lunedì 23 luglio 2018

Archeologia e storia del commercio: Vie commerciali e strumenti di scambio in Europa nel Neolitico e nelle età dei metalli. (Parte quarta). Riflessioni di Pierluigi Montalbano


Archeologia e storia del commercio: Vie commerciali e strumenti di scambio in Europa nel Neolitico e nelle età dei metalli
(Parte  quarta).
Riflessioni di Pierluigi Montalbano


Prima parte: dono e baratto, i traffici economici primitivi.  (clicca sul titolo per aprire)
Seconda parte: Il sistema dei traffici commerciali in Europa, Mediterraneo e Vicino Oriente. (Clicca sul titolo per aprire)
Terza parte: Economia e traffici commerciali nell'antichità: la questione greca. (clicca sul titolo per aprire)

Fra i più antichi materiali di cui gli antichi autori hanno fornito notizie abbiamo l'ambra, elemento prezioso sia nella preistoria sia nella protostoria, la cui origine, ancora dibattuta, secondo la versione di Ovidio (Met., II, 1-400) sarebbe dovuta alle lacrime delle ninfe Eliadi per la morte del fratello Fetonte, precipitato dal carro del Sole nel fiume Eridano, nome mitico del Po. Questa citazione è stata messa in relazione con la notevole quantità di ambra presente nell'area padana. Indicazioni sui mezzi di trasporto sono suggerite da resti archeologici, da fonti iconografiche e da piccole riproduzioni, mentre l'esistenza di tracciati viari è testimoniata solo in zone umide o in aree ricoperte da eruzioni vulcaniche. I luoghi degli scambi sono rintracciabili quando si presentano situazioni particolari: varietà, qualità e quantità dei materiali rinvenuti,  presenza di aree di lavorazione, di oggetti semilavorati o finiti, all'interno dei villaggi. La quantità maggiore di informazioni è fornita dall'analisi delle tracce di spostamenti di persone e di direttrici di collegamento, da una diminuzione dei materiali proporzionale all'aumento della distanza dalla fonte di approvvigionamento, da scambi organizzati all'interno di una comunità in forma più complessa del semplice meccanismo redistributivo e da scambi diffusi, intesi nel senso di una presenza di numerose direttrici di traffico che fanno riferimento a punti di scambio diversi.
Nelle società preistoriche la mobilità dei cacciatori era legata agli spostamenti della selvaggina entro territori delimitati, quindi le uniche tracce archeologiche sono gli oggetti realizzati con materiali dei quali sia nota la provenienza. Più la distanza aumenta e più difficile è ricostruire i percorsi poiché le
testimonianze sono frammentarie. La presenza di materiali provenienti da zone lontane, ad esempio l’ossidiana, potrebbe essere il risultato di contatti occasionali oppure dovremmo ipotizzare che gruppi di persone erano in grado di organizzare spostamenti lunghi superando percorsi e ostacoli difficili. I primi oggetti trasportati per grandi distanze furono le conchiglie, come testimoniato dagli ornamenti delle spiagge mediterranee datati a 35000 anni fa trovati  nel sito di Krems- Hundssteig in Austria o dalle conchiglie fossili inglesi trovate nella Grotta di Spy in Belgio. Si conoscono anche ritrovamenti di selce a distanze notevoli dalle aree di estrazione, come ad esempio la selce della valle del Dnestr e del Pruth e la selce erratica della Slesia. Fra gli spostamenti marittimi sono rilevanti le schegge di ossidiana dell'isola di Milo, rinvenute negli strati del Paleolitico superiore della Grotta di Franchthi in Argolide. I cambiamenti socioeconomici del Neolitico portarono a nuove forme di organizzazione del lavoro nelle comunità e a sistemi differenti di approvvigionamento delle materie prime. L’ossidiana, reperibile solo in alcune isole del Mediterraneo, è un ottimo indicatore dei traffici a lunga distanza perché i giacimenti presentano caratteristiche chimiche diverse. Le imbarcazioni utilizzate sono piroghe monossile, originariamente destinate alla navigazione in aree lacustri, paludose e fluviali. L'isola di Milo, nelle Cicladi, era il giacimento per la terraferma greca fino alla Tessaglia e per l'isola di Creta. Nel Neolitico, alcuni gruppi specializzati controllavano la catena di attività che andava dall'estrazione alla circolazione e alla distribuzione in tutto l’Egeo. Erano genti esperte che crearono una filiera completa, dall'estrazione alla lavorazione e al trasporto nelle barche, con possibile sviluppo delle conseguenti spedizioni di pesca. I  quattro principali centri di estrazione dell'ossidiana nel Mediterraneo Occidentale erano Monte Arci in Sardegna, Lipari nelle Isole Eolie, Pantelleria in Sicilia e Palmarola nella costa campana. Nel V Millennio a.C., sulla base delle analisi effettuate, si è scoperto che l'ossidiana sarda raggiunse l'Italia centrale e settentrionale, l'Isola d'Elba, la Corsica e la Provenza, nel sud della Francia. L'ossidiana di Lipari, attraverso i passi della Calabria meridionale arrivò in Puglia, nell’Italia settentrionale e nella Francia meridionale. L'ossidiana di Palmarola, attraverso l’Appennino fu trasportata nell'Italia settentrionale e nord-orientale da dove raggiunse la Dalmazia. L'ossidiana di Pantelleria è stata rinvenuta in Sicilia, a Malta e sulla costa settentrionale dell'Africa. L'ossidiana era accompagnata ad altri materiali, asce di giadeite, selce pregiata e corallo sardo trovato nel territorio francese. Vaghi di collana e pezzi non lavorati di questo prezioso materiale sono stati rinvenuti nella necropoli di Chamblandes nel Vaud, negli insediamenti della cultura di Cortaillod (Neuchâtel), in Savoia e nel Württemberg. Nella fase più antica del Neolitico la presenza di notevoli quantità di ossidiana sarda nei siti delle Gole del Danubio è stata interpretata come indizio di flussi di popolazioni o di traffici di materiali non lavorati. Altri materiali che accompagnavano l’ossidiana sono le conchiglie Spondylus e le prime attestazioni di rame nella parte meridionale della pianura ungherese e in Polonia, dove è documentata nell'insediamento di Olszanica. Asce e ornamenti in pietra levigata distribuiti in percorsi su lunghissima distanza, li abbiamo dalla penisola italiana alle Isole Britanniche, lo Jütland e la Penisola Scandinava. Questo flusso di scambi assunse in Europa settentrionale maggiore rilevanza all’inizio dell’età del Rame, verso la fine del IV Millennio a.C. Le differenti fasi della catena operativa non erano svolte in un unico luogo perché data la grande quantità degli scarti e il peso del materiale stesso, su grandi distanze viaggiavano solo i prodotti finiti. Per le asce è stato ipotizzato che avessero un valore aggiunto come simbolo di prestigio. In Francia nel sito bretone di Plusselien erano prodotte asce in pietra levigata documentate lungo il corso della valle della Loira verso sud-est, diffuse anche nel resto del territorio francese fino alla Svizzera e, verso settentrione, presenti in Inghilterra. Grande diffusione ebbe anche la selce estratta nelle miniere del Grand Pressiguy in Turenna, con la quale si ottenevano pugnali diffusi nella Francia centro-settentrionale e in Svizzera. Un rilevante esempio di trasporto per via d'acqua è quello indiziato dalla diffusione delle asce dallo Jütland fino alla Svezia centrale verso nord-est e all'Inghilterra verso ovest.
Con l’avvio delle età dei metalli, compaiono le prime testimonianze di veicoli su ruote realizzate con dischi lignei pieni trovati in una vasta area che va dall'Ucraina alla Danimarca. Si conoscono anche modellini di carro in argilla presenti negli insediamenti rumeni e ungheresi e in raffigurazioni incise su recipienti in ceramica. La difficoltà di conservazione del legno, ad eccezione che in ambienti umidi, non consente di capire la reale diffusione di questo mezzo di trasporto. Resti di tracciati viari sono rari, ma non assenti, come quello nel sito di Cham-Oberweil in Svizzera, consistente in allineamenti di pietre che limitavano solchi di ruote. Alla metà del III Millennio a.C. sono databili i resti di tracciati viari costituiti da battuti, cordoli con cavità centrale e coppie di profondi solchi, scoperti nei comprensori di Gricignano e Palma Campania sotto le cosiddette Pomici di Avellino. Meglio documentati sono i resti di piste (trackways) realizzate per attraversare le zone paludose, note già in età neolitica. Al 2000 a.C. sono documentate reti viarie in Bassa Sassonia e nella Germania orientale vicino Emmen, nello Jütland, in Irlanda e in Inghilterra. La loro tecnica di realizzazione vedeva traverse di legno poggianti su due file di assi parallele. I carri a ruote piene erano certamente lenti e destinati ad uso agricolo ma c’erano anche carri più leggeri e veloci, con ruote a raggi, come quello documentato nella torbiera di Mercurago in Piemonte, mentre raffigurazioni su ceramica della Slovacchia, sempre di questo periodo, mostrano un carro a due ruote trainato da cavalli. Anche la presenza di finimenti della bardatura testimonia che il cavallo era utilizzato per il trasporto. I buoi erano utilizzati come animali da tiro e da soma. Le barche monossile trovate in Europa settentrionale e nei laghi alpini, lunghe fino a 15 m e larghe 2 metri, erano spinte da pagaie e funzionavano in acque calme. Qualche scafo presenta assi legati da fibre vegetali. Una serie di incisioni scandinave, raffiguranti centinaia di imbarcazioni con prue rialzate, testimoniano le capacità di navigazione delle genti dell'età del Bronzo nell'Europa settentrionale. L’introduzione della metallurgia aprì nuovi percorsi marittimi dall'area micenea, cretese e cipriota verso Occidente. La presenza di vasellame miceneo importato sulle coste dell'Italia peninsulare, della Sicilia e della Sardegna, insieme alla presenza di elementi ciprioti legati alla sfera metallurgica in Sardegna, testimonia dal 1600 a.C. l’interesse dei navigatori egei per le risorse offerte dall'Occidente. I principali villaggi dove si nota un’influenza micenea sono a Lipari nell'arcipelago delle Eolie e a Vivara nell'arcipelago flegreo. Resti di lavorazione del metallo e di ceramica fine e da trasporto, indica questi luoghi come centri di scambio tra navigatori egei e comunità locali. Dal XIV a.C. sono presenti materiali micenei lungo il litorale ionico e adriatico fino alla Pianura Padana e alla Val d'Adige, in centri dove confluivano tipologie di manufatti metallici dell'Europa centrale e circolava l'ambra dell’area baltica, il cui valore è testimoniato dalla presenza d'ambra nelle tombe principesche di età micenea. La cultura di Polada nell’area padana è l’esempio più significativo di questo fenomeno. L’ambra viaggiava lungo i percorsi che vanno dai giacimenti dello Jütland fino alla Pianura Padana e al Peloponneso. Tali direttrici seguivano il corso dei grandi fiumi: una via occidentale scendeva dal Mare del Nord lungo il basso corso del Reno fino alla Saona-Rodano e alle coste del Mediterraneo; altri tragitti, seguendo i corsi dell'Elba, dell'Oder e della Vistola, giungevano al basso Danubio per poi dirigersi verso le Alpi Tirolesi e arrivare nella Pianura Padana attraverso la Val d'Adige; un altro percorreva la valle della Sava per giungere nell'alto Adriatico. Tali percorsi si riunivano quindi per scendere lungo l'Adriatico fino al Peloponneso. Una via orientale è stata scoperta recentemente dal ritrovamento in Ucraina di un vago d'ambra tipo Tirinto: collegava il Mar Baltico e le coste settentrionali del Mar Nero. La distribuzione di manufatti metallici segna aree con circolazione preferenziale di prodotti: sull'asse del Reno nel settore a nord-ovest delle Alpi, sul bacino del medio Danubio più a oriente e a settentrione sui corsi dell'Elba, dell'Oder e della Vistola. Dal 1200 a.C. questa globalizzazione Raggiunge le ricche aree dell’Egeo, interessate dalla diffusione di manufatti in bronzo, armi, lingotti a forma di piccone, oggetti per la cura del corpo e ceramiche di lusso. Questa koinè testimonia un processo di integrazione che coinvolse comunità separate da grandi distanze geografiche, socioculturali e di carattere tecnologico. Per questa circolazione è stato proposto un modello direzionale con centri specializzati nella produzione di molte categorie di manufatti. Ad esempio, Frattesina è un insediamento fiorito nel Bronzo Finale presso un antico ramo del Po che conserva tracce della lavorazione dell’ambra, del bronzo, dell'osso, del corno, dell'avorio e della pasta vitrea. Tra i vaghi d'ambra presenti in questo insediamento, il tipo Tirinto ha una vasta diffusione: nel Mediterraneo centro-orientale (dalla Sardegna a Creta), a Ugarit, lungo le coste della Dalmazia e nella penisola italiana, fino al Cantone di San Gallo in Svizzera.

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