Archeologia. I Popoli del Mare, i temibili guerrieri che alla fine dell'età del Bronzo contribuirono al crollo dei grandi imperi del Vicino Oriente e dell'Egitto.
Articolo di Pierluigi Montalbano
Negli
ultimi secoli del II Millennio a.C., si osserva un cambiamento radicale del quadro
politico e sociale del Vicino Oriente antico. Il sistema palaziale dei vecchi
imperi crolla, accompagnato dalla comparsa di nuovi organismi che modificano
profondamente i confini e la fisionomia dei grandi imperi dell'epoca: Egitto, Assiria e
Babilonia. I Popoli del Mare, chiamati n3 ḫ3tw n p3 ym dagli egiziani, sono migranti
di origine nordafricana, egeo-anatolica e marittima, concorrono alla caduta
degli Ittiti e s’insediano in tutto il Vicino Oriente e nelle provincie egizie.
I popoli del mare prendono il nome dalle popolazioni che attaccarono e
travolsero i regni orientali con una serie di
campagne militari portate a più
riprese intorno al 1200 a.C. Dai testi egiziani si conoscono due eventi
principali: sotto Merenptah, dal 1230 a.C., alcuni gruppi di origine
mediterranea, Eqwesh/Achei, Lukka/Lici, Shekelesh/Siculi, Teresh/Tirreni e
Shardana/Sardi, si unirono all’invasione dei Libi nel Delta occidentale del
Nilo. Nel testo di un'iscrizione del Tempio di Medinet Habu, gli invasori
si dichiarano vincitori degli Ittiti e dei Mitanni. Si legge: “Gli stranieri
concepirono una cospirazione nelle loro isole, finché tutti insieme si mossero
e iniziarono a combattere. Nessun paese poteva resistergli: Khatti, Qade,
Karkemish, Arzawa e Alashiya finirono distrutti. Un accampamento fu stabilito
in Amurru. Essi ne annientarono le popolazioni, e la terra fu come non era mai
stata. Quindi si spinsero verso l’Egitto, preceduti da fuoco e fiamme. […]
Misero le mani sull’intero Paese, annunciando con arroganza: Ce la
faremo!” (iscrizione nel tempio di Medinet Habu).
Nonostante
la completa vittoria che Merenptah afferma di aver compiuto a Perire, ove il
faraone fa evirare i nemici morti incirconcisi e tagliare le mani a tutti gli
altri, gli attacchi continuano su vasta scala. Poi, al tempo del regno
del faraone Ramesse III, mezzo secolo dopo, un più consistente e articolato gruppo
di invasori, Peleset/Filistei, Tjeker/Teucri, Shekelesh, Denyen/Danai e Weshesh/Libi,
arrivò alle soglie del Delta orientale dopo aver travolto le città e i regni
anatolici, Cipro/Alashiya e la Siria. Le raffigurazioni di Ramses III sulle
pareti del tempio di Medinet Habu raccontano l’avvicinamento dei nemici su navi
e carri, la grande battaglia e le caratteristiche dei singoli popoli, ad
esempio, vestiario, armi e dettagli simbolici. Alcuni studiosi indicano in una
grave carestia, documentata da analisi dendrocronologiche, il motivo scatenante
delle invasioni. Altri propongono mire espansionistiche di popoli nemici degli
egizi, ma c’è da considerare che le guerre iniziano lontano dall’Egitto. Fra gli elementi
interni che causarono la crisi, ci fu l’aumento del nomadismo e la fuga dai
centri più direttamente sottoposti al controllo e allo sfruttamento palatino,
come in Khatti e Babilonia. Dall’esterno abbiamo, invece, l’approdo sulla scena
vicino-orientale di genti messe in moto da movimenti migratori che avvengono in
tutto il Mediterraneo orientale. Con il decisivo contributo di queste ultime
forze, vengono a ridisegnarsi, quasi completamente e in un tempo relativamente
breve, gli scenari politici e sociali che avevano caratterizzato il Vicino
Oriente per un lungo periodo. La crisi economica e demografica già diffusa nel
Tardo Bronzo mina la stabilità e il ruolo di grandi potenze tra cui l’Egitto e
l’Assiria, che ne escono fortemente ridimensionate, e favorisce lo sgretolarsi
di altre, come l’Impero ittita, insieme a varie realtà quali i regni di
Mitanni, Emar e Ugarit. Nascono nuovi stati, di dimensioni e ambizioni più
modeste, ed entrano sulla scena della storia, con documentazione epigrafica e
archeologica proprie, genti quali Filistei, Aramei, Israeliti e tribù
nord-arabiche, la cui affermazione produce un cambiamento significativo nelle
prospettive storiche e culturali del Vicino Oriente. Dai testi di Ugarit,
la città portuale al confine con la Siria, sappiamo che gli Ittiti decisero di
sbarrare i confini terrestri e marittimi verso le zone occidentali dell’Anatolia.
Nello stesso periodo, una serie di regni siriani rinforzava le difese a nord e
oriente, forse imponendo un embargo commerciale. Fu tutto inutile, l’avanzata
degli invasori fu devastante, e tutte le città costiere caddero in poco tempo. La
crisi divenne esplosiva nelle coste del Vicino Oriente e a sud, nel Delta del
Nilo. Il sistema urbanistico, organizzato intorno al Palazzo, si sbriciolò nell’Egeo,
in Anatolia e nel Levante, determinando il passaggio dall’età del Bronzo all’età
del Ferro. Per quasi 300 anni l’equilibrio politico e sociale fu precario, con
una complessa ristrutturazione organizzativa territoriale, con l’adozione di
nuove tecnologie metallurgiche. I profondi cambiamenti nei rapporti con le nazioni con
cui si è in contatto economico e commerciale, impongono anche nuovi metodi di
comunicazione, e si osserva una sensibile decadenza della lingua accadica e
della scrittura cuneiforme come veicoli della comunicazione internazionale. Le
scuole di scrittura dell’intera area siro-cananaica decadono, e i tentativi di
adattamento della scrittura cuneiforme alle parlate locali cedono il posto, alle
scritture lineari, inizialmente sillabiche e poi consonantiche. L’impulso fornito dalla diffusione degli
Aramei nel Vicino Oriente antico, impose un nuovo modo di comunicare e registrare
informazioni.
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