martedì 15 luglio 2014

Archeologia in Sardegna: ipotesi sull’origine e sulla funzione dei nuraghi.

Archeologia in Sardegna: ipotesi sull’origine e sulla funzione dei nuraghi.
di Aldo Casu

Quasi tutti gli studiosi della Civiltà Nuragica hanno formulato ipotesi sulla funzione dei nuraghi ma sono pochissimi quelli che hanno indagato sull’origine di queste costruzioni megalitiche uniche in tutto il mondo e ancora così misteriose e ricche di fascino.
Il Megalitismo, che ha coinvolto la Sardegna dal Neolitico all’Età Nuragica (6.000-700 a.C.), però, al contrario di quanto si crede, è stato un fenomeno mondiale che ha la maggiore concentrazione delle sue strutture nell’Europa Atlantica e in tutto il bacino del Mediterraneo.
Le imponenti strutture in pietra quali Stonehenge e i nuraghi  fanno parte del “patrimonio culturale europeo e mondiale”, e per la capillare diffusione e la grande varietà che ebbero in Sardegna, le cultureprenuragiche e la successiva Civiltà nuragica vengono considerate fra le più importanti culture megalitiche mai esistite.
L'ignota tecnologia usata per il taglio dei monoliti, la costruzione dei monumenti stessi e il loro significato spirituale resta ancora un enigma ma gli studiosi, con le loro ricerche, hanno dimostrato
come il cosiddetto “proto-megalitismo sardo”  sia strettamente legato al “megalitismo dell'area pirenaica ”. (1)
In Sardegna, espressione del megalitismo, oltre ai nuraghi, sono i ‘menhirs’ (vedi foto 1), i ‘dolmen’ (vedi foto 2), le ‘allèes couverts’ (vedi foto 3) e i ‘circoli dolmenici’ (vedi foto 4).(2)
Col passare dei secoli i ‘dolmen’ si evolsero nei primissimi ‘protonuraghi’ a base quadrata o, comunque non circolare; le “allèes couverts” si evolsero in ‘tombe dei giganti’ prima, e in seguito in ‘nuraghi a corridoio’.
Queste trasformazioni avvennero probabilmente in seguito all’arrivo nell’isola di altre genti che avevano una cultura diversa:  “ … Le sepolture dell’età eneolitica ci forniscono numerosi elementi sul gruppo umano che viveva nell’isola in quell’epoca. (…) La stratificazione etnica della Sardegna è composta da ‘preneolitici’: gli IPSISTENOCEFALI di tipo proto – etiope (in minima parte); da ‘neolitici’ : i DOLICOMESOCEFALI di tipo mediterraneo; e da ‘eneolitici’, gli stessi mediterranei con una minoranza di BRACHICEFALI. (…) Risulterebbe quindi che in Sardegna avrebbe vissuto una rozza  scarsa popolazione priva della agricoltura - forse Liguri – cementata da un apporto di genti venute dal Mediterraneo orientale …” (3). Della presenza di due etnie con una cultura differente si ritrova traccia anche nell’etimologia di due toponimi in agro di Sant’Andrea Frius dove al di fuori dell’enclave difesa dal sistema nuragico (4), sulle montagne, abitavano degli “adoratori di menhirs”, nelle immediate vicinanze della zona nota col nome di “Pèdras fìttas”, mentre all’interno dell’enclave abitavano “adoratori di pale” che potrebbe essere un esplicito riferimento alle “stele” delle tombe dei giganti o alle pitture, per esempio, de “Sa Pala Larga”(5).
Sta di fatto che in Sardegna, tra protonuraghi (300 circa) e veri e propri nuraghi, se ne contano ca. 10.000 e, cioè, uno ogni 0,7 kmq: un numero e una densità che stupiscono specie se si tiene conto che “… secondo le ipotesi degli studiosi, nell'isola in quel periodo (tra il XVI e il X a.C, n.d.a.) si poteva contare una popolazione di circa 245.000 unità; altre ipotesi fanno supporre ad un numero maggiore, tra i 400.000 e i 600.000 abitanti… )(6) comunque sempre troppo pochi per poter realizzare una simile opera più che faraonica.
Tra la fine del Bronzo Antico  e gli inizi del Bronzo Medio (XVIII-XVI secolo a.C. secondo la cronologia del Lilliu) si ha l'edificazione dei primi protonuraghi, denominati anche pseudonuraghi  o nuraghi a corridoio che sono la tipologia più antica. Differiscono in maniera significativa dai nuraghi classici per l'aspetto più tozzo e la planimetria generalmente irregolare, la loro altezza non supera i 10 metri ma occupano una superficie notevolmente maggiore rispetto a quelli a torre. (vedi foto 5)
Nel Bronzo Medio, intorno al XIV-XII a.C. fa la sua comparsa il nuraghe monotorre a tholos. (vedi foto 6). All'interno ospita una o più camere sovrapposte, coperte a falsa volta, con la tecnica cosiddetta ad aggetto. Rispetto alla prima fase si nota ‘una brusca svolta costruttiva’ nella civiltà nuragica.(7) È il nuraghe per antonomasia, è di forma tronco-conica e la tholos è realizzata sovrapponendo giri di pietre via via più stretti fino a chiudere la volta. Alla torre principale viene aggiunta un'altra torre e il nuraghe monotorre si evolve in nuraghe tancato.(vedi foto 7).
Nel periodo del Bronzo Recente e Finale fra il XII e il IX a.C. al singolo nuraghe già esistente, si addossano altre torri e corpi di fabbrica, fino a realizzare quelle complesse strutture, dette regge nuragiche, provviste di torri angolari, spesso in numero di tre, come il nurahhe Santu Antine a Torralbe o il nuraghe Losa ad Abbasanta, ma anche di quattro torri, come  Su Nuraxi a Barumini e il nuraghe Santa Barbara a Macomer, o addirittura anche cinque, come il nuraghe Arrubiu a Orroli arrivando, in quest’ultimo, a un totale di ventuno torri. Dopo le piramidi egizie questi nuraghi polilobati  (vedi foto 8), che raggiungevano l’altezza di 25-30 m., sono considerati le più alte costruzioni megalitiche mai costruite durante l'Età del Bronzo nel Mediterraneo protostorico.(8)
Tra i veri e propri nuraghi, che vengono costruiti a partire dal Bronzo medio (XVI-XII sec. a.C.) e le costruzioni che si realizzavano prima, si osserva avvenuta una “brusca svolta costruttiva” che non può essere spiegata, semplicemente e sbrigativamente, come una ‘naturale evoluzione’  e per
essere capita a pieno bisogna considerarla da un altro punto di vista e, cioè, come un “evento sociale” o, meglio ancora, “come una risposta di quella Civiltà ai cambiamenti verificatisi nel mondo in cui essa esisteva e interagiva con le altre Civiltà ”.

Cos’è una civiltà?
Secondo Arnold J. Toynbee “(9) … Ogni civiltà può essere intesa come la 'risposta' data da un gruppo umano alle sfide poste dalle particolari condizioni dell’ambiente naturale e sociale  in cui viene a trovarsi. La nascita di una civiltà coincide quindi con una serie di risposte riuscite ad altrettante sfide …”
Un approccio analogo è adottato da alcuni sociologi che interpretano lo sviluppo della civiltà in chiave di adattamento, o di strategia adattiva a pressioni ambientali esterne e interne.
Le ‘risposte’ che l’uomo dà alle sfide che l’ambiente gli pone, dipendono dalla ‘cultura’  del gruppo cui appartiene e da quelle che sono le sue maggiori o minori ‘motivazioni’ e ‘capacità di adattamento’ con la conseguenza che, a sfide ambientali simili, l’uomo può dare risposte diverse e adattarsi in modo differente da gruppo a gruppo.
Se la Civiltà nuragica, nella sua più avanzata manifestazione monumentale, è stata la risposta data dai Sardi a una sfida posta dall’ambiente, vista la sua enormità e l’impegno richiesto dalla sua realizzazione, la sfida deve essere stata veramente grande e fortemente motivante.
Se gli antichi abitanti della Sardegna a un certo punto cominciarono a innalzare costruzioni megalitiche, così particolari e uniche come i nuraghi, in tutta l’isola e in così gran numero, devono aver avuto dei, per loro, più che validi motivi senza i quali non avrebbe alcun senso l’impegno e la costanza da loro dimostrati nel realizzare una così grande opera.
La ‘brusca svolta costruttiva’  le cui testimonianze dopo millenni ancora ci stupiscono regalandoci
sempre nuove sorprese, non va vista, cioè, come un semplice fenomeno architettonico (di per sé
non certo facile da spiegare) ma va considerata (se si vuole capire la vera essenza della civiltà nuragica) in chiave sociale, come risposta, cioè, dei nostri lontani progenitori a qualcosa che si son trovati davanti e di fronte alla quale hanno dovuto reagire.
Nell’isola, considerata la scarsa densità della popolazione (10-25 persone per kmq), non credo si sia verificato qualcosa, in quei tempi lontani, che possa aver causato e motivato quella brusca svolta costruttiva osservabile avvenuta nel Bronzo medio.
Ma l’ambiente in cui vivevano i Nuragici non era solo la Sardegna bensì tutto il Mediterraneo!
Essi, infatti, oltre che ‘guerrieri, pastori e contadini che vivevano suddivisi in piccoli nuclei tribali (clan)’, erano anche abili nell'arte della navigazione.
I modellini di navi in pietra, che venivano realizzati in località detta ‘su Códuàxiu’  in territorio di Sant’Andrea Frius, a una quarantina di km dal mare, a circa 580 m.s.l.m., intorno alla metà del III millennio a.C. (10), sono una piccola testimonianza che i Sardi, se non da prima, già dall’Eneolitico (2.800 – 2.200 a.C.) avevano uno stretto rapporto con il mare e, “… attraverso di esso, in quanto abilissimi navigatori, potevano spostarsi facilmente in tutto il bacino del Mediterraneo e  mantenere contatti con le popolazioni iberiche, etrusche,cipriote, micenee e cretesi...”(11)
Spesso si confondono queste ultime due Civiltà che si svilupparono in tempi diversi nell’isola di Creta: quella propriamente detta ‘cretese’ si sviluppò a partire dal 2.800 a.C., quando gli abitanti dell’isola cominciarono a arricchirsi con il commercio marittimo e le loro navi, costruite col legno che abbondava nell’isola, dominavano il Mediterraneo avvantaggiati dalla posizione in esso centrale della stessa e raggiunse il massimo splendore tra il 2.000 e il 1600 - 1.450 a.C. per poi scomparire improvvisamente.(12)
I ‘Micenei ’ venivano dal nord e si erano stabiliti nel Peloponneso, regione della Grecia di poco a nord dell’isola di Creta che poterono occupare solo dopo la scomparsa della Civiltà cretese. In breve i Micenei divennero i dominatori dei mari e abilissimi commercianti ma il loro regno duro solo fino al 1.100 circa a.C. quando altri popoli arrivarono dal nord.(13) “… un tempo i Micenei frequentavano la Sardegna: nel golfo di Cagliari avevano impiantato un luogo di culto sulla collina del Nuraghe Antigori ma non sembra che fossero penetrati in profondità …”.(14)
Come suggerito da P. Ruggeri (15) bisognerebbe ricostruire i loro diversi rapporti con la nostra civiltà nuragica e soprattutto riconsiderare gli intensi scambi commerciali e relazioni culturali che intercorsero tra la Sardegna e la Civiltà cretese.
Per inquadrare gli scambi commerciali basti pensare ai lingotti di piombo, a forma di pelle di bue essiccata e di tipo cretese - cipriota, che sono stati trovati in molte località costiere della Sardegna ma anche dell’interno, che forse sono stati importati dall’Egeo orientale ma, come osservato da F. Lo Schiavo , potrebbero anche essere stati prodotti  ‘in loco’  “… da tecnici specializzati provenienti dall’area cretese – cipriota, al seguito dei capi, che avrebbero trasmesso alle maestranze indigene la tecnica dell’estrazione e della fusione in base ad accordi che prevedevano una quantità di metallo concessa in cambio, da importare nelle proprie sedi di origine …”(16).
E se i Cretesi erano presenti in Sardegna, come si apprende dal ‘De mulierum virtute’ di Plutarco (17), a Creta, nella località Lyctos, alle pendici del monte Leuca, esisteva un insediamento stabile di Tirreni - Sardi.
“… gli insediamenti studiati finora, relativamente all’epoca Eneolitica, e attestati in diverse zone della Sardegna, costituiscono la prova della presenza dei Cretesi nell’isola …”.(18)
Per gli scambi culturali tra le due isole si possono ricordare il mito di ‘Talos’,  l’automa di bronzo costruito, secondo alcune versioni, da Dedalo in Sardegna, e poi portato a Creta; lo stesso ‘Dedalo’ al quale si attribuisce la costruzione dei nuraghi e l’introduzione nell’isola del metodo di ‘fusione a cera perduta’  da Creta; ‘Aristeo’ , figlio di Apollo e della ninfa Cirene, che introdusse l’agricoltura e
l’apicoltura nell’isola.  
Aristeo dovette lasciare Tebe, raggiunse l’isola di Creta ‘a quel tempo priva di uomini‘  e da lì, con Dedalo passò in Sardegna. (19)
“… Gli storici antichi scrivono di edifizi pubblici e privati (…) fatti costruire a Dedalo dall’eroe Iolaos …”(20) e ancora: “… Non vi è niente di sorprendente nella presenza di Dedalo in Sardegna…” (21) ma è quella frase “Cretam insulam tenuit, primo adhuc hominibus vacuam”,  scritta da Sallustio (22) nelle ‘Historiae’ , a darci una possibile spiegazione della nascita della Civiltà nuragica in Sardegna.  
Creta, infatti, è rimasta disabitata solo in un limitato periodo compreso tra l’esplosione vulcanica di Santorini, che causò l’improvvisa scomparsa della Civiltà cretese,  e l’ occupazione dell’isola da parte dei ‘Micenei’  che venivano dal nord.
Secondo la datazione stabilita dal Manning del 2006, attraverso accurate analisi al C14 e dendrocronologiche, l’apocalittica eruzione del vulcano avvenne intorno al 1627 a.C. e dai  geologi è considerata come uno dei più forti eventi verificati che cambiarono il corso della storia antica dei popoli del Mediterraneo. 
Quando il vulcano esplose sull'isola uno tsunami raggiunse le coste di Creta e ne distrusse la civiltà che a quel tempo era leader nel bacino del Mediterraneo.
Secondo i più recenti studi, l'eruzione del vulcano provocò dapprima una pioggia di pomici e ceneri, poi piovvero massi più grossi ed infine la caratteristica pomice rosa che ha reso celebre l'isola e un getto di materiali compressi e di gas surriscaldati raggiunse la stratosfera ad una velocità di 2000 km/h facendo udire i suoi boati dall'Africa alla Scandinavia, dal Golfo Persico a Gibilterra. Le ceneri furono sparse per molti chilometri e trasformarono il giorno nella notte più cupa e alterarono, probabilmente, albe, tramonti e condizioni meteorologiche.
I cambiamenti ambientali si fecero sentire in tutto il mondo, arrivando anche in Cina, fino al Nord America e l'Antartide.(23)
La violenta esplosione di magma svuotò il gigantesco bacino magmatico sottostante l'isola, provocando il crollo dell'edificio vulcanico; miliardi di metri cubi d'acqua si precipitarono nell'abisso incandescente: la repentina vaporizzazione dell'acqua scatenò una serie di esplosioni titaniche (fenomeni piroclastici) che scardinarono ciò che restava dell'isola, sollevando immense ondate alte fino a 60 metri, che raggiunsero la costa settentrionale di Creta devastando tutti i villaggi.
Il "risucchio" di immense quantità di acqua causata dalla formazione di queste enormi onde probabilmente prosciugò quello stretto corso d'acqua attraversato dagli Ebrei in fuga dall'Egitto (errate traduzioni parlano del Mar Rosso ma non era il Mar Rosso bensì un braccio di acque salmastre molto più piccolo). La leggenda di Mosè che apre le acque si ritiene abbia quindi origine da questo "risucchio" delle acque per effetto dell'esplosione, e successivo Tsunami.(24)
Alcuni scienziati correlano addirittura un inverno vulcanico dovuto all'eruzione di Santorini con i documenti cinesi registranti il collasso della XI dinastia in Cina. Secondo gli Annali di bambù, il collasso della dinastia e il sorgere della dinasti Shang, datato approssimativamente al 1618 a.C., fu accompagnato da "'nebbia gialla, un fioco sole, dunque tre soli, ghiaccio a luglio, carestia e l'inaridimento di tutti e cinque i cereali".(25)
Tutte le coste del Mediterraneo sono (e sono sempre state) a rischio maremoto a causa dell’elevata sismicità e della presenza di numerosi vulcani attivi, emersi e sommersi, lungo la linea di incontro della ‘placca tettonica Euroasiatica e quella Africana’ (vedi tav. 1 (26). Il mare Tirreno e le sue coste pullulano di vulcani, attualmente attivi oppure, come nella Sardegna sud                                                  occidentale, che sono stati attivi fino a poco tempo fa (geologicamente parlando).(27)
Negli ultimi mille anni, lungo le coste italiane, sono state documentate varie decine di maremoti, solo alcuni dei quali distruttivi. Le aree costiere più colpite sono quelle della Sicilia orientale, della Calabria, della Puglia e dell’arcipelago delle Eolie (vedi tav. 2 (28)). Maremoti di modesta entità si sono registrati anche lungo le coste liguri, tirreniche e adriatiche. Le coste italiane possono inoltre essere raggiunte da maremoti generati in aree del Mediterraneo lontane dal nostro Paese ad esempio a causa di un forte terremoto nelle acque della Grecia.(29) Di questo fatto sia i Sardi, sia gli

altri popoli,  che  navigavano perennemente in questo mare, erano sicuramente a conoscenza ma non avevano mai visto un evento di una così grande violenza distruttiva e possiamo ben immaginare il loro stato d’animo, anzi, il panico che provarono di fronte a un simile apocalittico spettacolo e il disorientamento nel vedere la Civiltà cretese, con la quale avevano intensi contatti non solo commerciali e che da più di dodici secoli prosperava e dominava l’intero Mediterraneo, scomparire nel nulla da un giorno all’altro.
Ora poco importa sapere la data esatta di quando si verificò questo immane disastro ma sta di fatto che esso, come già osservato, sconvolse la storia dei popoli del Mediterraneo nel Bronzo medio. Probabilmente fu questo grande sconvolgimento a creare le condizioni per la nascita di quella ‘alleanza tra Nazioni’ che poco più tardi verrà chiamata ‘Popoli del mare’, ma di certo fu l’evento che causò quella ‘brusca svolta costruttiva’ di cui si è detto essersi verificata in Sardegna tra i secoli XVI e XV a.C..

I Sardi conoscevano benissimo il Mediterraneo e sapevano altrettanto bene dell’origine vulcanica della loro isola (oggi in Sardegna si contano ben 32 antichissimi vulcani (30)) e, sebbene fossero coraggiosi guerrieri e arditi navigatori, erano pur sempre uomini che vivevano in un mondo intriso di miti, di credenze, di superstizioni e di paure ancestrali.
Per questo è logico pensare che abbiano sentito l’esigenza di premunirsi e cautelarsi, in qualche modo, contro l’eventualità che un altrettanto disastroso evento potesse verificarsi anche nella loro terra. Giunto in Sardegna, invitato o meno da Jolao, Dedalo, grande architetto, scultore e inventore ateniese, sentite le paure e le esigenze dei Sardi, ideò, progettò e realizzò un tipo di costruzione, mai vista prima, di forma troncoconica e con dei muri spessi anche cinque metri che le davano una tale stabilità e solidità che hanno fatto sì che si conservasse, pressoché intatta per oltre tre millenni: erano i primi nuraghi monotorre e con essi nasceva una nuova e grande Civiltà.
Da quando esistono i nuraghi in Sardegna si sono sicuramente verificate delle scosse telluriche più o meno forti, il 4 giugno 1616, per esempio, e il 17 agosto 1771 (31) e probabilmente non sono mancati neanche i maremoti qualcuno dei quali può essere arrivato anche fino al medio Campidano, ma “… le costruzioni nuragiche hanno subito i danni maggiori negli ultimi 190 anni, soprattutto dopo l'emanazione dell' editto delle chiudende  (1820, n.d.a.) quando divennero materiale da costruzione per i muretti a secco che ancora oggi caratterizzano il paesaggio sardo, e con l'ampliamento della rete viaria e l'impiego delle pietre nelle massicciate stradali …”.(32)
Non so se si sono mai fatti degli studi per verificare se nei nuraghi, nella loro forma, nella loro struttura e costruzione e/o nelle loro dimensioni, siano presenti elementi chiaramente antisismici , ma credo che la loro “invenzione” sia stata la risposta dei Sardi del Bronzo medio alla catastrofe verificatasi nel mar Egeo, e che la loro costruzione, in un così gran numero, avesse lo scopo di “rendere sicura” tutta l’isola e, soprattutto, di far sentire “protetta” la sua popolazione il che fa supporre che allora la Sardegna fosse tutta sotto un’unica autorità.
Tutte le altre funzioni che sono state attribuite ai nuraghi, sono conseguenza diretta e più appariscente di questo scopo primario recondito che, però, è il solo a giustificare in toto lo sforzo e l’impegno necessari alla costruzione di ciascuno di essi.
Perché la gente, che allora abitava la Sardegna, potesse sentirsi al sicuro, i nuraghi dovevano essere ben visibili da ogni parte e per questo, nella maggior parte dei casi, venivano costruiti in punti elevati con la conseguenza che, da essi, si poteva avere il ‘controllo del territorio’ e si potevano vedere altri nuraghi in tutte le direzioni.
Poiché la popolazione si sentiva ‘difesa’  dalla presenza dei nuraghi era logico pensare che queste costruzioni avessero una ‘funzione militare’  e, infine, poiché i Nuragici si sentivano ‘protetti ’ da quelle torri, attribuivano loro una certa ‘sacralità‘. Con i cambiamenti socioeconomici che seguirono nel tempo, quel grande, unico e nobile scopo originale venne purtroppo dimenticato.

       NOTE:
1) Giacomo Paglietti - All’origine del megalitismo nell’occidente mediterraneo:le tombe a circolo, ATTI  DEL Convegno dei Giovani Archeologi, dinamiche di frequentazione e di sfruttamento delle risorse naturali nell’an tichità, Sassari 27-30 settembre 2006, a cura di  Maria Grazia Melis,  Muros 209;
3) Zervos: “La civiltà della Sardegna (dall’Eneolitico alla fine dell’età nuragica – II millennio – V sec. a.C.)”   L.S.I., Sassari – 1980/81/82, cit. pag. 30;                                                              
5) http://pierluigimontalbano.blogspot.it/   2014/7/ Sa-Pala-Larga di Paola Arosio e Diego Meozzi;
6) Giovanni Ugas, Aspetti della società sarda tra il XVI e il X a.C. in pierluigimontalbano.blogspot.com;
9) Arnold Joseph Toynbee (Londra, 14 aprile 1889York, 22 ottobre 1975) storico e filosofo inglese in “A Study of    History” la sua magnum opus  in 12 volumi (scritta tra il 1934 e il 1961) vol. I, II e III;
11) Vedi nota 6;
13) Ibidem;
14) Finzi: “Le città sepolte della Sardegna”, N.C.E. Perugia, 1982, cit. pag. 46;
15) P. Ruggeri: “Talos, l’automa bronzeo contro i Sardi: le relazioni più antiche tra Creta e la Sardegna”.  In “Le fonti classiche e la Sardegna”, Atti del Convegno di Studi - Lanusei  29 dicembre 1998, a cura di R. Zucca;
16) F. Lo Schiavo: “Economia e Società nell’età dei nuraghi” in Aa.Vv., Ichnussa, pag. 271-91;
17) Biografo, scrittore e filosofo greco antico, vissuto sotto l'Impero Romano tra il I ed il II sec. d.C.;
18) Zervos: La civiltà della Sardegna (dall’Eneolitico alla fine dell’età nuragica,  II millennio – V sec. a.C.)  L.S.I. Sassari 1980/81/82, pag. 30;
19) Vedi nota 15;
20) Lilliu: La civiltà nuragica, Delfino Sassari 1987, pag. 10;
21) Zervos, opera citata, pag 38;
22) Storico e politico romano, senatore della Repubblica romana, I sec. a.C.;
25) Foster, KP, Ritner, RK, e Foster, BR, Testi, tempeste ed eruzione di Thera in Journal of Near Eastern Studies, vol. 55, 1ª ed., 1996, pp. 1–14;
29) Vedi tavola 1 e “Atlante dei vulcani” in https://www.regione.sardegna.it/documenti/1_274_20140228111141.pdf;
31) Atlante Storico Sardo (a cura della R.A.S.), Cagliari Zattera 1971, pag. 4 a cura di A. Furreddu;
32) Paolo Melis, Civiltà Nuragica, Delfino editore, Sassari, 2003;

25 commenti:

  1. Ho smesso di leggere dopo i vocaboli "megalitismo" (i nuraghi NON sono strutture megalitichee: tutt'al più ciclopiche) e aver visto scritti in MAIUSCOLO i riferimenti antropometrici, che pertengono alla cultura ottocentesca, sono superati, abbandonati da tutti i ricercatori.
    Mai nulla di NUOVO?

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  2. Io, invece, ho apprezzato molto e condivido tanti passi di questa esposizione. Certo oggi è meglio parlare di nuraghi a corridoio e non di protonuraghi, di tecnica ciclopica e non megalitica (pur se megalitiche sono alcune architravi), di genti che partecipavano "insieme" alle vicende e non di dominatori o di colonizzati...ma in uno scritto di qualche pagina scritto su un quotidiano, e coprendo un arco temporale di tanti secoli con una sintesi, non è richiesto essere anche sofisticati nel linguaggio.

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    1. Se dovessi rispondere con lo stesso atteggiamento al commento dell'amico anonimo, osserverei che, nel suo brevissimo testo, ci sono degli errori grammaticali e che le sue poche parole tradiscono una certa chiusura mentale da parte sua.
      Infatti, se avesse letto l'articolo fino in fondo, avrebbe scoperto che qualcosa di nuovo c'è e, forse, gli sarebbe anche piaciuto.

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  4. Devo dire che mi associo nella critica all'anonimo estensore: accomunare nella stessa cultura (che Casu definisce "megalitica") Stonhenge, circoli dolmenici, menhir e nuraghi di ogni specie mi sembra scientificamente azzardato oltre che superato dallo stato della ricerca attuale. Giustamente Montalbano fa rilevare la inesatta dizione. Ma a favore di Casu gioca la grande confusione nel mondo accademico nella definizione esatta di cultura megalitica e di cultura ciclopica, modi di dire ormai entrati nell'uso e nell'utilizzo spesso a vanvera da parte di molti giovani (e non) studiosi.

    Tuttavia l'autore ha tentato di fare un quadro della situazione, definendo alla fine la funzione militare dei nuraghi secondo la sua personale interpretazione. Bene, la si aggiunge alle tante e diverse ipotesi sulla funzione dei nuraghi che nei decenni ci hanno sommerso di teorie a volte strampalate a volte affascinanti. Non la si respinge e non la si accetta, si aggiunge semplicemente perchè ad oggi una ipotesi condivisa dalla totalità del mondo scientifico non esiste ancora.

    Ma solo ultimamente si sta cercando di creare una tipologia nuragica più articolata, differenziando ad esempio le torri costruite con massi appena sbozzati da quelli rifiniti alla martellina all'interno (quale il più antico, e di quanto e di quando?), senza peraltro poter giustificare una cronologia e basandosi tuttora non sul manufatto architettonico di per se, tuttora indatabile, ma su materiale archeologico rinvenuto al suo interno.

    Unico e irripetuto esempio il travetto di legno che tanti decenni fa Lilliu trovò all'interno di su Nuraxi infisso nel muro della torre centrale e che (ahimè) Lilliu decretò che fosse datante per tutti i nuraghi sardi sulla base delle indagini archeometriche (C14 ecc) di quel solo travetto. Fra parentesi, dov'è andato a finire oggi quel caposaldo cronologico?
    Mi pare che solo un "eretico" e poco ascoltato studioso, Giacobbe Manca, nel 2008 fece rilevare questa enorme incongruenza durante un convegno.

    Quindi non se la prenda l'amico Casu, ma a mio avviso occorre un reassessment del suo articolo con dati probanti che purtroppo ancora oggi il mondo scientifico non riesce ad ottenere dai pochi studi sull'archeologia dell'alzato che per ora si è quasi solo occupata di medioevo e postmedioevo.

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  5. Ho letto per intero l'articolo e lo ho ponderato, per non essere tacciato di superficialità o prevenzione. Credo quindi di potere affermare quanto segue, al riguardo:
    1) L'autore, che taccia gli altri di scrivere strafalcioni, ne scrive egli stesso numerosi e vari: ma preferisco non citarli, ognuno se li cerchi da sé, sono gustosissimi.
    2) Spaccia il suo testo per essere un articolo che tratta dell'ORIGINE dei nuraghi, ma per i quattro quinti dello scritto tratta di tutt'altro (miti antichi stranoti, credenze ribollite, pseudoteorie di pseudoarcheologi in pensione, bubbole già dimostratesi sbagliate e pseudoverità scientifiche totalmente false) con il medesimo sistema usato da Voyager. Deteriore.
    3) Faccio i migliori complimenti per la bibliografia, che è la parte archeologica migliore, vista la sua autentica vetustà ed inattualità. Plutarco e Sallustio mi piacciono moltissimo, ma anche Zervos è un bel pezzo di modernariato...E' un po' meno elegante l'autoreferenzialità immodesta con cui si cita, ma va bene così: ormai lo fanno tutti!
    4) L'autore crede alla cronologia del Lilliu che è notorimente stata modificata più volte secondo i criteri dell'IPSE DIXIT e non è scientificamente fondata.
    5) Conosce così bene i proto-Sardi da darne per scontato le capacità marinare: bravo! Naturalmente: vivevano 'nel Mediterraneo' e probabilmente conoscevano gli aliscafi! (dove e quando si è mai prodotto l'isolamento di popolazione, che ne ha plasmato il particolarissimo genoma che osserviamo tutt'oggi?)
    6) 'Sa'(?) che gli ox-hide ingots ripetevano la forma di una pelle di bue: altro bravo! io pensavo che fossero maniglie e che fossero state solo chiamate così.Ma comunque, non mi risulta che i lingotti di PIOMBO avessero quella forma: forse s'intendevano lingotti di RAME o di altro?
    7) L'autore 'sa' dell'esistenza di 'Torri Angolari' nei Nuraghi. Vorrei che mi mostrasse quegli 'angoli' (l'unico nuraghe con angoli, il Coeserra, lo ho visto sull'altopiano del Golgo: è possibile che ce ne siano altri due o tre... tutti senza torri angolari).
    8) Fa piacere che egli abbia misurato con estrema precisione la velocità dei lapilli. l'altezza delle onde dello Tzunami e l'intensità del suono dell'esplosione vulcanica del Santorini. Ma chissenefrega: non doveva parlare dell'origine dei nuraghi? e' senza dubbio commovente che egli cerchi di convincere il lettore che i nuraghi sarebbero stati edificati perché i Sardi volevano edifici antisismici. come è anche commovente che egli creda davvero che i Sardi sapessero che - ere gelogiche addietro - la Sardegna aveva ospitato vulcani attivi!
    9) La leggenda di Mosé lasciamola pure stare dov'è: è più credibile la tesi difensiva di Galan sul Mose.
    10) Non è assolutamente vero che TUTTE le coste del Mediterraneo siano soggette a Tsunami; solo il Mediterraneo Occidentale lo è: è ora di finirla con la pseudo scienza terribilistica.
    11) Mi sembra che - circa i 'popoli del mare' - siano molto più seguite altre tesi, certamente più probabili della sua.
    Insomma: credo che il signor Casu dovrebbe occuparsi d'altro. Credo proprio che la sua grande creatività, in questo campo, non sia necessaria.

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  6. 10) ....Mediterraneo Orientale (non Occidentale), chiedo scusa.

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  7. Credo di aver riconosciuto l'anonimo, che invito a uscire dall'anonimato per correttezza, è facile sparare a zero su chi si firma senza farsi riconoscere! in ogni caso si deve avere il coraggio di rispondere delle proprie affermazioni! Tanto più se sono condivisibili da altri!

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  8. All'amico anonimo ma facilmente riconoscibile segnalo che il più grave terremoto noto in europa e' occorso a Lisbona, che se non erro e' in Portogallo, che se non erro e' situato nell'Europa occidentale (1º novembre 1755): 8,7 della scala Richter. Posso citare anche il sisma che ha colpito la Catalogna nel 1428 (9 grado scala mercalli).
    Sarei grato all'amico anonimo, anche conservando l'anonimato, se ci illuminasse con le sue autorevoli fonti contemporanee.
    Donato Pulacchini

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    1. ... e causò un terribile tsunami nel Mediterraneo, partendo dall'Atlantico...

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  9. Forse il gentilissimo anonimo ha ragione quando scrive che mi dovrei occupare d'altro ma, mi scuserà l'esimio conoscitore della verità, se gli chiedo di spiegarmi con quale diritto si permette. Da dilettante qual io sono, posso anche scrivere degli strafalcioni, ma in buona fede, basandomi sulle fonti che ho a disposizione, che, però non influiscono affatto sulla confusione, che regna sulla storia più antica della sardegna, che è causata da 'Signori' come il nostro anonimo che, per nulla prevenuti, invece di cercare di trovare qualcosa di buono in uno scritto di uno sconosciuto, dall'alto dei loro scranni, sparano a zero su chi propone qualche nuova tesi o ipotesi di lavoro, non tanto per amore della scienza quanto per paura che anche il loro lavoro, e quindi il loro prestigio, venga superato.
    Signor anonimo si tenga le sue opinioni per sè e usi pure la sua sferzante ironia come vuole, ma mi faccia una piccola cortesia: la prossima volta cerchi di capire quale è l'ipotesi che viene proposta e, se ci riesce, cosa di cui io dubito, non faccia come quello che a causa degli alberi non vedeva il bosco.

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  10. "... Credo che il signor Casu dovrebbe occuparsi d'altro. Credo proprio che la sua grande creatività, in questo campo, non sia necessaria ..." ha scritto l'esimio anonimo e poi " No, signor Aldo Casu: continui pure a scrivere su questo blogghe. E' troppe divertentissimo." Queste frasi sono in contraddizione e credo si commentino da sole.
    'Blogghe' e 'troppe divertentissimo' fanno certamente parte di una proprietà di termini che non mi appartiene perchè l'italiano per me non è ancora 'superato' se non da persone che non hanno neppure il coraggio di scrivere il loro nome.
    ALDO CASU
    Ps.: consiglio al signor anonimo di andare a leggersi il documento indicato nella nota 29 dell'articolo, se ci riesce.

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  11. Credo si debba riconoscere la totale inutilità di litigare in questo modo, su questioni che riguardano il controverso passato della Sardegna.
    Per tale motivo, si dovrebbero anche mettere in atto quegli espedienti mirati ad evitarlo.
    Infatti, è ben scarsa giustificazione il fatto che l’Accademia non sia riuscita a ricostruire altro che in minima parte la Storia Sarda: questa dolente situazione non può e non deve mai autorizzare alcuno a cavalcare ipotesi selvagge non scientifiche o non sufficientemente provate (non mi riferisco necessariamente all'autore di questo articolo: i casi sono numerosissimi). Invece, come spesso vediamo, molti ne approfittano per infilarci le proprie tesi balzane. Falsificare volutamente la storia è un crimine: è inutile qui riportare gli esempi già noti degli effetti lesivi di questo comportamento. Basta citare il classico esempio dell’Uomo di Piltdown. Molti copiano ed incollano le proprie letture preferite, citando qua e là alcuni autori del loro collage a caso: questa non è Scienza e non è neppure divulgazione.
    Non ho il minimo dubbio circa la passione, l’amore per la Sardegna e magari per la ricerca che anima tutti coloro che – prima o poi – scrivono qualche cosa sul tema.
    Ma credo si debba ricorrere all’aiuto altrui, alla revisione da parte di chi da anni conduce ricerche, agli esperti, a chi ne sa di più su ciascun singolo tema. Soprattutto, si deve fare ricorso all’autocritica, alla moderazione e alla prudenza.
    Certamente, questo limiterà molto l’effetto scenografico di qualsiasi produzione, ma ne aumenterà senza dubbi la credibilità. Con molti vantaggi.
    In ogni caso, è molto meglio che - in ciascuno scritto - ciò che è documentato appaia subito chiaramente come tale e ciò che è ipotesi personale sia sempre formulato espressamente come ipotesi, in modo inequivocabile: altrimenti, si corre il rischio di volere contrabbandare per fatto provato ciò che non lo è (talvolta anche in piena buonafede).
    Infine, scrivere può essere un passatempo per sé e per gli altri, una provocazione per tutti o per alcuni, un modo come un altro per l’autoaffermazione in qualsiasi ambiente. In quel caso si è sempre del tutto liberi.
    Ma se ci si presenta come informatori, cioè come portatori di solide notizie fondate e di novità scientifiche, allora ci si fa carico di precisi doveri di rigore e di precisione.
    Essere superficiali ed imprecisi non è concesso: ci si espone allora alla – talvolta scomposta e sgarbata – reazione di alcuni lettori indesiderati.
    Spero di non avere offeso alcuno con queste mie considerazioni, che sono derivate più dal bisticcio che dall'articolo.
    Auguri sinceri ad Aldo Casu.

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  12. Non è questo il caso, ma mi piace tirare fuori dal cassetto dei ricordi un fatto spiacevole che mostra come la passione e il desiderio di autoaffermazione possano a volte giocare pessimi scherzi.
    Tanti anni fa un caro amico, Marco C., ispettore archeologo della Soprintendenza della Toscana, ammattì per essere dimagrito di 50 kili in meno di un anno con una dieta spaventosa. In questa sua labile situazione mentale continuò a scavare e a pubblicare, ma purtroppo gli venne in testa di "dare una mano" alla storia, e in una cassetta di ceramiche e terrecotte di uno scavo toscano infilò un frammento di un pezzo di ceramica micenea (III Elladico C, non discordante dalla datazione degli altri reperti) ottenuta rompendo in due un frammento più grosso in una cassetta di materiali micenei proveniente da un altro scavo e conservata nei magazzini della Soprintendenza fiorentina. Ciò che distingueva questo frammento in cui era presente un cerchio di rosso bruno manganese era l'assenza del puntino centrale relativo all'uso di un compasso, e l'allora soprintendente Francesco Nicosia ci cascò in pieno, tanto che il relativo studio dell'archeologo M.C. sulla presenza micenea più nordica in Italia fu pubblicato con il dovuto risalto su Studi e Materiali, la rivista scientifica della Soprintendenza.
    La magagna venne fuori quando uno studioso lombardo vide il frammento pubblicato e si ricordò di un frammento più grande in una cassetta, andò a Firenze e trovò il frammento rotto, e la parte mancante era proprio quella pubblicata in pompa magna. Il povero Marco se la passò brutta, e qualcuno ne ebbe pietà, per cui riuscì a cavarsela con le immediate dimissioni dalla Soprintendenza; fece poi l'insegnante e non so infine che fine abbia fatto. Ma la sua tesi di laurea sulle armi bianche (punte di lancia) dell'età del bronzo restò un caposaldo, come quella della sua collega di studi e mia amica Daniela Cocchi sull'età del rame.

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  13. Accidenti, un bel guaio se non avessero posto rimedio. In ogni caso è l'ennesima dimostrazione che la circolazione di immagini, articoli e informazioni, opportunamente filtrata attraverso le competenze di specialisti, è sempre utile alla ricerca.

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  14. Il problema di fondo è che ognuno di noi si considera specialista in qualche cosa, e mi ci metto anche io. Questo comporta che se uno è conosciuto la gente finisce per fidarsi quasi ciecamente delle sue parole, dando per scontato che la fonte è fededegna. Talvolta però occorre dire chiaramente che il Re è nudo. Io ho sempre sospettato, e poi me ne sono convinto, che Lilliu è sopravvissuto all'unico suo scavo, che ha bloccato tanti giovani allievi con la sua fama costruita dal 1945 in poi occupando i più alti scranni. Non voglio dire che fosse un cattivo maestro, ma che i suoi convincimenti sono stati un freno per la ricerca e l'andare avanti per decenni! Solo oggi, dopo la sua morte, finalmente il mondo scientifico se ne è liberato e va avanti grazie non ai vecchi ma ai giovani studiosi guidati da docenti che hanno saputo svecchiarsi. Io ero assolutamente contrario a che gli si intitolasse il Museo archeologico di Cagliari, proprio per questo motivo, essendo più per Taramelli che decise di restare a lavorare in Sardegna. Ma Lilliu era sardo...e vinse. E anche Taramelli non era certo del tutto onesto. Si ricorda la sua corrispondenza a firma Von Taram ed altre amenità, per accreditarsi come scopritore di Abini, le falsità da lui scritte e pubblicate al riguardo, modello falsi di Arborea. Ragazzi, cosa si non fa per avere un posto nel pantheon dei grandi archeologi!

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    1. La Verità è nuda: chi la riveste non è per pietà.
      Doro Levi - che era una mente veramente grande, cosa internazionalmente riconosciuta - fu costretto ad andare via, perché era un indesiderabile ebreo.
      Giunse allora Lilliu, persona che si trovava nel posto giusto, al momento giusto.
      Che cosa fece - per diventare un 'Sardus Pater' - non è ancora stato valutato appieno, ma prima o poi lo sarà, quando l'attuale Accademia si sarà sufficientemente svezzata.
      Di certo, cambiò 4/5 volte la datazione di Barumini, basandosi sull'IPSE DIXIT e non su argomenti scientifici: quando Giacobbe Manca gli chiese se era stata tentata una datazione dendrocronologica sulla leva di legno rinvenuta incastrata nella cupola del nuraghe, cercò di evadere la domanda con la scusa che 'non ricordava'. Ma questa era già una risposta colpevolmente insufficiente.
      Di certo, Lilliu portò la politica dentro l'archeologia. E questo non sembra essere un merito.

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  15. Ma perché il Casu, prima di scrivere, non si degna di leggere i numerosi altri autori che hanno scritto prima di lui?

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  16. Ma perchè il signor anonimo non scende dal pulpito e, firmandosi nome e cognome, spiega il perchè di questo suo accanimento nei miei confronti?
    O è qualcuno che ha già avuto a che fare con me e, nascondendosi caparbiamente dietro l'anonimato, col pretesto dell'articolo, vuole rifarsi di qualche altra volta in cui dalla discussione sono emerse solo la sua ristrettezza e cortezza di vedute? Mah.
    Prima o poi gli passerà, se non è troppo tardi.

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    1. Non ci faccia caso. Scrivere in anonimato è uno sport nazionale. L'anonimato dovrebbe essere proibito: quando si firmano, questi signori perdono tutta la loro balentìa. Però, non offra il fianco, in futuro: separi chiaramente il fatto provato dall'ipotesi. Le ipotesi sono tutte legittime, fino a quando non c'è la prova definitiva a confermarle o a sbugiardarle...

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    2. Mi associo a quanto scrive Feo, e dato che questo sig. Anonimo continua a dichiararsi tale (anche se come detto credo di averlo individuato fra i vari Marchesi del Grillo ("io sò io e voi non siete un c...") che circolano sul web, non commenterò più questo post, non gradisco parlare come in un confessionale dove il prete che ti assolve o ti impone la penitenza non si vede; non è corretto, è un sistema antipatico di autotutela e non è accettabile nè accettato in ambito scientifico.

      Ed infine non è gradevole vedere che un anonimo intervenga in un dibattito offendendo un giovane che cerca di farsi una cultura e che involontariamente sbaglia ma almeno ha il coraggio di mettersi alla prova pubblicandosi.
      Ricordo che il prof. Turtas con cui ho avuto proficui rapporti culturali e che è riconosciuto come uno dei più dotti studiosi esistenti in Sardegna se non il più dotto, ma che ha un riconosciuto modo di fare a volte anzi spesso irritante e tagliente, in risposta a delle mie domande dopo una mia conferenza in Dipartimento a Sassari mi rispose pubblicamente che "occorreva studiare e documentarsi prima di parlare", lasciando chiaramente capire che io lo avevo deluso, e ci rimasi malissimo. Alla mia domanda di accedere al suo archivio di documenti per potermi documentare e non sbagliare (ma non avevo capito su cosa avessi sbagliato) mi disse secco secco di cercarli da me come aveva fatto lui (gesuita e grande studioso della chiesa sarda, con accesso a tutti gli archivi possibili ed immaginabili). Ovviamente l'organizzatrice dell'importante convegno universitario mi chiese se l'avessi invitato io, cosa che era vera, e mi disse chiaramente che se l'avessi rifatto non sarei stato più invitato io a parlare (e aggiungo: anche se sono visiting professor in Storia dell'Archeologia); questo per dire che timore fa avere un critico tagliente e iracondo.
      Ma io accettai la critica di Turtas anche se malevola e maligna, perchè so chi è l'uomo, di certo superiore a me per esperienza, cultura e sapienza, mentre non accetto critiche fatte da un anonimo ad una persona che non sarà magari alla sua altezza (scientifica) ma che ha il coraggio di mettersi in gioco in questo gioco al massacro, inutile e fuorviante. Quindi vi prego tutti ed in primis l'amico Montalbano di far smettere questo scambio di contumelie mascherate da fair plair.

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    3. De minimis non curat Praetor dovrebbe essere la linea guida di chi sente o ritiene di saperne di più.

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  17. Trovo interessanti le motivazioni del sig. Casu sull'origine della civiltà nuragica ed anche molto plausibili, perche non solo giustificano il motivo di strutture così particolari ma ne confermano a mio parere lo scopo finale. Costruzioni stabili, alte, efficaci a conservare vettovaglie ,cibi, prodotti vari , armi ecc...facilmente conservabili e controllate da guardie armate. Credo insomma che la funzione primaria del nuraghe fu quella di deposito conservativo sicuro di beni in caso di calamità naturali .

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  18. ...e anche di edifici posizionati in luoghi strategici per segnalare potenziali pericoli alla comunità con la quale erano legati.

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