lunedì 25 aprile 2022

Archeologia della Sardegna. Pozzo Sacro Sant'Anastasia di Sardara. Articolo di Pierluigi Montalbano

Archeologia della Sardegna. Pozzo Sacro Sant'Anastasia di Sardara.

Articolo di Pierluigi Montalbano

Il santuario di Sant’Anastasia si trova nella parte alta di Sardara, ai piedi del costone che sale verso il colle di Pran'e Cuaddus, nel Medio Campidano, e prende nome dalla chiesetta vicina. E’ caratterizzato da un pozzo sacro detto funtana de is dolus (fonte dei dolori), alimentato da falde sotterranee. Realizzato con blocchi di basalto e calcare nel Bronzo finale, orientato secondo l’asse nord/est - sud/ovest, ha una camera circolare alta 5 metri conformata a tholos, cui si accede da una scala di 12 gradini, coperta da lastroni poggiati orizzontalmente. L’atrio presenta dei sedili ed è

lastricato. La vena sorgiva, convogliata in un cunicolo lungo 6 m, scaturisce da un'apertura con architrave alla base della camera del pozzo, nel lato opposto alla scala, e proviene da una vicina sorgente, ritenuta salutare e capace di curare diverse patologie. Prima di depositarsi nel cunicolo, l’acqua sorgiva scorreva lungo il villaggio e si incanalava sotto la pavimentazione di una capanna, lastricata in modo tale che l’acqua giungesse dentro il cunicolo suddivisa in sette rivoli. L’uso dell’area per finalità religiose proseguì dopo l’età nuragica, come documentano una ceramica punica e resti dell’edificio bizantino sottostante alla chiesa di Santa Anastasia, ricostruita nel XV secolo.

Questa si presenta a due navate, separate da pilastri su cui poggiano archi a sesto acuto. Dentro la chiesa c’è un altro pozzo nuragico, originariamente inserito in una grande capanna del villaggio, forse usato per l’approvvigionamento idrico della comunità. Nel lato sinistro della chiesa si notano conci decorati con motivi incisi, altri mammellati e uno con forma di testa di toro. Alcuni sono murati nella facciata dell’edificio. Nel pozzo, più piccolo rispetto a sa funtana de is dolus, furono rinvenuti numerosi vasi dell’età del Ferro, VIII a.C. mentre gli scavi attorno hanno messo in luce un grande recinto curvilineo fiancheggiato da un camminamento di lastre di scisto, forse collegato a un porticato. All’interno del recinto ci sono le capanne del vasto insediamento nuragico che continua sotto l’abitato moderno. Il villaggio ingloba un’ampia capanna circolare, forse la sala del Consiglio, con due nicchie e un sedile che corre lungo il muro perimetrale. Presso l'ingresso, c’è una fossa rettangolare, scavata nel bancone roccioso, che conteneva un orcio con pregiati manufatti in bronzo, tra cui strumenti da fonditore per attività artigianali e materiale in pezzi destinato alla fusione. Accanto all'orcio furono trovati tre bellissimi bacili di bronzo.

Gli scavi hanno portato alla luce elementi di arredo tra cui spicca un altare di pietra modellato a foggia di torre nuragica. Inoltre, sono stati scoperti numerosi reperti unici come matrici di fusione di terracotta, lingotti in piombo e uno scodellone fittile contenente lingotti del tipo "ox-hide" (pelle di bue), oggi conservati nel museo archeologico Villa Abbas. La chiesa è una delle più antiche della Sardegna e poggia le sue fondamenta sui resti dell’insediamento nuragico. Il primo impianto è del 500 d.C., poco dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Nel 1913, durante il primo scavo archeologico, la facciata, costruita parzialmente con materiale proveniente dagli edifici nuragici, viene smontata e arretrata di qualche metro, per riportare all’esterno della chiesa l’ingresso del pozzo sacro. Sulla destra c’è un fonte battesimale del 1585.

Sull’altare, una statua della Madonna e una del Cristo. La statua di Sant’Anastasia, in legno e risalente al 1600 circa, è collocata in fondo alla parete destra. La santa fu una donna romana martirizzata intorno al 300 d.C. durante una delle ultime campagne persecutorie dell’imperatore Diocleziano. Il suo culto è ancora oggi vivissimo nella chiesa ortodossa e anticamente veniva invocata nel mondo cristiano per sciogliere i malefici, per guarire dalle malattie fisiche e psichiche e dagli avvelenamenti, e come protettrice delle partorienti. Tradizionalmente viene raffigurata con una palma o una croce nella mano destra, e un vaso di medicinali o un libro in quella sinistra.


Foto dal web, nome dell'autore all'interno della foto.

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