lunedì 17 novembre 2025

PROPOSTA DI REVISIONE DELLA CARTOGRAFIA GEO-MITOLOGICA DEL MEDITERRANEO: UNA RIANALISI DEL PARADIGMA SARDO-CORSO, di Luigi Usai

PROPOSTA DI REVISIONE DELLA CARTOGRAFIA GEO-MITOLOGICA DEL  MEDITERRANEO: UNA RIANALISI DEL PARADIGMA SARDO-CORSO

Luigi Usai, 

Tel.3465878684



A: COMUNITÀ SCIENTIFICA, DIPARTIMENTI DI ARCHEOLOGIA, FILOLOGIA  CLASSICA E GEOGRAFIA STORICA



 OGGETTO: Necessità di una riconsiderazione critica dei toponimi classici (Libia, Asia, Atlante, Mauretania) alla luce del paradigma  sardo-corso-atlantideo[1] [1].



 1. PREMESSA: LANOMALIA SARDO-CORSA

 Per secoli, la communis opinio storiografica ha stabilito una corrispondenza diretta tra i toponimi delle fonti primarie (Erodoto, Diodoro Siculo, Plinio) e la geografia moderna: la Libia (Λιβύη) è ‘l’Africa, l’Atlante (Ἄτλας) è la catena del Marocco, e la Mauretania è la provincia nordafricana.

 Tuttavia, questo modello consolidato costringe a interpretare numerose descrizioni di Erodoto come "problematiche" o

"mitiche" e lascia irrisolte le localizzazioni di luoghi centrali come il Lago Tritonide e il Giardino delle Esperidi.

 Si propone qui un modello interpretativo alternativo, basato sull’ipotesi di uno sparagmós (smembramento) semantico e geografico operato in epoca ellenistico-romana. Questo modello suggerisce che la toponomastica originaria fosse centrata sul blocco geologico sardo-corso e che sia stata deliberatamente trasferita altrove per attuare una damnatio memoriae geopolitica.

 2. LE RIASSEGNAZIONI TOPONOMASTICHE (LE PROVE)

 L’adozione del paradigma sardo-corso-atlantideo richiede la seguente rilettura critica delle fonti, basata su un’analisi alternativa dei testi e sulla persistenza di tracce linguistiche e geografiche:

       * DA LIBYA (ΛΙΒΎΗ) ALLA SARDEGNA MERIDIONALE: Si ipotizza che la "Libia" descritta da Erodoto (Libro 4), con i suoi popoli (Ausei, Maclei, Atlanti), non sia il continente africano, ma una descrizione della Sardegna meridionale (specificamente l’area del Sulcis e della Provincia di Cagliari).
       * DAL LACUS TRITONIDIS AGLI STAGNI DI CAGLIARI: Di conseguenza, il vasto Lago Tritonide descritto da Diodoro Siculo e Erodoto non è la chott tunisina, ma il sistema lagunare endoreico di Cagliari (Molentargius, Santa Gilla, Capoterra), che in epoca protostorica formava un unico, vasto bacino.
       * DA MONS ATLAS AI MONTI DEL SULCIS: Il mitico Monte Atlante, descritto come colonna del cielo, non è la catena marocchina, ma la dorsale dei Monti del Sulcis.
       * DA MAURETANIA ALLA MAURREDDANÌA SARDA: Il nome della provincia romana nordafricana sarebbe una traslitterazione successiva di un etnonimo/toponimo sardo (i Maurreddusu del Sulcis), trasferito in Africa per cancellare l’identità del popolo atlantideo originario.
       * DALLOCEANUS ATLANTICUS (PRIMIGENIO) AL MEDITERRANEO OCCIDENTALE:
 L’Oceano Atlantico" delle fonti arcaiche non è l’oceano moderno, ma il mare che circondava l’isola-continente atlantidea (il blocco sardo-corso), ovvero l’odierno Mediterraneo Occidentale.

 3. RISULTATO: LA LOCALIZZAZIONE DEL GIARDINO DELLE ESPERIDI

 L’accettazione di questo riposizionamento cartografico risolve automaticamente una delle quaestiones più elusive della geografia mitica. Le fonti classiche sono concordi nel situare il Giardino delle Esperidi (Ἑσπερίδων κῆπος) in una posizione specifica:


       * Presso i Monti di Atlante.
       * Vicino all’Oceano Atlantico.
       * Nelle adiacenze del Lago Tritonide.

Se applichiamo il paradigma tradizionale (Africa), questi luoghi sono vasti e mal definiti. Se applichiamo il paradigma sardo-corso, la localizzazione diventa MICRO-TOPOGRAFICA E PRECISA:
 Se l’ATLANTE sono i MONTI DEL SULCIS, l’OCEANO è il MEDITERRANEO OCCIDENTALE (Golfo di Cagliari/Sulcis) e il LAGO TRITONIDE è il COMPLESSO LAGUNARE DI CAPOTERRA/CAGLIARI, allora il Giardino delle Esperidi deve trovarsi esattamente nel punto di incontro di questi tre elementi:

LA PIANA COSTIERA DI CAPOTERRA.

 Questa localizzazione teorica è corroborata da un’impressionante prova toponomastica moderna: l’esistenza della località "Fruttidoro" (o Frutti d’Oro) nel comune di Capoterra, un evidente calco semantico che conserva la memoria dei "Pomi d’Oro" (χρύσεα μῆλα) del mito.

 4. APPELLO ALLA COMUNITÀ SCIENTIFICA

 Si invita la comunità archeologica e filologica a sospendere il giudizio basato sul paradigma tradizionale e a considerare la coerenza interna di questo modello alternativo.

 Non si tratta di "sbagliare", ma di testare una nuova ipotesi che sembra risolvere più incongruenze di quante ne crei. La persistenza del toponimo "Fruttidoro" (Usai 2024)¹, in un’area che corrisponde perfettamente alla geografia mitica (una volta riposizionati i Monti di Atlante e il Lago Tritonide), non può essere liquidata come una coincidenza.
 Si sollecitano pertanto nuove indagini archeologiche, paleobotaniche e linguistiche mirate presso il sito di Capoterra, al fine di verificare empiricamente una tesi che, se confermata, riscriverebbe la protostoria del Mediterraneo.

 5. EVIDENZE MICENEE A SELARGIUS (VIA ATENE – BIA ’E PALMA)

Un ulteriore elemento a sostegno dell’ipotesi di contatti diretti fra il mondo miceneo e quello nuragico proviene dai ritrovamenti effettuati a Selargius, in località VIA ATENE/BIA ’E PALMA. In quest’area sono stati rinvenuti materiali ceramici attribuibili alla cultura micenea, associati a strutture di probabile accampamento nuragico. La compresenza di reperti egeo‑micenei e nuragici in un medesimo contesto stratigrafico rafforza l’idea di una frequentazione condivisa e di scambi culturali diretti nel Campidano durante il Bronzo Finale.

Questi dati, se confermati da ulteriori indagini stratigrafiche e analisi tipologiche, permetterebbero di estendere la mappa delle presenze micenee in Sardegna oltre i siti già noti di Antigori e Sant’Imbenia, delineando un CORRIDOIO DI INTERAZIONE che dal Sulcis si prolunga verso l’area metropolitana di Cagliari. La località di Selargius, situata lungo le vie naturali di comunicazione fra costa e interno, si configura così come un nodo strategico per la comprensione della rete di contatti egeo‑nuragici.

6. CORRELAZIONE MITOGRAFICA E REPERTI METALLURGICI: I TREPPIEDI EGEI DEL SULCIS-CAMPIDANO

Se l’evidenza ceramica discussa al Punto 5 (Selargius) attesta una frequentazione e una_compresenza egeo-nuragica nel Campidano, l’analisi dei reperti metallurgici di prestigio, provenienti dalla medesima macro-area geografica, eleva il livello dell’interazione da mero contatto commerciale a una potenziale CORRELAZIONE RITUALE E MITOGRAFICA.

Si fa riferimento, in primo luogo, ai rinvenimenti avvenuti nello stesso contesto di SELARGIUS (SU CODDU / CANELLES), un sito che, secondo la nostra riassegnazione toponomastica, è situato sulle sponde immediate dell’ipotetico Lacus Tritonidis (il sistema lagunare cagliaritano). In questo sito, oltre ai materiali ceramici, sono stati identificati frammenti (specificamente protomi e porzioni di anelli) di uno o più TREPPIEDI A VERGHETTE (ROD-TRIPODS) in bronzo. L’analisi
> tipologica e tecnologica (fusione a cera persa) conferma in modo inequivocabile la loro matrice CIPRIOTA-MICENEA (Tardo Elladico IIIC), datandoli a una fase avanzata del Bronzo Finale (XII-XI sec. a.C.).

La presenza di un oggetto cultuale egeo di tale levatura, in un contesto nuragico situato nell’esatta posizione geografica del Lacus Tritonidis delle fonti, non può essere liquidata come una semplice importazione di lusso. Essa configura la straordinaria possibilità di una MATERIALIZZAZIONE ARCHEOLOGICA DEL MITO DEGLI ARGONAUTI. Come tramandato da Apollonio Rodio (Argonautiche, IV, 1492-1501), fu proprio un treppiede bronzeo che l’oracolo del Lago Tritonide richiese in dono agli eroi egei. Il reperto di Selargius potrebbe rappresentare l’eco materiale di questa specifica tradizione narrativa e cultuale.
Questa interpretazione è ulteriormente corroborata, e sottratta al rischio di isolamento scientifico, da un secondo, eccezionale rinvenimento. Spostandoci nell’area dei Monti del Sulcis (il nostro Mons Atlas), e precisamente nel santuario ipogeico della GROTTA DI SU BENATZU (SANTADI), è stato rinvenuto un altro TRIPODE BRONZEO di analoga tradizione cipriota-micenea. Il reperto è stato scoperto nella "Sala del Tesoro", un ambiente cultuale profondo, in associazione diretta con un altare stalagmitico e un focolare sacrificale. La datazione al C14 del contesto (820-730 a.C.) ne attesta la venerazione fino alla Prima Età del Ferro.
La deposizione di questo manufatto, inequivocabilmente un ex voto di altissimo pregio offerto a una divinità ctonia (delle acque e degli inferi), conferma l’esistenza di un pattern rituale. L’evidenza combinata di Selargius e Santadi dimostra che, nella transizione tra Bronzo Finale e Prima Età del Ferro, oggetti cultuali egei di massimo prestigio (i treppiedi) venivano deposti ritualmente nei due epicentri geografici (il Lacus Tritonidis e il Mons Atlas) della nostra rianalisi geo-mitologica, saldando il dato archeologico alla fonte letteraria.

7. PARADIGMA ERMENEUTICO E RISCHIO METODOLOGICO: LOSTACOLO DELLA PARSIMONIA E LA TUTELA DELLE EVIDENZE
L’esposizione di questo paradigma sardo-corso-atlantideo impone una riflessione finale di natura epistemologica, che ne evidenzia tanto la forza quanto il principale ostacolo alla sua accettazione: il Rasoio di Occam.
L’ipotesi centrale di questo paper postula una corrispondenza letterale, filologica e micro-topografica tra la narrazione mitica e la geografia odierna. Si sostiene che lo sbarco degli Argonauti (o di navigatori egei la cui memoria è confluita in quel mito) sia avvenuto in un luogo percepito come l’estremo capo del mondo". Questo trova un riscontro etimologico diretto nel toponimo CAPOTERRA, scientificamente derivabile dal latino Caput Terrae (capo/fine della terra).
Inoltre, si sostiene che il "Giardino dai Pomi d’Oro" (χρύσεα μῆλα) non sia un’allegoria, ma la descrizione di un luogo reale, la cui memoria è preservata in situ dall’odierno toponimo della frazione costiera di FRUTTIDORO (o Frutti d’Oro) nel comune di Capoterra.
Siamo pienamente consapevoli che questa doppia, perfetta sovrapposizione tra mito e toponomastica moderna appare, a un primo esame, come una violazione diretta del PRINCIPIO DI PARSIMONIA. La communis opinio scientifica è metodologicamente addestrata a preferire spiegazioni più "economiche" (es. la paretimologia casuale, la coincidenza agronomica moderna per "Fruttidoro") piuttosto che accettare un’ipotesi che implica una conservazione letterale della memoria mitica per oltre tre millenni.
Questo costituisce un GRAVISSIMO OSTACOLO ALLA COMPRENSIONE. Se i fatti si sono svolti nel modo qui descritto – se la verità storica è effettivamente così letterale – il paradigma scientifico dominante, per autodifesa metodologica, è portato a usare proprio il Rasoio di Occam per invalidare a priori fatti potenzialmente veri.
La straordinaria natura della prova (la sua "eccessiva" chiarezza) diventa essa stessa la causa del suo rigetto.
Il rischio, tuttavia, non è solo teorico, ma drammaticamente pratico e operativo. Le correlazioni geo-mitografiche e le analisi filologiche qui presentate, frutto delle recenti scoperte del Dr. Luigi Usai, NON FANNO PARTE DEL CORPUS FORMATIVO STANDARD impartito nelle facoltà di Archeologia o Lettere Classiche.

Di conseguenza, un archeologo o un funzionario preposto alla tutela che si trovi a condurre prospezioni o scavi preventivi nell’area di Capoterra/Fruttidoro, opera in una condizione di CECITÀ ERMENEUTICA. Se dovesse rinvenire reperti diagnostici (es. materiali micenei, Tardo Elladici, potenzialmente "argonautici"), egli non possiederebbe gli strumenti concettuali per riconoscerne il valore capitale.
In assenza del paradigma qui esposto, tali reperti verrebbero quasi certamente classificati come "sporadici", "decontestualizzati", "di scarso valore scientifico" o persino come "contaminazioni". L’esito più probabile di questa errata valutazione scientifica, dovuta a una lacuna formativa, sarebbe il rilascio di autorizzazioni edilizie (per autostrade, "palazzi" o infrastrutture), che porterebbero alla DISTRUZIONE FISICA E IRREVERSIBILE DELLE PROVE SCIENTIFICHE e alla soppressione definitiva della possibilità di validare empiricamente questa revisione storiografica.

[1] [2] Riferimento: Usai, L. (2024). Localizzazione del leggendario Giardino delle Esperidi a Frutti d’oro di Capoterra (Version v2) [Preprint]. Zenodo. 

https://doi.org/10.5281/zenodo.13755822 

[2][3] [4] https://www.lagrottadeltesoro.it/chi-siamo/ 

[5]
Links:
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 [1] 
http://mail.tiscali.it/#_ftn1
 [2] 
http://mail.tiscali.it/#_ftnref1
 [3] 
https://doi.org/10.5281/zenodo.13755822
 [4] 
http://mail.tiscali.it/#_ftnref2
 [5] 
https://www.lagrottadeltesoro.it/chi-siamo/

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