Archeologia della Sardegna: il Nuraghe, cosa spinse
i sardi a costruirlo?
di Pierluigi
Montalbano
Nei primi secoli del secondo millennio compaiono in Sardegna le torri nuragiche. Si tratta di edifici cavi, dotati di ambienti interni e con un terrazzo alla sommità, accessibile da una scala interna. Gli spazi interni sono ottenuti con la tecnica della falsa volta, sovrapponendo a secco conci sbozzati.
Nell’arco di 500 anni i sardi realizzano circa 8000 strutture, comprendendo nuraghi orizzontali (quelli a corridoio senza torri), torri singole, edifici comprendenti più torri e altre strutture. Generalmente le strutture complesse derivano da attività costruttive progressive che durano anche alcuni secoli.
Elenchiamo alcuni altri dati provenienti
dalle stratigrafie:
1) La comparsa delle torri corrisponde a una cesura nella successione delle stratigrafie? No: si registra una
graduale evoluzione
degli orizzonti precedenti, quindi possiamo escludere l’arrivo di apporti
culturali esterni. 1) La comparsa delle torri corrisponde a una cesura nella successione delle stratigrafie? No: si registra una
2) L’edificazione avviene in breve tempo? No: si tratta di un fenomeno di progressiva occupazione territoriale con un’attività edilizia distribuita su tutto il Bronzo Medio.
3) Il cessare della
costruzione di nuraghi avvenuto intorno al X a.C., corrisponde a una cesura
degli orizzonti stratigrafici, forse per l’arrivo di popolazioni straniere? No:
come per l’inizio dell’epoca delle torri, anche la sua conclusione è
certificabile come una transizione priva di eventi cruenti: l’edificazione
cessa e le strutture dotate di torri sono convertite ad altre funzioni.
Oltre a questi dati certi, si nota la quasi totale assenza di attività cultuali nella fase edificatoria, invece ne abbiamo tante come luogo di attività di lavorazione e conservazione di alimenti.
In sintesi, le torri compaiono come espressione dell’evoluzione di una cultura, radicata da millenni su un territorio, che esprime nuove esigenze.
Oltre a questi dati certi, si nota la quasi totale assenza di attività cultuali nella fase edificatoria, invece ne abbiamo tante come luogo di attività di lavorazione e conservazione di alimenti.
In sintesi, le torri compaiono come espressione dell’evoluzione di una cultura, radicata da millenni su un territorio, che esprime nuove esigenze.
A questo punto bisogna chiedersi il motivo di questa volontà edificatoria. E’ chiaro che nessuno decise mai di costruire 8000 torri: né un gran capo né una tribù né un popolo. È vero, invece, che l’evoluzione della società sarda produsse in un preciso periodo una serie di poderosi edifici ciascuna dei quali è l’esito di un’attività edificatoria singola, non di un piano globale riguardante il complesso delle torri. È il fatto di vederle tutte assieme oggi, con la capacità e la possibilità di contarle e di avere di esse una visione globale, che inganna. Detto ciò, perché a un certo punto in un’area indeterminata ci fu qualcuno che costruì la prima torre? E di seguito: perché le torri si diffusero?
Visto che non si segnala l’arrivo di costruttori di torri dall’esterno, significa che ci fu un’evoluzione della società che portò a esigenze da soddisfare con l’edificazione di una torre. La diffusione si spiega con la logica considerazione che tale esigenza doveva essere sentita in ampie aree dell’isola e la comparsa di una soluzione valida in un’area precisa, la prima torre, suggerì ai vicini la stessa soluzione.
Ci si chiede,
di conseguenza, se esistono altri esempi di società che abbiano sentito la stessa
necessità. La risposta disarmante è che tutte le società umane ne hanno
realizzato, in tutti i periodi e con qualunque organizzazione sociale. La torre
accompagna, di fatto, la storia dell’uomo dal neolitico fino a oggi, dalla
torre di Gerico ai campanili delle chiese ai minareti alle Twin Towers.
Nelle immagini: Il Nuraghe Piscu di Suelli.
Nelle immagini: Il Nuraghe Piscu di Suelli.
la teoria emulativa non mi convince, mi sembra più sensata una forma di pensiero che è applicata dal villaggio ma accomuna la sardegna tutta o quasi tutta, con un centro individuabile nell'oristanese e con una minore presenza in gallura.... una mitologia religiosa?
RispondiEliminaMagari dopo un censimento serio e reale delle emergenze (o come le chiamate voi) ne riparliamo...
RispondiEliminaUn post conciso, ma efficace, su un tema molto dibattuto. Si evince che esistono dati archeologici dai quali non si può prescindere.
RispondiEliminaIn sintesi:
1) Non esiste prova archeologica che consenta di affermare che il nuraghe nell'età del bronzo fosse un edificio adibito ad uso cultuale. Ovvero non aveva funzione di tempio, ma sicuramente era un luogo ove venivano ammassate derrate alimentari.
2) Non esistono, allo stato attuale delle ricerche, dati archeologici incontestabili che comprovino un'invasione dei Popoli del Mare, provenienti da Oriente, nella Sardegna dell'età del bronzo.
Esatto
EliminaQuanto sarebbe bello se lei potesse, Montalbano, darci conto di come la pensano a riguardo gli archeologi sardi, e non, che si occupano dell'età nuragica o dei Popoli del Mare. Così, anche in maniera sintetica. Io, ad esempio, a riguardo delle tesi sulla provenienza degli shardana, credo di conoscere la posizione di Ugas, M.A. Fadda, Stiglitz e Cavillier: tutte diverse. E gli altri archeologi e storici? Su che posizioni stanno?
RispondiEliminaAllo stesso modo sarebbe interessante sapere cosa pensano della funzione dei nuraghi durante l'età del bronzo.