lunedì 5 dicembre 2022

Archeologia. Neapolis e l'Asklepieion di Κῶ

Archeologia. Neapolis  e l'Asklepieion di Κῶ

Articolo di Felice di Maro.

Abstract

Κῶς. We are in 242 BC, and in front of the Asklepion an opistograph stele is displayed in which the decree of the asylìa of Neapolis is presented which recognizes his immunity. The epigraph names, and highlights, the archons and not the demarcos as magistrate of Neapolis mentioned by Strabo (V 246). The topic has always been in the attention of scholars, but a question arises: why did Neapolis accept the asylìa, i.e., the immunity for the temple of Asclepius, proposed by Κῶ?

It is a crucial question for the history of Neapolis and this article presents some motivations and investigates the questions of the formation of the Hellenistic economy and the importance of the cult of Asclepius in Pompeii with the archaeological and historiographical documentation available.

Asclepius, Greek divinity, god of medicine, in the III century. BC, it is also documented in Pompeii, and, with Rome where there was a temple on the Tiber Island, and, with Velia where there was an important medical school, it is theorized that even in Neapolis there could be active health services with doctors such as Gaius Stertinio Xenophon active between Neapolis, Rome and the Flegrea area in the 1st century AD. Christ.


Fig. 1: Decreto Asyla di Neapolis, Lato B della stele esposta nella Sala Sud - Collezione Epigrafica di Kῶς -
ritrovata il 14 ottobre 1902 davanti al tempio di Asclepio (da Herzog-Klaffenbach 1952 p.20 ). Per gentile
concessione (YYPOA 16/08/2022 - AP: 392184) Hellenic Republic «Eforato delle Antichità del Dodecaneso
- Copyright Ministero della Cultura e dello Sport (N.4858/2021) "designazione del monumento" - Iscrizione
onoraria. Collezione epigrafica di Asklepiion di Kos, Sala Sud n.3».

Neapolis  e l’Asklepion di Κῶ

Il decreto dell’asylìa di Neapolis  del 242 a.C., fig.1, approvato dagli archontes, dal consiglio e cioè dalla σύνκλητος, e dalla δεσμός (assemblea popolare) che è stato inciso con quelli di Elea (Velia) e di Pella su una stele, opistografa, che è stata ritrovata da Rudolf Herzog, fig. 2, il 14 ottobre del 1902 davanti all’Asclepieion di Κῶ insieme ad altre stele recanti copia dei decreti delle città greche e dei Re ellenistici, è stato ottimamente analizzato al riguardo della citazione nel testo della presenza dell’arconte1 come magistrato della città di Neapolis  indicando che in quella fase, III secolo a.C., la

non presenza della demarchia almeno come magistratura rappresentativa come è documentato da Strabone (V 246) per le fasi precedenti.

 


Com’è noto sia la Neapolis  greca e sia la Neapolis  romana, presentano un quadro storico estremamente frammentario2 e in quest’articolo, come contributo, ho pensato di delineare le possibili motivazioni  dell’approvazione del decreto da parte di Neapolis  in relazione alla nuova economia che si andava formando in Grecia e nella Magna Grecia quando era in corso, ma era quasi alla fine, la prima guerra punica: Κῶς, in quella fase, chiedeva alle città greche e ai Re ellenistici l’asylìa per l’Asklepion.

 

decreto dell’asylìa di Neapolis 

Il testo:

            lato B
      ψαφίσματα, ἃ ἐκόμισαν θεωροὶ Ἐπιδαύριος Νικάρχου, Φιλόφρων Δαρδά<ν>ου·

     Νεοπολιτᾶν ἔχον ἔχον ἐπίσαμον ζώιδιον ἀνδρεῖον·

     ἐπειδὴ παρὰ τῆς πόλεως τῆς Κώιων ἀρχιθέωρος παραγενόμενος Ἐπιδαύριος Νικάρ–

20   χου καὶ θεωροὶ Φιλόφρων Δαρδάνου καὶ Σιμίας Τιμασιφῶντος ἀνανεοῦνταί τε τὴν ο[ἰ]–

     κειότητα καὶ τὴν εὔνοιαν, ἣν ἔχουσα ἡ πόλις ἡ Κώιων διατελεῖ πρὸς τὴν πόλιν τὴν Νε–

     οπολιτῶν, καὶ ἐπαγγέλλουσι θυσίαν τῶι Ἀσκληπιῶι καὶ ἀγῶνα καὶ ἀξιοῦσιν τὸ ἱερὸν
     τοῦ Ἀσκληπιοῦ ἄσυλον παραδέξασθαι, τύχηι ἀγαθῆι, ἔδοξε τοῖς ἄρχουσι καὶ τῆ[ι]
     συνκλήτωι καὶ τῶι δήμωι· τήν τε οἰκειότητα καὶ τὴν εὔνοιαν τὴν τῆς πόλεως τῆς
25   Κώιων ἀποδέ<ξ>ασθαι καὶ τὴν θυσίαν καὶ τὸν ἀγῶνα τοῦ Ἀσκληπιοῦ συναύξειν·
     ὑπάρχειν δὲ καὶ τὸ ἱερὸν ἄσυλον· δοῦναι δὲ καὶ εἰς θυσίαν τῶι Ἀσκληπιῶι μνᾶς τρεῖς·
      καλέσαι δὲ τοὺς θεωροὺς ἐπὶ ξένια.3             vacat

 

Traduzione

«Decreto dei Neapolitani, avente come emblema una figura di animale maschio. Poiché l’archithéoros Epidaurio figlio di Nicarco venuto dalla polis dei Coi, e i théoroi Philophron figlio di Dardano e Simia  figlio di Timasifonte, rinnovano (l’attestazione del)l’amicizia e benevolenza che la pólis dei Coi ha costantemente avuto verso la pólis dei Neapolitani, e danno l’annunzio di un sacrificio ad Asklepio e di un agone, e chiedono che il santuario di Asklepio sia riconosciuto άsylon: con buona fortuna gli άrchontes e il consiglio e il popolo hanno decretato: ‘Si accetti l’amicizia e la benevolenza della polis dei Coi, e si contribuisca al sacrificio e all’agone di Asklepio; il santuario sua άsylon; si diano per il sacrificio ad Asklepio tre mine; si invitino i théoroi a un convito ospitale’».4  

 

Segue sullo stesso lato B della stele il decreto di Elea:

28    Ἐλεατᾶν ἔχον ἐπίσαμον ζῶιον γυναικέον καθήμενον·
        
ἔδοξε τοῖς ἄρχουσι καὶ τῶι δήμωι τῶι Ἐλεατῶν· ἐπειδὴ παρὰ τς πόλεως τῶν Κώιων
30           ἀρχιθέωρος παραγενόμενος Ἐπιδαύριος Νικάρχου [καὶ θεωροὶ Φιλόφρων Δαρδάνου, Σιμί]-
              
ας Τιμασιφῶντος ἐπαγγέλλουσι τῶι Ἀσκλη[πιῶι θυσίαν καὶ ἀγῶνα καὶ ἀξιοῦσιν τὸ ἱερὸν]
               [τοῦ Ἀ]
σκληπιοῦ ἄσυλον π[αραδέξασθαι — — — — — — — — — —— — — — — —]
              
[— — — — — — — — — — — — — — — — — — — — — — — —— — — — —].5
              

Traduzione:

(L, 1 – “è una parte perduta ma è presente negli altri decreti”)
«Decreti che sono stati recati dai theoroi (inviati per missioni di carattere religioso) Epidaurio figlio di Nicarco, Filofrone f. di dardano».

(L. 12 = L.28) « < Decreto > degli Eleati, munito di un contrassegno con figurina femminile seduta».

(Lì. 13-16 = 29-32) «Gli archontes e il popolo degli Eleati hanno decretato; Poiché l’archithèoros (capo della missione) venuto da parte dello stato dei Coi Epidaurio f. di Nicarco e i theoroi Filofrone f- di Dardano e Simia f. di Timasifonte hanno portato l’annunzio della festa e degli agoni consacrati ad Asklepio e la richiesta che l’immunità (asylìa)  del santuario di Asklepio venga riconosciuta… ».6

 

La stele n. 3: Sala Sud del museo dell’Asklepion

Κῶς, in italiano Coo, oggi nota come Kos e anche Cos, isola dell’Egeo, aveva un Asklepion, così denominato perché era un santuario e cioè un luogo di venerazione del dio greco della medicina, Asklepio, ma è stato anche il tempio della guarigione, ossia un ospedale/clinica in cui i pazienti venivano visitati per ricevere una cura o una sorta di guarigione, sia che sarà stata spirituale o fisica, recentemente Dimitris Bosnakis ha pubblicato uno studio dell’area archeologica e della collezione epigrafica esposta nella Sala Nord e nella Sala Sud del museo presso l’Asklepion. Ecco la sua presentazione del lato B della stele n.3 dell’epigrafe del  decreto di Neapolis e di Elea (Velia):

 

Β΄. Η επίσκεψη το 242 π.Χ. των κώων θεωρών στις πόλεις της Κάτω Ιταλίας και της Σικελίας συμπίπτει με τα ιστορικάγε γονότα του τελευταίου έτους του Α΄ καρχηδονιακού πολέμου. Σύμφωνα με τον Πολύβιο (Ι 20.14), κατά την έναρξη του πολέμου η Νεάπολις και η Ελέα, μαζί με τους Ταραντίνους και τους Λοκρούς μετέφεραν με τα πλοία τους, τις πεντηκοντόρους και τις τριήρεις, τους ρωμαίους συμμάχους τους.

 

Η παράσταση της σφραγίδας στο ψήφισμα της Νεαπόλεως εικονίζει μιαν ανδρική μορφή. Έχει προταθεί ο ήρωας Σέβιθος, που απεικονίζεται στα νομίσματα της Νεαπόλεως, απέναντι από έναν ταύρο. Αντιθέτως, στο ψήφισμα της Ελέας παριστάνεται μια καθιστή γυναικεία μορφή που ερμηνεύεται ως η νύμφη Ελέα ή ως η Περσεφόνη. Το αναφερόμενο σύμβολο δεν συμπίπτει ούτε με τον λέοντα των αρχαιότερων νομισμάτων της πόλης ούτε με την κεφαλή της Αθηνάς στα μεταγενέστερα.

 

Η θυσία αξίας τριών μνων (120 δραχμές), που αναφέρεται στο ψήφισμα της Νεαπόλεως, προσφέρεται στον Ασκληπιό στην Κω άπαξ.

Στα ψηφίσματα των άλλων σικελικών πόλεων που σώζονται, της Καμάρινας (IG XII 4, 222) και της Γέλας (IG XII 4, 223), οι Κώοι απευθύνονται στις πόλεις ως «συνοικιστές»107 στην ίδρυσή τους, μια εξαιρετικά ενδιαφέρουσα μνεία, αφού είναι γνωστό ότι συμμετείχαν στην ίδρυση των αποικιών υπό την αρχηγία του Τιμολέοντος. Οι αποικίες με τη μητρόπολη είναι συνδεδεμένες με ισοπολιτεία (ψήφισμα της Καμάρινας).

 

Οι σικελικές πόλεις, σύμφωνα με τα δύο τελευταία ψηφίσματα, διατηρούν λατρείες που παρέλαβαν από την Κω (πάτριαι θυσίαι) και προσκαλούν τους θεωρούς να συμμετάσχουν στις τοπικές πανηγύρεις.7

 

Traduzione:

[Lato B  La visita nel 242 a.C., secondo queste notizie, nelle città dell’Italia meridionale e in Sicilia, fa parte di vicende storiche dell'ultimo anno della prima guerra cartaginese. Secondo Polibio (I 20,14) all'inizio della guerra Neapolis  ed Elea, insieme ai Tarantini ed ai Locresi, trasportavano navi, pentagoni e triremi, ai loro alleati romani.


La raffigurazione del sigillo nella delibera di Napoli raffigura una figura maschile. È stato suggerito l'eroe Σέβιθος (Sebethos), raffigurato sulle monete napoletane, dritto, mentre sul rovescio c’è un toro. Al contrario, la risoluzione di Elea raffigura una figura femminile seduta interpretata come la ninfa Elea o Persefone.

 

Il simbolo citato non coincide né con il leone delle monete più antiche della città né con la testa di Atena su quelle successive. Il sacrificio del valore di tre mine (120 dracme), menzionato nella risoluzione di Napoli, viene offerto solo una volta.

 

Nelle risoluzioni delle altre città siciliane, Camarina (IG XII 4, 222) e Gela (IG XII 4, 223), i Kooi

si rivolgono alle città come "colonie" da loro fondate, un riferimento estremamente interessante, poiché è noto che hanno partecipato alla fondazione delle colonie sotto la guida di Timoleonte. Le colonie con la metropoli sono collegate da isopolitia (risoluzione Kamarina).

 

Le città siciliane, secondo le ultime due deliberazioni, mantengono i culti ricevuti da Cos (πάτριαι θυσίαι = sacrifici dei padri) e invitano i teoroi a partecipare alle feste locali.]

 

La descrizione di Bosnakis della stele n.3 dei decreti di Pella, Neapolis,  ed Elea, è parte di quella generale sulla Sala Sud8 del museo dell’Asklepion in cui sono esposte tutte le stele dell’ Asylìa.

La sua analisi mette in evidenza le vicende dell'anno 242 a.C., quando κῶ aveva richiesto il riconoscimento dell'immunità dell’Asklepion. Vengono citate:

le motivazioni (denominate qui, in traduzione corrente, teorie) della richiesta dell’asylìa per l’Asklepion;

i membri delle missioni, e, quest’ultime, sono state diverse, in fig.3 si mostra la mappa delle città visitate dai Theoroi di Κῶ, i quali, in generale erano incaricati di annunciare le feste religiose presso i regni e le città più importanti del mondo ellenistico e così avvenne anche nel 242 a.C., per organizzare le feste in onore del dio Asklepios, brillanti giochi sacri, denominati Grande Asklepieia.  

 

L'invito alla celebrazione del quinquennio era finalizzato a garantire condizioni di pace a lungo termine e di partecipare senza ostacoli nel caso di operazioni belliche che potevano essere in corso: comprendeva anche la richiesta della santa tregua con l’asylìa per l’Asklepion9.

La presentazione di Bosnakis della stele comprende anche il lato A che riguarda Pella e un’altra città non identificata. Il lato B mette in evidenza la visita avvenuta a Neapolis un anno prima, 242 a.C., i théoroi Philophron figlio di Dardano e Simia  figlio di Timasifonte che chiesero a Neapolis  di accogliere l’asylìa per l’Asklepion di Κῶ (s.v. il decreto in fig.1 e la traduzione): siamo all’ultimo anno della prima guerra punica, il 241 a. C., anno, che già Roma, avendo vinto la guerra contro Pirro (280-275 a.C.), controllava le città greche dell’Italia meridionale e Bosnakis presenta una fonte molto importante:  

«Secondo Polibio (I 20,14), all'inizio della guerra Neapolis  ed Elea, insieme ai Tarantini ed ai Locresi, trasportavano navi, pentagoni e triremi, ai loro alleati romani».

Si tratta di una informazione storiografica di rilievo storico molto importante con fonti attendibili in quanto Polibio era ben documento sulla storia di Roma. L’importanza sta nel fatto che queste città partecipavano attivamente alla guerra ed erano alleate di Roma, e per le vicende dell’Asylìa di Κῶ presenta una quadro molto dinamico sull’accoglienza dell’asylìa e presenta interrogativi sui quali ancora si discute, e io ritengo che sia importante anche per comprendere in profondità le motivazioni dell’approvazione del decreto da parte di Neapolis.

Neapolis, città da sempre a vocazione marittima, viveva di commerci marittimi e la sua flotta navigava su rotte dove periodicamente erano in corso battaglie navali. Quindi, fare scambi commerciali con le città della Grecia e con i nuovi regni ellenistici presentava problemi di navigazione, ma essendo civitas foederata con Roma, e dovendo comunque partecipare alla prima guerra punica per il foedus aequum del 326 a. C., e dovendo anche partecipare con le sue navi ai conflitti in corso doveva gestire le sue scelte in modo davvero dinamico per continuare a fare scambi commerciali con città, obiettivamente in guerra con Roma, diversamente, se non avesse partecipato e quindi onorato il foedus aequum, non avrebbe avuto da parte di Roma il consenso per fare con le sue navi mercantili una libera navigazione, e sicura, nei mari della Magna Grecia controllati da Roma.


Neapolis  e il foedus aequum con Roma

All’inizio del IV sec. a.C., i Sanniti non volevano l'avanzata dei romani in Campania e cercavano di ostacolarla con ogni mezzo. Con l’inizio della seconda guerra sannitica (326 a.C. - 304 a.C.) avendo Roma dichiarato guerra a Neapolis inviarono 4.000 soldati a difesa della città ai quali si aggiunsero anche 2.000 nolani. Neapolis fu comunque assediata, ma poco dopo e nel 326 a.C., Roma stipulò un foedus aequum con Neapolis  anche contro la componente sannitica della città. Fu una svolta importante per Neapolis in quanto si assicurava la libera circolazione delle sue navi ma doveva garantire aiuti militari, come confermato da Polibio (I 20,14, testo, s.v sopra ) per forniture navali con equipaggi che sono iniziate nel 310 a. C. (s.v. anche Livio IX 38, 2-3).

Mentre la guerra continuava, Neapolis  aveva incrementato i suoi scambi commerciali perché poteva percorrere quasi tutte le rotte del Mediterraneo anche grazie al foedus aequum, in quanto ormai faceva parte dei socii navales della Repubblica Romana e come il  decreto asylìa documenta c’era in città un nuovo esecutivo costituito dagli archontes che rappresentavano la nuova classe dirigente filoromana e anche oligarchica, che favoriva ma forse imponeva: un completo controllo del potere con la presentazione all’assemblea di deliberazioni preliminari già varate in consiglio, accantonando semplicemente il demarchos nel rango di magistrato eponimo.10  

È noto che Neapolis, per la sua flotta e per il suo porto che si trovava a nord della Magna Grecia e appena a sud del Lazio, aveva fin dalla sua formazione intrecciato rapporti commerciali con le più grandi città del Mediterraneo in quanto, proprio per la sua posizione geografica, al centro della penisola italiana, e anche per le sue antiche relazioni, in particolare religiose, con la Grecia l’avevano resa una potenza commerciale in ascesa ed era molto ambita nei giochi di potere che si andavano delineando in Italia e bisogna considerare anche che Roma non aveva conoscenze di tecniche navali come anche i sanniti.  

 

Prima guerra punica

Roma ormai controllava le rotte marittime della Magna Grecia e non è da escludere che gestiva anche il quadro dei traffici marittimi complessivi nonché nell’insieme gli scambi commerciali complessivi che si facevano in Italia tra il Lazio e la Magna Grecia e lungo il Tirreno e l’Adriatico e anche lungo le vie interne.

Con la prima guerra punica (264-241 a.C.) e in particolare con le battaglie navali di Mylae (Milazzo), Akragas (Agrigento), Capo Ecnomo (Licata), isole Egadi, poiché i cartaginesi erano stati sconfitti, era padrona del Mediterraneo, ma non del mar Egeo e neanche dell’area delle Baleari e di quelle della penisola iberica.

Si tenga conto che nell’Egeo dopo la morte di Alessandro, 323 a. C., con i nuovi regni ellenistici si era formata un’economia aperta con nuovi centri di produzione che oltre a rilanciare nuovi circuiti di scambi locali e regionali si era estesa anche oltre la Grecia. In generale le fasi dell’età ellenistica, 336-30 a.C., rispetto a quelle precedenti sono state caratterizzate da una circolazione maggiore di uomini, merci, anche di idee nuove e forme artistiche, e, con la formazione di nuove città è decollato un nuovo linguaggio politico anche con il culto per i sovrani che è stata un’innovazione importante. Tutto questo è stato favorito anche dai progressi, combinati e in parallelo, del teatro, attività letterarie mirate, e dal rinnovamento della lingua greca (grammatici alessandrini) che ha aiutato a far circolare nuove forme di comunicazione che hanno favorito e migliorato nuove dinamiche commerciali e il rilancio anche di nuove culture che hanno modificato il quadro socioeconomico della Grecia. Al riguardo di quest’ultima, e per la nuova economia ellenistica, è importante l’analisi di Michele Faraguna proprio sui nuovi processi economici. Ecco un passo di un suo saggio che offre una sintesi certo aperta ma molto interessante:

 «Come si configurasse il ruolo del mercato (…) ovvero se l’economia del mondo ellenistico possa essere considerata, per usare una celebre definizione, un “conglomerato di mercati interdipendenti”, è divenuto oggetto di una vivace discussione negli ultimi decenni. Da un lato sembra esserci consenso sul fatto che questo periodo fece registrare una notevole intensificazione dei traffici, in primo luogo marittimi, come suggerito dalla distribuzione temporale dei relitti di navi commerciali ritrovati e indagati dall’archeologia subacquea, dai progressi tecnici nella costruzione delle navi e dalle loro aumentate capacità di carico (Bresson, 2014), nonché dalla più numerosa documentazione epigrafica relativa ad accordi bilaterale tra città (convenzioni giudiziarie, concessioni di isopoliteia e di ateleia) che facilitavano e favorivano la mobilità di persone e beni. Dall’altro lato, però, l’idea che il mondo ellenistico costituisse un sistema di mercato globale e interconnesso appare oggi difficilmente sostenibile. Un simile assunto presuppone infatti che tale unità economica si riflettesse anche nel processo di formazione dei prezzi, cosa che, come è stato osservato, in realtà non avviene (o avviene soltanto in parte)»11.

Faraguna di carne al fuoco ne ha messa non poca, anche se presenta lineamenti di problemi aperti come i prezzi, ad esempio, ma alcune acquisizioni sono evidenti, come la creazione di una Rete di Mercati, e sono anche un contributo importante per la storia dell’economia ellenistica e ci mostrano secondo me anche alcuni lineamenti delle motivazioni che riguardano il perché Neapolis accettò l’asylìa dell’Asklepion di Κῶ. Presento qui alcune considerazioni personali:

tra la Magna Grecia e la Grecia, e con una gestione centrale dei traffici marittimi in prevalenza nell’Egeo si era creata una Rete di Mercati;

è chiaro che Neapolis  non poteva non considerare che nel Mediterraneo, e nell’area della Magna Grecia era avvenuta una svolta anche a livello di economia e in particolare di quella marittima, per la quale era molto interessata, ma questa si presentava con processi commerciali troppo dinamici e discontinui, e quest’ultima come conseguenza delle dinamiche belliche della prima guerra punica che era ormai alla fine;

il nuovo quadro geopolitico che si stava affermando era pericoloso per Neapolis  perché da questa Rete di Mercati, poteva non farne parte ed essere estromessa dalle rotte dell’Egeo e anche da quelle dell’Italia, perché, ormai, era in formazione avanzata nel Lazio e in Magna Grecia anche un’altra economia, marittima e anche terrestre, gestita da Roma e gestita con nuove figure di operatori commerciali comunque sostenute in Magna Grecia da filoromani che cogestivano le amministrazioni delle città e controllavano i porti e potevano contrastare i suoi scambi commerciali e creare quindi processi di crisi progressiva con ricadute sulla sua economia la quale era stata e lo era ancora, essenzialmente  marittima, e aveva  bisogno di poter disporre di libere navigazioni e non ostacolate per ragioni belliche nonché, da non impossibili barriere commerciali come conseguenza anche dei fenomeni bellici, e l’asylìa dell’Asklepion di Κῶ, era importante perché comunque assicurava un’area nell’Egeo libera dai conflitti bellici su una via commerciale marittima tra nord e sud dell’Asia minore.


Pella non accettò l’asylìa per l’Asklepion di Κῶ

Κῶς, nel 242 a.C., quando chiese a Neapolis il riconoscimento dell'immunità dell’Asklepion, e Neapolis  l’accettò, insieme a Velia, la stessa richiesta dell’asylìa per l’Asklepion, Pella non l’accettò. Infatti, nella stele, opistografa, i decreti di Neapolis  e di Velia (lato B) documentano l’asylìa, ma per Pella, capitale degli Antigonidi (lato A, che presenta anche un’altra città non identificata) l’iscrizione non è da considerarsi quella di un decreto come quello di Neapolis  e di Elea in quanto non c’è la dichiarazione del Re Antigono II Gonata e neanche nessun richiamo che documenti che la richiesta dell’Asylìa di Κῶ sia stata accolta come hanno fatto le altre città. Quindi, mentre le altre risoluzioni delle città della Macedonia documentano che hanno accolta l'immunità dell’Asklepion di Κῶ, Pella non l’ha accolta almeno con una dichiarazione esplicita. Ecco il testo:

            lato A

                                           Π ε λ λ α ί ω ν.

ἐφ’ ἱερέως Ἀσκληπιοδώρου, Γορπιαίου· ἐπεὶ παραγενόμενος ἐκ Κῶ ἀρχιθέω-

       ρος Ἀριστόλοχος Ζμένδρωνος καὶ θεωρὸς Μακαρεὺς Ἀράτου τήν τε οἰκειό-

         τητα ἀνενεώσαντο τὴν ὑπάρχουσαν Κώιοις πρὸς Μακεδόνας καὶ τὴν εὔ-

5       νοιαν ἀπελογίζοντο ἣν ἔχουσα τυγχάνει ἡ πόλις ἡ Κώιων πρὸς τὸν βασιλέα
Ἀντίγονον καὶ πρὸς Πελλαίους καὶ τὴν λοιπὴν χώραν τὴν Μακεδόνων, καὶ ἐ-
πηγγέλλοσαν τὰ Ἀσκληπίεια τὰ γεινόμενα παρ’ αὐτοῖς καὶ τοὺς ἀγῶνας
τοὺς ἐν τῆι πανηγύρει ἐσομένους καὶ τὴν ἐκεχειρίαν, ἠξίουσαν δὲ καὶ τὸ [ἱ]-
ερὸν τοῦ Ἀσκληπιοῦ τὸ ἐν Κῶι ἄσυλον εἶναι, ἔδοξε τῆι πόλει τήν τε ἐπαγγ[ε]-

10    λίαν τῶν Ἀσκληπιείων τὴν παρὰ Κώιων καὶ τὴν ἐκεχειρίαν προσδέξασθαι
καὶ ἐπαινέσαι αὐτοὺς ἐπί τε ταῖς τιμαῖς αἷς συντελοῦσι τοῖς θεοῖς καὶ
 ἐπὶ τῆι εὐνοίαι τῆι πρὸς τὸν βασιλέα Ἀντίγονον καὶ πρὸς Μακεδόνας· ὑπάρ-
χειν δὲ καὶ τὴν ἀσυλίαν τῶι ἱερῶι καθάπερ καὶ τοῖς ἄλλοις ἱεροῖς· δοῦναι δὲ κα[ὶ]
ξένια τοὺς ταμίας τοῖς θεωροῖς ἃ καὶ τοῖς τοὺς στεφανίτας ἀ[γῶνα]ς ἐπαγ-

15     γ]έλλ[ο]υσι [δ][δοτα]ι, καὶ θεωροδόκον ἑλέσθαι Κώιων. ἡιρέθη Ἱππ[․․․c.10․․․]ου.12

 

Traduzione

Sotto il sacerdote Asklepiodoto, nel mese di Gorpiaios. Poiché sono giunti da Cos come messi sacri Aristolochos figlio di Zmendron (come architheoros) e Makareus figlio di Aratos, a rinnovare l'amicizia esistente tra i Coi e i Macedoni e a dichiarare la benevolenza che la città di Cos ha nei confronti del re Antigono, dei Pellei e del restante paese dei Macedoni (καὶ τὴν λοιπὴν χώραν τὴν Μακεδόνων), e hanno annunciato la celebrazione degli Asklepieia che si terrà presso di loro, gli agoni che si svolgeranno nel corso della festa e la tregua sacra, e hanno chiesto che il santuario di Asklepio a Cos sia inviolabile (ἄσυλον), sembrò bene alla città accogliere l'annuncio degli Asklepieia da parte dei Coi, accettare la tregua sacra e lodare costoro per gli onori che offrono agli dèi e per la benevolenza nei confronti del re Antigono e dei Macedoni, e (sembrò bene) che il santuario godesse dell'inviolabilità come gli altri santuari; (sembrò bene) anche che i tesorieri offrissero doni ospitali ai messi sacri, quelli che vengono offerti a coloro che annunciano gli agoni stefaniti, e che fosse scelto qualcuno che ospitasse (θεωροδόκον) i Coi. Fu scelto Hipp[-- figlio di --]os.

A cura di Manuela Mari che ringrazio.

È chiaro che rispetto alle 40 risoluzioni di approvazione dell’inviolabilità di Κῶ da parte del re Antigono II Gonata non c’è nel testo la sua dichiarazione di approvazione ma, attenzione, “sembrò bene” come leggiamo nella traduzione di Manuela Mari,  indica che a Pella la richiesta dellasylìa era non solo nota, ma comunque un sentimento sentito e forse il Re Antigono II Gonata o non avrà avuto il tempo di occuparsi dell’asylìa oppure non ha incontrato i Theoroi di Κῶ.

I Theoroi di Κῶ erano divisi in cinque gruppi e hanno visitato diverse città, al riguardo s.v. la road map in fig.3: hanno visitato oltre alle città della Grecia, Neapolis  ed Elea in Italia, e anche Gela e Kamarina in Sicilia.

 

 


  

Κῶς e la descrizione dell’Asclepieion

Κῶς è un’isola che si trova su un’importante via commerciale marittima che dalla Grecia e dal Mar Nero, costeggiando l'Asia Minore, porta a Rodi e quindi a Cipro, nella Siria e in Egitto: nelle Sporadi meridionali è la seconda isola per grandezza dopo Rodi. Gli scavi archeologici sono iniziati nel 1900 e fino al 1904 sono stati eseguiti da una missione tedesca13 e dal 1922 fino alla II guerra mondiale dagli Italiani14. È l’isola più indagata dell'Egeo e il capoluogo che porta il nome dell’isola è stato quasi completamente esplorato dagli italiani dopo il terremoto del 23 aprile del 1933 che distrusse la città medievale e turca.

L’Asclepieion,15 fig. 4 e fig. 5, non si trovava molto lontano da Κῶ ed è legato ad Ippocrate, noto medico e geografo e anche aforista greco che è considerato il padre della medicina scientifica in quanto rivoluzionò il concetto di medicina, tradizionalmente associato con la teurgia e la filosofia in quanto stabilì che il medico è una professione.

Non era solo un santuario con funzioni religiose ma era anche una sorta di ospedale, una clinica specializzata, e forse anche una scuola di medicina. È stato costruito dopo la morte di Esculapio, 375 o 351 a. C., e nel luogo dove c’era un bosco sacro ad Apollo Ciparisso nel quale si praticava il culto alle ninfe presso una sorgente che fu sempre considerata sacra.

Il primo impianto compreso l'altare del dio (come sappiamo da Eroda, Mimi IV, fu decorato dai figli di Prassitele), nel tempio del dio vi era un quadro di Apelle e l'àbaton, ossia un edificio a due stanze per uomini e per donne dove si aspettava in sonno la venuta del dio. Era composto da quattro terrazze con muri di contenimento a blocchi squadrati collegati fra loro da scalinate marmoree lungo un asse centrale. La terrazza più alta era circondata da portici su tre lati, due di ordine dorico e il terzo, che si ritiene l'ultimo àbaton, con pilastri di legno che aveva al centro il tempio maggiore del dio, esastilo-dorico di architettura del tardo ellenismo. Nella terrazza mediana, fig. 4, c’era l'altare del dio con uno zoccolo con gradinata centrale sormontato da un colonnato ionico con ricostruzione in marmo dove si trovava un tempio ellenistico ionico in antis con il tesoro del tempio, la casa dei sacerdoti, e un tempietto periptero di età romana. Era circondata da portici che si aprivano su stanze le quali costituivano la clinica dell'Asklepièion.

  



 

Il Dio Asklepio

Asklepio, antica divinità greca, è il dio della medicina. Il suo culto come divinità guaritrice è documentato in tutto il mondo antico ed è ben presente nelle tradizioni letterarie della mitologia greca. Aveva un ruolo speciale in Κῶ tanto che il bastone detto caduceo, elemento figurativo sempre presente nell’immagine del dio, intorno al quale è avvolto un serpente che rappresenta il simbolo della professione medica, in omaggio al dio è anche il simbolo della città di Κῶ che lo raffigura.

Fu un medico  realmente esistito circa 600 anni prima di Ippocrate? 

Non è da escludere, la storia della medicina moderna attinge le sue origini dal mito di Asklepio, certo è che gli furono dedicati vari ospedali, ma è sempre meglio dire cliniche,  dove animati dalla speranza di una guarigione i pazienti si rivolgevano e venivano curati da sacerdoti, chiamati Asklepiadi, e le cure che hanno praticato sono diventate le basi della medicina moderna.

Ippocrate fu uno dei più celebri Asklepiadi. Molti pensano che queste cure siano in realtà da mettere in relazione con l’incubazione, ossia la ricerca della guarigione attraverso un sogno premonitore indotto da alcune erbe e la visione notturna del dio ne era sicuramente l’evento propiziatorio per una guarigione.

L’incubazione avveniva all’interno di santuari dedicati ad Asklepio, che erano luoghi di culto dove i sacerdoti si prodigavano nella cura agli infermi, curandoli con cure anche terapeutiche con erbe e diete. Due erano i passaggi fondamentali per un paziente che si presentava  all'Asclepeion:

il primo era la fase di catarsi o purificazione e avveniva quando un paziente si sottoponeva a una serie di bagni e ad altri metodi di purificazione come una dieta per alcuni giorni o purificando le proprie emozioni attraverso l'arte facendo anche un'offerta in denaro o una preghiera al dio. Il sacerdote offriva al paziente una preghiera con cui avrebbe alleggerito la mente e ne avrebbe creato una prospettiva più positiva per la sua mente e il suo corpo;

il secondo era la fase dell'incubazione o terapia dei sogni nella quale il paziente avrebbe passato la notte nel tempio e sarebbe stato visitato dal dio, se era fortunato il dio stesso lo avrebbe visitato e il paziente avrebbe quindi ricevuto un trattamento adeguato mentre era in sogno oppure avrebbe ricevuto istruzioni dal dio con le quali sarebbero iniziate le procedure necessarie per curare il disturbo, se invece il dio non visitava il paziente, quando si svegliava, raccontava il suo sogno a un sacerdote oppure ad un interprete dei sogni e a seconda del tipo di sogno avrebbe ricevuto un certo tipo di trattamento.

Questo è il quadro dei trattamenti curativi che la tradizione presenta, ma ecco come tra mitografia e storiografia, Asklepio è stato presentato da Mansuelli:

«Divinità, il cui nome è di etimologia incerta e oscura, che ebbe in origine carattere ctonio (sotterraneo) e fu poi posta, dal mito ellenico, in stretta relazione con Apollo nella sua accezione di guaritore; quindi, patrono della medicina e titolare di luoghi di culto dove si praticavano riti salutari di carattere magico e onirico (incubazione - - - ). Secondo la tradizione più diffusa A. era detto figlio di Apollo e di Koronis (Coronide), la quale fu trafitta poi da Artemide; Apollo salvò l'infante traendolo dal grembo della madre, la cui salma era già posta sul rogo, e lo affidò al centauro Chirone che gli insegnò la medicina. Avendo A. osato far rivivere un morto, fu fulminato da Zeus».16

Non dall’Asklepièion ma dalla Casa Romana di Κῶ,17 recentemente restaurata18 proviene una statua, fig. 6, II secolo, attribuita ad Esculapio che è il nome latino di Asklepio, il cui culto come testimonia una tradizione raccolta da Livio fu introdotto a Roma:

 

«per ordine dei Libri sibillini in seguito all'epidemia del 293 a. C.»
(Livio, X, 47; anche Plinio, Naturalis historia, XXIX, 16).

 

Purtroppo, non mi è stato possibile disporre della scheda di questa statua , ma ecco alcuni dati:

Museo di Kos inv. n. 101;

dimensioni: altezza, cm. 127,3;

materia: marmo bianco a grana compatto19.  



L’immagine del dio, come si documenta in questa statua del II secolo d. C., presenta gli stessi elementi figurativi dei secoli precedenti, elemento caratteristico è il bastone intorno al quale è avvolto un serpente, il Caduceo, e rappresenta il simbolo della professione medica, In omaggio al dio Asklepio, anche il simbolo della città di κῶ lo raffigura. Quella di κῶ è una statua acefala con il serpente e l'uovo, ma ai piedi è presente Telesforo che, secondo la mitologia greca, era uno dei tre figli, una figlia si chiamava Igea.

La Casa Romana di Κῶ è di impianto pompeiano, ma è della fine del II/inizio III secolo d.C., ed è stata edificata sulle fondamenta di una casa ellenistica che aveva, un ottimo sistema di drenaggio, articolata con 36 stanze e 3 spazi esterni con i relativi atri ed è stata restaurata nel 1933 quando un terremoto distrusse Κῶ quasi completamente; gli italiani, che avevano occupato l'isola, realizzarono ampi scavi, sapendo che sotto gli edifici rasi al suolo c’era la Κῶ ellenistica-romana. L'archeologo italiano Laurenzi ne inizio lo scavo e progettò il restauro che fu completato nel 1940.

Diversa è l’immagine della fig.7, ma non tanto come si vede: Asklepio viene presentato con alcuni elementi figurativi simili, già citati per la fig.6, come il bastone con il serpente che sono ben in evidenza, si trova al Museo archeologico di Napoli (inv. 6360, inv. Sangiorgio 123, Inventario Arditi 94) ma proviene da Roma, ecco in sintesi alcuni dati:

N. Inv. 6360, MAN - Museo Archeologico di Napoli;
dimensioni: alt. m 2,32;
provenienza: Collezione di Bernardino Fabio, poi Farnese - ingresso 1547;
materia e tecnica: marmo - scalpellatura, levigatura.
datazione: primo quarto del II secolo d.C.

Ecco la presentazione di Carmela Capaldi:

{La figura di proporzioni massicce è stante sulla gamba sinistra col fianco incurvato per effetto dello sbilanciamento del busto a destra, dove si appoggia ad un bastone infisso al suolo e puntato sotto l’ascella; la gamba destra è flessa e spinta leggermente di lato. La sinuosità del fianco è enfatizzata dalla curva descritta dal braccio col pugno portato all’anca; il braccio destro scivola lungo il bastone intorno al quale si attorciglia un serpente emergente dal suolo. Qui, accanto al piede sinistro è deposto un omphalos. Il corpo è avvolto nell’himation che partendo dalla spalla sinistra copre il dorso, gira sotto l’ascella destra e, e lasciando scoperto il petto, fascia strettamente l’addome e le gambe fino alle caviglie per poi raccogliersi sul fianco sinistro in un fascio di pieghe verticali. Il bordo superiore del mantello forma un rotolo che dall’ascella destra al braccio sinistro solca il busto ad arco di cerchio e termina in una coda sventolante  sul gomito, interamente avvolto in un ventaglio di fasce oblique. Ai fini del riconoscimento del tipo statuario, riveste particolare importanza la definizione della foggia dell’abito. Sotto il rotolo, dell’ascella destra dipartono quattro pieghe ad andamento radiale, di cui le prime tre marcano la fascia addominale; la terza forma risalendo un motivo a V, che con un particolare aggetto indica la zona puberale. Lo stesso sistema di quattro pieghe oblique ricorre nella parte inferiore dell’abito con ricaduta dall’anca sinistra al ginocchio destro. Di qui la stoffa pende rigida sulla caviglia e forma ancora una piega che, incontrando l’altra desinente sul fianco sinistro, traccia una caratteristica linea a V. Ai piedi calza un paio di krepides composte da due strisce di cuoio parallele più alte del consueto sulle dita, intrecciate a sei strisce verticali che si annodano ad una linguetta sul collo del piede. La testa leggermente volta a destra reca a destra sulla sommità una corona tortilis che separa la calotta cranica lavorata con poca cura, dalla voluminosa capigliatura mossa e chiaroscurata che incornicia il volto. Le ciocche che si dispongono piatte e ben ordinate ai lati della scriminatura, formano sulla sommità un motivo a “stella” in parte sovrapponentesi al cercine12. Il volto dai tratti regolari e pieni ha occhi grandi con palpebre superiori spesse e ben delineate e bocca carnosa dalle labbra appena dischiuse. Una barba folta e ben ordinata a bande simmetriche copre le guance con ciocche ondulate più lunghe e arricciate sul mento, dove si salda ai lunghi baffi ad andamento sinusoidale. Il viso nell’insieme offre i tratti di un uomo maturo dall’espressione benevola, nel quale è agevole riconoscere l’immagine del dio Asklepio. La statua così descritta infatti si inserisce, anche se in modo problematico, nella serie delle repliche del cosiddetto tipo Giustini, secondo la denominazione del Neugebauer13.
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12 Il motivo a “stella” per la resa dell’anastolè si riscontra anche sulla testa del Palatino, Roma Museo Archeologico Nazionale, inv. 1115, su cui cfr. Thanasis J. Papadopoulos, in MNR/1 (1979) pp.91-93 n-72.

13 Neuegebauer 1921. Il nome deriva dal torso ora a Roma, Musei Capitolini, inv. 1846, su cui cfr. Helbig4 II, p,547, n. 1774 (H. von Steuben). La testa proviene dalla collezione Giustini o Giuntini, su cui cfr. EAA  suppl., s.v. Collezioni  archeologiche, pp. 192-335, in part. 204 (C. Gasparri)}20.
[Attenzione, le note, non sono per il testo del presente articolo, ma si riferiscono alla scheda di Carmela Capaldi della quale si presenta la fonte bibliografica nella nota n.20]


Diversa è la testimonianza che abbiamo dall’area vesuviana, vicinissima a Neapolis. Abbiamo con la fig. 8 un quadro figurativo molto simile a quelli precedenti. Si tratta di una statua in terracotta che proviene da Pompei, tempio di Giove Meilichio (Meilichio: dolce come il miele), il rinvenimento è del l 27 settembre del 1766. Francesco Marcattili21 vi ha riconosciuto Asklepio.

Il  Tempio di Giove Meilichio è il più piccolo degli edifici di culto pompeiani e per un’iscrizione osca è stato dedicato a Giove Meilichio, divinità legata all'oltretomba i cui luoghi di culto in genere sorgevano fuori dal centro urbano e anche per questa ragione è stata sempre messa in discussione in quanto l’area del tempio si trova in zona centrale della città distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d. C., ma con vari studi è stata proposta un’altra interpretazione ed è stata attribuita recentemente ad Asklepio anche per una cassetta medica citata nelle relazioni di scavo del ‘700. Al riguardo però non mi è stato possibile disporre di questa documentazione.

Al centro del cortile,22 come si vede nella pianta, fig. 9, vi era l’altare in tufo e con una ripida scalinata si accedeva al tempio che presentava quattro colonne sulla facciata e due ai lati, e presentava capitelli corinzi decorati con una testa maschile barbata.

In quella che è stata individuata come la possibile cella sono state trovate le basi delle statue di culto, di Asklepio, fig. 8, e Igea e con un altro busto non identificato. L’ambiente archeologicamente è stato classificato del III-II secolo a. C., e quindi nel 242 a. C., era un edificio di culto in attività.

In relazione alle motivazioni religiose dell’approvazione del decreto dell’asylìa da parte di Neapolis, rappresenta un’area archeologica importante, ne parlerò nelle conclusioni, ma alcune considerazioni penso che sia opportuno presentarle qua:

1) non è impossibile che oltre al culto di Asklepio a Pompei potevano svolgersi attività condotte anche da sacerdoti/medici;

2) i sacerdoti/medici sono una caratteristica dei templi dove si pratica il culto di Asklepio e a Pompei il quadro della religiosità è molto articolato;

3) il templio è, come detto, uno dei più piccoli di Pompei e le pratiche sanitarie obiettivamente, allo stato delle documentazioni archeologiche, indica che è difficile che venissero praticate nell’area del tempio che si sta  esaminando e non è da escludere che nelle immediate vicinanze potevano essere ubicate delle strutture ed  essere un qualcosa simile ad un ospedale.   

 

Ecco la presentazione di francesco Marcattili della statua:    

{Concepita per un’esclusiva visione frontale, la statua rappresenta il dio stante, vestito da un semplice mantello in origine dipinto in rosso che lascia nudo il petto. Il capo, leggermente piegato verso sinistra, appare coronato da alloro (…). Il particolare della corona di alloro non è mai stato pienamente considerato nell’identificazione di questa statua di culto. Ora si sa che uno degli attributi di Asklepio è proprio la corona d’alloro. Si tratta, infatti, dell’albero sacro al padre di Apollo, dal quale si ricavano anche numerosi rimedi terapeutici come attesta Festo in riferimento all’Esculapio dell’isola Tiberina: «Laurea coronatur, quod ea arbor plurimorum sit remediorum». Nella statua pompeiana, il viso, incorniciato in alto da capelli con scriminatura centrale e ricadenti ai lati, è caratterizzato in basso da una barba a fitti riccioli. L’avanbraccio sinistro, piegato in avanti, doveva sorreggere sicuramente un attributo non più riconoscibile. Il braccio destro, disteso lungo il fianco, sosteneva nella mano leggermente aperta la verga di Esculapio, uno dei simboli ricorrenti del dio della medicina}23.

Si presentano alcuni dati:    

N. Inv. 22574, MAN - Museo Archeologico di Napoli;
dimensioni: altezza, m. 1,88;
                    larghezza alla base, m. 0,55;
materia: argilla rossiccia, mal depurata, con evidenti inclusi scuri24.  




Conclusioni

Sia chiaro. La decisione degli archontes e della δεσμός di Neapolis  di decretare l’accoglimento dell’asylìa richiesta da Κῶ sicuramente sarà stata al centro di un dibattito a vari livelli ed avrà avuto modalità di presentazione differenti e forse anche contrastanti. L’innovazione nella gestione amministrativa della città avvenuta tra la fine del IV sec., e l’inizio del III secolo a.C., caratterizzata dal passaggio dalla fase della demarchia a quella degli archontes è stata una caratteristica di questa fase nella gestione amministrativa della città e avrà contribuito a mettere in evidenza quelle tensioni delle nuove economie ellenistiche che si andavano formando e che sono state esposte e che, come abbiamo visto, si agitavano tra i regni ellenistici investendo anche l’insieme della Magna Grecia, quest’ultima ormai dipendente da Roma dalla fine della prima guerra punica25 (241 a.C.), ma è da considerare anche la componente dei culti che si praticavano in città.

In sintonia con il quadro religioso della Campania e di Roma, la quale quest’ultima, sull’isola Tiberina aveva fatto costruire un santuario dedicato ad Asklepio, c’è da considerare il ruolo della medicina. Si tenga conto  che in quella fase storica, il culto di Asklepio a Pompei26 poteva essere praticato, come abbiamo visto, si tenga conto che vi era anche un centro importante che si trovava ad Elea che era una scuola di medicina. Il culto di Asklepio oltre che era un riferimento religioso in sé era anche un riferimento, certo con dinamiche che ci sfuggono, per poter fruire di servizi sanitari. Quindi, religione e sanità erano comunque connesse ed erano diffuse in Grecia, Magna Grecia, e a Roma.

L’immagine di Asklepio documentata dalla statua di Pompei, fig. 8, documenta che il dio della medicina era tra  i culti greci dell’area vesuviana e probabilmente era presente anche a Napoli27 e naturalmente si tratta di probabilità, ma non molto lontane dalla realtà perché le tensioni religiose tra Neapolis e l’area vesuviana in generale erano variamente articolate e diffuse sul territorio e si tenga conto che per Neapolis  è documentato che era una città molto religiosa oltre che era anche una città greca28 e proprio quest’ultima è stata anche una motivazione con la quale si spiega la scelta di accogliere l’asylìa dell’Asklepion richiesta da Κῶ.

Quindi, oltre che come è stato descritto per le tensioni economiche, la religiosità e la sanità, saranno state obiettivamente determinanti e avranno avuto un loro ruolo, ma vi è da considerare un’altra motivazione secondo me di rilievo, quella del ruolo dei medici che tra Neapolis e dintorni svolgevano probabilmente un ruolo importante.

Sia chiaro. I medici per il III sec. a. C., non sono documentati, ma per il primo secolo, cioè tre secoli dopo, tra Roma e Neapolis sono documentate le attività del medico Gaio Stertinio Senofonte che è stato un medico greco di Κῶ operante a Roma intorno alla metà del I secolo. Faceva parte di una famiglia di Asclepiadi di Κῶ, fratello di Quinto Stertinio (medico di Caligola e Claudio), e, morto il fratello, fu il medico di Claudio.

Una sua partecipazione attiva all'avvelenamento dell'imperatore, nonostante il racconto di Tacito, non è provata. Sotto Nerone tornò nella nativa Κῶ e fu molto onorato tanto che la sua immagine compare su una moneta, fig.1029. A Κῶ e nell’isola avrà avuto un ruolo importante ed è documentato che fondò anche una biblioteca tematica contenente trattati medici e costruì anche uno stabilimento idroterapico.




Il coinvolgimento nell'avvelenamento dell'imperatore Claudio non è documentato dalla storiografia però Bosnakis ha ricostruito alcuni tratti che riguardano la morte dell’imperatore analizzando e sottoponendo a verifica le fonti disponibili come il racconto di Tacito. Ovviamente si tratta di ipotesi ma sono interpretazioni abbastanza eloquenti. Ecco un passo dal quale si colgono osservazioni importanti:

«Il caustico commento di Tacito (Ann. XII, 67:) descriveva Gaio Stertinio Senofonte come un cinico determinato che conosceva bene che c'è sempre una ricompensa nella commissione di un crimine grave, nonostante i rischi che si potrebbero correre. Un crimine, che è rimasto impunito ed è stato motivato da una grande ricompensa potrebbe essere stato il suo coinvolgimento nell'avvelenamento dell'imperatore Claudio, apparentemente tentando di aiutare gli sforzi dell'imperatore per vomitare (dopo aver ingerito funghi deliberatamente avvelenati) ne ha bloccato una piuma con un veleno ad azione rapida nella gola dell'imperatore; questo è stato attribuito a un piano ordito da l'ultima moglie di Claudio, Giulia Agrippina, per portare Nerone al potere»30.

Dal saggio di Bosnakis si evidenzia anche che la lettera che Nerone inviò nell'isola dopo il 54 d.C. (IG XII.4.1, 260) che viene presentata come una documentazione, era riferita a lui personalmente e le statue commissionate da lui in onore di Nerone (IG XII.4.2, 644, 645) pongono il “sospetto” che avesse avuto un ruolo nella morte di Claudio.

Si tenga conto anche delle sue sponsorizzazioni finanziarie e anche della sua villa sul Celio a Roma31 che è da considerarsi la prova di uno status avanzato a livello di patrimonio finanziario e quindi di ricchezza complessiva in parallelo al suo status professionale di medico. Si tratta di elementi che sono indicativi di uno status sociale avanzato formatosi certo nel tempo ma con una griglia di appoggi vari notevoli. È importante anche la sua autopromozione che denota relazioni significative con Neapolis e dintorni in quanto legata al finanziamento di edifici pubblici per ostentare sé stesso davanti alla classe alta di Roma e della stessa Neapolis e anche dell’area Flegrea. Al riguardo di quest’ultima avrebbe finanziato anche le Terme di Baia nel Golfo di Napoli.

I legami tra Neapolis  e Κῶς al di là delle vicende che hanno riguardato questo medico nel I secolo, per quanto riguarda il III sec. a. C., e cioè all’epoca del decreto dell’asylìa di Neapolis, dovevano essere quanto meno ottime, diversamente questo decreto non sarebbe stato approvato, e quest’iscrizione dell’asylìa di Neapolis  ritrovata davanti all’Asklepion di Κῶ ne è una spia, che, come una piccola fiammella, offre un po’ di luce su un tema che penso sia importante per approfondire per la storia antica di Napoli.   

 

Felice Di Maro

                                           

Note

1 Fig.1: foto del lato B della Stele, opistografa, di marmo bianco con, in alto, un cornicione a forma di tetto, spezzato in basso (dimensioni: altezza 0,365 - larghezza 0,54 spessore 0,085); Rinvenimento documentato in Herzog 1903, p.197; per le istituzioni di Neapolis: Miranda 1985, le Magistrature, pp.386-389, s.v. nota 3 per la bibliografia sul decreto di Κῶς, note 4-5 per la figura del demarco, e nota 6 per l’arconte; sulle tematiche costituzionali di Neapolis: Sartori 1953, pp-42-55; sulla fine del demarco e comparsa dell’arconte: De Martino 1952, n.3-4, pp.338-343.

2 Pugliese Carratelli 1952, p.243, presentazione del quadro delle problematiche storiche-storiografiche di Neapolis : «Se l’esiguità dei dati offerti dalla storiografia antica e la fortuna delle memorie di quasi tutti gli stati italioti dipendono in gran parte dalla posizione periferica di questi - in senso non solo geografico - rispetto al mondo greco dell’Egeo e dalla loro episodica partecipazione alla storia di quel mondo, Napoli specialmente ha risentito, sotto quest’aspetto, della limitata funzione politica ch’essa ha avuto in Magna Grecia, per essere vissuta dapprima all’ombra di Cuma, poi nella sfera d’influenza di Siracusa e di Atene; e ulteriormente, di un certo isolamento in cui si è presto trovata, come città greca, e profondamente greca, prima tra i Sanniti discesi sulle coste campane, mentre l’occupazione lucana di Posidonia creava un hiatus tra le città italiote della costa calabrese e quelle poste più a nord; poi in una zona conquistata da Roma e rapidamente romanizzata: sí che anche la storiografia romana non ha sentito che un’occasionale interesse per la città del Golfo».

3 IG XII,4, 1, 221, pp. 186-187; Herzog-Klaffenbach, 11, pp. 20-21; Fonti 1952, p. 377; Rigsby 1996, 46, pp. 147-148.

4 Lepore 1967, p. 244: traduzione di Giovanni Pugliese Carratelli.

5 IG XII,4, 1, 221, p.187; Herzog-Klaffenbach, 11, p. 21; Rigsby 1996, 47, pp. 148-149.

6 Pugliese Carratelli 1955, p.2.

7 Bosnakis1 2014, p.77, n.3.

8 Bosnakis1 2014, p.72.

9 Boesch 1908, pp. 1-13 per il ruolo dei membri delle missioni: i θεωροὶ; p.14: per la Grande Asklepieia di κῶ; p. 45: per le esigenze generali di «sacrificio, festa, tregua e battaglia».

10 per la fase delle guerre sannitiche s.v. Napoli nella storia - Quadro cronologico, in Guida Napoli 2008, p.22: Secoli IV-III a. C.: «Le tre guerre sannitiche, protrattesi dal 343 al 290 a. C., aprono la strada alla conquista romana della Campania. Napoli cade nel 326 e, pur nella condizione di dipendenza, è riconosciuta quale «civitas foederata». Sia Pirro prima della sconfitta di Benevento (275), sia Annibale dopo la vittoria di Canne (216) desistono dal tentativo di espugnarla»; per il citato controllo sull’assemblea di Neapolis: Lepore 1985, p.116 col.1.

11 Per il linguaggio della politica e i culti dei sovrani, Mari 2019, in particolare p.11: «Dominare il linguaggio della politica cittadina, conoscerlo bene, voleva dire manipolarlo a proprio vantaggio: lo capirono, dopo i re ellenistici, anche i Romani, che pure, inizialmente, andarono incontro a equivoci significativi»; per i nuovi processi economici in età ellenistica, il testo è in, Faraguna 2019, p. 70.

12 Hatzopoulos 19962, pp.76-77, tav. LIV; IG XII,4, 1, 221, pp. 186; Herzog-Klaffenbach, 7, pp. 18-19; Rigsby 1996, 23, pp. 134-135.

13 Herzog-Schazmann 1932.

14 Livadiotti Rocco 1996, pp.77-188.

15 Bosnakis1 2014, pp. 20-67.

16 Mansuelli 1958, p.719.

17 Livadiotti Rocco 1996, pp. 136-144.

18 Sideris 2015.

19 Bosnakis1 2014, p.14, fig.2; Sirano 2004, fig. 5 p. 958, per la bibliografia s.v. nota 14 p. 956.

20 Capaldi 2009, p.118, col.1-2, note “nella scheda” nn. 12-13 p.120, tav. XLVII1-5 in fig.7, pubblicata qui in concessione.

21 Marcattili 2006, Il Culto - 3.1 Asklepio, pp. 36-43; s,v. anche Alla Scoperta di Pompei, p.55, fig. 46.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    

22 Marcattili 2006, p-19.

23 Marcattili 2006, p. 36, col. 1-2.

24 Russo 199, p. 110-

25 s.v. nota 11.

26 s.v. nota 21 e 23.

27 Miranda 1998, p. 392 col. N.2: «Anche nell’ambito religioso e cultuale Neapolis  manifesta in età romana  una tenace persistenza della sua grecità», cita nella col, n.1, Timeo (566 F 98 Jacoby), Licofrone (Alessandra, vv. 732-737), Strabone (V, 246).

28 Ghinatti 1967, p. 98, p.109; Miranda 1998; Neapolis  città greca - iscrizioni: Miranda 1990, Miranda 1995, Miranda 2017.

29 Bosnakis1 2014 pp. 89-90, per la moneta s. v. nota 146; Bosnakis2 20142, p. 75 fig.5.

30 Bosnakis2 20142, p. 74.

31 Bosnakis2 2014 s. v. nota n.82.         

 

BIBLIOGRAFIA

Alla Scoperta di Pompei = Alla scoperta di Pompei: itinerari di visita in occasione del 250° anniversario dell' inizio degli scavi, a cura di Antonio d'Ambrosio, 1998.

Capaldi 2009 = Carmela Capaldi, Statua di Asklepio tipo Giustini, in: Le sculture Farnese - I, Le sculture ideali - a cura di C. Gasparri, Scheda n. 52 pp.118-121, tav. LVII 1-5 pp.302-303, Verona 2009.  

Boesch 1908 = P. Boesch, Untersuchung zur Epangelie griechischer Feste, 1908.

Bosnakis1 2014 = Bosnakis Dimitris, Το Ασκληπιείο της Κω. Το μνημείο και η επιγραφική συλλογή (transl. The Asklepieion of Kos. The monument and the epigraphical collection), Aθήνα 2014.

Bosnakis2 2014 = Dimitris Bosnakis, Asklepieion and Physicians. A Preferential Tool of Koan Diplomacy, in HIGIEIA - health, illness, treatment from homer to galen, Athens 2014, pp- 60-75, Edited by Nicholas Chr. Stampolidis -Yorgos Tassoulas.

De Martino 1952 = Francesco De Martino, Le istituzioni di Napoli greco-romana, in La Parola del Passato, fascicolo XXV-XXVII 1952 pp. 333-343.

Fonti 1952 = G. Buchner, D. Morelli, G. Nenci, Fonti per la storia di Napoli antica, in “La Parola del Passato”, fasc. 25-27, pp. 371-419, Napoli, Macchiaroli 1952.

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Referenze fotografiche

Fig.1: lato B della stele esposta nella collezione epigrafica della Sala Sud del museo dell’Asclepieion di Κῶ, per gentile concessione (YYPOA 16/08/2022 - AP: 392184) dell’Hellenic Republic «Eforato delle Antichità del Dodecaneso - Copyright Ministero della Cultura e dello Sport (N.4858/2021) "designazione del monumento" - Iscrizione onoraria. Collezione epigrafica di Asklepiion di Kos, Sala Sud n.3».

Fig. 2: foto di Rudolf Herzog, da Bosnakis1 2014 p.20 fig. 6.

Fig. 3: mappa che mostra le città visitate dai Theoroi di Κῶ, da Bosnakis2 2014, p.67 fig.4.

Fig. 4: Veduta aerea dell'area dell’Asclepieion di Κῶ, Bosnakis2 2014, p. 64 fig. 2.

Fig. 5: Ricostruzione delle terrazze e degli edifici dell’Asclepieion di  Κῶ, Bosnakis2 2014, p. 65 fig. 3.

Fig. 6: Statua di Esculapio, da Bosnakis1 2014 p.14 fig. 2.

Fig. 7: Statua di Asklepio, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Rif. Concessione 282-2022.

Fig. 8: Statua di Esculapio, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Rif. Concessione 282bis-2022.

Fig. 9: Pianta del tempio di Esculapio di Pompei, da Marcattili 2006, p. 19 fig. 9.

Fig. 10: Moneta provinciale di Kos con testa di Gaio Stertinio Senofonte, Bosnakis2 2014, p.75 fig. 5.

 

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