domenica 13 gennaio 2019

Archeologia. I Popoli del Mare, i temibili guerrieri che alla fine dell'età del Bronzo contribuirono al crollo dei grandi imperi del Vicino Oriente e dell'Egitto. Articolo di Pierluigi Montalbano


Archeologia. I Popoli del Mare, i temibili guerrieri che alla fine dell'età del Bronzo contribuirono al crollo dei grandi imperi del Vicino Oriente e dell'Egitto. 
Articolo di Pierluigi Montalbano

Negli ultimi secoli del II Millennio a.C., si osserva un cambiamento radicale del quadro politico e sociale del Vicino Oriente antico. Il sistema palaziale dei vecchi imperi crolla, accompagnato dalla comparsa di nuovi organismi che modificano profondamente i confini e la fisionomia dei grandi imperi dell'epoca: Egitto, Assiria e Babilonia. I Popoli del Mare, chiamati n3 ḫ3tw n p3 ym dagli egiziani, sono migranti di origine nordafricana, egeo-anatolica e marittima, concorrono alla caduta degli Ittiti e s’insediano in tutto il Vicino Oriente e nelle provincie egizie. I popoli del mare prendono il nome dalle popolazioni che attaccarono e travolsero i regni orientali con una serie di
campagne militari portate a più riprese intorno al 1200 a.C. Dai testi egiziani si conoscono due eventi principali: sotto Merenptah, dal 1230 a.C., alcuni gruppi di origine mediterranea, Eqwesh/Achei, Lukka/Lici, Shekelesh/Siculi, Teresh/Tirreni e Shardana/Sardi, si unirono all’invasione dei Libi nel Delta occidentale del Nilo. Nel testo di un'iscrizione del Tempio di Medinet Habu, gli invasori si dichiarano vincitori degli Ittiti e dei Mitanni. Si legge: “Gli stranieri concepirono una cospirazione nelle loro isole, finché tutti insieme si mossero e iniziarono a combattere. Nessun paese poteva resistergli: Khatti, Qade, Karkemish, Arzawa e Alashiya finirono distrutti. Un accampamento fu stabilito in Amurru. Essi ne annientarono le popolazioni, e la terra fu come non era mai stata. Quindi si spinsero verso l’Egitto, preceduti da fuoco e fiamme. […] Misero le mani sull’intero Paese, annunciando con arroganza: Ce la faremo!” (iscrizione nel tempio di Medinet Habu).
Nonostante la completa vittoria che Merenptah afferma di aver compiuto a Perire, ove il faraone fa evirare i nemici morti incirconcisi e tagliare le mani a tutti gli altri, gli attacchi continuano su vasta scala. Poi, al tempo del regno del faraone Ramesse III, mezzo secolo dopo, un più consistente e articolato gruppo di invasori, Peleset/Filistei, Tjeker/Teucri, Shekelesh, Denyen/Danai e Weshesh/Libi, arrivò alle soglie del Delta orientale dopo aver travolto le città e i regni anatolici, Cipro/Alashiya e la Siria. Le raffigurazioni di Ramses III sulle pareti del tempio di Medinet Habu raccontano l’avvicinamento dei nemici su navi e carri, la grande battaglia e le caratteristiche dei singoli popoli, ad esempio, vestiario, armi e dettagli simbolici. Alcuni studiosi indicano in una grave carestia, documentata da analisi dendrocronologiche, il motivo scatenante delle invasioni. Altri propongono mire espansionistiche di popoli nemici degli egizi, ma c’è da considerare che le guerre iniziano lontano dall’Egitto. Fra gli elementi interni che causarono la crisi, ci fu l’aumento del nomadismo e la fuga dai centri più direttamente sottoposti al controllo e allo sfruttamento palatino, come in Khatti e Babilonia. Dall’esterno abbiamo, invece, l’approdo sulla scena vicino-orientale di genti messe in moto da movimenti migratori che avvengono in tutto il Mediterraneo orientale. Con il decisivo contributo di queste ultime forze, vengono a ridisegnarsi, quasi completamente e in un tempo relativamente breve, gli scenari politici e sociali che avevano caratterizzato il Vicino Oriente per un lungo periodo. La crisi economica e demografica già diffusa nel Tardo Bronzo mina la stabilità e il ruolo di grandi potenze tra cui l’Egitto e l’Assiria, che ne escono fortemente ridimensionate, e favorisce lo sgretolarsi di altre, come l’Impero ittita, insieme a varie realtà quali i regni di Mitanni, Emar e Ugarit. Nascono nuovi stati, di dimensioni e ambizioni più modeste, ed entrano sulla scena della storia, con documentazione epigrafica e archeologica proprie, genti quali Filistei, Aramei, Israeliti e tribù nord-arabiche, la cui affermazione produce un cambiamento significativo nelle prospettive storiche e culturali del Vicino Oriente. Dai testi di Ugarit, la città portuale al confine con la Siria, sappiamo che gli Ittiti decisero di sbarrare i confini terrestri e marittimi verso le zone occidentali dell’Anatolia. Nello stesso periodo, una serie di regni siriani rinforzava le difese a nord e oriente, forse imponendo un embargo commerciale. Fu tutto inutile, l’avanzata degli invasori fu devastante, e tutte le città costiere caddero in poco tempo. La crisi divenne esplosiva nelle coste del Vicino Oriente e a sud, nel Delta del Nilo. Il sistema urbanistico, organizzato intorno al Palazzo, si sbriciolò nell’Egeo, in Anatolia e nel Levante, determinando il passaggio dall’età del Bronzo all’età del Ferro. Per quasi 300 anni l’equilibrio politico e sociale fu precario, con una complessa ristrutturazione organizzativa territoriale, con l’adozione di nuove tecnologie metallurgiche. I profondi cambiamenti nei rapporti con le nazioni con cui si è in contatto economico e commerciale, impongono anche nuovi metodi di comunicazione, e si osserva una sensibile decadenza della lingua accadica e della scrittura cuneiforme come veicoli della comunicazione internazionale. Le scuole di scrittura dell’intera area siro-cananaica decadono, e i tentativi di adattamento della scrittura cuneiforme alle parlate locali cedono il posto, alle scritture lineari, inizialmente sillabiche e poi consonantiche.  L’impulso fornito dalla diffusione degli Aramei nel Vicino Oriente antico, impose un nuovo modo di comunicare e registrare informazioni.

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