martedì 22 agosto 2017

Archeologia. I riti misterici dell'iniziazione regale. Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Archeologia. I riti misterici dell'iniziazione regale.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano

L'iniziazione regale è un rito misterico in cui il re è sottoposto a una serie di passaggi successivi al termine dei quali, se ne è degno, è posto al disopra degli uomini, degli iniziati e dei dignitari. Egli viene assimilato a Dioniso, a Zeus o a Cronos. Con il rinnovamento del corpo e dell'anima egli diventa pastore, nocchiero e capo dell'agricoltura, le tre figure che simbolicamente lo pongono a capo degli uomini, del mare e della fertilità. 
La successione dei riti, nell'ordine, è la seguente: 
- Il futuro re si esercita in riti preparatori, come la custodia di animali e la caccia.
- Durante un ritiro giunge a conoscere i mali che affliggono l'umanità.
- Compie la traversata di un fiume, o di un simbolico braccio di mare, dapprima a nuoto e poi con una
barca, assumendo così un nuovo corpo e nuove energie: diventa nocchiero di una simbolica nave.
-Approda alla riva delle Isole Felici ma prima di essere accolto è sottoposto a un lavacro purificatore.
- Deve raggiungere una vetta, accompagnato dagli Dei e da Zeus. Alla fine deve assimilarsi a Zeus stesso.
- Entra nel Santuario dove contempla la Divinità, faccia a faccia, identificandosi con essa. E' illuminato e diventa illuminatore. Al termine ritorna per illuminare la moltitudine dei sudditi.
Gli esercizi preparatori, ossia il primo gradino dei riti iniziatici, consistono nell'impegno di custodire animali, così da acquisire la capacità di governare il gregge degli uomini. Egli prende esseri senza ragione come pratica di comando (di guerra e di pace) di ogni specie. La caccia agli animali selvatici è un esercizio che lo prepara a condurre gli eserciti contro il nemico. Ecco perché i re, con grande onore, sono chiamati pastori di popoli. Nel secondo passaggio, il futuro re trascorre una certo periodo nell'antro sacro, una caverna infera della vita materiale. Nella grotta sono radunate le più nocive passioni umane: odio, risentimento, accecamento...e imparerà a liberarsene.  Il terzo gradino è il passaggio del fiume, un rito in cui l'acqua lava via i residui di materialità. In questa fase il futuro re perde il suo nome e acquisisce quello nuovo. L'acqua è agitata da onde e da gorghi, raffiguranti i delitti che abbondano fra gli uomini, i comportamenti impuri, le collere, le agitazioni imprevedibili.
Quando raggiunge la sponda opposta, dovrà salire in un'altura sulla cui vetta c'è il santuario. I sentieri sono ardui, l'ambiente è tenebroso, a volte rischiarato da un raggio di luce che scende dall'alto. Qualcosa gli scende sugli occhi impedendogli di vedere, ma può contemplare realtà che i filosofi e i sacerdoti (le massime figure dell'epoca) solo di rado riescono a cogliere. Quando giunge al tempio viene accolto dai più alti dignitari, prendendo posto in mezzo ai capi dei sacerdoti e al re che dovrà sostituire. In tutte queste fasi, progressivamente, il futuro re si separa, simbolicamente, dal suo corpo, dalle sue passioni, dall'agitazione e dai turbamenti che pervadono la vita umana.
Gli archeologi hanno l'opportunità di studiare tutti questi passaggi attraverso l'esame di reperti particolari trovati durante gli scavi. Ad esempio, la celebre Coppa di Preneste, in Etruria, nella quale è, simbolicamente, rappresentata la giornata del cacciatore. La scena narrativa è racchiusa entro un bordo nel quale si nota un serpente. Al centro c’è il faraone che con una lancia sta per uccidere il nemico, raffigurato disteso in terra vicino a un cane, a simboleggiare l’umiliazione. In una fascia più centrale ci sono cavalli ma la fascia più importante è quella esterna: il giovane principe esce dalla città fortificata per andare a caccia. E’ su un carro insieme a un attendente che regge un ombrellino per riparare dalla luce del sole il suo sovrano. La scena al fianco mostra una montagna (rappresentata con le pelte di tipo assiro) con un cervo che viene cacciato dal principe, viene ucciso e appeso a un albero per essere scuoiato. Poi c’è il riposo con un momento di adorazione alla divinità con il sole alato che sovrasta la scena e il fumo che sale dall’altare. Da una grotta della montagna esce un mostro (uno scimmione) ma il re protetto dal falcone Orus ingaggia una lotta, lo uccide e rientra in città. In quest’arte confluiscono elementi di tradizione egiziana, orientale, greca e assira. 




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