mercoledì 2 agosto 2017

Archeologia della Sardegna. L’Età del Ferro, l’epoca dei mercati Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Archeologia della Sardegna. L’Età del Ferro, l’epoca dei mercati
Riflessioni di Pierluigi Montalbano


Parlare dei rapporti fra i mercanti navali e le comunità costiere del Mediterraneo Occidentale comporta un’esposizione di cronologie, di spazi geografici e di modelli d’insediamento. L’epoca in questione inizia all’alba del Primo Millennio a.C. e si conclude intorno al 600 a.C. Le aree interessate comprendono Malta, la Sicilia nord-occidentale, la Sardegna, il Nord-Africa e la Penisola iberica. In passato gli studiosi attribuivano all’età fenicia una valenza commerciale, tuttavia occorre sottolineare i cambiamenti climatici che colpirono il Mediterraneo durante la prima età del Ferro causando una forte riduzione delle terre coltivabili e una conseguente crisi alimentare. Inoltre, una serie di popolazioni che fino a quel momento vivevano stabilmente nelle zone interne, attratte dai movimenti economici che si svolgevano negli approdi, furono spinte a insediarsi, non sempre pacificamente, nei


pressi degli sbocchi a mare. Ciò danneggiò e limitò le terre fertili. Fu dunque il concatenarsi di eventi naturali e politici che provocò lo spostamento di genti dal settore rurale a quello legato alle attività costiere, e furono necessari diversi secoli per stabilizzare la nuova situazione socio economica. I primi approdi a essere frequentati da questi mercanti navali furono quelli nei quali i manufatti esotici e le raffinate produzioni artigianali potevano essere scambiate con derrate alimentari. Naturalmente, una delle chiavi del successo dei traffici commerciali fu l’utilizzo massiccio dei metalli come moneta di scambio poiché questi materiali erano apprezzati in tutti i lidi e da tutti i popoli. Analizzando i dati archeologici nel Mediterraneo di 3000 anni fa, si nota l’emergere di una serie di porti e approdi con caratteristiche comuni come, ad esempio, la facilità di approdo, la presenza di acqua potabile favorita dalla vicinanza alle foci dei fiumi, i sistemi di messa in sicurezza per le operazioni mercantili, l’entroterra favorevole in termini di terre coltivabili e vie di accesso, la possibilità di mettere al sicuro le barche in caso di mareggiate o forte vento, la volontà dei locali di intraprendere scambi con i nuovi arrivati, mentre gli insediamenti già strutturati basano le loro ricchezze prevalentemente sullo sfruttamento delle risorse agropastorali del territorio circostante.
Ad esempio, nel sito di Sant’Imbenia, nella zona dell’attuale Nurra con i distretti di Alghero, Porto Torres e Sassari, abbiamo un centro mercantile posizionato in una piccola insenatura in prossimità della baia di Porto Conte, delimitata a Ovest dal promontorio di Capo Caccia e a Est da Punta Giglio. Il complesso è costituito da un nuraghe del Bronzo Medio con torre centrale rifasciato da un bastione che comprende due torri minori. Le abitazioni sono articolate in isolati con più vani che si raccordano su una corte centrale. Stradine e piazzette lastricate arricchiscono il piano urbanistico orientato ai commerci. Una serie di ambienti comunitari a pianta circolare, arredati con banconi-sedile e grandi bacili di pietra, ed altri collegati con funzioni produttive, sono di contorno all’edificio dei ripostigli, una capanna che ha restituito numerose panelle di rame del tipo piano-convesso, per un totale di 43,7 kg, conservate in un’anfora. Un secondo ripostiglio di 44,6 kg era all'interno di un'anfora di fabbricazione nuragica. Il villaggio, oltre a una corposa produzione locale di ceramiche, ha restituito anche ceramiche fenicie e greche, tra cui uno skyphos a semicerchi pendenti del 780 a.C., che rappresenta il più antico prodotto d'importazione euboica nel Mediterraneo centrale. Lo stretto rapporto commerciale intessuto in seno alla comunità locale e la conseguente trasmissione di nuovi modelli culturali è testimoniato negli elementi della cultura materiale con presenza di materiale di produzione nuragica, levantina e greca. Posizionato in un luogo strategico lungo la rotta marittima da e per la penisola iberica, e ubicato in prossimità di territori particolarmente ricchi di metalli, quali l'argento (Argentiera), il ferro (Canaglia) e il rame (Calabona), Sant'Imbenia dovette essere un attivo centro di commercializzazione e smistamento di merci. Già nell’VIII a.C. le sue abitazioni occupavano una superficie di 4 ettari delimitata da un canale bonificato per eliminare l’acqua stagnante. La ceramica rinvenuta dagli archeologi testimonia la ricchezza del centro, un porto in grado di svolgere relazioni commerciali ad ampio raggio con tutte le coste mediterranee. Inizialmente nel territorio si svolgevano attività legate alla pesca, alla raccolta di molluschi e alle operazioni di piccolo cabotaggio, ma nell’arco di un secolo l’approdo fu attrezzato di tutti gli elementi utili allo svolgimento in sicurezza degli scambi. E’ lecito supporre che come avveniva nel resto del Mediterraneo con la costruzione di templi dedicati a Ercole/Melqart in prossimità degli empori, si decise di utilizzare il nuraghe di Sant’Imbenia, adattandolo e trasformandolo in santuario, per rappresentare simbolicamente il centro religioso, politico ed economico dell’incontro fra locali e mercanti. Gli insediamenti costieri del Primo Ferro erano organizzati con un approdo alla foce di un fiume o in piccole penisole che garantivano protezione dai venti dominanti e facilità di penetrazione verso l’entroterra. Le fonti storiche raccontano delle ricchezze minerarie della Sardegna e l’archeologia ha testimoniato buoni rapporti fra gli insediamenti costieri e le aree collinari interne nelle quali erano presenti decine di piccoli villaggi concepiti come aree produttive. La base economica di queste comunità è di tipo agropastorale e il commercio dei metalli si sviluppa in un secondo momento. C’è da osservare che in altre zone, invece, lo sfruttamento delle miniere era in piena attività, con officine specializzate nella lavorazione di armi e di manufatti in rame e bronzo. Questi materiali erano oggetto di regolari commerci, anche a lunga distanza, e ciò suggerisce una struttura sociale gerarchizzata con èlite in grado di gestire la filiera mineraria, dall’estrazione, alla fusione e al trasporto verso i mercati.  In questi gruppi familiari autorevoli erano presenti dei leader che rappresentavano gli interessi del gruppo di appartenenza, e ciò favorì le relazioni con i mercanti che approdavano nei luoghi deputati allo scambio. Il metallo sotto forma di lingotti e il minerale allo stato grezzo venivano trasportati anche lungo il corso dei fiumi per poi essere imbarcati alla volta dei mercati oltremare. Verosimilmente, una parte del minerale allo stato grezzo era trasportato direttamente sino alla costa, dove era fuso in centri specializzati. Il dato è di grande interesse nelle zone con presenza di piombo, poiché sappiamo quanto questo metallo sia fondamentale nella coppellazione, una tecnica utilizzata nella fusione dell’argento. Le relazioni commerciali instaurate negli approdi, innescarono un processo di acculturazione che portò rapidamente alla creazione di impianti urbani, con edifici organizzati sia in quartieri abitativi sia in quartieri industriali, questi ultimi con ambienti per attività metallurgiche e magazzini per lo stoccaggio dei prodotti alimentari. 

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