Archeologia. Il "Sistema di Palazzo", e la nascita delle prime città.
Articolo di Pierluigi Montalbano
La città, fin dalle sue prime
forme, si basa su due nuclei: gli edifici sacri con i templi dedicati alle
principali divinità, e il complesso palatino, espressione del potere politico
urbano. Nella storia del Vicino Oriente antico, il palazzo e il tempio sono la
manifestazione del potere laico e religioso. La fondazione di una città era
immaginata come il risultato di un’azione divina che ispirava un gruppo umano a
costruire un centro urbano per porvi la sede del proprio tempio e consegnare il
potere e la
regalità a un sovrano. La città è anche il luogo dove risiede e
lavora una buona parte della popolazione. Lo spazio urbano è generalmente delimitato
dalla cinta di fortificazione. La città di Uruk, con i suoi templi, gli edifici
pubblici, la sede del sovrano e le mura di fortificazione costruite dal re
Gilgamesh che la circondano, è considerata la prima espressione di un vero
centro urbano. Gli edifici principali
sono posti su terrazze sopraelevate e mostrano strutture decorate con mosaici
colorati. Questo modello di città, nato verso la fine del IV Millennio a.C., fu
poi esportato fuori dalla Mesopotamia. Ogni re promuove una serie di attività
edilizie di costruzione per ridisegnare lo spazio urbano che gestisce e
governa. In alcuni centri si nota la presenza di un recinto (Temenos) che
delimita un ampio spazio aperto di fronte al tempio, in cui si svolgono
attività mercantili, di produzione e di vendita di prodotti e manufatti. In
altre parole, il tempio diventa una struttura economica del tessuto urbano, e
rimane in stretta relazione con la celebrazione del culto. Il palazzo è l’edificio in cui vive il sovrano
che, con una cerchia di funzionari, gestisce l’economia, la politica interna,
la politica estera e prepara le spedizioni militari. L’edificio reale rappresenta
anche il valore del potere della città e di un popolo, un luogo altamente
simbolico. Insieme a Uruk, si conoscono altre importanti città che segnano il
sistema di Palazzo mesopotamico: Mari, con la sontuosa residenza del sovrano
Zimri-Lim costruita all’inizio del XVIII a.C., durante l’epoca di Hammurabi di
Babilonia, ed Ebla, dotata di un’organizzazione dove le istituzioni del palazzo
e del tempio interagiscono. Il palazzo di Ebla è costruito sull’acropoli, proiettato
verso l’esterno, con un’architettura che rivela un modello originale dotato di
un’ampia corte aperta munita di un portico su due o tre lati, una sorta di
piazza dove i visitatori e le ambasciate sono ricevute dal sovrano. L’ampia
corte alla base dell’acropoli serve da punto di passaggio e di raccolta, e una
scala monumentale che si apre al centro della parete con portico la collega
alla parte alta della città. Il palazzo e gli edifici sacri sono parte
integrante del paesaggio urbano perché occupano fisicamente spazio nella città
e perché sono lo scenario dei riti che il re e la regina di Ebla celebrano per
il rinnovo della regalità, in connessione con il mausoleo dove riposano gli
antenati della casa regnante. Il
sistema di palazzo era, dunque, l’organizzazione economica più importante della
Mesopotamia, era il luogo dove confluivano i tributi, le rendite e i prodotti
delle proprietà e delle botteghe reali, i beni depredati alle popolazioni
sconfitte in guerra. I suoi magazzini distribuivano risorse alimentari,
vestiario, attrezzi da lavoro, ceramiche, sementi, animali, carri e tutto il
resto necessario ai membri della famiglia reale, al personale del palazzo, ai
funzionari, all’esercito e a tutti coloro che contribuivano a sostenere il
sistema, compresi i produttori, gli artigiani e i servitori. I documenti
trovati negli archivi testimoniano le paghe e le razioni che i lavoratori
ricevevano, la contabilità del materiale necessario alla fabbricazione di
edifici, alla manutenzione dei canali, alla preparazione di oggetti preziosi,
ai servizi di culto. Quando il sistema palatino iniziò ad essere applicata nei
regni del Vicino Oriente, l’organizzazione dovette affrontare una serie di
problemi. In Mesopotamia c’era abbondanza di risorse agricole, e la
distribuzione funzionava grazie a un patto di lealtà fra il sovrano e il
popolo. I regni che si affacciavano sul Mare Mediterraneo, invece, erano
gerarchizzati e in mano a pochi. Il sovrano era il capo assoluto, e imponeva i
tributi senza distribuire risorse al popolo. Circondato da guerrieri con
funzioni di esattori, ben presto dovette concedere privilegi sempre crescenti a
chi gli garantiva ricchezza e benessere. Le richieste della casta militare
crearono uno squilibrio e il sistema si sfaldò in pochi secoli per poi essere
soppiantato totalmente dall’organizzazione introdotta dopo le invasioni dei
popoli del mare che determinarono il crollo dei grandi imperi e, di
conseguenza, del sistema palaziale.
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