Muscoli
mimici e
Riso sardonico
Riflessioni
di Aldo Casu
In
“Contributo all'antropologia delle parti molli di Sardi centro-meridionali. - I
muscoli mimici”, del Prof. Carlo Maxia, allora Direttore dell’ Istituto di
Antropologia dell'Università di Cagliari, pubblicato nella rivista
“Quaderni di anatomia pratica”, Serie XII, N. 1-4, p. 159-204, 1957, nello
“SCOPO DELLE RICERCHE” (Cap. 2.1) si legge testualmente:
“… La
popolazione della Sardegna, soprattutto quella della regione centro-meridionale
dal massiccio del Gennargentu ai Campidani (Capo di Sotto), si distingue
nettamente, dal punto di vista delle classificazioni antropologica, dalla massa
diventata straordinariamente ibrida di tutte le altre popolazioni europee …”.
Nel
capitolo 3 - “MATERIALE DI OSSERVAZIONE”- si legge che lo studio è stato svolto
su corpi di Sardi della provincia di Cagliari e di quella di Nuoro, che
“… due sole donne erano della provincia di Sassari …”, che
“… Tutti
gli individui, che sono stati oggetto di studio, erano Sardi di nascita e di
ascendenza. I maschi in maggioranza avevano esercitato la professione di
minatore, di contadino e di manovale: le
femmine erano casalinghe. Il materiale
di studio riguarda n. 44 corpi: 22 maschi e 22 femmine. L’età dei maschi andava
da 17 a 76 anni: nelle femmine da 23 a 90 anni …” e che le
osservazioni sui muscoli mimici si prolungarono per circa sei anni.
Nel
capitolo 5 - “MUSCOLI MIMICI STUDIATI”- si descrivono i
muscoli studiati e se ne compara l’anatomia con quelli di altri animali e tipi
umani. Alla lettera b), in particolare, del m. zigomatico, o grande zigomatico,
o “muscolo del riso” ( M. zygomaticus major) in una
nota si riferisce la curiosità che “ E. Monselli propose di chiamarlo
‘m. di Leonardo’, perché questi ne riprodusse per primo l’azione nel riso della
Gioconda- v. Castaldi 1931”.
Seguono
XVI tavole (vedi p. e. foto 1), ciascuna con due disegni molto dettagliati dei
diversi muscoli e serie di muscoli mimici, e VIII tabelle (vedi p. e. foto 2)
recanti il n. di registro di ogni corpo esaminato, le iniziali, l’età, il paese
di provenienza, la professione del defunto e le dimensioni di ciascun suo
muscolo esaminato che, però, vi risparmio.
Nel
capitolo 6 - “CONSIDERAZIONI GENERALI”- infine si legge
testualmente:
“ Le
seguenti conclusioni possono trarsi dallo studio dei muscoli mimici effettuato
in Sardi centro-meridionali:
1) Scarse sono le
connessioni dei muscoli mimici fra loro;
2) I muscoli mimici sono
ridotti nei loro diametri;
3) Piccola è la frequenza
(28 % ♂; 19 % ♀) del capo zigomatico del m. quadrato del labbro
superiore;
4) Variazioni rare o
estremamente rare appaiono nei muscoli mimici;
5) Nelle femmine la riduzione
dei muscoli mimici è maggiore che nei maschi.
Il quadro che offrono i muscoli mimici dei sardi si distacca pertanto
nettamente da quello conosciuto di altri Europei, attraverso le descrizioni che
ne vengono date, e soprattutto, quale risulta dall’iconografia
di atlanti e di trattati, essendo caratterizzata da una riduzione
dei muscoli mimici, che appaiono tuttavia ben differenziati. Il confronto dei
muscoli mimici dei Sardi con quelli di individui appartenenti a razze di
xantodermi ( dalla pelle di colore giallastro, cui appartengono le popolazioni
mongoloidi, n.d.a.) e di melanodermi (dalla pelle bruna, scura
o colore nero, n.d.a.) dimostra che in questi ultimi non esiste la
perfetta differenziazione, che è un attributo quasi generale della muscolatura
mimica dei sardi (…).
La riduzione della muscolatura mimica dei Sardi spiega perfettamente,
dal punto di vista anatomico, la immobilità, quasi mongolica, della maschera
facciale sarda, che contrasta fortemente con quella mobilissima di altri mediterranei,
quali i Siculi ed i Campani (*) .
Vero è che la psicologia del Sardo è tipicamente insulare e quindi
riservata, cauta, attaccata alle tradizioni, introversa più che estroversa,
caratteristica questa in generale delle popolazioni dell’Italia meridionale: ma con questo non
si deve ritenere che i Sardi siano di temperamento freddo come i Nordici. Tutt’altro,
solo chi non ne conosce la vita può essere tratto in inganno dall’apparenza,
basandosi egli sull’immobilità della maschera facciale e sulla loro parca e
riservata parola, che non lascia trapelare il più delle volte le ardenti
passioni che li agitano in profondità.
La riduzione della muscolatura mimica nei Sardi è una caratteristica che
essi hanno posseduto fin dalla preistoria? È possibile, essendo per
un processo evolutivo poca cosa un lasso di tempo di qualche migliaio di anni.
D’altra parte gli unici documenti iconografici che potremmo consultare sono i
famosi bronzetti nuragici, che nella immobilità enea dei volti dei personaggi
appartenenti alle diverse caste sociali non potrebbero non dare facile ma non
convincente testimonianza a questa ipotesi.
Propendo invece per l’ipotesi che la riduzione della muscolatura mimica
si sia manifestata in una popolazione endogamica (che si sposa, cioè,
solo con membri del proprio etnico o sociale, n.d.a.) sarda per
mutazione, per modificazione ereditaria risultata da perdita di geni, o anche
attraverso il fenomeno di deriva genetica al caso, <random genetic drift>
di Wright (1931).
L'endogamia, essendo un fattore suscettibile di modificare le
proporzioni dei diversi fenotipi (l’insieme dei caratteri fisici visibili di
un individuo, n.d.a.) può essere presa in considerazione solo da un
punto di vista generale della genetica, favorendo di per sé l’aumento della
proporzione degli omozigoti a spese degli eterozigoti. Ma l’endogamia non
modifica le frequenze genetiche; bisogna pertanto considerare particolarmente
quegli agenti che intervengono direttamente sull’equilibrio genico, quali la
mutazione e l’effetto Wright, oltre naturalmente la selezione sessuale e gli
altri eventuali meccanismi evolutivi.
Nel caso dell’effetto Wright, attraverso il meccanismo dell’isolamento,
la cui importanza come causa di differenziazione non adattiva delle
razze locali è generalmente riconosciuta, modificazioni di frequenze geniche
dovute al caso possono portare, nel corso di generazioni, alla perdita di un
gene.
In definitiva ritengo che attraverso il meccanismo della perdita di un
gene, direttamente attraverso una mutazione o indirettamente attraverso l’effetto
Wright, si sia ottenuta una riduzione della muscolatura mimica di Sardi. Questa
particolarità, insieme ad altri caratteri ereditari, quali quelli
emogruppali (…) danno una caratteristica somatica e genotipica ai Sardi, che
li distinguono fra tutte le altre popolazioni mediterranee ed europee.”
(*) questa
caratteristica ‘amimia’ degli abitanti della Sardegna centro-meridionale fa sì
che, incontrandone uno in qualsiasi parte del mondo, chiunque potrebbe dire
quasi senza tema di errore: ecco un Sardo.
È vero,
il prof. Maxia in questo suo studio non fa alcun riferimento al “riso
sardonico” e giustamente perché sarebbe stato fuori luogo e inopportuno
parlare di un mito in un lavoro così rigorosamente scientifico.
Infatti
lo fa qualche anno dopo in un articolo intitolato “La cinematografia come
mezzo di documentazione dell'etnografia, delle arti e delle tradizioni
popolari” (pubblicato nell’enciclopedia “Lares” nel 1959, vol.
25, Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l.) dove a
pag. 157, nella nota 2, dopo aver ricordato i risultati sopra esposti del suo
studio , ha scritto:
“… Il
sorriso è senza dubbio fra tutti gli atti mimici quello che, illuminando il
volto, rivela all’osservatore le fini possibilità della maschera facciale. Il
sorriso di un Sardo rimane quasi nascosto e dominato dagli occhi in generale
grandi, profondi, dalle iridi scure. Direi quasi che il sorriso di un Sardo è
un sorriso arcaico, che avverte l’osservatore dell’antichità di questa stirpe,
conservatasi con caratteri genuini attraverso il fluire dei millenni.
L’espressione ‘riso sardonico’ (alterazione della fisionomia
prodotta da una particolare contrazione dei muscoli mimici da cui risulta una
espressione triste e beffarda) è antica espressione ‘sardonios gelos’ :
è il riso amaro, atroce, grave di minaccia e di odio. Comune etimologia di ‘sardonico ’
è da ‘sardonik ós’: sardo, dalla pianta detta ‘sardónion,
ranunculus scelerata’ frequente in Sardegna. È mio convincimento
che il ‘riso sardonico’ trovi la sua causa più che nell’azione
tossica di una pianta nella muscolatura mimica ridotta dei Sardi, che in
particolari circostanze potrebbe trasformare il sorriso in un ghigno.”
Ora
vedete un po’ voi quale delle due versioni è più logicamente credibile: se
ritenete che abbia ragione il prof. Carlo Maxia, fate conoscere questo lavoro
scientifico a tutti i vostri amici e contribuirete a sfatare un mito negativo
su noi Sardi che dura ormai da troppo tempo. Grazie.
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