giovedì 28 giugno 2018

Riflessioni su Lingua sarda, identità e Limba Sarda Comuna (LSC). Il caso del Romancio. Articolo di Luana Montalbano


Riflessioni su Lingua sarda, identità e Limba Sarda Comuna (LSC). Il caso del Romancio.
Articolo di Luana Montalbano

Nell’ambito del dibattito sulla lingua sarda, sulla sua importanza fondamentale in termini di identità del nostro popolo e sulle problematiche legate alla sua salvaguardia e promozione quale lingua minoritaria, si inserisce il mio lavoro di ricerca sul multilinguismo.
Nel documento sulle norme linguistiche di riferimento della Limba Sarda Comuna (LSC) della Regione Autonoma della Sardegna, il sardo viene giustamente descritto come “al contempo unico e molteplice, costituito dal complesso delle varietà che lo costituiscono”.
Il sostrato, i prestiti, i contatti con altre lingue hanno favorito lo sviluppo di uno spettro linguistico sardo che si differenzia da paese a paese. Tuttavia, nonostante queste differenze, vi è una
maggioranza di elementi comuni che ha motivato la decisione di creare uno standard scritto unificato.
“Sciacquare i panni nel Tirso” potremmo dire, volendo effettuare un paragone con quanto Manzoni effettuò nell’ambito della questione della lingua italiana. La proposta della LSC è quella di una lingua scritta di uso ufficiale (quindi come l’italiano scritto nei confronti delle tantissime varietà dell’italiano parlato) che non intende prendere il posto delle varietà linguistiche sarde.
La presenza di una lingua unitaria è elemento essenziale in termini di riconoscimento e prestigio dall’esterno, da chi, cioè, non parla le varietà di sardo come lingua madre. Nel documento precedentemente citato, la LSC viene definita “un modello frutto di mediazione, compensazioni, regolarità, analogie, con lo scopo di stabilire un sistema operativo ‘lingua’ il più omogeneo e coerente possibile, elementare e semplice da imparare e usare”. La storia della lingua, della maggioranza delle lingue, ha dimostrato come l’evoluzione di un sistema linguistico consista nella sua semplificazione. Sono i parlanti a decidere naturalmente il destino di una lingua. La lingua è viva e si evolve. Uno standard scritto potrebbe fossilizzarla oppure costituire un trampolino di lancio per il suo ammodernamento. Il rischio sempre presente, comunque, è quello della perdita della diversità. Ai parlanti l’ardua sentenza.
Una pietra di paragone in questo senso è, ad esempio, la politica linguistica che ha portato alla creazione dello standard scritto del romancio, il rumantsch grischun.
Prima del 1982 il Governo Federale Svizzero doveva emanare le sue leggi e le deliberazioni in tedesco per più del 60% della popolazione, in francese per quasi il 20%, in italiano per l’8% e nelle cinque varietà di romancio meno dell’1%. Per ovviare a questa situazione, in quell’anno l’Università di Zurigo incaricò il linguista svizzero H. Schmid della realizzazione della grammatica di una lingua comune per le cinque varietà romance, con una funzione soprattutto di lingua veicolare tra le istituzioni delle diverse varietà romance e tra esse e la Confederazione Federale. Schmid compì numerosi viaggi in tutto il territorio di lingua romancia e concepì la nuova grammatica come una sorta di minimo comune denominatore tra le cinque varianti e le loro altre sotto-varietà. Uno dei problemi conseguenti la creazione di uno standard, che è una lingua artificiale, è quello della sua percezione come lingua “altra” che di esso potrebbero avere i parlanti. Qualora accadesse questa situazione, essi non s’identificherebbero in tale lingua e perciò potrebbero rifiutare di utilizzarla. In effetti, simili critiche sono state rivolte nei confronti di questa soluzione del 1982, e molti madrelingua romanci tutt’ora non vedono di buon occhio il nuovo standard, benché le cinque varianti continuino ad essere impiegate nell’amministrazione locale. Il romancio è suddiviso in cinque varianti scritte (sursilvano, sottosilvano, surmirano, putér e vallader), e un alto numero di dialetti. Queste varietà sono sancite dallo Statuto del Romancio. Nello Statuto del Romancio si chiarisce, infatti, che: “nel 1982 è stata adottata una variante scritta unificata, il cosiddetto rumantsch grischun. Nei rapporti dei cittadini con le autorità della Confederazione i cinque idiomi regionali sono equiparati al rumantsch grischun; le pubblicazioni della Confederazione invece sono redatte unicamente in rumantsch grischun”. È peraltro probabile che uno standard creato con la funzione esplicitamente dichiarata di lingua veicolare per le istituzioni, quale il caso del rumantsch grischun, non debba necessariamente comportare l’identificazione dei parlanti in esso per essere utilizzato. Oppure si? Anche in questa circostanza ci troviamo davanti a diversi punti di vista dai quali considerare una creazione linguistica funzionale. I parlanti delle varietà romance rivendicano, per giunta, la mancanza di necessità di una lingua con tale funzione, in quanto essi sono perfettamente capaci di gestire i rapporti con le istituzioni in tedesco, essendo quello dei Grigioni un cantone trilingue. Non si può perciò dare una risposta a priori a questa domanda, in quanto tutto dipende dalla volontà dei parlanti, che sono individui singoli e che decidono liberamente come approcciarsi ad una lingua. Di nuovo, la vita di una lingua è naturalmente e strettamente legata alla percezione che i parlanti hanno di essa. Legame identitario o no, è comunque possibile che questa lingua standard influenzi a sua volta le cinque varietà romance, alterandole. Quest’alterazione potrebbe altresì portare ad un loro rinnovamento e, quindi, ad una maggiore attrazione da parte dei giovani parlanti, che in esse vedrebbero innovazioni lessicali che permetterebbero loro l’utilizzo della lingua in settori della vita sociale dai quali era in precedenza esclusa. Il rumantsch grischun potrebbe quindi rappresentare una “lingua tetto”, una sorta di serbatoio lessicale per le varietà romance, che però in questo modo potrebbero finire con l’uniformarsi, a scapito della diversità; oppure ancora, esse potrebbero adattare il nuovo lessico alle proprie caratteristiche individuali. Si tenga sempre conto del fatto che non è possibile prevedere lo sviluppo delle lingue.




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