Archeologia. Porti e Approdi della Sardegna Nuragica: Monte Sirai
di Pierluigi Montalbano
Su un promontorio a breve distanza dall’approdo di Sulki, sorge un
insediamento costituito da necropoli, acropoli e tofet. Gli archeologi
propongono una datazione dell’VIII a.C. con funzione di fortezza con mastio e
cinta muraria fortificata. Il mio pensiero sul sito ruota intorno a un’originaria
pacifica funzione di mercato, pertanto non condivido questa interpretazione, ma
il punto di vista accademico è sempre doveroso citarlo. Fino alla conquista
romana del 238 a.C., fu un centro di controllo del territorio, in seguito
urbanizzato, con la conseguente demolizione delle fortificazioni. Nel 38 a.C.,
data dello scontro fra Cesariani e Pompeiani, Monte Sirai fu abbandonata
definitivamente.
Verosimilmente fu edificato dagli abitanti di Sant’Antioco e
Portoscuso. L’organizzazione urbanistica mostra edifici che suggeriscono una
collaborazione fra fenici e nuragici, con ceramiche locali realizzate a mano.
Gli studiosi ritengono che parte dell’insediamento fu distrutto fra il 540 e il
510 a.C. dai cartaginesi del generale Malco, ma questa interpretazione non
mostra convincenti dati a supporto.
L’attacco avrebbe determinato una decadenza del centro, ripopolato poi con
alcune famiglie cartaginesi. Ciò sarebbe in linea con la tipologia delle
sepolture, africana libica, costituita da 13 tombe familiari. Un cambiamento
importante avvenne nel 380 a.C. quando in Sardegna si nota la costruzione di
una serie di
fortificazioni nelle città puniche. Monte Sirai divenne forse sede di una guarnigione, ma nel 238 a.C. furono demolite le fortificazioni e il centro, fino al 110 a.C., visse nuovamente come città pacifica.
fortificazioni nelle città puniche. Monte Sirai divenne forse sede di una guarnigione, ma nel 238 a.C. furono demolite le fortificazioni e il centro, fino al 110 a.C., visse nuovamente come città pacifica.
L’acropoli, sulla parte superiore della collina, è costituita da 4
isolati disposti parallelamente. In assenza di piazze, se non quella vicina
all’ingresso, le vie di comunicazione sono in terra battuta. Nuragici, fenici e
punici non lastricavano le strade, furono i romani a introdurre l’uso di vie
rivestite di ciottoli.
L’ingresso all’insediamento è fiancheggiato da una serie di strutture e
da un fossato, delimitato da un muro rettilineo. L’andamento zigzagante delle
mura, tipico delle fortificazioni puniche, ha integrato le strutture arcaiche
in blocchi bugnati di trachite. Davanti all’ingresso, una serie di torri erano
forse funzionali alla difesa ma Bartoloni parla di strutture romane abitative e
non di torri, con un corridoio che conduceva alle strutture interne. L’abitato
presenta case tradizionali con corridoio centrale che porta alla corte, sulla
quale si affacciano gli ambienti domestici. L’unico edificio pubblico
identificato è il mastio, costruito su un nuraghe che fu smontato per ottenere
materiale già pronto per realizzare altri edifici. Si trova nell’unica piazza
di Monte Sirai, e nell’ultima fase di vita dell’insediamento fu utilizzato come
edificio sacro. Subì un incendio alla fine del VI a.C. e fu ristrutturato nel V
a.C. con l’aggiunta di una torre cava con 6 vani ciechi, forse magazzini, e in
seguito fu anche rifasciato. Per Bartoloni si tratta di un tempio con cisterna
dedicato ad Astarte. I fenici, integrati fra i sardi, usarono il nuraghe per le
funzioni religiose e per accogliere i loro simboli cultuali. I manufatti
scavati rimandano al sacro: oggetti votivi, lucerne, bronzetti, placchette in
osso. La copertura era piana con travi di legno o cannucciato perché le tegole
arrivano solo in età romana.
La statua di Astarte, del VII a.C., ha la testa rifinita e il corpo
abbozzato, e risente dell’influenza siriana. Il braccio sinistro è appoggiato
sul ventre e il destro è sul petto col pugno chiuso. Forse portava una stola
sulla spalla. In una celletta c’erano una serie di placchette lavorate, una
sfinge accosciata in osso e una palmetta. La lavorazione a Monte Sirai è a
incisione, mentre negli oggetti orientali è a rilievo. Due bronzetti fenici
trovati nei vani insieme alla statua, rappresentano “il Citaista” e un
personaggio nuragico che versa da una brocca askoide in una coppa. Sono datati
al VI a.C. e dimostrano la convivenza pacifica fra nuragici e fenici,
caratteristica riscontrabile in tutti i siti costieri.
La grande necropoli è divisa in settori. Quella fenicia è vicina
all’abitato, quella punica è più in basso. Il tofet si trova in una valle
ancora più in basso.
La necropoli fenicia ha tombe a incinerazione primaria, con fosse
scavate nella terra e nella roccia. Terminato il rito, prima di sigillare la
tomba si aggiungeva il corredo e poi si poneva un cippo in superficie. Le tombe
arcaiche sono un centinaio, poco regolari, mentre quelle puniche sono
rettangolari. Alcune sepolture sono a inumazione, con la presenza della brocca
a orlo espanso. Una donna è di fianco, la tipica inumazione della zona libica
di Kerkouane, mai documentata a Cartagine. Le tombe puniche a camera sono 13,
dotate di scale nel lato breve del dromos. Le camere sono quadrangolari con
sarcofagi e nicchie risparmiati nella roccia. Una delle tombe presenta al
centro una colonna, forse per sostenere la copertura. Nel tramezzo è visibile
il simbolo di Tanìt capovolto, forse perché riferito al mondo dei defunti.
Alcune tombe sono ricavate da preesistenti domus de janas. Nella parete di una
camera tombale ci sono 3 facce maschili demoniache; in un’altra area ci sono
anche delle tombe infantili a enkitrismos.
Il tofet è del 370 a.C. quando ci fu lo sviluppo urbanistico e demografico
dell’insediamento. Si trova 200 m a nord dell’abitato e ha restituito 300 urne
e 140 stele. Si divide in tre fasi sovrapposte: la prima vede le urne
appoggiate direttamente sulla roccia all’interno di casse scavate e conta poche
stele. Alla fine del IV a.C. viene fatta una gettata di terra e argilla,
sostenuta con muretti laterali. Intorno al 250 a.C. abbiamo la terza fase: sono
posti dei lastroni di trachite per contenere la colmata di terra e si
costruisce un edificio di culto. Recentemente è stato restaurato malamente con dei
gradini ma in origine sorgeva su una piattaforma alla quale si accedeva
attraverso una rampa, ora coperta dalla gradinata. Al di sopra c’era un
saccello di 8 x 6 m datato alla fine del III a.C. costituito da un ampio
vestibolo affiancato da vari ambienti. La parte più sacra vedeva un penetrale
caratterizzato nello spigolo da un doppio altare. Gli archeologi hanno trovato
tracce di fuoco e resti ossei di animali vicino all’altare. Le stele
documentate nel tofet mostrano una stretta correlazione con Sulci ma gli
artigiani non raggiungono l'abilità dei sulcitani. Nelle edicole troviamo
sacerdoti con stola, e divinità con fiori di loto.
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