martedì 12 marzo 2013

Habemus Papam, dal primo cum clave a Benedetto XVI. Viaggio nei rituali nei segreti e nei misteri per eleggere il capo della Chiesa di Roma

Viaggio nei rituali nei segreti e nei misteri per eleggere il capo della Chiesa di Roma
di Stefano Schiavi e Micaela D’Andrea


Conclave: Riunione plenaria dei cardinali, riuniti in clausura, che elegge il nuovo Papa. Questa è la definizione di Conclave secondo l’Enciclopedia Treccani, ma che cosa è realmente un Conclave, cosa c’è dietro, quali sono i segreti accumulati nel tempo?
Ai più l’elezione di un Pontefice appare una cosa normale, naturale, specie per i romani che, in fondo, sono abituati al fatto che, ormai da duemila anni, morto un Papa se ne fa sempre un altro.
Eppure non è così come si pensa. L’elezione di un Papa non è una cosa semplice, esiste un rituale ben preciso dal quale non si può derogare né uscire. Ed è all’interno di questi rigidi canoni che per secoli Re, Imperatori ma ancor più le nobili famiglie romane, quella conosciuta come nobiltà nera, si sono scontrate a parole e fisicamente scatenando sicari, guerre, tradimenti e congiure di ogni sorta per l’acquisizione sia del potere spirituale e quindi il primato sul mondo cristiano sia di quello temporale e terreno fatto di territori e proprietà sterminate e, soprattutto, il controllo su Roma, la città eterna.
Le origini
Va detto che il Conclave vero e proprio, quello conosciuto con questo nome, non ha duemila anni come la Chiesa di Roma, infatti le sue origini risalgono all’elezione di Papa Gregorio X quando, era il 1270, i viterbesi (Viterbo era sede papale a quel tempo) stanchi dei 18 mesi di fumate nere e del disaccordo insanabile tra le fazioni filo francese e filo italiana, sequestrarono i cardinali chiudendoli a chiave (cum clave per l’appunto, e da qui deriva la parola Conclave) nel palazzo del Papa scoperchiando il tetto e mettendoli a pane e acqua, per costringerli a eleggere un nuovo Pontefice.
Ma il primo Conclave della storia della Chiesa di Roma non avvenne nella città eterna bensì ad Arezzo dove, nel gennaio 1276, Gregorio X morì mentre era di ritorno da un Concilio ecumenico svoltosi a Lione. Gregorio venne sepolto ad Arezzo e nella città toscana si svolse così il primo Conclave, era il gennaio 1276.
In realtà la scelta per eleggere il Papa avviene fin dagli albori del cristianesimo anche se con forme e modi diversi, mentre il Conclave (anche se non con questo nome e con queste regole) nasce formalmente nel 1118 con l’elezione di Papa Gelasio II, eletto da cardinali riuniti nel Monastero di San Sebastiano sul colle Palatino di Roma, luogo tenuto adeguatamente chiuso e segreto per evitare le interferenze che troppo spesso inficiavano l’elezione dei successori dell’apostolo Pietro. Va detto, per correttezza storica, che nei primordi del cristianesimo ancora unificato l’elezione del nuovo Papa avveniva attraverso un’assemblea che comprendeva soltanto i cristiani di Roma e che spesso ad indicare il nuovo Pontefice era proprio il Papa uscente, è il caso (secondo la tradizione cattolica) di papa Lino indicato dallo stesso Simon Pietro. Nel III e IV secolo il papa viene eletto dal collegio dei sette diaconi; in seguito su designazione del clero e del popolo romano, con ratifica dei vescovi suburbicari della provincia.
L’elezione, in realtà, è intrisa ancora di segni e retaggi pagani come nel caso di Papa Fabiano eletto, nel 236, perché sul suo capo si posò una colomba, simbolo di pace e purezza e quindi di una volontà del Signore che in qualche modo indicava la scelta da compiere ai fedeli.
Ci sono poi le scelte su chi poteva votare dando il primato assoluto alla Chiesa di Roma eliminando probabilmente pericolose intrusioni dalle altre parti dell’Impero. Così accadde che, nel 336 Papa Marco impose l’elezione del Papa quale solo appannaggio dei sacerdoti romani. Ma alla fine fu direttamente l’Imperatore, nella fattispecie Giustiniano nel V secolo che sottomise l'elezione del papa all'approvazione imperiale, così accadde per Papa Virgilio nel 540 e Pelagio nel 543, fino al 731 con l’elezione di Gregorio III.
Altre restrizioni arrivano nel 1059, anni in cui la Chiesa affrontava grosse fratture e crisi, quando Papa Niccolò II decise che ad avere diritto di voto potessero essere soltanto Cardinali e Vescovi. Nel 1179, in pieno periodo di Crociate in Terrasanta Papa Alessandro stabilì che a decider e il successore di Pietro doveva essere l’intero Collegio cardinalizio, ammettendo comunque che ad essere eletto Papa poteva essere un qualsiasi maschi battezzato, cosa che accadde poi con Celestino V che non era certo Cardinale o Vescovo. Ma fu solo nel 1198 che i cardinali si riunirono per la prima volta in volontaria clausura anche se la decisione dell'isolamento fu regolamentata solo nel 1274 da Gregorio X con la Costituzione apostolica Ubi Periculum, per impedire ritardi, influenze esterne e le corruzioni che troppo spesso si verificavano.

Con la Ubi Periculum, i cardinali dovevano riunirsi in un luogo chiuso senza diritto a stanze singole. Nessun cardinale poteva farsi assistere da più di un servitore, a meno che non fosse infermo. Il cibo doveva essere somministrato attraverso una finestra.
Le rigidissime regole furono comunque abrogate nel 1276 da papa Adriano V, ma ripristinate dall’ascetico eremita Celestino V nel 1294, dal momento che per la sua elezione erano stati necessari ben due anni, e papa Bonifacio VIII le inserì nel Codice di diritto canonico nel 1298. Nel 1562, Papa Pio IV emise invece una bolla papale che introduceva nuovi regolamenti sulla segretezza del voto ed altre norme procedurali.

Le regole
Per quanto riguarda le regole e la segretezza del voto fu proprio Gregorio X, probabilmente memore di quanto passato a Viterbo, a stabilirle. Il nuovo Papa, infatti, decise che i cardinali elettori e il loro accompagnatore, si sarebbero dovuti riunire in Conclave dieci giorni dopo la morte del Papa. Gli alti prelati si dovevano riunire in una grande sala del palazzo papale chiudendosi dentro e senza la possibilità di contattare l’esterno fino a quando non avessero eletto il nuovo pontefice.
Le regole erano ferree: se dopo tre giorni non era stato eletto il nuovo Papa, il vitto veniva ridotto ad un solo pasto al giorno. Dopo altri cinque giorni si passava a pane ed acqua…e vino. Durante l’intero periodo dell’elezione venivano sospese anche tutte le rendite. Insomma i cardinali venivano presi per fame. Un codice di autoregolamentazione che andò avanti sostanzialmente immutato fino al 1970 quando Paolo VI introdusse la regola Ingravescentem aetatem, che toglieva il voto ai cardinali ultra ottantenni fissando il tetto del collegio elettorale (Congregazione generale dei cardinali) in 120 porporati. Mentre con il Motu Proprio Benedetto XVI, il Papa abdicante, con il De Aliquibus Mutationibus del 2007 ha stabilito che la maggioranza dei voti per l'elezione del Papa deve essere pari ai 2/3 dei votanti per tutti gli scrutini e che a partire dal 34º scrutinio (o 35° se si era votato anche il giorno di apertura del Conclave) si procederà al ballottaggio, ma sempre con la maggioranza di almeno i 2/3 dei votanti, tra i due cardinali più votati all'ultimo scrutinio; questi però perdono entrambi il diritto di voto. Benedetto XVI ha poi ridotto a 116 il numero dei cardinali e impedito il voto a chi ha compiuto gli 80 anni.

Differente è il discorso riguardante il sistema delle votazione che nel tempo mutò molte volte, anche su condizionamenti provenienti dai vari sovrani europei e dagli imperatori
germanici. Condizionamenti che affondano le radici nella notte dei tempi e della storia: il primo a intervenire direttamente negli affari della Chiesa fu Ottone I nel 964, il quale si fece attribuire da papa Leone VIII il diritto di approvare la scelta del Papa, che avrebbe dovuto poi giurare fedeltà all'imperatore. Un’intrusione che andò avanti per un millennio, fino al 1903, quando l'imperatore d'Austria pronunciò il suo veto contro il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro che avrebbe dovuto essere il successore di Leone XIII.
Le votazioni potevano avvenire per scrutinio normale fino al raggiungimento della maggioranza richiesta, per acclamazione, per compromissum ovvero nel caso in cui l’impossibilità dell’accordo spingeva a delegare la scelta dell’eletto ad un piccolo gruppo di cardinali, per accesso quando un candidato vicino alla maggioranza richiesta poteva chiedere, a chi non lo avesse votato, di farlo.
Fu un altro Gregorio Papa, stavolta XV, a rafforzare la segretezza del voto imponendo, nel 1621, la maggioranza dei due terzi rendendo di fatto più difficile la nomina per acclamazione che poteva favorire, ovviamente, i capi delle fazioni cardinalizie. Fazioni condizionate fino agli inizi dello scorso secolo dalla pratica dell’esclusiva: una sorta di diritto di veto che le monarchie europee opponevano a candidature non gradite alle corti.
Una ulteriore variazione alle operazioni di voto è avvenuta nel 1996 ad opera di Giovanni Paolo II. Infatti, secondo la Universi Dominici gregis l’elezione può avvenire soltanto attraverso lo scrutinio segreto.
La ritualità del voto
Il giorno dell’inizio del Conclave i cardinali si riuniscono nella basilica di San Pietro dove celebrano la Missa Pro eligendo Romano Pontifice. Nel primo pomeriggio i cardinali elettori si recano in processione cantando il Veni Creator dalla Cappella Paolina alla Cappella Sistina.
Arrivati alla Cappella Sistina i cardinali elettori entrano uno ad uno pronunciando il giuramento con la mano sul Vangelo che li obbliga al silenzio. Giunti nel coro della Cappella, il cardinal decano (o il più anziano dei cardinali elettori) pronuncerà per tutti gli elettori il giuramento: “Nos omnes et singuli in hac electione Summi Pontificis versantes Cardinales electores promittimus, vovemus et iuramus inviolate et ad unguem Nos esse fideliter et diligenter observaturos omnia quae continentur in Constitutione Apostolica Summi Pontificis Ioannis Pauli II, quae a verbis « Universi Dominici Gregis » incipit, data die XXII mensis Februarii anno MCMXCVI. Item promittimus, vovemus et iuramus, quicumque nostrum, Deo sic disponente, Romanus Pontifex erit electus, eum munus Petrinum Pastoris Ecclesiae universae fideliter exsecuturum esse atque spiritualia et temporalia iura libertatemque Sanctae Sedis integre ac strenue asserere atque tueri numquam esse destiturum. Praecipue autem promittimus et iuramus Nos religiosissime et quoad cunctos, sive clericos sive laicos, secretum esse servaturos de iis omnibus, quae ad electionem Romani Pontificis quomodolibet pertinent, et de iis, quae in loco electionis aguntur, scrutinium directe vel indirecte respicientibus; neque idem secretum quoquo modo violaturos sive perdurante novi Pontificis electione, sive etiam post, nisi expressa facultas ab eodem Pontifice tributa sit, itemque nulli consensioni, dissensioni, aliique cuilibet intercessioni, quibus auctoritates saeculares cuiuslibet ordinis et gradus, vel quivis hominum coetus vel personae singulae voluerint sese Pontificis electioni immiscere, auxilium vel favorem praestaturos”.Poi ciascun cardinale si reca all'Evangeliario e pronuncia l'ultima parte del giuramento: “Et ego …. Cardinalis ... spondeo, voveo ac iuro”. E, posta la mano sul Vangelo dichiara “Sic me Deus adiuvet et haec Sancta Dei Evangelia, quae manu mea tango”
Dopo il giuramento dell’ultimo cardinale il maestro delle celebrazioni liturgiche pronuncia la famosa formula “extra omnes”, cioè fuori tutti, e chiude i cardinali all’interno della Cappella Sistina.
Il cardinal decano chiederà comunque se i cardinali elettori abbiano ancora dubbi sulle procedure di voto in modo da dare il via al voto stesso. I cardinali arrivati dopo l'inizio del conclave sono comunque ammessi nella sala ed un cardinale malato può ovviamente lasciare il conclave e poi esserne riammesso. Ma chi invece lascia la cappella Sistina per qualsiasi altra ragione, non vi potrà più fare ritorno. Ai cardinali è fatto divieto di conversare con l’esterno o di comunicate per posta, per radio o per telefono, mentre la violazione del segreto da parte del personale destinato ad assolvere le incombenze del conclave è un reato punito con la scomunica latae sententiae. Ai cardinali è invece e fatto obbligo di, graviter onerata ipsorum conscientia, cioè conservare il segreto anche dopo l'elezione del Papa.
Dopo ogni scrutinio, proprio in ossequio alla segretezza, le schede votate (vengono consegnate2 o 3 schede a ogni cardinale,. Giurando di aver votato secondo la formula “colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto” vengono bruciate e dalla loro combustione con aggiunta di paglia bagnata o secca (ed alcune sostanze chimiche) esce il famoso fumo bianco o nero che indica l’elezione o meno del nuovo Pontefice.
Se le operazioni di voto hanno inizio nel pomeriggio, il primo giorno del Conclave si svolgerà un solo turno di voto mentre nei giorni seguenti vi saranno due scrutini al mattino e due nel pomeriggio. Ciascun scrutinio si divide in tre fasi:

Antescrutinium
Si tratta della prima fase e prevede che i cerimonieri preparino e distribuiscano due o tre schede a ciascun cardinale; che l'ultimo cardinale diacono estragga a sorte fra tutti i cardinali elettori, tre scrutatori detti infirmarii che raccolgano i voti dei cardinali infermi presso la Domus Sanctae Marthae, e tre revisori; che i cardinali elettori, durante le votazioni, rimangano soli. Subito dopo la distribuzione delle schede il segretario del collegio dei cardinali, il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie ed i cerimonieri escono. Ciascun cardinale elettore dispone di una scheda di forma rettangolare, che viene compilata, piegata a metà e portata all’altare.

Scrutinium vere propri eque
Quindi un cardinale alla volta si reca, tenendo in mano la scheda piegata in due e ben visibile, presso l'altare dove sono i tre scrutatori e un'urna con un piatto appoggiatovi sopra. Arrivato dinanzi all'affrescoGiudizio Universale di Michelangelo pronuncerà il giuramento: "Testor Christum Dominum, qui me iudicaturus est, me eum eligere, quem secundum Deum iudico eligi debere." e posta la scheda sul piatto, lo alzerà per lasciarla scivolare all'interno dell'urna; quindi tornerà al proprio posto. Compiute le operazioni di voto si procede alle operazioni di spoglio. Il primo scrutatore agita le schede nell'urna per mescolarle mentre l'ultimo scrutatore le conteggia una ad una ponendole in un'altra urna vuota, più piccola. Se il numero non corrispondesse al numero dei cardinali elettori le schede andrebbero bruciate subito, senza spoglio.
Il primo e il secondo scrutatore osservano e leggono il nome scritto su ciascuna scheda, mentre l'ultimo lo pronuncia a voce alta perché anche i cardinali elettori possano tenere il conto. Ciascun scrutatore riporta i voti in appositi fogli. L'ultimo scrutatore legge le schede e contemporaneamente le fora dalla parte interna, dove si trova la parola "Eligo", per farvi passare un filo. Una volta finito lo spoglio, l'ultimo scrutatore fa un nodo ai due capi del filo e lo pone in un contenitore.

Post-scrutinium
Quest'ultima fase comprende il conteggio dei voti e il bruciamento delle schede nella stufa, solo dopo il secondo scrutinio eccetto per il pomeriggio del primo giorno o in caso di avvenuta elezione già al primo scrutinio.
Gli scrutatori assommano i voti che ciascuno ha riportato. Sia che il quorum sia stato raggiunto sia in caso di esito negativo i revisori devono controllare tutte le schede e le annotazioni degli scrutatori per vigilare sul loro operato. Se il quorum non è stato raggiunto si procede a un'immediata nuova votazione, eccetto che per il primo giorno di conclave. Nel secondo scrutinio i cardinali ripeteranno le stesse operazioni ma senza pronunciare di nuovo il giuramento o altre ripetizioni. Al termine della seconda votazione e prima che i cardinali abbandonino la Sistina, le schede del secondo e del primo scrutinio vengono bruciate dagli scrutatori, dal segretario del collegio e dai cerimonieri, richiamati dall'ultimo cardinale diacono. Si fa ordine a ciascun cardinale di consegnare i propri appunti al camerlengo o ai cardinali assistenti, affinché anch'essi siano bruciati. È inoltre previsto che il camerlengo e i cardinali assistenti stilino una relazione sull'esito di ciascuna sessione di voto da consegnare al nuovo pontefice in una busta sigillata.
Sede del Conclave è la Cappella Sistina, ma non è stato sempre cosi’, anzi. L’elezione in Vaticano appartiene all’età moderna perché fino al 1870, anno della presa di Roma da parte dei bersaglieri, sede del Conclave era il Quirinale in quanto residenza ufficiale dei Papi. Ma è soltanto dal 1945 che la costituzione Vacantis Apostolicae sedis stabilisce che il conclave debba essere svolto nel territorio dello Stato Vaticano entro 20 giorni dalla scomparsa, o l’abdicazione, del Papa.
Habemus papam
Elaborato anche il rituale post elezione. Se un candidato raggiunge i due terzi dei voti, l'elezione del pontefice è valida. A quel punto il Cardinal decano si rivolge all'eletto dicendo: “Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?” e a risposta affermativa, aggiunge: “Quo nomine vis vocari?” Solo dopo vengono bruciate le schede e fatto uscire dal comignolo della stufa presente nella Cappella Sistina la fumata bianca che i romani e tutti i cattolici giunti a Roma per l’evento attendono in Piazza San Pietro, il neo Papa.
Il successore di Pietro si ritira in quella che viene chiamata “la stanza delle lacrime” ovvero la sacrestia della Cappella Sistina dove smette gli abiti cardinalizi per indossare quelli papali con i quali si affaccerà dalla Loggia della Basilica di San Pietro per benedire la folla e ricevere il saluto della cristianità.
Ma qual è il significato del passaggio nella “stanza delle lacrime”? Una semplice tradizione umana perché è in questa stanza che il nuovo Pontefice, sopraffatto dall’emozione ma anche dalla responsabilità di cui si carica, scoppia in lacrime.
Con i nuovi paramenti il neo Papa torna all’interno della Cappella Sistina per leggere il vangelo di Matteo, versetto 16, 13-19, nel quale Gesù promette all’apostolo Pietro e a tutti i suoi successori il primato del ministero apostolico.
Ed è a questo punto che nella magnificenza della cappella dipinta da Michelangelo si eleva al cielo il Te Deum mentre i cardinali si avvicinano al Pontefice promettendogli obbedienza. E’ la fine del Conclave ma non quella ufficiale che termina sul balcone della loggia della basilica di san Pietro quando il cardinale protodiacono annuncia al mondo “Habemus papam” e il nuovo pontefice impartisce la benedizione “Urbi et Orbi”.

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