martedì 21 agosto 2018

Archeologia, le materie prime dell'antichità. L'oro, il metallo più pregiato nella storia dell'uomo. Per il suo possesso furono combattute guerre cruente, furono organizzate costose spedizioni e, ancora oggi, è considerato il bene rifugio degli Stati e degli uomini più ricchi del pianeta. Riflessioni di Pierluigi Montalbano


Archeologia, le materie prime dell'antichità. 

L'oro, il metallo più pregiato nella storia dell'uomo. Per il suo possesso furono combattute guerre cruente, furono organizzate costose spedizioni e, ancora oggi, è considerato il bene rifugio degli Stati e degli uomini più ricchi del pianeta.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano


La rarità, la bellezza, le caratteristiche chimiche e fisiche, la lucentezza, la facilità di lavorazione e la possibilità di riciclarlo facilmente, conferiscono all’oro un ruolo speciale nella storia dell’umanità. Le prime attestazioni di ricerca ed estrazione dell’oro risalgono al Neolitico nell'Africa settentrionale, in Mesopotamia, nella valle dell'Indo e nel Mediterraneo orientale. Fra le fonti più celebri nei racconti dei miti ricordiamo la favola del re Mida e la leggenda del Vello d'oro, con la pelle utilizzata come filtro immersa nelle acque dei torrenti montani con la funzione di trattenere piccolissimi frammenti d'oro. Durante la sua storia, l’uomo ha raccolto oltre 100 mila tonnellate d’oro ma circa il 10% è andato perduto nei fondali marini, o in tesori sepolti e mai trovati, o polverizzato durante la lavorazione di gioielli o monete. Attualmente la produzione annuale è di circa 2000 tonnellate.

Gli egizi ricavavano l’oro dai fiumi, dalle miniere di Uadi Hammamat nel mar Rosso, dai ricchi giacimenti del Sudan, dell'Etiopia e dello Zimbabwe, arrivando a realizzare miniere profonde fino a
100 metri e inventando vari metodi di estrazione, fusione e lavorazione, poi adottati da molte civiltà   antiche. I metodi di estrazione arcaici erano simili in tutto il mondo: sovrani e sacerdoti si avvalevano di bassa manovalanza che con picconi e altri attrezzi scavava il minerale allo stato puro. In pochi casi si parla di cercatori liberi, e questi dovevano comunque versarne una parte allo Stato sotto forma di tributo per la concessione del giacimento, come avveniva in Sudan che poi pagava l’Egitto. La quantità d'oro egizio era immensa e stimolava le mire di tutti i sovrani rivali. Pur di averlo, i re assiri, babilonesi e altri, offrivano qualunque cosa, compresi armamenti militari, carri e navi cariche di derrate alimentari, ma erano disposti anche a  scatenare guerre cruente come quella intrapresa, nel VII a.C., dal re assiro Assarkhadon, che sconfisse e saccheggiò l'Egitto, portando i tesori a Ninive, dove il successivo secolo furono depredati dai babilonesi e, nella seconda metà del VI a.C., dai persiani di Ciro, il cui successore, Cambise, si spinse fin nel profondo sud dell'Egitto, ricco d'oro, ma vi perì col suo esercito. Nel IV secolo a.C. le riserve auree erano concentrate nei forzieri dei re persiani, fino a quando intervenne Alessandro Magno, che si appropriò di ben 10.000 tonnellate di oro e argento per il suo impero. Anche l’antica Roma affittava a privati appezzamenti sul fiume Po, dove si trovava oro alluvionale, ma le quantità erano minime e nessun cercatore riuscì ad arricchirsi. I fornitori d’oro dell’impero romano erano gli iberici, come riportano i testi degli antichi autori latini. In Val d’Aosta, i romani sfruttarono la miniera d'oro di Vittimuli, nel vercellese,   ma, secondo una legge censoria, i concessionari potevano usare al massimo 5000 schiavi. Ci fu uno scontro con Roma perché volevano accaparrarsi l’intera produzione ma furono sconfitti e ben 40.000 furono assoggettati dagli eserciti di Terenzio Varrone che poi li mise in vendita. Quando furono scoperti i giacimenti della Transpadana, il governo romano bloccò le miniere italiane in virtù di un antico decreto del senato inteso a risparmiarle per sfruttare, invece, quelle straniere. Nel II secolo a.C., al tempo di Polibio, ad Aquileia l'oro abbondava, e folti gruppi di gens libera si riversarono in quelle terre per arricchirsi ma furono cacciati via dalle popolazioni locali, i Taurisci. Roma intervenne per sedare gli animi perché in due mesi il valore del metallo arrivò quasi a dimezzarsi, con gravi perdite per le classi ricche. Diodoro Siculo, nel I secolo a.C., parla di un massiccio sfruttamento di manodopera gratuita per l’estrazione di oro dalle miniere, in cui erano coinvolti anche le donne e i bambini. Plinio il Vecchio, che si trovava in Spagna come alto funzionario, scrisse che nelle sole province di Asturie, Galizia e Lusitania si estraevano oltre 6,5 tonnellate d'oro ogni anno, la stessa quantità, estratta oggi da paesi come il Messico o la Colombia. Lo stesso autore racconta che i minatori iberici non vedevano la luce del sole per interi mesi.Al tempo dei romani si estraeva oro anche in Gallia, nei paesi balcanici e in Italia. Dalla Gallia Cesare importò tanto oro che il suo prezzo diminuì notevolmente, e con Nerone, in zona dalmata, se ne estraevano oltre 16 kg al giorno. Traiano, agli inizi del II secolo d.C., conquistò la Dacia di Decebalo e le sue miniere d’oro in Transilvania, risanando in parte le dissestate finanze dell’impero. Con il crollo dell'impero romano molto dell'oro saccheggiato finì in oriente e comunque per tutto il Medioevo ne rimase ben poco nei regni barbarici. Il prezioso metallo viene estratto in tre modi: lavandolo con la sabbia quando viene trovato in superficie, scavando dei pozzi nella roccia oppure frantumando interi costoni di montagna, un metodo assai rischioso perché il fumo soffocava gli operai e, a volte, c’era il pericolo di morire sotto una frana. Nelle miniere il lavoro era massacrante, e generalmente si inviavano ribelli, detenuti, condannati ai lavori forzati, o chi non trovava lavoro nei campi. Per ciò che riguarda la monetazione, è conosciuto l’aureo, risalente a Cesare nel 49 a.C., mentre prima si utilizzava l’oro soprattutto come ornamento femminile e maschile, per le armi e gli equipaggiamenti militari, i cavalli, i copricapo, per vesti trionfali, corone, statue celebrative, per la trama di tessuti e tappeti, per decorare i mobili e ornare la casa. Sotto Tiberio il vasellame d'oro da tavola poteva essere usato solo dall’imperatore, ma nel III secolo d.C., con Aureliano, se ne restituì quest'uso sfarzoso ai ricchi. C’è da notare che gran parte del lavoro artigianale degli orafi egizi, mesopotamici, minoici, greci e altri, è andato perduto perché il valore di questo metallo è sempre stato altissimo, pertanto veniva fuso da chi ne entrava in possesso per essere riciclato, generalmente per coniare lingotti o monete. Nell’Antico Testamento la parola oro compare ben 415 volte, sin dal Genesi (2,10-12), dove si parla di una regione di Havilah (Avila), ricca di oro, forse nella Penisola Araba, e quando si parla di Abramo, lo si descrive come un personaggio arricchitosi anche con oro e argento (Gen 13,2). C’è da osservare che nella Bibbia l'oro ha una semplice funzione sociale e non un'origine divina, perciò non è mai oggetto di culto, come invece diventerà nelle religioni politeistiche delle società rivali, dove la religione santifica l'oro per la sua preziosità.
Grazie alle sue caratteristiche di trasportabilità, incorruttibilità, divisibilità e riconoscibilità, l’oro è stato preferito ad altri metalli per essere utilizzato come moneta. I cinesi lo utilizzarono per primi, mentre in occidente le prime monete d’oro risalgono al VII a.C., con Re Croeus di Lidia, l’attuale Turchia Occidentale. L’oro costituisce anche una funzione di accantonamento economico, perché mantiene il suo valore nel tempo. Per le banche centrali le riserve di oro sono una garanzia a fronte di emissione di monete e debiti. L’oro inoltre offre all’investitore sicurezza e solidità perché il suo valore è universale e facilmente realizzabile in qualsiasi momento. Altri utilizzi dell’oro sono come bene consumo per uso industriale nelle tecnologie elettroniche per le sue caratteristiche di ottimo conduttore di elettricità, e medicali perché grazie alla sua resistenza e atossicità viene usato nel campo medico per le protesi e in odontoiatria.
Nel 1816, l’oro iniziò a essere impiegato come moneta corrente in Inghilterra, dove si adottò il sistema del Gold Standard, un sistema poi copiato in Germania nel 1872 e in USA nel 1900. Con questo sistema le monete nazionali erano convertibili in oro. Il tasso di cambio fra le monete di diversi paesi si manteneva stabile poiché poteva variare solo entro una parità fissa, ciò assicurava l’equilibrio degli scambi internazionali. L’inizio della prima guerra mondiale segnò la fine del sistema aureo cui seguì un periodo di grande instabilità. Nel 1925 la Gran Bretagna e nel 1927 la Francia ritornarono al sistema precedente e le banche centrali affiancarono le riserve auree a quelle in valute convertibili come dollari, sterline, franchi francesi e altre, facendo nascere il Gold Exchange Standard. Nel 1931 l’Inghilterra sospese la convertibilità e nel 1934 gli USA impedirono ai privati di cambiare i dollari in oro. Nel 1944, per iniziativa di USA e Inghilterra i rappresentanti di 44 paesi si riunirono a Bretton Wood, dando vita al Fondo Monetario Internazionale e fissando il prezzo del metallo a 35 dollari per oncia. Ogni paese partecipante si impegnò a versare al F.M.I. una quota di oro e di moneta nazionale dichiarando la parità tra la propria valuta e l’oro e, indirettamente, con il dollaro. Nel 1948 la Francia fu il primo paese a legalizzare la negoziazione di oro, seguita nel 1951 dalla Svizzera. Nel 1954 riaprì il mercato di Londra e negli anni Sessanta avvenne la rottura dell’equilibrio tra domanda e offerta, causata dalla grave crisi del dollaro, che indusse molti operatori a forti acquisti d’oro. In questa circostanza per la prima volta l’oro assunse il ruolo di bene rifugio a fronte dell’instabilità valutaria. Il 17/03/1968 è la data ufficiale della nascita del libero mercato dell’oro, il cui prezzo veniva determinato dall’offerta e dalla domanda. Il 15 Agosto 1971 l’amministrazione Nixon soppresse anche la convertibilità teorica tra dollaro e oro, facendo così crollare uno dei pilastri del sistema di Bretton Woods. Successivamente l’amministrazione Nixon svalutò due volte la parità del dollaro nei confronti dell’oro. Con un dollaro non più convertibile in oro i governi europei nel 1973 chiesero agli USA che il mercato istituzionale dell’oro venisse abolito, ossia la parità fra dollaro e oro, rivendicando la possibilità di vendere oro sul mercato libero. Nel 1976 i Paesi aderenti al FMI ufficialmente decisero l’abolizione del prezzo ufficiale, e quindi del doppio mercato del metallo. Con questo accordo il F.M.I. restituì una parte delle riserve d’oro ai paesi che le avevano depositate e ne vendette una parte per aiutare i paesi in via di sviluppo. In questo modo l’oro veniva a perdere il suo ruolo di fondamento del sistema monetario internazionale, inaugurando l’attuale sistema Dollar Standard, basato sul dollaro. La liberalizzazione del mercato dell’oro portò il prezzo nel 1975, anno in cui iniziarono le vendite del Tesoro USA, a 200 dollari per oncia. Nel marzo del 1979, con la nascita del sistema monetario europeo, fu stabilito che i paesi membri versassero il 20% delle loro riserve in oro e il 20% delle loro riserve in dollari in cambio di ECU, quindi questa valuta aveva come base l’oro e consentiva alle banche centrali di poter utilizzare le proprie riserve auree. 





Nessun commento:

Posta un commento