lunedì 14 luglio 2014

Dario e Serse, i potenti re persiani che cambiarono il mondo

Dario e Serse, i potenti re persiani che cambiarono il mondo
di Pierluigi Montalbano

Alla morte di Cambise, avvenuta improvvisamente mentre rientrava in patria per soffocare una ribellione, il regno di Persia rimase al tiranno Gaumāta che si professava legittimo erede della dinastia sotto le mentite spoglie di Bardiya, fratello di Cambise. I capi delle sette famiglie più importanti del regno scoprirono il tranello, irruppero armati nella fortezza di Sikayahuvati in Media, e capeggiati da Dario fecero una strage nel 522 a.C.
La grande iscrizione che Dario lasciò incisa sulla roccia di Bīsutūn contiene la storia di tutte le ribellioni che egli dovette sedare, prima di riportare a unità il vasto regno persiano, con 7 anni di guerre e una ventina di battaglie vittoriose che assoggettarono tutte le provincie.  In Egitto si accordò con la casta sacerdotale evitando l'occupazione militare.
Riorganizzato il regno sulla base delle satrapie, rivolse il pensiero a garantire il proprio regno contro possibili minacce ai margini occidentali. Una via di 2400 km che congiungeva Sardi con Susa fu costruita per facilitare lo spostamento delle truppe verso Occidente e Dario iniziò le operazioni di guerra contro gli Sciti d'Europa. L’esercito persiano nel 514 a.C. attraversò il Bosforo su un ponte di barche e, sorpassata la Tracia, raggiunse il delta del Danubio e attraverso un altro ponte di barche concesso da Istieo, tiranno di Mileto, giunse nella steppa per assoggettare le tribù scitiche che, però, rifiutarono battaglia e lo costrinsero a ritirarsi ritornando a Sardi e lasciando in Europa, al comando di Megabazo, un potente esercito che ridusse all'obbedienza le città greche della Tracia e il re Aminta di Macedonia. L'esito infelice della spedizione causò delle ribellioni e Aristagora, succeduto a Istieo nella signoria di Mileto, capeggiò una rivolta nel 500 a. C. alla quale Sparta non offrì aiuti ma Atene concesse una flotta di 25 navi. Gli Ioni, alleati con la Licia, la Caria, Cipro e le città dell’Ellesponto,  distrussero Sardi, capitale dell'Asia Minore, ma la cittadella nella quale la guarnigione persiana si era rinchiusa non cedette e i Greci, già soddisfatti, desistettero da altre operazioni. Dario reagì e, occupata Cipro, con una flotta di 600 navi, nell'estate del 494 a.C., dinanzi a Mileto, inflisse una dura sconfitta alla flotta ionica e conquistò Mileto soffocando tutte le rivolte. Risentito per l'aiuto che Atene ed Eretria offrirono ai ribelli, decise di punire queste e inviò una flotta nell'Egeo sottomettendo le Cicladi, assaltando Eretria e, attraversato il tratto di mare fra l'Eubea e l'Attica, raggiunse la baia di Maratona.
Le truppe persiane furono costrette dagli Ateniesi ad accettare battaglia in condizioni sfavorevoli e subirono nel 490 a.C. la famosa sconfitta di Maratona che allontanò per qualche tempo la minaccia persiana. La riscossa non ci fu perché Dario morì nel 485 a.C. lasciando il trono a Serse, figlio della sua seconda moglie Atossa, figlia di Ciro il Grande. 
Nato nel 519 a. C. Serse fu preferito al fratello maggiore, nato prima che Dario diventasse re. Nel suo regno, represse la rivolta egiziana e cercò di proseguire il lavoro contro la Grecia progettato dal padre. Dopo le disastrose sconfitte di Salamina e di Platea del 480 a.C., tornò in patria dove morì nel 465 a.C. in una congiura di palazzo, insieme col figlio primogenito, per mano del comandante della sua guardia del corpo, Artabano.
Nei rilievi del suo palazzo a Persepoli, Serse è rappresentato in tre modi:
1) come principe ereditario, mentre esce dai suoi appartamenti, seguito da un servitore che gli regge l'ombrello aperto sul capo 
2) come correggente, in piedi dietro il trono di Dario, nell'atto di toccare con la mano sinistra l'alto schienale del trono stesso 
3) come "Gran Re", mentre esce dal suo palazzo seguito da due servitori, che reggono le insegne del suo rango.
Nelle rappresentazioni è sempre vestito con una lunga tunica persiana, pieghettata sul davanti e sulle maniche, con la testa pettinata a riccioli fitti e con una tiara merlata. Nel collo portava dei monili dorati, anche se oggi non ci rimane traccia di tali dorature.

Immagine da Wikimedia

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