L’origine dei Giudicati della Sardegna
di Alberto Massazza
Con il dilagare degli arabi nel Mediterraneo, che, a partire dal 705, a più riprese tentarono la conquista dell’isola, per altro senza ottenere che effimere occupazioni litoranee, la Sardegna, strappata ai Vandali dai Bizantini guidati dal generale Bellisario nel 535 ed inclusa nell’Esarcato d’Africa, iniziò ad avere rapporti sempre più precari con la Terra Madre, fino al definitivo black-out, all’indomani dell’invasione della Sicilia da parte dei Musulmani, iniziata con lo sbarco a Mazara nell’827. L’isola iniziò così un percorso di autogestione che, nel giro di pochi decenni, portò alla formazione di entità statali autonome, denominate Giudicati, destinate a caratterizzare la storia della Sardegna fino alle soglie dell’Evo Moderno.
Le notizie certe in grado di fare un po’ di luce su come si siano originati i quattro Giudicati sono quanto mai scarne. Nell’815, una delegazione di sardi si recava dall’imperatore Ludovico il Pio per chiedere aiuto militare contro gli arabi. Il termine Iudex compare per la prima volta in una lettera di Papa Leone IV dell’851, in cui il Pontefice chiedeva allo Iudex Sardiniae la fornitura di bisso, prezioso tessuto ottenuto da un mollusco usato per la confezione degli indumenti papali, e l’invio di un contingente militare per difendere Roma dalla minaccia araba. Appena tredici anni dopo, Papa Niccolò II, stigmatizzando la pratica dei matrimoni fra consanguinei nella famiglia reggente, si rivolgeva ai Iudices, al plurale; così come, otto anni più tardi, Papa Giovanni VIII scriveva ai Principes Sardiniae.
Altra notizia data per certa dalla storiografia vuole un’unica dinastia, i Lacon-Gunale, sul trono di tutti i Giudicati, dal periodo iniziale fino all’undicesimo secolo. Inoltre, Arborea e Torres rimasero probabilmente uniti fino alla metà del medesimo secolo, mentre il Giudicato di Gallura potrebbe essersi formato da una costola di Cagliari e il nome del primo Giudice, Manfredi detto Pisanus (1050 circa), farebbe pensare che si sia generato da una concessione del Giudice cagliaritano a Pisa. Di certo, quando, dalla seconda metà dello stesso undicesimo secolo, le cronache iniziarono a essere frequenti e dettagliate, i Quattro Giudicati erano già delle entità politico-amministrative ben definite ed efficienti, con interessantissime specificità e una spiccata originalità di soluzioni, confrontata al generale coevo panorama europeo.
A fronte di una tale carenza di dati, le ipotesi sull’origine della casata dei Lacon-Gunale sono tre. La più accreditata, vorrebbe i primi Giudici come diretta emanazione dell’amministrazione Bizantina. Secondo tale ipotesi, a un rafforzamento in senso autonomistico del potere bizantino in Sardegna, per far fronte alle incursioni degli arabi, comandato da Bisanzio o scelto autonomamente dai poteri locali, fece seguito una ripartizione territoriale del potere, sempre con l’obiettivo di essere più preparati di fronte alle incursioni arabe. La nobile famiglia bizantina dei Lacon-Gunale avrebbe dapprima assunto prerogative più simili a quelle di un viceré che di un prefetto o console, per poi suddividere il potere localmente tra i membri della famiglia.
La seconda ipotesi, avvalorata da studi recenti, vedrebbe i Lacon-Gunale originari delle Barbagie, le zone interne rimaste pressoché indipendenti da Bisanzio che, approfittando della debolezza dei bizantini, sarebbero riusciti a prendere in mano il potere. Questa ipotesi si basa principalmente sulla presunta origine prelatina dei nomi di molti Giudici (Orzocco, Ithocor, Torchitorio, ecc.) e sulle risultanze toponomastiche del doppio nome dinastico. In particolare, Laconi (etimo greco: confine) e Goni, ancor oggi, sono due paesi posti ai limiti occidentale e meridionale delle Barbagie. Particolare molto curioso, nei territori comunali di entrambi, sono numerosissime le testimonianze megalitiche prenuragiche che, come insegna la lettera del VI secolo di Gregorio Magno a Ospitone, duce barbaricino, esercitavano una notevole suggestione sulla spiritualità della popolazione di quei tempi.
L’ultima ipotesi vedrebbe l’infeudazione dell’isola da parte dell’Imperatore Carolingio. Oltre all’ambasciata dei sardi presso Ludovico il Pio nell’815, ci sono delle similitudini tra la prassi burocratica e diplomatica del Giudicato di Logudoro e quella della corte Carolingia. Potrebbe anche essere stata possibile un’origine mista, con il potere bizantino che avrebbe stretto legami matrimoniali con famiglie di possidenti autoctoni, mentre il Logudoro, per meglio legittimare la propria autonomia da Cagliari, si sarebbe rivolto alla corte Carolingia.
A ogni buon conto, dopo la vittoriosa resistenza dei sardi, coalizzati con i genovesi e i pisani, al tentativo di invasione del Governatore di Denia e delle Baleari Mujahid nel 1015, l’isola fu interessata dalla colonizzazione di ordini monastici italiani e francesi che, oltre a far fiorire l’architettura romanica con esiti originalissimi e ad apportare notevoli migliorie in campo agricolo, iniziarono a redigere delle cronache (condaghes), dalle quali viene fuori un’organizzazione politica e amministrativa giudicale ben consolidata e strutturata. Da allora e fino alla dissoluzione dei Giudicati, la Sardegna fu teatro dei tentativi di ingerenza nelle successioni dinastiche, oltre che delle maggiori famiglie pisane e genovesi (Visconti, Massa, Gherardesca, Doria), del Papato e dell’Impero, fino all’effimero matrimonio tra la giudicessa Adelasia di Torres con Enzo, figlio di Federico II di Svevia, e alla licentia invadendi concessa da Bonifacio VIII ai Catalano-Aragonesi nel 1297.
Eugenio Pischedda
RispondiEliminaLo iudex era un'istituzione prettamente bizantina, ed era l'amministratore vero e proprio della provincia sardiniae per conto di Costantinopoli; era affiancato al Dux, stratelates (o stratilates), magister militum di presidio sull'isola per le istanze militari e belliche. Il Dux scomparve come figura ed istituzione insieme all'abbandono dell'isola da parte dei bizantini, ovvero dell'abbandono de facto a prescindere dall'appartenenza all'impero di Bisanzio rimasto "sulla carta"; ma rimase lo Iudex; a mio avviso è proprio su questa "resistenza" istituzionale che ci si dovrebbe interrogare. Cioè sulle cause che hanno permesso a questa figura di non scomparire ed anzi di assurgere al rango regale. A mio modesto avviso è da scorgersi una eventuale e precoce consuetudine a conferire il titolo gentibus loci; nel corso del tempo il titolo era conteso da varie famiglie dette "maiorali", ovvero passibili, nei vari "logos" (da Logu=regno=giudicato, vedi la Carta de Logu del regno d'Arborea; ed espressione rimasta in sardo in definizioni come "no est in logu": non è da nessuna parte, non si trova ecc, riferito a qualcosa o a qualcuno cercato e non trovato), di diventare Iudikes, di regnare insomma. Una bella e interessante panoramica la si può trovare in Storia della Sardegna di Raimondo Carta Raspi. Il testo è degli anni '60 del secolo scorso e dunque mancano - ovviamente - riferimenti a scoperte recenziori, ma è oltremodo interessante per la profondità d'analisi dello studioso.