martedì 22 febbraio 2022

Archeologia. Le ceramiche nuragiche nella Penisola Iberica e le relazioni tra la Sardegna e la Penisola Iberica nei primi secoli del I millennio a.C. Articolo di Giovanna Fundoni

Archeologia. Le ceramiche nuragiche nella Penisola Iberica e le relazioni tra la Sardegna e la Penisola Iberica nei primi secoli del I millennio a.C.

Articolo di Giovanna Fundoni

I recenti ritrovamenti di ceramica nuragica in diverse località della Spagna hanno attratto ancora una volta l’attenzione del mondo scientifico verso le testimonianze nuragiche fuori dalla Sardegna, aprendo la via allo studio delle relazioni tra l’isola e la Penisola Iberica in epoca protostorica. Si tratta di un discreto numero di vasi, di varia tipologia, in parte trovati e pubblicati di recente, in parte pubblicati in passato come di provenienza incerta e riconosciuti come nuragici solo negli ultimi anni, in parte ancora inediti o in corso di studio. La loro presenza nella Penisola Iberica testimonia l’esistenza di relazioni tra

questa e la Sardegna nei primi secoli del primo millennio a.C.

Le ceramiche

 I materiali qui analizzati assommano a 75 elementi (3 vasi interi e 72 frammentari), ai quali si deve aggiungere anche un numero imprecisato di frammenti dei quali si hanno solo notizie o citazioni e che è finora stato impossibile rintracciare. In attesa di analisi archeometriche la loro origine nuragica è stabilita sulla base di criteri stilistici e formali, con confronti con esempi simili esistenti in Sardegna, assieme ad una valutazione autoptica della composizione e delle caratteristiche degli impasti, che appaiono già alla vista umana molto differenti da quelli locali e fenici noti nella Penisola Iberica. Hanno i caratteri tipici del repertorio materiale nuragico del Bronzo Finale e dell’età del Ferro, con forme sia chiuse che aperte, tipi e registri decorativi vari. Si contano anche alcune forme nuragiche di probabile realizzazione locale che rimandano alla Sardegna soltanto nei modelli, come le teglie di Huelva (González de Canales et alii 2004, p. 206). 


Le forme che si annoverano sono: vasi askoidi, anfore tipo Santa Imbenia, vasi a collo, dolii, vasi bollilatte, ciotole, teglie, più alcuni frammenti difficili da classificare. Sono principalmente vasi d’uso comune, spesso dalla fattura grossolana che porta a considerarli in vista del loro contenuto o dell’effettivo utilizzo: vasi di forma chiusa adatti per il trasporto e la conservazione di beni o derrate alimentari, forme aperte destinate alla preparazione e consumo di cibi e bevande. Solo i vasi askoidi e le ciotole mostrano una maggiore qualità e migliore fattura e sono anche gli unici ad essere decorati. Solo una piccola parte di essi è decorata, con i registri decorativi e motivi più noti in Sardegna per il Bronzo Finale e la prima età del Ferro, spesso anche associati: cerchielli impressi, linee incise, motivi a Chevron, a spina di pesce e a falsa cordicella, cordoni plastici. Le prime scoperte di ceramiche nuragiche risalgono ai primi anni del 2000, con il ritrovamento di una brocca askoide quasi integra a Cadice (fig. 1.4), trovata durante uno scavo d’urgenza nel centro storico (Calle Canovas del Castillo) assieme ad altri materiali fenici e datata dagli autori all’VIII secolo a.C. (Cordoba Alonso e Ruiz Mata 2005). Poco dopo, durante una revisione dei materiali dei vecchi scavi del santuario del Carambolo-Siviglia, si scoprì un frammento di ansa decorata a cerchielli all’epoca non identificato e poi passato inosservato, che viene collocato dall’autore nel IX a.C. (Torres Ortiz 2004). Dallo stesso sito viene anche un altro frammento di vaso askoide decorato riconosciuto pochi anni fa (Fernández e Rodriguez 2007, Lám.10). La scoperta che ha destato maggiormente l’attenzione del mondo scientifico è però quello di Huelva: un insieme di più di 50 frammenti di ceramiche ricollegabili alla Sardegna nuragica (vasi askoidi semplici e decorati, vasi a collo, una ciotola carenata, anfore tipo S. Imbenia, teglie) venuti in luce durante uno scavo di emergenza nel centro storico della città (Plaza de las Monjas) assieme a materiali di varia provenienza (greci, ciprioti, fenici, tirrenici), in un contesto legato ad un approdo e datato dagli autori al primo quarto del IX secolo a.C. (González de ù Canales et alii 2004). Sempre da Huelva vengono altri materiali nuragici di più recente scoperta: un numero non ancora definito di ceramiche rinvenute durante scavi di emergenza in un’area di nuova urbanizzazione alla periferia della città. Finora si contano due anse decorate a cerchielli e vari frammenti di corpo di vaso askoide, un’ansa a gomito rovescio, alcuni frammenti di ciotola e dolio. Il contesto di ritrovamento è un insediamento indigeno prefenicio legato alla viticoltura1 . L’importanza di questi materiali nuragici, i più antichi dei quali si collocano tra X e IX a.C.2 , è data dal fatto che per la prima volta si ritrovano in un contesto prefenicio. Il ritrovamento più recente è quello di Malaga, dove nell’autunno del 2009 durante i lavori di ampliamento dell’aeroporto son venuti in luce un numero non ancora noto di ceramiche nuragiche. Si ha notizia di vasi d’uso comune come un vaso bollilatte e di qualche frammento di vaso askoide. Il sito è un insediamento fenicio, tra i più antichi della penisola, datato all’VIII a.C. Tra gli altri materiali nuragici nella Penisola Iberica risaltano le anfore nuragico-fenicie di tipo S. Imbenia. Si conosce un vaso intero (fig. 1.2) riutilizzato come urna cineraria in una tomba fenicia di VIII a.C. della necropoli di Las Chorreras (Martin Córdoba et alii 2007), un numero di frammenti non meglio definito e attualmente in corso di studio dall’insediamento del Castillo de Doña Blanca datati all’VIII a.C. (Ruiz Mata e Pérez 1995, p. 305; Córdoba Alonso e Ruiz Mata 2005, p. 1300), altri dal centro di Cadice dallo stesso contesto della citata brocca askoide (Ibid.), altri ancora dal sopra citato contesto del centro storico di Huelva (González et alii 2004) e da altre zone della città con cronologie che riportano all’VIII a.C. (Gómez Toscano 2004, p. 80). Infine si aggiungono le teglie o tegami ritrovate in diverse località della Penisola Iberica. Questi vasi di forma aperta, di poco pregio e dalla cronologia molto ampia, si ritrovano qui per la prima volta fuori dalla Sardegna. 


Si hanno esempi da Las Chorreras e Toscanos in contesti fenici rispettivamente di VIII a.C. e VII a.C., da Aldovesta (fig. 1.6) in una tomba datata al VII-VI a.C. di una necropoli locale con contatti fenici. Ma le più note e dibattute sono quelle del centro storico di Huelva (fig. 1.5), sette teglie dal modello tipicamente nuragico realizzate però con argilla locale (González et alii 2004, p. 206), che per quest’ultimo motivo hanno creato dubbi nell’attribuzione alla ceramica nuragica. Distribuzione e contesti di ritrovamento I materiali in questione si distribuiscono nella costa Nordorientale e in quella Sudoccidentale della Penisola Iberica, nelle seguenti località (fig. 1.1): Aldovesta, Huelva, S. Bartolomè Almonte, El Carambolo, Cadice, El Castillo de Doña Blanca, Malaga, Toscanos, Las Chorreras. Si tratta di insediamenti, necropoli, luoghi di culto, per gran parte legati alla prima presenza fenicia in occidente, ad eccezione dell’insediamento indigeno prefenicio alla periferia di Huelva. Sono siti costieri, quasi sempre nei pressi di approdi o aree particolarmente rilevanti per i rapporti con l’esterno. Anche le due località che sembrano aver poco a che vedere con questo schema, El Carambolo e Aldovesta, in realtà in epoca protostorica sorgevano in punti di fondamentale importanza: Aldovesta lungo la grande via di comunicazione fluviale dell’Ebro, a poca distanza dal mare e lungo l’accesso ad una ricca zona mineraria, El Carambolo, oggi a circa 100 km dalla costa, nei pressi di un grande golfo col tempo colmato dai detriti portati dal fiume Guadalquivir. Sono tutte località che costituiscono importanti punti di passaggio legati ai contatti e traici col mondo esterno. Se si eccettua il contesto della periferia di Huelva, l’unico prefenicio e che ha dato i reperti più antichi datati al X-IX a.C., gli altri ritrovamenti vengono da siti che si datano tra IX e VII secolo a.C. Conclusioni Il cospicuo numero dei reperti, dai tipi e cronologie differenti, e la loro distribuzione rende sempre meno accettabile l’idea di un loro arrivo occasionale, mettendo in luce l’esistenza di relazioni tra la Sardegna e la Penisola Iberica nella prima metà del I millennio a.C. Queste relazioni sembrano iniziare almeno nel Bronzo Finale, come testimoniano anche le armi e strumenti di provenienza o ispirazione iberica del Bronzo Finale Atlantico rinvenute in Sardegna, e continuano nella prima metà del I millennio a.C. seppure con possibili modalità e partner differenti. Se da una parte ora è chiara l’esistenza di relazioni tra le due aree si hanno però tanti nuovi interrogativi a cui rispondere. Come arrivarono le ceramiche nuragiche nella Penisola Iberica? Quali erano i beni trafficati? Che tipo di relazioni esistevano tra la Sardegna e la Penisola Iberica? Che ruolo ebbero i Nuragici in questi rapporti? Lo studio dei materiali in questione non da ancora che una minima parte delle risposte, ma permette di formulare delle ipotesi sui possibili beni oggetto di questi traici e fornisce importanti elementi per poter affermare la presenza di individui nuragici nella Penisola Iberica. Le forme nuragiche ritrovate portano a due ambiti differenti: quello dello scambio di beni o derrate rappresentato dai loro contenitori (vasi a collo, anfore S. Imbenia, dolii, vasi askoidi) e quello della vita quotidiana rappresentato dai vasi d’uso comune (teglie, ciotole, vasi bollilatte). Il primo ambito può fornire utili dati per ipotizzare quali fossero i beni trafficati, anche se, in mancanza di analisi specifiche che permetterebbero confronti più certi di quelli visivi e aiuterebbero a sostenere le ipotesi, si rende necessaria una certa cautela. Considerata la presenza di importanti bacini minerari a poca distanza dai contesti di ritrovamento delle ceramiche sarde (per esempio l’area mineraria del Rio Tinto, non molto distante da Huelva), si può pensare che i Nuragici nella Penisola Iberica si approvvigionassero di metalli, in particolare di stagno non altrimenti reperibile in Sardegna. Pensando invece alle testimonianze nuragiche rimaste nella penisola è molto probabile che in cambio portassero cibi, bevande o sostanze di particolare pregio di cui rimangono i resti dei contenitori, come per esempio vino di particolare pregio come propone Botto (2004-2005, p. 22). Del resto alcune delle ceramiche prese in esame potrebbero ricollegarsi al vino: vasi a collo, dolii e anfore S. Imbenia per il trasporto e la conservazione, vasi askoidi per la mescita, ciotole per il consumo. Si potrebbe quindi pensare anche ad una sorta di servizi da vino, come già ipotizza lo stesso Botto (Ibid., p. 26) e di cui si è iniziato a parlare negli ultimi anni per altri casi in Sardegna. Invece la presenza di vasi d’uso comune come le teglie, privi di valore di scambio e inutili per il trasporto e conservazione di beni di qualsiasi tipo, testimonia la presenza dei loro utilizzatori. Non sappiamo se fossero gli equipaggi delle navi che veicolavano beni dalla Sardegna, i gestori delle relazioni tra le due aree o altri ancora, però queste persone dovettero aver bisogno di questo tipo di vasi mentre si trovavano nella Penisola Iberica visto che arrivarono a riprodurli o commissionarli localmente come nel caso di Huelva. Chi poteva averne necessità se non gli stessi Nuragici? Individui che si trovavano a soggiornare per periodi più o meno lunghi nella Penisola Iberica, come protagonisti dei traici o semplicemente come equipaggio di altre navi, nell’ambito delle relazioni con la Sardegna. La presenza di Nuragici nello svolgersi di questi traici è quindi oggi abbastanza plausibile, rimangono però dei dubbi sulla loro gestione e organizzazione, che ruolo essi vi avessero, con che modalità avvenissero. Il ritrovamento di buona parte delle ceramiche nuragiche in contesti o associate a materiali fenici, evidenzia il possibile coinvolgimento dei mercanti levantini, fatto che ha portato parte del mondo scientifico a sostenere un automatico protagonismo fenicio in queste relazioni. In realtà allo stato attuale della ricerca non ci sono dati sufficienti a sostenere il protagonismo di alcuna delle parti in causa, né tantomeno a stabilire il loro ruolo. È chiara la presenza di Nuragici nella Penisola Iberica e il loro legame con i traici tra le due aree in questione, così come è evidente il coinvolgimento o legame con i Fenici almeno dall’VIII secolo a.C., ma l’organizzazione e la dinamica di queste relazioni restano ancora da chiarire con la ricerca sistematica sia nella Penisola Iberica che in Sardegna.

 

Fonte:

ATTI DELLA XLIV RIUNIONE SCIENTIFICA  

LA PREISTORIA E LA PROTOSTORIA DELLA SARDEGNA

Cagliari, Barumini, Sassari 23-28 novembre 2009

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