è considerato il massimo eroe della mitologia classica.
Vicino a Fluminimaggiore, c’è uno dei grandi misteri sardi: un tempio punico del 500 a.C. dedicato al
venerdì 27 ottobre 2017
Archeologia. La civetta: l’iconografia svela un profondo significato simbolico legato al mondo dei defunti. Riflessioni di Giorgia Soncin
Archeologia. La
civetta: l’iconografia svela un profondo significato simbolico legato al mondo
dei defunti
Riflessioni di Giorgia Soncin
Atena, la dea greca della sapienza, viene
spesso rappresentata con una civetta appollaiata su una spalla, manifestazione simbolica
della saggezza. Presso gli Egizi rappresentava la notte e l’oscurità, gli
Aztechi l’associavano al dio dell’oltretomba, per i Romani simboleggiava la
morte. René Guénon afferma che "la civetta è il simbolo della conoscenza
razionale perché essendo un uccello notturno è legato alla luce riflessa,
quella lunare, in opposizione alla conoscenza intuitiva, percezione della luce
diretta solare, simbolicamente rappresentata dall’aquila". Il
nome stesso annuncia la storia e la simbologia, infatti, nei manuali salta
all'occhio il suo nome scientifico: Athene noctua, rapace notturno della
famiglia degli Strigidae. Viene naturale collegare queste parole direttamente
alla divinità greca Atena e alla parola strega, di origine latina. Con i
suoi grandi occhi, la civetta è legata alla preveggenza, all'illuminazione e
alla conoscenza legata alla dea Atena/ Minerva, portatrice di
giovedì 26 ottobre 2017
Archeologia. Pelasgi e Popoli del Mare, i nomadi del Mediterraneo.
Archeologia. Pelasgi
e Popoli del Mare, i nomadi del Mediterraneo.
Il Mare
Mediterraneo è stato per millenni il centro del mondo antico e crogiolo etnico
dei popoli che, attraverso i flussi migratori
e all’avvicendarsi al potere marittimo e commerciale, hanno modellato il volto
e il profilo culturale d’Occidente, del Medio Oriente e del Nord Africa,
imprimendo così una traccia tanto indelebile e ridondante nella storia umana,
direttamente o indirettamente, da generare la Civiltà così come la conosciamo
oggi.
Atlantidei, Tirreni, Shardana, Etruschi, Argonauti, Lelegi, e Carî, quale intricato legame di sangue e discendenza tra loro? O stiamo forse parlando di un unico popolo così errabondo da essersi mescolato ovunque nel dna mediterraneo?
Popoli del mare: una sorta di inesorabile, lenta sovrapposizione di ondate migratorie, maree montanti di umanità, fusione tra razze e culture. Furenti alleati dei Libici i quali, suddivisi nelle tribù dei
Atlantidei, Tirreni, Shardana, Etruschi, Argonauti, Lelegi, e Carî, quale intricato legame di sangue e discendenza tra loro? O stiamo forse parlando di un unico popolo così errabondo da essersi mescolato ovunque nel dna mediterraneo?
Popoli del mare: una sorta di inesorabile, lenta sovrapposizione di ondate migratorie, maree montanti di umanità, fusione tra razze e culture. Furenti alleati dei Libici i quali, suddivisi nelle tribù dei
martedì 24 ottobre 2017
Archeologia. Gli scavi scoprono la civiltà del Colle Bianco, un insediamento agricolo di genti che occuparono l'area nell’Età del Bronzo.
Archeologia. Gli scavi
scoprono la civiltà del Colle Bianco, un insediamento agricolo di genti che occuparono l'area nell’Età
del Bronzo.
Dopo gli ultimi scavi condotti
davanti alla grotta tra Guglionesi e Larino, emergono nuovi e interessanti
elementi utili a ricostruire ciò che accadeva nel periodo dell’Età del Bronzo
in quell’area: dai resti ritrovati sotto terra - punte di frecce, frammenti
ceramici, pietre lavorate - una comunità di agricoltori ha abitato lo spazio
davanti all’antro. Gli studiosi hanno ora in programma una campagna di scavi
approfondita per capire usi, costumi e tradizioni della comunità.
La ricognizione dell’area
davanti alla Grotta del Colle Bianco scopre che nell’area tra Larino e
Guglionesi, sono presenti insediamenti dell’età del Bronzo. Gli archeologi, insieme
a studenti dell’UniMol, tirocinanti, specialisti, dottorandi e dottorati e
liberi professionisti del settore sono tornati nella zona per sottoporre
l’area davanti all’antro a ulteriori studi. Hanno scavato con le mani fino a un metro di profondità «perché è il modo migliore per salvaguardare i
reperti e fare in modo che tornino alla luce integri», spiega la dottoressa e
archeologa Antonella Minelli, responsabile della
sabato 21 ottobre 2017
Archeologia. DAEDALEIA LE TORRI NURAGICHE OLTRE LʼETÀ DEL BRONZO. Articolo di Raimondo Zucca.
Archeologia.
DAEDALEIA LE TORRI NURAGICHE OLTRE LʼETÀ DEL BRONZO
Atti
del Convegno di Studi (Cagliari, Cittadella dei Musei, 19-21 aprile 2012)
Sardi
Ilienses (Livio, XLI, 12, 4)
Articolo
di Raimondo Zucca
I
Sardi Ilienses secondo Ettore Pais
Nella
memoria lincea del 1881, La Sardegna prima del dominio romano, Ettore Pais
affermava:
Il
nome Sardegna (Sardò) e l’aggettivo Sardonio (Sardonios) è stato usato per
indicare nel complesso l’isola e gli abitanti di essa sin dal tempo di Erodoto,
tuttavia sorge il dubbio se questo nome fosse proprio di tutti, ovvero di una
sola parte dei Sardi e se il nome di una tribù sia stato poi esteso a tutte le
altre. Io propendo a questa seconda opinione e parmi che vi siano degli
argomenti che la rendono, per lo meno, degna di essere presa in considerazione.
E in primo luogo coloro che parlano degli abitanti del centro dell’isola
nominano espressamente dei popoli detti Iliesi e Balari, ma non li chiamano
Sardi, che anzi talvolta l’aggettivo Sardi
è opposto agli altri due ed è usato per indicare le
giovedì 19 ottobre 2017
Archeologia. Shardana e Sardegna, di Giovanni Ugas.
Archeologia. Shardana e Sardegna, di Giovanni Ugas.
Nell’ambito della XII Edizione del Premio Osilo 2016 Sezione
Saggistica, il libro “Shardana e Sardegna. I Popoli del Mare, gli alleati del
Nord Africa e la fine dei grandi regni (XV-XII secolo a.C.)”, di Giovanni Ugas,
ed. della Torre ha vinto il Premio Selezione «libro dell’anno»
Il giudizio della
commissione
Shardana e Sardegna è un’opera che lascia il lettore stupefatto sia per la grande competenza dell’Autore, sia per la ricchezza di documentazione e di immagini. Viene così spalancata un’ampia finestra sulla storia antica dell’Isola sarda, che ha vissuto da protagonista le vicende del Mediterraneo di circa tre millenni fa. L’autore riesce a dare soddisfacenti e documentate risposte ad alcuni quesiti su quell’epoca storica, chiarendo il ruolo delle popolazioni di Sardegna nelle dinamiche socio politiche cui presero parte molti altri popoli di spicco del
Shardana e Sardegna è un’opera che lascia il lettore stupefatto sia per la grande competenza dell’Autore, sia per la ricchezza di documentazione e di immagini. Viene così spalancata un’ampia finestra sulla storia antica dell’Isola sarda, che ha vissuto da protagonista le vicende del Mediterraneo di circa tre millenni fa. L’autore riesce a dare soddisfacenti e documentate risposte ad alcuni quesiti su quell’epoca storica, chiarendo il ruolo delle popolazioni di Sardegna nelle dinamiche socio politiche cui presero parte molti altri popoli di spicco del
mercoledì 18 ottobre 2017
Archeologia. Le donne del Neolitico, quelle vissute 6000 anni fa, viaggiavano e si spostavano di continuo per scambiare oggetti e idee.
Archeologia.
Le donne del Neolitico, quelle vissute 6000 anni fa, viaggiavano e si spostavano di
continuo per scambiare oggetti e idee.
Una serie di scavi
archeologici condotti nella regione tedesca del Lechtal, nella parte
meridionale della Baviera, ha rivelato particolari inaspettati della struttura
delle società umane nel periodo a cavallo tra l’Età della pietra e l’Età del
bronzo, in particolare sugli spostamenti delle persone e quindi degli oggetti e
delle idee che portavano con sé. L’analisi dei resti di alcuni individui
sepolti in insediamenti dell’epoca, pubblicata sui "Proceedings of the
National Academy of Sciences" da Philipp Stockhammer della
Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera e colleghi, mostra infatti
che mentre gli uomini erano originari della zona, le donne venivano da altre
località, probabilmente dalla Boemia o dalla Germania centrale, secondo una
struttura sociale detta
lunedì 16 ottobre 2017
Archeologia. Haou Nebout ( Honebu): Atlantide degli Egizi. Riflessioni di Fabio Marino
Archeologia. Haou Nebout (
Honebu): Atlantide degli Egizi.
Riflessioni di Fabio Marino
Il geroglifico qui sopra è uno
dei più antichi del sistema egizio; ciononostante, il suo significato è tuttora
dibattuto. Sotto il profilo grammaticale e sotto quello del significato. Prima
che qualcuno si chieda se anche io sono stato colpito dalla sindrome di Atlantide, rassicuro tutti: no, non ancora.
Tuttavia, il problema di questo geroglifico mi affascina da parecchio tempo, e
perciò, anche se ci sono su questo tema ancora parecchi “lavori in corso”, ho
deciso di scrivere qualche riflessione su alcuni aspetti particolarmente
interessanti.
Partiamo dal significato: il
simbolo riportato nell'immagine sopra è quello con cui gli Egizi, fin dai primordi dello
Stato faraonico, indicavano il misterioso territorio dello «Haou-Nebout»,
e nel contempo anche i suoi abitanti. Lo stesso termine viene utilizzato per
indicare gli altrettanto misteriosi “Popoli del Mare”, fronteggiati da Ramsete III intorno
al 1.150 a.C., ma il
venerdì 13 ottobre 2017
Archeologia. Oricalco, un metallo sconosciuto che in antichità era più prezioso dell'oro. Lo cita, fra gli altri, il grande filosofo Platone. Il mistero sembrerebbe risolto, ma ci piace pensare che la scienza moderna non sia in grado di spiegare tutto e che Platone ne sapesse molto più di noi.
Archeologia. Oricalco, un metallo sconosciuto che in antichità era più prezioso dell'oro. Lo cita, fra gli altri, il grande filosofo Platone. Il mistero sembrerebbe risolto, ma ci piace pensare che la scienza moderna non sia in grado di spiegare tutto e che Platone ne sapesse molto più di noi.
Il rame nativo e l'alchimia dei metalli.
Quasi 2500 anni fa il filosofo Platone, nel parlare d'Atlantide nel dialogo "Crizia", scriveva:
"L'oricalco, quel metallo che ormai si sente solo nominare, allora era più che un nome, ed era estratto dalla terra in molti luoghi dell'isola, ed era a quel tempo il metallo più prezioso dopo l'oro... essi ricoprirono di bronzo, a guisa di vernice, tutto il percorso del muro della cinta esteriore, e spalmarono di stagno liquefatto quello della cinta interiore, e d'oricalco dai riflessi ignei quello della stessa acropoli".
D'oricalco era rivestito il muro dell'acropoli di Atlantide e d'oricalco era la colonna, dentro il tempio di Poseidone, su cui erano scritte le leggi. L'oricalco è stato a lungo identificato con l'ottone, sulla base d'una frase di Filopono. L'ottone però è una lega, non un metallo. Platone parla dell'oricalco come d'un metallo ormai ignoto (o - per meglio dire - passato in disuso). Il suo colore rosso-fuoco è quello del rame puro ed esclude l'identificazione con il platino, voluta da taluni, ma anche con
Il rame nativo e l'alchimia dei metalli.
Quasi 2500 anni fa il filosofo Platone, nel parlare d'Atlantide nel dialogo "Crizia", scriveva:
"L'oricalco, quel metallo che ormai si sente solo nominare, allora era più che un nome, ed era estratto dalla terra in molti luoghi dell'isola, ed era a quel tempo il metallo più prezioso dopo l'oro... essi ricoprirono di bronzo, a guisa di vernice, tutto il percorso del muro della cinta esteriore, e spalmarono di stagno liquefatto quello della cinta interiore, e d'oricalco dai riflessi ignei quello della stessa acropoli".
D'oricalco era rivestito il muro dell'acropoli di Atlantide e d'oricalco era la colonna, dentro il tempio di Poseidone, su cui erano scritte le leggi. L'oricalco è stato a lungo identificato con l'ottone, sulla base d'una frase di Filopono. L'ottone però è una lega, non un metallo. Platone parla dell'oricalco come d'un metallo ormai ignoto (o - per meglio dire - passato in disuso). Il suo colore rosso-fuoco è quello del rame puro ed esclude l'identificazione con il platino, voluta da taluni, ma anche con
mercoledì 11 ottobre 2017
Archeologia. Un misterioso disco di bronzo trovato nel relitto di Antikythera. Una nuova spedizione tra i resti della nave greca famosa per la scoperta del celebre meccanismo ha riportato alla luce importanti reperti, compreso uno di difficile interpretazione. Riflessioni di Sarah Gibbens
Archeologia.
Un misterioso disco di bronzo trovato nel relitto di Antikythera. Una nuova spedizione tra i resti della nave greca
famosa per la scoperta del celebre meccanismo ha riportato alla luce importanti
reperti, compreso uno di difficile interpretazione
Riflessioni
di Sarah Gibbens
Arti di bronzo, il coperchio di un sarcofago, pezzi di statue
di marmo e un misterioso disco di bronzo sono tra i reperti rinvenuti durante
una spedizione di archeologia subacquea in uno dei più antichi e famosi relitti
conosciuti. La Divisione delle Antichità sottomarine della Grecia -
un'agenzia governativa che dipende dal ministero dell'Archeologia - ha
annunciato la scoperta mercoledì scorso al termine di ricognizioni effettuate
tra il 4 e il 20 settembre. Situato appena al largo dell'isola greca di Antikythera,
a una profondità di 55 metri, il cosiddetto relitto di Antikythera ci consente
di dare uno sguardo dal di dentro alla cultura romana nella sua fase di massimo
splendore. "Gli archeologi marini hanno trovato un grande tesoro di
statue di marmo, di bronzo e altri oggetti", ha detto la
lunedì 9 ottobre 2017
Decifrato il Disco Libarna conservato al Museo archeologico di Genova. Scoperto il funzionamento: è un oggetto legato all’astronomia
Decifrato il Disco Libarna conservato al Museo archeologico di Genova. Scoperto il
funzionamento: è un oggetto legato all’astronomia
E' stato finalmente decifrato il significato del Disco di
Libarna, un manufatto del I secolo d.C. Il reperto, unico in Europa, conservato
al museo di Archeologia ligure, catalogato come peso, è uno strumento
astronomico. Scoperto anche il suo funzionamento. Il disco era utilizzato per
determinare il nord celeste e calcolare le lunazioni. Fu trovato durante gli
scavi di Libarna, antica città romana, a Serravalle Scrivia in provincia di Alessandria.
Il disco, di pochi centimetri di diametro, presenta due
sabato 7 ottobre 2017
I 10 giorni di Ottobre della storia che non furono mai vissuti: il calendario Giuliano. Da Giulio Cesare alla riforma di Papa Gregorio XIII, passando per il matematico gesuita Cristoforo Clavio.
I 10 giorni di Ottobre della storia che non furono mai vissuti: il calendario Giuliano. Da Giulio Cesare alla riforma di Papa Gregorio XIII, passando per il matematico gesuita Cristoforo Clavio.
Se qualcuno facesse cenno a qualsiasi fatto storico accaduto
a Roma, e in gran parte dell'Europa, fra il 5 e il 14 ottobre 1582, parlerebbe
del nulla. E per un semplice motivo: quei giorni non sono mai esistiti,
inghiottiti in una sola notte per volere di Gregorio XIII.
Per ricercare le motivazioni di una simile decisione occorre
tornare proprio al finire del XVI secolo, quando il dibattito su un'efficace
riforma del calendario era entrato in una fase di particolare delicatezza e
attenzione. Il vecchio calendario "giuliano", emanato da Giulio
Cesare nel 46 a.C., si rivelava infatti come "fallace": secondo i
calcoli del matematico tedesco di origine gesuita Cristoforo Clavio, la durata
di un anno "giuliano", 365 giorni e 6 ore, non era esatta, poiché
l'anno solare medio è più corto di circa 11 minuti, portando così ad un
accumulo di un giorno di ritardo ogni 128 anni. E nel 1582 la differenza, complici
altri ulteriori aggiustamenti, andava a toccare i 10 giorni, con
mercoledì 4 ottobre 2017
Archeologia. La medicina nell'antica Grecia. Riflessioni di Pitagora, Alcmeone di Crotone, Ippocrate, Galeno e Aristotele.
Archeologia. La medicina nell'antica Grecia.
Riflessioni di Pitagora, Alcmeone di Crotone, Ippocrate, Galeno e Aristotele.
Riflessioni di Pitagora, Alcmeone di Crotone, Ippocrate, Galeno e Aristotele.
Nelle
prime fasi, la medicina occidentale (non ci occuperemo della medicina
orientale) era una medicina teurgica, in cui la malattia era considerata un
castigo divino, concetto che si trova in moltissime opere greche, come
l'Iliade, e che ancora oggi è connaturato nell'uomo.
Il simbolo della medicina è il serpente, animale sacro
perché ritenuto, erroneamente, immune dalle malattie. Secondo un'altra versione
nel simbolo non è rappresentato un serpente, ma l'estirpazione del Dracunculus
medinensis o verme di Medina. Comunque, il serpente aveva un'importante
funzione pratica nella medicina antica: nel tempio di ogni città c'era una
sorta di cunicolo con i serpenti. Il tempio, infatti, non era solo un luogo di
devozione, ma anche un luogo dove si portavano i malati: la fossa dei serpenti
serviva a spaventare il paziente, a cui probabilmente venivano date anche delle
lunedì 2 ottobre 2017
Archeologia: Platone e Atlantide. Come le nuvole all’imbrunire. Il Cappellano di Svezia e la ricerca delle Atlantidi mediterranee: la Sardegna. Riflessioni di Alfonso Stiglitz
Archeologia: Platone e Atlantide. Come le nuvole
all’imbrunire.
Il Cappellano di Svezia e la ricerca delle Atlantidi
mediterranee: la Sardegna.
Riflessioni di Alfonso Stiglitz
Il titolo. "come le nuvole all'imbrunire" è l'espressione utilizzata da Diderot per criticare il Cappellano di Svezia e i cercatori di Atlantide, equiparandoli ai bambini che al cadere del sole guardano le nuvole e in esse ognuno di loro vede quello che vuole, un viso, un animale ecc.
L'epigrafe è questa:
je veux mourir si vous ne regardez l’auteur comme un enfant qui s’amuse à observer les nuées à la chute du jour. Le jour est bien tombé depuis environ deux mille cinqcents ans que Platon écrivait, et M. l’aumônier de Suède a vu dans les nuées de l’auteur grec,tout ce qu’il a plu à son imagination, aidée de beaucoup de connaissances, d’étude et de pénétration.
Excellent mémoire à lire pour apprendre à se méfier des conjectures des érudits.
che, tradotta in italiano suona grossomodo così:
Voglio morire se non guardi all'autore come a un bambino che ama osservare le nuvole alla fine della giornata. Il giorno è sceso per circa duemila e cinquecento anni da quando ha scritto Platone e il cappellano svedese ha visto nelle nuvole dell'autore greco,tutto ciò che ha amato nella sua immaginazione, aiutato da molta conoscenza, studio e penetrazione.
Eccellente memoria da leggere per imparare a diffidare delle congetture degli studiosi.
ll racconto – né mito, né leggenda (Janni 2004: 63) – di Platone sulla storia di Atlantide e sulla sua sorte di tragica grandezza fu sostanzialmente ignorato dai suoi contemporanei e successori, salvo scarne citazioni, un’autorevole stroncatura e significativi silenzi sino alla scoperta dell’America, quando si pose la necessità di spiegare la presenza di quelle inaspettate terre e l’identità dei suoi abitanti, nel solco del testo biblico (Gliozzi 1977; Ciardi 2002). Da qui il sorgere del mito che, seppure proiettato al di là del Mediterraneo, a un certo punto trova il modo di attraversare lo Stretto di Gibilterra per tornare nelle accoglienti braccia del
L'epigrafe è questa:
je veux mourir si vous ne regardez l’auteur comme un enfant qui s’amuse à observer les nuées à la chute du jour. Le jour est bien tombé depuis environ deux mille cinqcents ans que Platon écrivait, et M. l’aumônier de Suède a vu dans les nuées de l’auteur grec,tout ce qu’il a plu à son imagination, aidée de beaucoup de connaissances, d’étude et de pénétration.
Excellent mémoire à lire pour apprendre à se méfier des conjectures des érudits.
che, tradotta in italiano suona grossomodo così:
Voglio morire se non guardi all'autore come a un bambino che ama osservare le nuvole alla fine della giornata. Il giorno è sceso per circa duemila e cinquecento anni da quando ha scritto Platone e il cappellano svedese ha visto nelle nuvole dell'autore greco,tutto ciò che ha amato nella sua immaginazione, aiutato da molta conoscenza, studio e penetrazione.
Eccellente memoria da leggere per imparare a diffidare delle congetture degli studiosi.
ll racconto – né mito, né leggenda (Janni 2004: 63) – di Platone sulla storia di Atlantide e sulla sua sorte di tragica grandezza fu sostanzialmente ignorato dai suoi contemporanei e successori, salvo scarne citazioni, un’autorevole stroncatura e significativi silenzi sino alla scoperta dell’America, quando si pose la necessità di spiegare la presenza di quelle inaspettate terre e l’identità dei suoi abitanti, nel solco del testo biblico (Gliozzi 1977; Ciardi 2002). Da qui il sorgere del mito che, seppure proiettato al di là del Mediterraneo, a un certo punto trova il modo di attraversare lo Stretto di Gibilterra per tornare nelle accoglienti braccia del