Le prime genti che popolarono la Sardegna: Bonu Ighinu e San Ciriaco.
di Pierluigi Montalbano
Negli studi di preistoria con il termine cultura si
raggruppa quell'insieme di manufatti, oggetti d'uso e strutture, che
caratterizzano una determinata regione in una precisa fase cronologica, ad
esempio il neolitico o l'età del bronzo. Spesso la denominazione deriva dal
sito nel quale la fase è stata scoperta per la prima volta. Le più antiche
genti di cui abbiamo testimonianze corpose in Sardegna sono quelle di Bonu
Ighinu, dal nome di una chiesa campestre nei pressi di Pozzomaggiore. In una
grotta della zona, Sa Ucca e su Tintirriolu (la bocca del pipistrello) furono
scoperti oggetti che caratterizzano il neolitico medio della Sardegna.
L'imboccatura del cunicolo era chiusa con un masso è stato trovato ancora in
posizione. Cinque stele parallelepipede con incavi semicircolari e riquadri
rettangolari simboleggiano in forma astratta la divinità. Questa grotta,
utilizzata anche come abitazione, è il luogo di culto dalla metà del quinto
millennio avanti Cristo. In questo periodo è attestata in tutta l'isola la
presenza di genti di Bonu Ighinu in grotte, ripari sotto roccia e villaggi
all'aperto con capanne realizzate in legno e frasche. La ceramica si distingue
per la finezza e l'eleganza delle superfici bruno-lucide, decorate con motivi impressi
con un tratteggio minuto e con piccoli punti, oppure graffiti dopo la cottura.
Sono tipiche le piccole anse verticali a nastro, arricchite da bottoni e
appendici, talvolta con rappresentazioni del volto umano stilizzato. Tutta la
produzione ceramica mostra padronanza nell'approvvigionamento della materia
prima e nella produzione dei vasi, sia per quanto riguarda le forme sia per
quanto riguarda la tecnica, decisamente superiore a quelle dei vasi del
neolitico antico. I ritrovamenti hanno restituito produzioni in pietra
scheggiata con cui si realizzavano strumenti come punte, lame, perforatori,
raschiatoi, in ossidiana e in selce.
È abbondante la lavorazione di strumenti e
ornamenti in osso come punteruoli, aghi, spazzole e lesine. Nella grotta
rifugio di Oliena sono stati trovati bracciali e collane realizzate con valve
di piccole conchiglie e dischetti cilindrici di clorite e aragonite. A volte le
grotte
avevano destinazione sepolcrale, in pozzi nei quali l'ossario conteneva
materiale funerario proveniente da sepolture primarie si tratta, quindi, di
deposizioni secondarie, ossia la pratica di deporre in un luogo diverso le ossa
dopo che la carne non c'è più. La fase finale della cultura Bonu Ighinu è
attestata nel territorio di Cabras, in località Cuccuru s'arriu, dov'è stato
scoperto un cimitero con 19 tombe, delle quali 13 scavate sotto terra con una
sola camera e un pozzetto d'accesso, quattro del tipo a fossa e due inserite
tra il terreno vegetale e un bancone roccioso. Sono tutte tombe singole e il
defunto è sempre accompagnato da una statuina femminile di divinità e una serie
di vasi prevalentemente lisci, con pochi motivi decorativi. Si nota la presenza
di ocra rossa con evidente valore simbolico collegato al sangue, e quindi con
l'idea della rigenerazione del defunto. Le tombe di Cuccuru s'arriu
costituiscono la più antica testimonianza di sepolcri scavati intenzionalmente
nella roccia. Nei villaggi all'aperto le capanne erano realizzate in legno e
frasche, con tracce di depositi di forma ellittica pieni di cenere, carbone,
frammenti di ceramica e ossa di animali. Le genti della cultura di Bonu Ighinu
praticavano la cerealicoltura, l'allevamento del bestiame, la caccia e la
raccolta dei molluschi. Si nota l'aumento in percentuale dell'ossidiana
rispetto alla selce. La componente maschile era alta 162 cm, quella femminile
150. Una popolazione dinamica, abituata a un'alimentazione varia con cibi
cucinati, ricchi di grassi, come testimonia l'assenza di malattie distrofico-rachitiche
e la presenza di un apparato masticatorio buono. In questo periodo si nota in
Sardegna la produzione di figurine femminili in pietra o in argilla che
rappresentano una divinità femminile. Nella prima fase, quella di Bonu Ighinu,
gli idoletti femminili sono definiti di tipo volumetrico per le forme arrotondate.
Si tratta di statuine in pietra con forme opulente, obese, una delle quali
rappresenta la madre con bambino. Sempre al neolitico medio è attribuita una
raffigurazione fallica in pietra trovata a Terralba. È la prima attestazione
della rappresentazione del simbolo maschile nel repertorio figurativo neolitico
della Sardegna, nonché la prima testimonianza del dualismo fecondità
femminile-potenza maschile che vedremo svilupparsi nella successiva cultura di
Ozieri. Tra la fase Bonu Ighinu e quella di Ozieri esiste una cultura che ha
preso il nome dall'abitato preistorico di San Ciriaco di Terralba.
I siti più
significativi per questa cultura sono quelli di Cuccuru s'arriu di Cabras,
Sant'Iroxi di Decimoputzu e Perfugas, ma il villaggio all'aperto più interessante
è quello del sito di Monte d'Accoddi, lungo la strada che da Sassari conduce a
Portotorres, caratterizzato da capanne di forma ovale parzialmente infossate.
Le ceramiche San Ciriaco si distinguono per un’accurata lavorazione che produce
vasi a pareti sottili o superfici lucidate color cuoio o nere. Sono prive di
decorazione oppure con motivi incisi, graffiti o impressi, costituiti da linee,
cerchi concentrici e piccoli punti racchiusi dentro triangoli. Sono presenti
piccoli recipienti in pietra, tra i quali la famosa coppa in steatite di Li
Muri, in territorio di Arzachena. Caratteristico della fase San Ciriaco è un
tipo di statuetta femminile che segna il passaggio dalla produzione volumetrica
del neolitico medio a quella geometrica della cultura di Ozieri. L'insieme di
queste statuine mostra le braccia conserte, ripiegate sotto i segni e la
rappresentazione accuratissima dei dettagli anatomici. È attribuita a questa
fase la necropoli di Li Muri ad Arzachena, costituita da cassette in pietra
realizzate con lastre poste a coltello nel terreno e coperte da un'altra
lastra, circondate da circoli in pietra. Siamo alla metà del quarto millennio
avanti Cristo, e dopo questa fase inizia quella definita di San Michele, o di
Ozieri, che prende il nome dalla grotta nella quale gli archeologi portarono
alla luce un complesso di vasi che appaiono per la prima volta nel repertorio
del neolitico sardo e sembrano quelli presenti nei contesti del Mediterraneo
orientale: pisside, vaso tripode e vaso a cestello hanno la stessa ricchezza ed
eleganza dei motivi decorativi presenti nella Grecia insulare e Malta. Abbiamo
anche connessioni con le culture dell'Europa occidentale, testimoni
dell'esistenza di una notevole rete di scambi nel Mediterraneo, anche per il
ruolo centrale che la Sardegna aveva nel commercio dell’ossidiana. Si conoscono
anche numerosi esempi di fusaiole e pesi da telaio, a volte decorate con motivi
geometrici. Sono testimoni di una pratica notevole della tessitura. La cultura
di Ozieri vede l'inizio dei sepolcri a gruppi di cella scavati artificialmente
nella roccia e destinati a sepolture collettive: le domus de janas, oggi oltre
3500. Queste tombe si possono presentare isolate, oppure in piccoli gruppi come
quelli di Montessu a Villaperuccio, Anghelo Ruju ad Alghero e Sant'Andrea Priu
a Bonorva.
Foto delle Dee Madri esposte al Museo di Cagliari.
Abbiamo anche connessioni con le culture dell'Europa occidentale, testimoni dell'esistenza di una notevole rete di scambi nel Mediterraneo, anche per il ruolo centrale che la Sardegna aveva nel commercio dell’ossidiana.
RispondiEliminaDomanda:come avvenivano gli incontri con le altre genti x gli scambi di merci??
In assenza di fonti scritte dobbiamo fare delle ipotesi seguendo il metodo del rasoio di Occam. Contatti amichevoli, scambi proficui per entrambi, diffusione di tecnologia. Se i traffici erano favorevoli per locali e stranieri...si ripetevano, altrimenti si creavano conflitti e si interrompeva il flusso di merci.
RispondiEliminaQuindi si ipotizza la navigazione e questa con quali imbarcazioni avveniva??Da quali punti partivano le navi??
RispondiEliminaLa navigazione era naturale per una terra circondata dal mare...non volavano. Gli approdi erano quelli nei quali le condizioni di vento e corrente sono più favorevoli, ossia quelli che si utilizzano ancora oggi. Le barche erano di vario tipo, secondo l'utilizzo. Quelle da trasporto sono diverse da quelle palustri e da quelle fluviali. Erano sicuramente funzionali alla tipologia di viaggio. In questo blog ci sono una serie di articoli a riguardo, vai sulla finestra "cerca nel blog" e digita qualche parola chiave tipo navigazione fluviale, relitti, mediterraneo...
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