Archeologia della Sardegna. Nuova proposta di lettura di un’iscrizione funeraria di età punica rinvenuta a Tharros. di Roberto Casti
"Cabras. È venuto giù dalle falesie di Capo San Marco, a pochi metri dalla necropoli meridionale di Tharros. Fortuna che proprio da quelle parti passava una giovane archeologa cabrarese. Ha notato lo strano masso che rotolava dal pendio, ha deciso di dare un’occhiata. Ebbene il masso non era un semplice pezzo di pietra ma una stele funeraria in arenaria dedicata alla memoria del suffeta Abdba’al uno dei più alti funzionari pubblici della Tharros punica…"
Con queste parole il
quotidiano la Nuova Sardegna del 8 luglio del 2009 introduceva la
notizia del ritrovamento dell’iscrizione funeraria. Nel 2014 veniva pubblicata a Parigi l’editio princeps dell’epigrafe con la seguente trascrizione e interpretazione del testo[1].
notizia del ritrovamento dell’iscrizione funeraria. Nel 2014 veniva pubblicata a Parigi l’editio princeps dell’epigrafe con la seguente trascrizione e interpretazione del testo[1].
Trascrizione:
Traduzione:
1. bdb‘l 1. bodb‘l
2. hšpt b (n) 2. suffete figlio
di
3. . n
. p(?)qd 3. .…n . p'qd
4. bn ‘bdm 4. figlio di ‘Abdim
5. lk 5. lk
La
lettura delle linee 1, 2, 4 e 5 non presenta particolari difficoltà e per tale motivo la nostra analisi si è concentrata soprattutto sulla problematica
lettura, trascrizione e interpretazione dei segni incisi nella linea 3; la parte di epigrafe che ha subito i
maggiori danni a causa delle numerose scheggiature e abrasioni di varia natura che
hanno obliterato la maggior parte delle lettere incise. L’unica lettera a non
aver subito danni, quindi ancora perfettamente leggibile, è la seconda lettera
della linea 3 che, sia per noi che per gli autori dell’articolo, è una chiarissima N (nun). Le restanti lettere,
o per meglio dire i frammenti parziali di solchi di lettera, si prestano purtroppo
a differenti letture; in qualche caso la lettera risulta quasi completamente cancellata
dalle abrasioni accidentali della pietra e ridotta a uno stato che la rende ormai quasi illeggibile.
Così leggiamo nell’editio princeps[2].
“Alla terza
riga doveva verosimilmente trovarsi un antroponimo per il quale non siamo in
grado di proporre un’interpretazione certa a causa, come sopra rilevato, del
pessimo stato di conservazione della superficie della pietra. Al termine della
riga sembra leggersi, seppur con qualche incertezza, pqd, già noto in fenicio come forma verbale sia
come nome di funzione (mpqd), che non sembra concorrere alla formazione
di antroponimi nell’ambito dell’onomastica fenicia."
Osservando l’epigrafe attraverso l’immagine
fotografica del monumento[3],
poi confrontata con il disegno della
scritta proposto dagli autori[4],
ci è parso d’intravedere ulteriori deboli tracce di segni residui di lettere che,
seppur con difficoltà, hanno consentito d’ipotizzare quali potessero essere in
origine le lettere incise.
Tenuto
conto che non si è ancora arrivati a una trascrizione sicura del testo, presentiamo
qui un nostro disegno ricostruttivo dell’epigrafe, una breve analisi delle singole
lettere per noi probabilmente presenti alla linea 3 e infine la nostra
trascrizione con la proposta interpretativa del testo[5].
Poiché
è intuibile che nella linea 3 vi sia inciso un antroponimo come avviene in iscrizioni
analoghe in cui è presente la genealogia del defunto secondo la consueta formula BN= figlio
di immediatamente seguito dal nome
del padre del personaggio richiamato, proveremo a leggere e trascrivere le
lettere attraverso attenta verifica dei segni residui per individuare quale
potesse essere il nome del padre del sufeta Bodbaal.
Proposta di lettura della linea 3
K (kaph) - potrebbe essere la prima lettera
partendo da dx secondo il senso di lettura; è infatti chiaramente leggibile l’asta
rettilinea verticale mentre risultano appena percettibili i due apici disposti
ad angolo acuto nella parte superiore a sn del solco verticale. Sebbene l’asta sia
più allungata, la lettera esaminata sembra analoga all’altro K (kaph) presente
alla linea 5; entrambi rapportabili alla stessa tipologia che ritroviamo in molte
altre iscrizioni come per esempio a Ipsambul agli inizi del VI sec. a.C.[6]
o ad Abidos intorno al IV sec. a. C..[7]
N (nun) - la seconda lettera è l’unica
della riga che possiamo leggere senza problemi.
Y (yod) - Nel punto dove è sicuramente
presente la terza lettera sono concentrate numerose abrasioni della pietra che
non permettono di distinguere incisioni originarie da graffi e sbrecciature; ciò
nonostante, tra le tante abrasioni di natura accidentale, ci sembra
d’intravedere alcuni segni che
richiamano i solchi caratteristici di una Y.
P (phe) - Per quanto lesionata nella
parte superiore, la quarta lettera è per
noi, come per gli autori dell’articolo, una P della medesima forma della P presente
alla linea 2, solo appena più grande.
Ṣ (sade) - Come per altre lettere della stessa
linea anche per la quinta lettera le ipotesi di lettura sono state diverse e
altalenanti prima di orientarci definitivamente verso la lettura per noi più plausibile.
Q (Qof) o ’ (’Aleph) e
perfino T (taw) sono state le ipotesi inizialmente messe in campo, poi
definitivamente scartate perché i solchi più evidenti sembrano richiamare invece
una lettera Ṣ della medesima tipologia presente sia in epoche precedenti come a
Karatepe nell’VIII-VII sec. a.C. o nella
stele di Yehawmilk del V secolo a.C., ma anche in iscrizioni più tarde[8].
D Tre le
possibili trascrizioni ipotizzate per l’ultima lettera: G (gimel), B (bet) o D (dalet).
Risultano infatti evidenti due segmenti ad angolo acuto che a prima vista
indirizzano verso una lettura G; ma, a ben vedere, notiamo all’interno
dell’angolo acuto due solchi trasversali che sembrano escludere tale ipotesi e
indirizzare verso la lettura B se consideriamo solco originario quello
curvilineo trasversale più in basso (in
realtà un’abrasione della pietra) oppure D se il solco originario è invece l’altro.
Considerato che i due segmenti congiunti al vertice sono perfettamente
rettilinei e non arcuati come avviene di norma per la lettera B, come possiamo
riscontrare anche nelle cinque lettere B presenti in questa iscrizione, è esclusa
senza alcun dubbio anche questa lettura. Resta pertanto D l’unica lettura
possibile, peraltro coerente per la forma con le altre due D presenti
nell’iscrizione.
L’iscrizione sarebbe
quindi composta da 25 lettere complessive così distribuite: 5 lettere nella
prima linea di scrittura, 6 lettere dalla seconda alla quarta e 2 nella quinta. Sono quindi sei le
lettere incise nella linea 3 e più precisamente, per noi, sono K, N, Y, P, Ṣ, D.
Se la nostra lettura dei segni residui è
corretta è plausibile che il nome del padre di Bodbaal sia KNYPṢD (KenyephṢid);
un nome sconosciuto in altre iscrizioni rinvenute in Sardegna, ma che
richiama in tutta evidenza la divinità
punica Ṣid attestata in numerose iscrizioni votive ritrovate nel tempio di
Antas a Fluminimaggiore. La stessa divinità
è presente anche in diversi nomi teofori talvolta preceduta dall’epiteto, come YatonṢid = Ṣid ha donato, ‘bdṢid = servitore di Ṣid, BodṢid = nella mano di Ṣid.; in
alcuni casi posposto, come Ṣidšmr = Ṣid ha protetto, B‘lyaton = Baal ha donato e numerosi
esempi analoghi tra cui il nostro BodB‘l = nella mano di Baal.
In
questa iscrizione KNYP (Kenyeph) sarebbe l’epiteto che precede il nome divino
sebbene il suo significato non sia per noi ancora ben chiaro. Proviamo a
imbastire qualche ipotesi prendendo in esame alcuni antroponimi parzialmente simili
al nostro per concordanza di alcune lettere e per assonanza fonetica.
In tutto
il territorio del Nord Africa dal Marocco alla Cirenaica risulta diffuso soprattutto
nell’onomastica libica l’antroponimo YPTN[9]
così trascritto anche in iscrizioni puniche rinvenute a Cartagine[10].
Lo stesso nome è presente in Algeria, a Guelma, nella variante in scrittura
neopunica, YPT‘N (Ieptan)[11]
e lo ritroviamo anche a Maktar[12]
(IFTN in ortografia libica) e perfino a Tangeri (Tingi)
scritto in versione greca Іφθας o Іαφθας[13].
Ancora più evidente è la suggestiva relazione
tra il nome KNYPṢD (KenyephṢid) del padre del sufeta di Tharros e
l’antroponimo KNYFṬN[14]
(Kenyefṭan), trascritto anche nella forma KNIFDN[15]
(Keniefdan) delle iscrizioni latine; nomi certamente tra loro
comparabili e il cui elemento di convergenza più evidente è KNYP (Kenieph) presente in tutti e tre i nomi.
Sappiamo inoltre per certo che la radice KN (kwn),
retto, leale, giusto in ebraico biblico, è presente anche in altri nomi
teofori di matrice semitica come ad esempio KNB‘L[16]
o l’antico nome proprio ebraico ancora oggi attuale KNNYHW (Kenanyahu)
ma anche in un altro nome, KNYHW vocalizzato Konyahu[17].
Altro elemento di comparazione su cui
occorrerà ancora indagare in modo più approfondito è YPH (ieph) che in
ebraico biblico significa splendore, bellezza per cui, su
queste basi di lettura, avremmo una sorta di epiteto KNYP (Kenieph) rafforzativo
coerente con l’ipotesi del nome teoforo KNYPṢD (KenyephṢid) che richiama
la divinità punica venerata nel tempio di Antas.
Ma su questi aspetti preferiamo lasciare la
risposta definitiva al tempo e ad altri.
A questo punto possiamo concludere tirando le
somme di questa intrigante ricerca.
A Tharros, inciso su una lapide funeraria, è
stato forse ritrovato un patronimico finora mai attestato in Sardegna, KNYPṢD Ken-yephṢid
che ci indica il nome e indirettamente forse anche le origini del padre del sufeta Bodbaal.
Spingendoci oltre, scopriamo inaspettatamente che
il nostro patronimico, sgombrato dal prefisso KN, ricalca in modo straordinario
uno tra i più diffusi nomi della Sardegna, Efisio[18].
Trascrizione[19]
Traduzione
1.
B‘DB‘L 1.
Bodbaal
2. HŠPT B(N) 2. il sufeta, fig(lio di)
3 KN[Y]PṢD 3 KenyephṢid
4. BN ‘BDM 4
figlio di Abdmi-
5. LK 5. lk
Bibliografia
Carla Del Vais - Rossana De Simone, Una nuova iscrizione punica su
cippo funerario dalla necropoli meridionale di Tharros in Cahiers de
l’Institut du Proche -Orient Ancien du Collège de France -II- Phéniciens
d’Orient et d’Occident, Mélanges Josette Elayi, Ed. par André Lemaire avec la
collaboration de Bertrand Dufour et Fabian Pfitzmann; Librairie d’Amerique et
d’Orient Jean Maisonneuve (Paris, Avril 2014) pp.
517-532.
J. Hoftijzer e K. Jongeling, Dictionary of the North-West
Semitic Inscriptions, DNWSI
Vol. I-II E. J. Brill, (Leiden- New York
– Köln) 1995.
Maria Giulia Amadasi Guzzo, Iscrizioni Fenicie e Puniche
in Italia MBCA Comitato
Nazionale per gli Studi e le Ricerche sulla Civiltà Fenicia e Punica in
Italia. Itinerari VI. Libreria dello Stato, Istituto Poligrafico e
Zecca dello Stato 1990.
Giovanni Garbini, La questione dell’alfabeto. I Fenici (Catalogo della mostra) Ristampa Bompiani (Milano 1992).
Rossana De Simone, L’onomastica nelle iscrizioni
neopuniche di Maktar (Tunisia). In Hormos, Quaderni dell'Istituto di storia antica università di Palermo 2000. (Palermo 2000)
pp. 125-148 spec. p.
137 alla voce: YPT‘N.
M'hamed
Hassine Fantar, Ricerche puniche ad Antas, parag, II Les
Inscriptions in,
Studi Semitici n. 30 Istituto di Studi del Vicino Oriente, Roma 1969.
Frank L. Benz, Personal
names in the Phoenician and Punic Inscriptions. Studia Phol
8; Biblical Institute Press (Roma 1972).
Olivier Masson, Un nom libyque, du Maroc a la
Cyrénaïque : IEPTAN. Libyca
IV in Semitica, n. XXV, Cahiers pubbliés par
l’Institut d’Études Semitiques de l’Université de Paris avec le concours
du Centre National de la Recherche scientifique. Librairie Adrien-Maisonneuve Jean
Maisonneuve successeur, (Paris 1975) pp. 81-85.
J.-G. Février e Mhoamed Fantar, Les Nouvelles Inscriptions
Monumentales Néopuniques de Mactar. Karthago XII (Paris 1963-64)
pp. 45-59.
Giselle Halff, L’onomastique Punique de Carthage
Repertoire et Commentaire in Karthago XII (Paris 1963-1964). pp.
84-145.
Stephane Gsell, Histoire Ancienne de
l’Afrique du Nord. Vol.
VII, Librairie Hachette; (Paris 1928) pp. 271-272.
J.-B Chabot, Punica. Les Inscriptions
néopuniques de Guelma ( Calama) [Néop. 24] Imprimerie Nationale Paris 1918 Parag.
III pp. 10-11 (J.A. 86-87) e Parag. XI 61-62 (J.A. 487-488).
Francesco Scerbo, Dizionario Ebraico e Caldaico del
Vecchio Testamento con due appendici- a) Indice di voci italiane con rinvio
all’ebraico- b) Paradigmi grammaticali, Libreria
Editrice Fiorentina, (Firenze 1912).
[1] C. Del Vais - R. De Simone, Una nuova iscrizione punica su
cippo funerario dalla necropoli meridionale di Tharros in Cahiers de
l’Institut du Proche-Orient Ancien du Collège de France -II- Phéniciens
d’Orient et d’Occident, Mélanges Josette Elayi, Ed. par André Lemaire avec la
collaboration de Bertrand Dufour et Fabian Pfitzmann; Librairie d’Amerique et
d’Orient Jean Maisonneuve. (Paris, Aprile 2014) pp. 517-532.
[3] Idem, Fig 2 p. 531 Non ho ancora avuto
l’opportunità di osservare direttamente il reperto al museo di Cabras.
[5] Per gli aspetti paleografici e
altre notizie a corollario di questa iscrizione v. editio princeps.
[7] Garbini1992, V. Tabella evoluzione della scrittura
fenicia… p. 94.
[9] Chabot, Punica.
Les Inscriptions néopuniques de Guelma (Calama)[Néop. 24] Imprimerie Nationale Paris 1918 §. III pp. 10-11 (86-87) e § XI 61-62 (487-488); Frank L. Benz, Personal names in the Phoenician
and Punic Inscriptions. Studia
Phol 8; Biblical Institute Press, (Roma 1972), p. 325. Ivi bibliografia
precedente; Olivier Masson, Un nom libyque, du Maroc a la Cyrénaïque:
IEPTAN. Libyca IV in Semitica, n. XXV, Cahiers pubbliés par
l’Institut d’Études Semitiques de l’Université de Paris avec le concours
du Centre National de la Recherche Scientifique. Librairie Adrien-Maisonneuve,
Paris 1975 pp. 81-85. Giselle Half, L’onomastique Punique de
Carthage Repertoire et Commentaire in Karthago XII (Paris 1963-1964).
pp. 84-145 spec. alla voce YPTN p. 116. Rossana De
Simone, L’onomastica nelle
iscrizioni neopuniche di Maktar (Tunisia) in Hormos, Quaderni
dell'Istituto di Storia Antica Uuniversità di Palermo 2. (Palermo 2000) alla voce: IPT‘N p. 137.
[10] Chabot 1918, pp. pp. 10-11; 61-62; Halff
1963-64 p. 116; Masson 1975, p. 82. Cfr. le iscrizioni CIS I 746 e
CIS I 1481.
[12] Ad esempio KAI 146,2; v. anche Fevrier- Fantar
1963-64, iscrizione B Colonna VIII, 3 p. 56.
[13] Masson 1975, p. 83 e nota 6.
[14] Halff 1963-64, alla voce KNYFṬN p. 118.
[16] Idem 1963-64 p. 117.
[17] Idem, pp. 117-118.
[18] Questa è la nostra prima ipotesi ricostruttiva del
presumibile percorso linguistico di un nome quasi certamente di
origine punica e non solo per assonanza fonetica, ma sulla base di
un’attestazione scritta in lingua punica del V secolo a.C.. L’antico
teonimo KenyephṢid, sgombrato del prefisso KN, diventa
nel tempo YephṢid. Da qui al nome Iephṣid il passo è breve, quindi Efisid nella parlata locale e da
qui Èfisi come viene ancora oggi pronunciato
quel nome in lingua sarda italianizzato Efisio.
L’intuizione andrebbe approfondita attraverso uno studio specifico sui
documenti scritti che riportano le più antiche attestazioni sia del
nome proprio che quello più antico del santo martire. Quindi Efisio, un nome di origine quasi
certamente punica piuttosto che d’improbabile origine greca come
abitualmente riportato.
[19] Tra parentesi tonde le lettere
parzialmente abrase, ma ancora decifrabili; tra parentesi quadre quelle
d’incerta lettura.
Nessun commento:
Posta un commento