giovedì 10 gennaio 2019

Archeologia. Fra i popoli del mare che attaccarono l'Egitto, le iscrizioni parlano degli Shakelesh. Chi erano? Articolo di Pierluigi Montalbano


Archeologia. Fra i popoli del mare che attaccarono l'Egitto, le iscrizioni parlano degli Shakelesh. Chi erano?
Articolo di Pierluigi Montalbano

Fra i Popoli del Mare menzionati dagli antichi egizi ci sono gli Shekelesh, probabilmente una componente dei siculi. Nel tempio di Karnak sono indicati come uomini e donne stranieri, e nelle raffigurazioni sono rappresentati con i capelli raccolti sotto un copricapo a bandana, in alcuni casi ingrossata, fermata sul capo da un nastro. Sono vestiti con tuniche o gonnellini e portano un medaglione sul petto. I guerrieri non hanno armature e imbracciano due lance e uno scudo rotondo. Compaiono sulla scena nella seconda metà del XIII a.C., quando si registrano gli attacchi dei Popoli del Mare in Egitto. La prima attestazione (KIU 4246) è nel tempio di Karnak, nel V anno del regno di
Merenptah, intorno al 1220 a.C., e la seconda nell’VIII anno del regno di Ramesse III, verso il 1170 a.C. La prima riporta l'attacco portato nella località Pi-yer da una coalizione capeggiata dai Libu, insieme a Shekelesh, Shardana, Lukka, Tursha ed Ekwesh. Merenptah, propagando la vittoria, scrive di aver sconfitto gli invasori, uccidendo 6.000 soldati e prendendo 9.000 prigionieri. Aggiunge che per annotare il numero di morti si recise il pene di tutti i cadaveri non circoncisi e le mani di tutti i circoncisi, e tra questi ultimi, erano annoverati 222 Shekelesh. Il testo segnala che fra i circoncisi ci sono anche gli Shardana e gli Ekwesh. Negli scavi condotti a Ugarit, la città siriana, è stata portata alla luce la tavoletta d’argilla RS 18.147, appartenente all’archivio di Ammurapi, l’ultimo sovrano di Ugarit, scritta intorno al 1190 a.C., che riporta un testo assai interessante. Si riferisce al re di Alashiya (Cipro) che segnala la presenza in mare di una flotta nemica composta da 7 navi e suggerisce al sovrano di Ugarit di allestire le difese della sua città. Ammurapi rispose che l'attacco nemico era già in corso e che non aveva i mezzi per respingerlo. La lettera non fu mai spedita, la città di Ugarit fu distrutta prima. per impossibilità sopravvenuta. Un'altra tavoletta, la RS 34.129, indica che furono gli Shekelesh a portare l’attacco. Fu scritta dal re ittita Suppiluiuma II che si lamentava dell'inefficienza di Ammurapi, rivolgendosi direttamente al funzionario prefettizio (sàkin) della città per sollecitare l’invio di una donna di nome Ibnadušu rapita dal popolo delle navi per interrogarla e ottenere informazioni sugli Šikala, ossia gli Shekelesh, con la garanzia che l’avrebbe poi fatta ripartire per Ugarit.
La seconda attestazione, quella dell’VIII anno del regno di Ramesse III, parla di un’alleanza di cinque popoli stretta ad Amurru, in Siria, nel regno degli Amorrei, dove compaiono gli Shekelesh, i Peleset, i Tjeker, i Denyen e i Weshesh, con al seguito donne, bambini e masserizie. Sono indicati come provenienti dal mare, dal nord e dalle isole. Il faraone li sconfisse nella battaglia di Djahi, al confine con la Siria. Ottenuta la vittoria, il faraone, preoccupato per le sorti del regno, rientra in patria per organizzare le difese in vista di un nuovo attacco dei Popoli del Mare. Rinforza il confine, arma i porti, prepara i carri da guerra e descrive i suoi soldati come leoni che ruggiscono dalle cime delle montagne. Nel tempio di Medinet Habu è descritta la battaglia finale, quella che Ramesse iII propagandò come un trionfo sugli invasori. Il secondo pilone presenta due imponenti bassorilievi divisi dalla porta che divide la prima e la seconda corte. A sinistra c’è una scena con Amon-Ra che consegna una spada a Ramesse III, con Mut che benedice e officia il cerimoniale. A destra è descritto il conflitto avvenuto nel Delta del Nilo, con una cronaca sulle origini della confederazione e sul contesto geopolitico della battaglia: 
"Le nazioni straniere hanno organizzato una cospirazione presso le loro isole, hanno abbandonato le loro terre e si sono gettati nella mischia. Nessuno poteva resistere alle loro armi: Hatti, Qadesh, Karkemiš, Arzawa e Alashiya, tutte furono distrutte allo stesso tempo. Un campo militare fu da loro insediato in Amurru, e qui essi fecero strage della gente del posto, e la terra fu lasciata in uno stato di desolazione come se non fosse mai stata abitata. Poi si diressero verso l’Egitto, dove era stato innescato il focolaio della rivolta. La loro confederazione era composta da Peleset, Tjeker, Shekelesh, Denyen e Weshesh. Essi misero le proprie mani sulla terra che si stendeva, mentre i loro cuori confidavano che il piano sarebbe andato in porto”.
Nel muro di fortificazione (migdol), sul versante orientale della torre nord c’è un rilievo con sei prigionieri in ginocchio e con le mani legate, sono i capitani degli stranieri del nord catturati in battaglia, con un'iscrizione accanto ad ogni prigioniero che ne dichiara l'identità: “il vile capitano degli Hatti, il vile capitano di Amor, il capo del nemico Tjeker, gli Shardana del mare, il capo degli Shekelesh, iI Teresh del mare, il capo del nemico Peleset”.
Per ciò che riguarda la provenienza degli Shakelesh, le ipotesi più accreditate si riferiscono principalmente all'area egeo-anatolica e indicherebbero la Cilicia, subordinata all'impero ittita ma in contatto con le popolazioni semitiche, tale da giustificare la circoncisione dei guerrieri Shekelesh attestata dalle iscrizioni egizie. Le caratteristiche complessive della coalizione dei Popoli del mare, di cui gli Shekelesh facevano parte, possono essere quelle descritte da Omero quando si riferisce agli eserciti greci, cioè, comunità autonome con un proprio territorio, una propria conformazione etnica, una propria gerarchia. Nel Bronzo recente, la presenza greca-micenea in Sicilia è documentata dall'abitato costiero fortificato siracusano di Thapsos e dalla cultura locale Pantalica. Proprio intorno al 1200 a.C., Thapsos viene distrutta e nei siti compare la ceramica micenea III C. A Monte Dessueri, nei pressi di Caltanissetta, sono state rinvenute anfore dell’XI a.C. identiche a quelle della necropoli di Azor, presso Giaffa. Sempre nel siracusano, nel X a.C., inizia la cultura Pantalica II (Cassibile), e tutti questi elementi porterebbero a classificare l'identificazione degli Shekelesh proprio con i Siculi. Secondo il racconto di Ellanico di Mitilene, uno storico greco del V a.C, riportato da Dionigi di Alicarnasso, è possibile che la loro emigrazione in Sicilia preceda gli scontri con il faraone Merenptah. Lo studioso riporta che lo sbarco dei Siculi in Sicilia sarebbe avvenuto mezzo secolo prima della guerra di Troia. Dionigi riporta anche la datazione fissata da Filisto, 24 anni prima della guerra troiana, coeva al conflitto tra il faraone Merneptah e i Popoli del mare.

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