Riflessioni di Pitagora, Alcmeone di Crotone, Ippocrate, Galeno e Aristotele.
Nelle
prime fasi, la medicina occidentale (non ci occuperemo della medicina
orientale) era una medicina teurgica, in cui la malattia era considerata un
castigo divino, concetto che si trova in moltissime opere greche, come
l'Iliade, e che ancora oggi è connaturato nell'uomo.
Il simbolo della medicina è il serpente, animale sacro
perché ritenuto, erroneamente, immune dalle malattie. Secondo un'altra versione
nel simbolo non è rappresentato un serpente, ma l'estirpazione del Dracunculus
medinensis o verme di Medina. Comunque, il serpente aveva un'importante
funzione pratica nella medicina antica: nel tempio di ogni città c'era una
sorta di cunicolo con i serpenti. Il tempio, infatti, non era solo un luogo di
devozione, ma anche un luogo dove si portavano i malati: la fossa dei serpenti
serviva a spaventare il paziente, a cui probabilmente venivano date anche delle
pozioni, per indurre uno stato di shock e fargli apparire il dio che così lo
guariva.
Col passare del tempo la medicina prese sempre più le
distanze dalla religione sino ad arrivare alla medicina razionale di Ippocrate,
che segnò il limite tra razionalità e magia.
Le prime scuole si svilupparono in Grecia e nella
Magna Grecia, cioè in Sicilia e in Calabria. Tra queste, fu importantissima la
scuola pitagorica. Pitagora, grande matematico, operava
nell'isola di Samo, ma si spostò a Crotone quando il tiranno Policrate prese il
potere nella sua città. Egli portò nella scienza naturale, ancora non
definibile medicina, la teoria dei numeri: secondo Pitagora alcuni numeri
avevano significati precisi e, fra questi, i più importanti erano il 4 e il 7.
Il 7 ha sempre avuto un significato magico, per es. nella Bibbia un numero
infinito è indicato come 70 volte 7. Tra l'altro il 7 moltiplicato per 4 dà 28,
cioè il mese lunare della mestruazione, e 7 per 40 dà 280, cioè la durata in
giorni della gravidanza. Sempre per la connotazione magica del 7 si diceva che
era meglio che il bambino nascesse al 7° mese piuttosto che all'8°. Anche il
periodo di quarantena, cioè i 40 gg che servirebbero per evitare il contagio
delle malattie, è derivato dal concetto di sacralità del numero 40. Tuttavia la
scuola pitagorica non si limitò a questo, ebbe importanti allievi e in quel
periodo nacquero delle scuole filosofiche molto importanti.
Talete elaborò un'importante
sistema secondo cui l'universo era costituito da: aria, acqua, terra, cui Eraclito aggiunse
il fuoco (i 4 elementi fondamentali). In questo periodo venne dato grande
rilievo anche alle qualità, secco e umido, freddo e caldo, dolce e amaro, etc.
Un grande allievo di Pitagora, Alcmeone
di Crotone, nel VI-VII secolo a.C. fu il primo ad avere l'idea che
l'uomo fosse un microcosmo costituito dai 4 elementi fondamentali. Secondo lui
dall'equilibrio degli elementi, che chiamò isonomia o democrazia, derivava lo
stato di salute, mentre lo stato di malattia derivava dalla monarchia, ovvero
dal prevalere di un elemento sugli altri. Alcmeone fu anche il primo ad
individuare nel cervello l'organo più importante. Sino ad allora era stata data
pochissima importanza al cervello, che era sempre sfuggito all'osservazione:
all'epoca greca il corpo era sacro e non si praticavano dissezioni, ma veniva
visto negli animali sacrificati come una massa gelatinosa e fredda di scarso
interesse. Alcmeone stabilì che il cervello doveva essere l'organo che
comandava l'organismo. Pare che si fosse anche reso conto, fatto poi smentito
da altri, che i nervi servissero per condurre gli impulsi nervosi, ma questa
notizia non ha lasciato traccia nella storia della scienza di allora.
La vera e propria medicina razionale è da attribuire
ad Ippocrate (V sec. a.C.), padre della medicina.
Ippocrate visse tra il 460 e il 370 a.C. nell'isola di Coo o Cos, nel
Dodecanneso, dove si sviluppò la scuola razionale, cui vanno ascritti molti dei
pensieri attribuiti ad Ippocrate, che visse nei 50 anni di pace periclea,
periodo in cui fiorì la filosofia. Operò nell'area del Mediterraneo e nei suoi
viaggi toccò la Sicilia, l'Egitto, Alessandria, Cirene, Cipro.
La base della medicina razionale è la negazione
dell'intervento divino nelle malattie. Anche la famosa malattia sacra,
l'epilessia, fu attribuita ad una disfunzione dell'organismo.
La concezione di Ippocrate si rifaceva a quella di
Talete ed in parte anche a quella di Alcmeone di Crotone, quando diceva che
l'uomo è il microcosmo ed il corpo è formato dai 4 elementi fondamentali,
nell'ordine aria, fuoco, terra ed acqua. Secondo Ippocrate e la sua scuola
(pare che addirittura si trattasse di suo genero Polibo), agli elementi del
corpo umano corrispondevano, in base a delle qualità comuni, degli umori:
all'aria, che è dappertutto, corrispondeva il sangue; al fuoco, caldo,
corrispondeva la bile; alla terra, per il colore, corrispondeva un umore scuro
in realtà inesistente, forse osservato nella pratica dell'auruspicina, durante
il sacrificio degli animali. Il sangue della milza, venoso, molto scuro fu
forse ritenuto essere un altro umore, diverso dal sangue, e fu chiamato bile
nera, atrabile in latino e o melaina kole' in greco; infine all'acqua
corrispondeva il muco, o pituita o flegma, comprendente tutte le secrezioni
acquose del nostro corpo (saliva, sudore, lacrime, etc.), localizzato
principalmente nel cervello, che era umido e freddo come l'acqua.
Agli umori furono fatte corrispondere anche le
stagioni: la prima stagione, quella del sangue e dell'aria corrispondeva alla
primavera, l'estate era quella del fuoco e della bile, l'autunno era quella
della terra e dell'atrabile e l'inverno era la stagione dell'acqua, della
pituita e del cervello. Fu fatto anche un parallelismo con le quattro età della
vita, infanzia e prima giovinezza, giovinezza matura; età virile avanzata, ed
infine età senile.
Ippocrate, rifacendosi a quello che aveva detto
Alcmeone di Crotone, sosteneva che la malattia derivasse dallo squilibrio,
senza parlare più di democrazia o monarchia per non offendere i tiranni, e che
dove c'era equilibrio tra gli umori c'era la salute; le cure consistevano nel
rimuovere l'umore in eccesso. La sua teoria spiegava anche i vari temperamenti:
un soggetto collerico aveva troppa bile, quello flemmatico troppo muco.
Al centro della concezione di Ippocrate non c'era la
malattia, che si spiegava in modo olistico, ma l'elemento più importante era
l'uomo. Questo fece la fortuna della scuola ippocratica nei confronti della
scuola rivale di Cnido, che invece era focalizzata sulla malattia con una
concezione riduzionistica, simile a quella odierna. La scuola di Ippocrate
prevalse proprio perché si occupava dell'uomo, mentre l'altra occupandosi delle
malattie e non avendo gli elementi necessari per farlo si estinse, quella di
Ippocrate proseguì.
Alla base delle concezioni di Ippocrate c'era una
filosofia profonda e pratica e un notevole buonsenso. I principi fondamentali
erano di lasciar fare alla natura, cioè alla forza guaritrice della natura, di
osservare attentamente il malato ed intervenire il meno possibile, fare
attenzione all'alimentazione e alla salubrità dell'aria. Per eliminare lo
squilibrio era necessario rimuovere la materia in eccesso, detta materia
peccans. I mezzi a disposizione per l'eliminazione della materia peccans erano
il capipurgio (= purga del capo), che consisteva nell'indurre lo starnuto con
droghe come il pepe, il clistere, oppure il salasso o sanguisugio. Quest'ultima
pratica fu molto usata dai seguaci di Ippocrate, soprattutto nell'epoca romana
di Galeno, con conseguenze gravissime, perché il levare
il sangue ad un malato non era utile ed era spesso causa di morte. Ippocrate
comunque raccomandava di utilizzare questi mezzi con la massima parsimonia.
I testi di Ippocrate, o i presunti tali, furono
commentati nelle università sino al 1700. Questi testi comprendono una serie di
aforismi tra cui il famoso "La vita è breve, l'arte è lunga, l'occasione è
fuggevole, l'esperienza è fallace, il giudizio è difficile", che sono alla
base della sua filosofia ed invitano a pensare attentamente e ripetutamente
prima di intervenire.
Ippocrate quindi creò una medicina olistica, basata
sull'uomo o microcosmo, predicando l'uso della terapia disponibile con il
massimo della parsimonia. Tra l'altro i rimedi erano pochi perché allora non
esisteva la farmacologia ed un primo accenno all'erboristica venne da un
allievo di Aristotele, Teofrasto, circa un secolo dopo. Ippocrate è ricordato anche
perchè espresse i primi concetti di etica medica, arrivati sino ai giorni
nostri, ed è infatti attribuito alla sua scuola il giuramento di Ippocrate, che
codifica la figura del medico.
- "Giuro ad Apollo
medico, Asclepio, Igea e Panacea, prendendo come testimone tutti gli dei e le
dee, di tenere fede secondo il mio potere e il mio giudizio a questo impegno:
giuro di onorare come onoro i miei genitori colui che mi ha insegnato l'arte
della medicina (concetto di allievo e maestro) e di dividere con lui il mio
sostentamento e di soddisfare i suoi bisogni, se egli ne avrà necessità;
- di considerare i suoi figli come fratelli, e se vogliono imparare quest'arte, di insegnarla a loro senza salario nè contratto;
- di comunicare i precetti generali, le nozioni orali e tutto il resto della dottrina ai miei figli, ai figli del mio maestro e ai discepoli ingaggiati ed impegnati con giuramento secondo la legge medica, ma a nessun altro (concetto della casta).
- Applicherò il regime dietetico a vantaggio dei malati, secondo il mio potere e il mio giudizio, li difenderò contro ogni cosa nociva ed ingiusta.
- Non darò, chiunque me lo chieda, un farmaco omicida (rifiuto dell'eutanasia), nè prenderò iniziativa di simile suggerimento, nè darò ad alcuna donna un pessario abortivo.
- Con la castità e la santità salvaguarderò la mia vita e la mia professione. Non opererò gli affetti da calcoli e lascerò questa pratica a professionisti".
- di considerare i suoi figli come fratelli, e se vogliono imparare quest'arte, di insegnarla a loro senza salario nè contratto;
- di comunicare i precetti generali, le nozioni orali e tutto il resto della dottrina ai miei figli, ai figli del mio maestro e ai discepoli ingaggiati ed impegnati con giuramento secondo la legge medica, ma a nessun altro (concetto della casta).
- Applicherò il regime dietetico a vantaggio dei malati, secondo il mio potere e il mio giudizio, li difenderò contro ogni cosa nociva ed ingiusta.
- Non darò, chiunque me lo chieda, un farmaco omicida (rifiuto dell'eutanasia), nè prenderò iniziativa di simile suggerimento, nè darò ad alcuna donna un pessario abortivo.
- Con la castità e la santità salvaguarderò la mia vita e la mia professione. Non opererò gli affetti da calcoli e lascerò questa pratica a professionisti".
(È questo un anatema contro la chirurgia, che trova la
sua giustificazione nel fatto che la chirurgia allora aveva esiti disastrosi.
Non c'era nessuno stimolo a studiare l'anatomia, perchè si pensava che le
malattie fossero causate dallo squilibrio degli umori e gli organi non avessero
nessuna importanza; quindi la chirurgia era un qualcosa di empirico, uno
tagliava senza sapere cosa andava a tagliare, non c'erano i concetti della
asepsi, della anestesia. La chirurgia fu considerata una pratica artigianale
secondaria senza utilità, non una scienza, sino alla fine del 1700. Gli
artigiani la praticavano di nascosto, tramandandosi tra loro i segreti. I
chirurghi e i medici indossavano anche un diverso abbigliamento: i medici, in
quanto laureati e magistri togati, potevano portare la toga a differenza dei
chirurghi, che invece erano persone indotte e non conoscevano il latino, che in
epoca medioevale e moderna era la lingua dei dotti (nelle incisioni del '500,
del '600 e anche del '700 si distinguono i medici con la toga lunga sino ai
piedi dai chirurghi con le gambe scoperte). Questo corollario fu benefico
nell'immediato, ma portò alla pratica della chirurgia da parte di persone prive
di ogni conoscenza teorica.)
- "In qualunque casa io
entri sarà per utilità dei malati, evitando ogni atto di volontaria corruzione,
e soprattutto di sedurre le donne, i ragazzi, liberi e schiavi. - Le cose che
nell'esercizio della mia professione o al di fuori di essa potrò vedere o dire
sulla vita degli uomini e che non devono essere divulgate le tacerò,
ritenendole come un segreto (concetto di segreto professionale).
- Se tengo fede sino in fondo a questo giuramento e lo onoro, mi sia concesso godere dei frutti della vita e di quest'arte, onorato per sempre da tutti gli uomini e se lo violo e lo spergiuro che mi accada tutto il contrario".
- Se tengo fede sino in fondo a questo giuramento e lo onoro, mi sia concesso godere dei frutti della vita e di quest'arte, onorato per sempre da tutti gli uomini e se lo violo e lo spergiuro che mi accada tutto il contrario".
Anche se in Grecia il corpo era tabù, l'enorme
sviluppo delle arti figurative, soprattutto della scultura, presuppone delle
conoscenze anatomiche tali da far ritenere che in Grecia venisse praticata la
dissezione. Di certo si sa comunque che la dissezione venne praticata poco dopo
gli ippocratici e trovò la massima espressione nella scuola alessandrina.
Il più grande scienziato e biologo dell'antichità
fu Aristotele (384/3 a.C.-322/1 a.C.), che contribuì
enormemente non tanto alla medicina in sé, quanto alla scienza naturale, e a
lui si deve la prima classificazione degli animali (al suo allievo Teofrasto
quella delle piante). Purtroppo alcuni passi di Aristotele, forse interpretati
male, portarono ad un errore che ebbe gravi conseguenze sull'evoluzione della
scienza: pare che egli sostenesse che certi animali inferiori gli insetti (il
cui nome deriva dalla evidente segmentazione del corpo nelle sue componenti)
originassero dalla materia in decomposizione per generazione spontanea e che quindi
non fosse possibile limitarne la crescita. Questo concetto iniziò ad essere
attaccato alla fine del '600. Aristotele elaborò un sistema fisiologico
incentrato sul cuore, in cui, secondo lui, ardeva una fiamma vitale mantenuta
da uno spirito, detto pneuma o spirito vitale, che dava calore. Il polmone e il
cervello avevano soprattutto una funzione di raffreddamento. Il cuore era
l'organo più importante perchè quando il cuore si ferma l'uomo muore. Inoltre
Aristotele nei suoi studi di embriologia notò che il cuore comincia a battere
nelle fasi iniziali dello sviluppo dell'organismo: primum oriens, ultimum
moriens.
Nella sua teoria il calore era la cosa più importante
e dava la vita. Egli sosteneva che l'uomo, avendo molto calore, riusciva ad
utilizzare tutte le risorse del suo organismo e a produrre lo sperma. La donna,
invece, non aveva abbastanza calore, per cui parte del sangue era eliminata
come sangue mestruale. Lo sperma col calore agiva sul mestruo, producendo
l'embrione. La riprova, secondo Aristotele, della validità della sua teoria era
che questo calore derivato dallo sperma, nel periodo del puerperio, faceva sì
che la donna producesse il latte: nella maggior parte dei casi non si
presentava la mestruazione proprio perché questo sangue in abbondanza veniva
trasformato in latte grazie al calore.
Aristotele fu anche maestro di Alessandro Magno, che
portò al massimo la fioritura della cultura ellenica, che si espanse in tutto
il Mediterraneo. Ma la massima espansione portò successivamente al crollo.
Fonte: http://pacs.unica.it/biblio/storia1.htm
Immagine di http://emanuelepunzo.netsons.org/images/2015/08/ascelpio.jpg
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