Archeologia e storia del commercio: Vie commerciali e strumenti di scambio in Europa nel Neolitico e nelle età dei metalli
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Seconda parte: Il sistema dei traffici commerciali in Europa, Mediterraneo e Vicino Oriente. (Clicca sul titolo per aprire)
Terza parte: Economia e traffici commerciali nell'antichità: la questione greca. (clicca sul titolo per aprire)
Fra
i più antichi materiali di cui gli antichi autori hanno fornito notizie abbiamo
l'ambra, elemento prezioso sia nella preistoria sia nella protostoria, la cui
origine, ancora dibattuta, secondo la versione di Ovidio (Met., II, 1-400)
sarebbe dovuta alle lacrime delle ninfe Eliadi per la morte del fratello
Fetonte, precipitato dal carro del Sole nel fiume Eridano, nome mitico del Po. Questa
citazione è stata messa in relazione con la notevole quantità di ambra presente
nell'area padana. Indicazioni sui mezzi di trasporto sono suggerite da resti
archeologici, da fonti iconografiche e da piccole riproduzioni, mentre
l'esistenza di tracciati viari è testimoniata solo in zone umide o in aree
ricoperte da eruzioni vulcaniche. I luoghi degli scambi sono rintracciabili
quando si presentano situazioni particolari: varietà, qualità e quantità dei
materiali rinvenuti, presenza di aree di
lavorazione, di oggetti semilavorati o finiti, all'interno dei villaggi. La
quantità maggiore di informazioni è fornita dall'analisi delle tracce di
spostamenti di persone e di direttrici di collegamento, da una diminuzione dei
materiali proporzionale all'aumento della distanza dalla fonte di
approvvigionamento, da scambi organizzati all'interno di una comunità in forma
più complessa del semplice meccanismo redistributivo e da scambi diffusi,
intesi nel senso di una presenza di numerose direttrici di traffico che fanno
riferimento a punti di scambio diversi.
Nelle
società preistoriche la mobilità dei cacciatori era legata agli spostamenti
della selvaggina entro territori delimitati, quindi le uniche tracce
archeologiche sono gli oggetti realizzati con materiali dei quali sia nota la
provenienza. Più la distanza aumenta e più difficile è ricostruire i percorsi poiché
le
testimonianze sono frammentarie. La presenza di materiali provenienti da
zone lontane, ad esempio l’ossidiana, potrebbe essere il risultato di contatti
occasionali oppure dovremmo ipotizzare che gruppi di persone erano in grado di
organizzare spostamenti lunghi superando percorsi e ostacoli difficili. I primi
oggetti trasportati per grandi distanze furono le conchiglie, come testimoniato
dagli ornamenti delle spiagge mediterranee datati a 35000 anni fa trovati nel sito di Krems- Hundssteig in Austria o
dalle conchiglie fossili inglesi trovate nella Grotta di Spy in Belgio. Si
conoscono anche ritrovamenti di selce a distanze notevoli dalle aree di
estrazione, come ad esempio la selce della valle del Dnestr e del Pruth e la
selce erratica della Slesia. Fra gli spostamenti marittimi sono rilevanti le schegge
di ossidiana dell'isola di Milo, rinvenute negli strati del Paleolitico
superiore della Grotta di Franchthi in Argolide. I cambiamenti socioeconomici del
Neolitico portarono a nuove forme di organizzazione del lavoro nelle comunità e
a sistemi differenti di approvvigionamento delle materie prime. L’ossidiana, reperibile
solo in alcune isole del Mediterraneo, è un ottimo indicatore dei traffici a
lunga distanza perché i giacimenti presentano caratteristiche chimiche diverse.
Le imbarcazioni utilizzate sono piroghe monossile, originariamente destinate
alla navigazione in aree lacustri, paludose e fluviali. L'isola di Milo, nelle
Cicladi, era il giacimento per la terraferma greca fino alla Tessaglia e per
l'isola di Creta. Nel Neolitico, alcuni gruppi specializzati controllavano la
catena di attività che andava dall'estrazione alla circolazione e alla
distribuzione in tutto l’Egeo. Erano genti esperte che crearono una filiera
completa, dall'estrazione alla lavorazione e al trasporto nelle barche, con
possibile sviluppo delle conseguenti spedizioni di pesca. I quattro principali centri di estrazione
dell'ossidiana nel Mediterraneo Occidentale erano Monte Arci in Sardegna,
Lipari nelle Isole Eolie, Pantelleria in Sicilia e Palmarola nella costa
campana. Nel V Millennio a.C., sulla base delle analisi effettuate, si è
scoperto che l'ossidiana sarda raggiunse l'Italia centrale e settentrionale,
l'Isola d'Elba, la Corsica e la Provenza, nel sud della Francia. L'ossidiana di
Lipari, attraverso i passi della Calabria meridionale arrivò in Puglia,
nell’Italia settentrionale e nella Francia meridionale. L'ossidiana di
Palmarola, attraverso l’Appennino fu trasportata nell'Italia settentrionale e
nord-orientale da dove raggiunse la Dalmazia. L'ossidiana di Pantelleria è
stata rinvenuta in Sicilia, a Malta e sulla costa settentrionale dell'Africa.
L'ossidiana era accompagnata ad altri materiali, asce di giadeite, selce
pregiata e corallo sardo trovato nel territorio francese. Vaghi di collana e
pezzi non lavorati di questo prezioso materiale sono stati rinvenuti nella
necropoli di Chamblandes nel Vaud, negli insediamenti della cultura di
Cortaillod (Neuchâtel), in Savoia e nel Württemberg. Nella fase più antica del
Neolitico la presenza di notevoli quantità di ossidiana sarda nei siti delle
Gole del Danubio è stata interpretata come indizio di flussi di popolazioni o
di traffici di materiali non lavorati. Altri materiali che accompagnavano
l’ossidiana sono le conchiglie Spondylus e le prime attestazioni di rame nella
parte meridionale della pianura ungherese e in Polonia, dove è documentata
nell'insediamento di Olszanica. Asce e ornamenti in pietra levigata distribuiti
in percorsi su lunghissima distanza, li abbiamo dalla penisola italiana alle
Isole Britanniche, lo Jütland e la Penisola Scandinava. Questo flusso di scambi
assunse in Europa settentrionale maggiore rilevanza all’inizio dell’età del
Rame, verso la fine del IV Millennio a.C. Le differenti fasi della catena
operativa non erano svolte in un unico luogo perché data la grande quantità
degli scarti e il peso del materiale stesso, su grandi distanze viaggiavano solo
i prodotti finiti. Per le asce è stato ipotizzato che avessero un valore
aggiunto come simbolo di prestigio. In Francia nel sito bretone di Plusselien
erano prodotte asce in pietra levigata documentate lungo il corso della valle
della Loira verso sud-est, diffuse anche nel resto del territorio francese fino
alla Svizzera e, verso settentrione, presenti in Inghilterra. Grande diffusione
ebbe anche la selce estratta nelle miniere del Grand Pressiguy in Turenna, con
la quale si ottenevano pugnali diffusi nella Francia centro-settentrionale e in
Svizzera. Un rilevante esempio di trasporto per via d'acqua è quello indiziato
dalla diffusione delle asce dallo Jütland fino alla Svezia centrale verso
nord-est e all'Inghilterra verso ovest.
Con
l’avvio delle età dei metalli, compaiono le prime testimonianze di veicoli su
ruote realizzate con dischi lignei pieni trovati in una vasta area che va
dall'Ucraina alla Danimarca. Si conoscono anche modellini di carro in argilla
presenti negli insediamenti rumeni e ungheresi e in raffigurazioni incise su
recipienti in ceramica. La difficoltà di conservazione del legno, ad eccezione
che in ambienti umidi, non consente di capire la reale diffusione di questo
mezzo di trasporto. Resti di tracciati viari sono rari, ma non assenti, come
quello nel sito di Cham-Oberweil in Svizzera, consistente in allineamenti di
pietre che limitavano solchi di ruote. Alla metà del III Millennio a.C. sono
databili i resti di tracciati viari costituiti da battuti, cordoli con cavità
centrale e coppie di profondi solchi, scoperti nei comprensori di Gricignano e
Palma Campania sotto le cosiddette Pomici di Avellino. Meglio documentati sono
i resti di piste (trackways) realizzate per attraversare le zone paludose, note
già in età neolitica. Al 2000 a.C. sono documentate reti viarie in Bassa
Sassonia e nella Germania orientale vicino Emmen, nello Jütland, in Irlanda e
in Inghilterra. La loro tecnica di realizzazione vedeva traverse di legno
poggianti su due file di assi parallele. I carri a ruote piene erano certamente
lenti e destinati ad uso agricolo ma c’erano anche carri più leggeri e veloci,
con ruote a raggi, come quello documentato nella torbiera di Mercurago in
Piemonte, mentre raffigurazioni su ceramica della Slovacchia, sempre di questo
periodo, mostrano un carro a due ruote trainato da cavalli. Anche la presenza
di finimenti della bardatura testimonia che il cavallo era utilizzato per il
trasporto. I buoi erano utilizzati come animali da tiro e da soma. Le barche
monossile trovate in Europa settentrionale e nei laghi alpini, lunghe fino a 15
m e larghe 2 metri, erano spinte da pagaie e funzionavano in acque calme.
Qualche scafo presenta assi legati da fibre vegetali. Una serie di incisioni
scandinave, raffiguranti centinaia di imbarcazioni con prue rialzate,
testimoniano le capacità di navigazione delle genti dell'età del Bronzo
nell'Europa settentrionale. L’introduzione della metallurgia aprì nuovi
percorsi marittimi dall'area micenea, cretese e cipriota verso Occidente. La
presenza di vasellame miceneo importato sulle coste dell'Italia peninsulare,
della Sicilia e della Sardegna, insieme alla presenza di elementi ciprioti
legati alla sfera metallurgica in Sardegna, testimonia dal 1600 a.C. l’interesse
dei navigatori egei per le risorse offerte dall'Occidente. I principali villaggi
dove si nota un’influenza micenea sono a Lipari nell'arcipelago delle Eolie e a
Vivara nell'arcipelago flegreo. Resti di lavorazione del metallo e di ceramica
fine e da trasporto, indica questi luoghi come centri di scambio tra navigatori
egei e comunità locali. Dal XIV a.C. sono presenti materiali micenei lungo il
litorale ionico e adriatico fino alla Pianura Padana e alla Val d'Adige, in
centri dove confluivano tipologie di manufatti metallici dell'Europa centrale e
circolava l'ambra dell’area baltica, il cui valore è testimoniato dalla
presenza d'ambra nelle tombe principesche di età micenea. La cultura di Polada
nell’area padana è l’esempio più significativo di questo fenomeno. L’ambra
viaggiava lungo i percorsi che vanno dai giacimenti dello Jütland fino alla
Pianura Padana e al Peloponneso. Tali direttrici seguivano il corso dei grandi
fiumi: una via occidentale scendeva dal Mare del Nord lungo il basso corso del
Reno fino alla Saona-Rodano e alle coste del Mediterraneo; altri tragitti,
seguendo i corsi dell'Elba, dell'Oder e della Vistola, giungevano al basso
Danubio per poi dirigersi verso le Alpi Tirolesi e arrivare nella Pianura
Padana attraverso la Val d'Adige; un altro percorreva la valle della Sava per
giungere nell'alto Adriatico. Tali percorsi si riunivano quindi per scendere
lungo l'Adriatico fino al Peloponneso. Una via orientale è stata scoperta
recentemente dal ritrovamento in Ucraina di un vago d'ambra tipo Tirinto: collegava
il Mar Baltico e le coste settentrionali del Mar Nero. La distribuzione di
manufatti metallici segna aree con circolazione preferenziale di prodotti: sull'asse
del Reno nel settore a nord-ovest delle Alpi, sul bacino del medio Danubio più
a oriente e a settentrione sui corsi dell'Elba, dell'Oder e della Vistola. Dal
1200 a.C. questa globalizzazione Raggiunge le ricche aree dell’Egeo, interessate
dalla diffusione di manufatti in bronzo, armi, lingotti a forma di piccone, oggetti
per la cura del corpo e ceramiche di lusso. Questa koinè testimonia un processo
di integrazione che coinvolse comunità separate da grandi distanze geografiche,
socioculturali e di carattere tecnologico. Per questa circolazione è stato
proposto un modello direzionale con centri specializzati nella produzione di molte
categorie di manufatti. Ad esempio, Frattesina è un insediamento fiorito nel
Bronzo Finale presso un antico ramo del Po che conserva tracce della
lavorazione dell’ambra, del bronzo, dell'osso, del corno, dell'avorio e della
pasta vitrea. Tra i vaghi d'ambra presenti in questo insediamento, il tipo
Tirinto ha una vasta diffusione: nel Mediterraneo centro-orientale (dalla
Sardegna a Creta), a Ugarit, lungo le coste della Dalmazia e nella penisola
italiana, fino al Cantone di San Gallo in Svizzera.
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