La Civiltà Micenea
di Pierluigi Montalbano
Fino al 1500 a.C. circa, nel
Mediterraneo vigeva la talassocrazia minoica, un potere marittimo di matrice
cretese che distribuiva merci pregiate attraverso una fitta rete di porti e
approdi amministrati pacificamente. All’inizio della seconda metà del millennio,
sono gli Achei a prendere il loro posto. Guerrieri e marinai, queste genti di
stirpe greca si organizzano in potenti città-Stato fra cui spicca Micene, tanto
che per questo sono chiamati anche Micenei. Delle loro imprese militari e dei
loro viaggi nel Mediterraneo si conserverà traccia nella mitologia greca e nei
poemi di Omero, ma lo svolgimento della loro vita quotidiana è testimoniato nelle
numerose tavolette d’argilla rinvenute nei loro palazzi.
Le loro vicende possono
risalire all’inizio del II Millennio a.C. quando genti provenienti da nord s’insediano
nella penisola greca, precedentemente abitata da gruppi di pastori e
agricoltori. Nel giro di pochi secoli danno vita a numerosi insediamenti e
raggiungono, grazie anche all’influsso della più avanzata civiltà minoica, un
rilevante grado di potenza e sviluppo. Intorno al 1500 a.C., approfittando del
declino del potere minoico, i più intraprendenti iniziano ad amministrare la
rete commerciale, insediandosi nelle città-palazzo di Creta, quali Cnosso e
Festo, e attivando
una potente flotta, con base militare a Micene, che in breve tempo domina il Mediterraneo. Il nome di quel popolo, come ci testimoniano i documenti ittiti ed egizi, è Akhiyawa. Sono gli Achei di cui parla Omero nei suoi poemi, definiti anche micenei.
una potente flotta, con base militare a Micene, che in breve tempo domina il Mediterraneo. Il nome di quel popolo, come ci testimoniano i documenti ittiti ed egizi, è Akhiyawa. Sono gli Achei di cui parla Omero nei suoi poemi, definiti anche micenei.
Di origine indoeuropea,
portano nel mondo greco alcune novità importanti: la lingua, innanzitutto, che
è già greca, il culto del dio del cielo, una nuova tecnologia nella lavorazione
del metallo e una ferrea organizzazione sociale e politica. Sulle popolazioni
micenee, raggruppate in medie organizzazioni statali, regna un sovrano (wanax), affiancato da una burocrazia di corte
e militare; a capo dell’esercito è il generale (lawaghetas),
scelto tra le famiglie aristocratiche (lawoi).
Ai margini della piramide del potere c’è il popolo (damo) di agricoltori e
artigiani, e infine gli schiavi (doeroi).
Soltanto agli aristocratici è concesso possedere terre e bestiame; il popolo,
come nell’Europa medievale, può solamente coltivare la terra dei signori e
trattenere una piccola parte del raccolto. Il palazzo, già centro della vita
politica e culturale minoica, si cinge di mura e diviene il nucleo del potere
miceneo. Nella grande sala del focolare (mègaron)
si tengono banchetti e si cantano le vicende del mito.
È proprio in questa civiltà,
antenata di quella greca classica, che i Greci collocano le figure degli eroi a
loro più cari: Achille, Ulisse, Agamennone e Menelao, personaggi dell’epica
arcaica tramandata dai poemi di Omero.
La scoperta moderna dei
resti della civiltà micenea inizia a metà dell’Ottocento, quando Heinrich
Schliemann, leggendo l’Iliade e l’Odissea sogna
di recuperarne le origini, mette da parte ingenti ricchezze e va alla ricerca
degli eroi di Omero e della città di Troia. Con l’Iliade in
mano parte dalla Germania e si reca nella Penisola Anatolica, alla ricerca dei
luoghi cantati nei poemi: il fiume Scamandro, la baia di Troia, le sorgenti. Deriso
dalla comunità scientifica che non è persuasa dell’esistenza di quel mondo
antichissimo, dopo alcuni anni di scavi vede avverarsi il suo sogno: da
un’altura vicino al fiume che scorre verso il Mare Egeo cominciano a riemergere
le rovine di una città circondata da torri e da mura, con palazzi ed edifici
sontuosi. Le mura e le case recano i segni di un enorme incendio che ha causato
la rovina della città. La notizia fa il giro del mondo e Schliemann riceve
l’incarico di andare alla ricerca anche degli altri regni micenei: Itaca, Pilo,
Micene. Uno dopo l’altro porta alla luce i grandi palazzi delle capitali
micenee, e con essi gli straordinari gioielli indossati dalle principesse achee:
i Greci hanno finalmente ritrovato i loro antichi padri. Tuttavia restava da
chiarire quale lingua parlavano gli Achei. Nonostante i magazzini dei palazzi
della Cnosso di età micenea e di Pilo contenessero molte tavolette scritte, i
segni con i quali sono redatti questi documenti rimangono sconosciuti, cosa che
non permette di arrivare alla scoperta della lingua micenea. Questo mistero è
svelato nel 1952 da un architetto inglese, Michael Ventris, che riesce a
trovare le combinazioni giuste per decifrare quei segni. La scoperta è
sensazionale: la lingua micenea è il greco scritto in un sistema sillabico di
scrittura (lineare B).
Le tavolette di Pilo e di
Cnosso sono gli archivi economici dei palazzi: registrazioni di conti e di
donazioni, di entrate e di uscite, di sacrifici e di eventi di cronaca. Da
quelle antiche tavolette di argilla riemerge un mondo popolato da contadini e
fabbricanti di armi, fabbri e vasai, tessitori e sacerdoti, potenti signori e
aristocratici guerrieri. È il mondo cantato da Omero, riscoperto e sottratto
all’oblio del tempo.
Analizzando i testi di Omero
e confrontandoli con le tracce archeologiche, gli studiosi hanno iniziato a
ricostruire le vicende dei micenei. Innanzitutto c’è l’assedio della città
originato dall’episodio mitico del rapimento di Elena da
parte del principe di Troia Paride. Nella conseguente spedizione punitiva achea
si può vedere il ricordo delle antiche lotte tra i potenti micenei del
continente greco e i popoli dell’Asia minore per il controllo delle rotte
commerciali verso il Mar Nero e le regioni dell’Est. Proprio intorno al
1300-1200 a.C. i Micenei iniziano a spostarsi dalle città della Grecia verso le
isole e le coste dell’Asia, dove fondano nuovi insediamenti. È quella che gli
studiosi chiamano prima colonizzazione, uno spostamento enorme di
uomini e di merci dal continente verso le terre fertili delle isole e delle
coste asiatiche, che diventano greche e rimarranno tali per oltre duemila anni,
fino alla conquista turca del 1500.
I miti che coinvolgono gli
eroi achei sono spesso miti di viaggio, avventure straordinarie attraverso il
Mediterraneo: pensate a Giasone e agli Argonauti, ma anche ai viaggi di Ulisse.
Il viaggio è quindi una realtà assai importante nel mondo miceneo, dal punto di
vista sia commerciale sia culturale. Gli Achei non viaggiano solo in direzione
dell’Oriente e dell’Asia minore: Ulisse, Diomede e altri protagonisti del mito
arrivano con le proprie peregrinazioni fino all’Italia e alla Sicilia, alla
Sardegna e persino alla Spagna.
Dopo il 1200 a.C., le
tavolette micenee iniziano a registrare frenetici preparativi militari di
difesa, allarmi per imminenti sciagure e sacrifici per placare la vendetta
divina. Il pericolo viene forse dal mare, con scorrerie di genti definite dai
testi egizi e ittiti popoli del
mare. Provocano terrore e
sconvolgimenti in tutto il Mediterraneo. I Micenei, che pure hanno rappresentato
per circa tre secoli una potenza rilevante, non riescono a sostenere l’avanzata
di questi invasori. I palazzi dei principi achei, uno dopo l’altro, sono
devastati e dati alle fiamme: finisce così, tragicamente, una delle civiltà più
importanti della storia antica.
Dal Nord, intanto, giungono
altre genti di origine indoeuropea, più forti militarmente ma meno evolute
culturalmente. Secondo gli studiosi più accreditati si tratta dei Dori, guerrieri
che sostituiranno le aristocrazie achee al vertice della società. I palazzi
saranno in parte abbandonati, s’interromperanno i grandi viaggi lungo il
Mediterraneo, addirittura la scrittura sarà dimenticata, ma nella memoria e
nelle storie cantate dai poeti rimarrà vivo il ricordo delle imprese e dei personaggi
del mondo miceneo, e sarà proprio di qui, con i poemi di Omero, che tre o
quattro secoli più tardi ripartirà la grande avventura del popolo greco.
beh, le cose non stanno esattamente così... http://pierluigimontalbano.blogspot.it/2014/05/schliemann-scopritore-della-citta-di.html
RispondiEliminaAd esempio, quali sarebbero i punti da approfondire?
RispondiEliminale identificazioni della civiltà micenea con il mondo omerico sono il frutto di continue forzature interpretative, se non di veri e propri imbrogli, come nel caso del buon Schliemann. Ma non tornano i tempi e i luoghi, è per quello che è nata la questione omerica e non si sa come risolverla, se non inventanto continuamente correlazioni inesistenti. Lo spiego anche qui http://pierluigimontalbano.blogspot.it/2014/05/iliade-e-odissea-omero-racconto-delle.html
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