mercoledì 14 novembre 2018

Archeologia. Un eloquente esempio di professionalità nella storia dell’ archeologia etrusca. “Occorre avere la modestia e la prudenza di riconoscere che non tutto è per noi spiegabile”. Riflessioni di Alberto Zei


Archeologia. Un eloquente esempio di professionalità  nella storia dell’ archeologia etrusca.
“Occorre avere la modestia e la prudenza di riconoscere che non tutto è per noi spiegabile”.
 Riflessioni di Alberto Zei      


    
Tra Etruschi e Appiani - Da qualche tempo a questa parte, a seguito delle precisazioni sempre più a carattere stringente sulla arbitrarietà della decisione di trasformare l’ipogeo di Marciana  in una fantasmagorica zecca del Principato di Piombino, appare del tutto evidente che le azioni che la Pubblica Amministrazione della Provincia e della Regione dovranno intraprendere saranno quelle di ripristinare un patrimonio archeologico del nostro Paese, sottraendolo all’uso a cui finora è stato destinato.  Anche nella passata stagione estiva i fantasmi dei Principi Appiani, evocati dagli artefici della zecca, hanno guidato i visitatori a pagamento,  all’interno del museo colà allestito, dove di
sicuro gli accompagnatori avranno saputo illustrare la storia di questa fucina nella quale venivano coniate le preziose monete.

Chi ha contribuito direttamente o indirettamente a mantenere le cose come stanno all’interno dell’ipogeo in cui è stato allestito il museo della zecca, è il Prof. Luigi Donati,  che com’è noto  è un esperto di archeologia etrusca, il  quale è stato incaricato dalla Soprintendenza di Firenze di esprimersi sulla natura dell’ipogeo di Marciana.
Egli si è quindi recato in trasferta all’isola d’Elba prendendosi il tempo necessario per esprimere in modo compiuto il risultato della sua indagine tecnica e, aggiungeremo noi,  logica  del suo pensiero.

 L’ esperto incaricato - Che cosa  poteva mai rappresentare oltre la stessa evidenza, anche agli occhi del professor Donati  quel luogo tetro a Marciana,   nella rievocativa via della Tomba,  scavato nel profondo del durissimo granito e   improntato evidentemente dal committente alla indistruttibilità, per non dire all’eternità? Sembrava, infatti, una delle  solite formalità da confermare piuttosto che da analizzare, a meno che non fossero subentrati ulteriori dettagli che al momento non sono conosciuti e che hanno indotto il Prof. Donati  a decidere di non decidere.
Dalla lettura di alcuni passi della sua relazione e di un suo articolo su questo argomento,           si  evince infatti che egli sia stato colpito da una sorta di sindrome di Stendhal in negativo,  tanto da non saper esprimere ciò che per le sue formali qualità professionali, è stato ritenuto capace di gestire nell’interesse pubblico in qualità di segretario generale dell’Istituto di Studi Etruschi di Firenze.
In conclusione egli inoltra alla Soprintendenza di Firenze una sorta di relazione nella quale, dopo aver avuto la possibilità di vedere e rivedere in lungo e in largo tutti i particolari architettonici – compresi i graffiti di Fig. 2 - all’interno delle pareti, non si pronuncia. Proprio il contrario di quanto ha fatto il Prof. Michelangelo Zecchini  in una mirabile opera di archeologia comparata, nella quale ad esempio, vengono confrontati, finanche nell’orientamento,  i particolari architettonici della  tomba etrusca di Castellina in Chianti, più uguale che simile a quella di Marciana, Fig 3.


La ratio del quesito -  ll Prof.  Donati, si è soffermato sui dettagli che non ha visto, anche se avrebbe potuto in qualche modo osservare un po’ meglio, ma  che non superano come dimensioni circa il 5%, dell’intero ipogeo, per affermare: «Forse, da un'accurata esplorazione degli ambienti che esistono sul lato sinistro del complesso (che non ho potuto visitare) potrebbe venire qualche ulteriore informazione”.

Ma quell’ altro 95%  comprensivo dei  particolari architettonici e decorativi  che invece ha visitato, non è stato sufficiente? Lo stesso Prof. Donati è divenuto  così,  modestamente insicuro da non essere in grado di riferire sulla natura dell’ipogeo?
 Egli tuttavia qualcosa fa, riportando il pensiero di altri secondo cui, l’ipogeo potrebbe essere un luogo  di conservazione della neve, ovvero una neviera, tralascia di indicare, come superflui, i particolari e le caratteristiche tipiche di una neviera come qui in Fig.1;  caratteristiche che avrebbero sicuramente dissuaso con raccapriccio molti altri dal riportare  un’ ipotesi di questo genere.
Ma non finisce qui. Il Prof. Donati, non riuscendo a esprimersi nella sua materia, per la quale è stato inviato all’Isola d’Elba, riferisce anche di  un’altra tesi, secondo cui  l’ipogeo in questione, scavato a mano nel granito sicuramente in molti anni di duro lavoro, poteva essere stato concepito ad uso  di  “un approntamento, una sorta di caveau, facente parte della locale zecca” Fig. 1. 

Ovviamente, si potrebbe anche aggiungere che a prescindere dalla porta, le pareti dell’ ipogeo  sono a prova di furto e non solo;  avvalendosi infatti,  della forma tipica degli ambienti  costruiti  per  questo scopo,  alla fine del corridoio vi è anche la scelta  preferenziale della cella di destra o di  quella di sinistra che danno maggior senso all’architettura  per depositare in una il materiale da conio e nell’ altra  le monete realizzate; Fig.3.

Neviera, zecca o tomba di pari dubbio  -  Per le ragioni  viste sopra, il Prof. Donati  impronta alla prudenza il suo pensiero, dando appunto la medesima probabilità di errore ai suoi “dubbi che in definitiva hanno ragione di esistere ma che non sono più circostanziati e numerosi di quelli che impediscono ad un etruscologo di riconoscere un monumento di sua competenza”.
Per renderci conto quali siano i particolari architettonici che esprimono per il Prof. Donati il medesimo livello di dubbio interpretativo,  basta osservare la differenza architettonica tra l’ipogeo di Marciana e una tipica neviera;  poi la differenza tra l’ipogeo e una zecca dove all’ interno poteva esserci, come detto sopra,  una sorta di caveau  e infine,  l’ipogeo di Marciana e  la tomba etrusca di Castellina che al Prof. Donati ha suscitato i medesimi dubbi del caveau della zecca e della neviera.
Sono proprio questi amletici scrupoli professionali, per i quali egli conclude con questa  responsabile decisione  che ricorda quella che nei tempi di Cristo a Gerusalemme divenne celebre, e che egli esprime in questi termini : “In conclusione, di fronte a casi complessi come questo, occorre avere la modestia e la prudenza di riconoscere che non tutto al momento è per noi spiegabile, nella speranza che qualche confronto o qualche novità fortunata portino altri elementi chiarificatori».
Abbia speranza il Prof. Donati.




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