mercoledì 1 agosto 2012

L'epoca dei fenici 2° parte.

L'età dei fenici
di Pierluigi montalbano



2° parte
I primi commerci levantini, caratterizzati da attività itineranti, erano concentrati nei luoghi di culto dedicati principalmente alle divinità adorate a Tiro: Melqart e Astarte. I santuari erano sparsi negli approdi lungo le rotte da Oriente a Occidente, passando per le coste sarde. Nei templi, aperti al culto dei locali e dei naviganti, si svolgevano gli scambi ed erano depositati i documenti contabili firmati dai contraenti. Le divinità tutelavano i mercanti ed erano considerate garanti dei contratti. L’uso diffuso del vino, noto nel mondo nuragico almeno a partire dal XV a.C., era accompagnato dalle cosiddette “fiasche del pellegrino”, caratteristici recipienti di origine orientale ampiamente imitati in ambito nuragico. Il caratteristico contenitore che costituì il simbolo della produzione, del consumo e del commercio del vino della Sardegna nuragica è rappresentato dalla brocchetta askoide, rinvenuta lungo la rotta che collegava il Libano all’Oceano Atlantico. Le indagini archeologiche testimoniano che lo sfruttamento delle miniere, ancora sotto il monopolio delle comunità nuragiche, interessava i mercanti levantini del Ferro solo in modo marginale. Attraverso le indagini dei reperti si è notato che l’alimentazione mutò radicalmente, con l’allevamento di bovini e ovicaprini che sostituirono quasi del tutto la caccia. In ambito sardo nuragico si registra l’abbandono progressivo e incruento dei villaggi minerari a favore degli insediamenti lungo le coste, come avvenne a Serucci nel 900 a.C., in coincidenza con le assidue frequentazioni levantine che apportarono numerosi cambiamenti sociali nella vita delle potenti dinastie locali. La politica economica sarda vedeva lo sfruttamento delle risorse del territorio come attività primaria. Grande incremento ebbe il taglio del legname e, sfruttando le lagune, furono impiantate numerose saline. Del resto, l’uso del sale era fondamentale nella produzione delle conserve alimentari, soprattutto del tonno. Numerose tonnare sono documentate lungo le coste di tutta la Sardegna, esclusa la parte orientale. Altra importante risorsa era la produzione della porpora, unico pigmento indelebile naturale dell’antichità. Gli impianti di produzione sono difficilmente rintracciabili in quanto i gusci di murici, e i residui di lavorazione, erano utilizzati per la produzione della calce. Un importante aspetto dell’economia era costituito dal commercio del vino verso il mondo etrusco. La coltivazione della vite contribuì all’incremento dei rapporti fra nuragici ed etruschi, e si sviluppò l’introduzione di rituali orientali, quali il banchetto sacro, nel quale il vino era considerato l’elemento che avvicinava alla divinità. Il banchetto era utile per stringere alleanze e per scambiare beni, infatti per bere il “nettare degli dei” si utilizzavano anche coppe di produzione greca ed etrusca. Dall’Eubea provenivano gli skiphoi, mentre da Corinto giungevano le kotylai. Dall’etruria meridionale arrivavano i kantharoi, i kyathoi
e le kylikes in bucchero, soprattutto da Cerveteri e Tarquinia. Massalia, la città greca che controllava parte della Corsica e il Golfo del Leone, forniva coppe caratteristiche di tradizione orientale. Anche l’olio costituiva una risorsa importante, come testimoniato dalle anfore di produzione attica adibite al trasporto, e i contenitori di unguenti profumati provenienti da Corinto, dalla Laconia e dall’Etruria: aryballoi e alabastra.
Rientrando in Sardegna, gli studiosi hanno individuato due insediamenti levantini nell’area sulcitana, a mio avviso da attribuire, invece, a comunità nuragiche che accolsero nei loro villaggi qualche sparuto gruppo di mercanti. Il polo di attrazione è Sulky, il cui porto era l’elemento vitale per i commerci, e gli insediamenti sono quelli di Paniloriga (Santadi) e Monte Sirai (Carbonia).
Il primo è localizzato nei pressi di un nuraghe a corridoio, e la necropoli, costituita da circa 150 tombe a incinerazione del tipo a fossa, si trova nella vicina area collinare dove possiamo ancora ammirare varie domus de janas. L’abitato sorgeva in posizione strategica, consentendo il controllo della viabilità dell’area sulcitana.
Monte Sirai presenta un antico abitato nuragico sulla collina, e un nuraghe utilizzato dai levantini come luogo di culto. Inoltre, c’è una grande Tomba di Giganti, utilizzata per le sepolture degli abitanti della comunità che ruotava intorno a un grande nuraghe polilobato ubicato nelle pendici meridionali del colle. L’insediamento sorse per il controllo dei transiti attraverso la valle del Cixerri, e lungo la via costiera che, in quei tempi, correva fra costa e collina. La necropoli levantina è composta da una serie di tombe a incinerazione, il rito orientale, e alcune tombe a inumazione. Gli scavi hanno portato alla luce oltre 300 sepolture, accompagnate da ricchi corredi. In questo sito è testimoniato l’utilizzo del vino anche da parte delle donne.
Il primo sito che incontravano i naviganti che arrivavano da oriente, era Cuccureddus di Villasimius, nella collina a est di Capo Carbonara. Il piccolo centro abitato sorgeva intorno a un luogo di culto dedicato alla Dea Astarte. All’interno sono state scoperte alcune cretule, piccoli sigilli in argilla, che costituivano la sigla dei contratti commerciali depositati nel tempio sotto la tutela e la garanzia della Dea. Al tempio si accedeva approdando alla foce di un fiume alla base della collina e percorrendo una ripida scala. Questo tempio costituisce un esempio dei luoghi di culto edificati dai naviganti che si incontravano con i locali. I protagonisti in grado di sostenere economicamente queste imprese erano le case regnanti delle città orientali, soprattutto di Tiro, e della casta sacerdotale che gestiva il tesoro nei templi. Mentre Astarte rappresentava il potere laico, Melqart era la divinità legata al potere religioso. I loro templi si trovano lungo la rotta verso occidente e fungevano da diffusori di beni di prestigio. I documenti contrattuali erano siglati con gli scarabei, e conservati all’interno dei templi.

Immagine di bronzetti al Museo di Ankara, in Turchia

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