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mercoledì 30 novembre 2011
Giganti di Mont’e Prama verso Cabras e Cagliari
I giganti di Mont’e Prama, da ieri in mostra al centro di restauro di Li Punti, saranno divisi: alcune statue al museo civico di Cabras, altre all’Archeologico di Cagliari
di Antonio Meloni
Dopo trentasette anni i faretti della galleria di Li Punti rischiarano il volto ieratico dei giganti del Sinis. I supporti di metallo nero che reggono le sculture fanno da contraltare alla pietra bianca che a restauro ultimato mostra tutto il suo candore. I guerrieri dallo sguardo magnetico offrono lo spettacolo dell'arte ritrovata mentre cresce la sensazione che la parola fine di una vicenda scientifica così importante non sia ancora stata scritta.
Lo stato d'animo, ieri, all'inaugurazione della mostra «La pietra e gli eroi», nella galleria del Centro di restauro della Soprintendenza di Sassari, a Li Punti, era un misto di meraviglia e stupore. Coloro che per il complesso di sculture, riportato alla luce nel 1974, auspicavano una destinazione unica, sono rimasti delusi. Per i giganti di pietra, infatti, si profila il destino della separazione. Presto una parte sarà ospitata nel museo civico di Cabras, l'altra nelle sale dell'Archeologico di Cagliari. La Soprintendenza cagliaritana, d'intesa con la Regione, ha infatti deciso di imboccare la strada che buona parte degli esponenti del mondo scientifico e dell'opinione pubblica avevano sconsigliato.
Il protocollo d'intesa tra Soprintendenza, comune di Cabras e Regione sarà siglato nei prossimi giorni a Villa Devoto. La legittima aspirazione della comunità di Cabras di riportare a casa le statue è stata in parte rispettata. Il museo della cittadina lagunare, che dovrà essere abbondantemente adeguato, avrà la parte numericamente più importante, quella mancante sarà ricostruita attraverso immagini tridimensionali che uno scanner 3D laser, di ultima generazione, riprodurrà per la gioia di visitatori e studiosi. E poi - è stato detto ieri - si pensa di bandire un concorso di idee per la realizzazione di una nuova struttura. Il museo archeologico di Cagliari, invece, si riserva la parte quantitativamente più esigua, ma non meno importante sul piano scientifico. Tempi e modi, però, sono ancora tutti da stabilire e non è dato sapere di più visto che dopo la presentazione, il taglio del nastro e la curiosità degli ospiti hanno preso il sopravvento sulle altre questioni. E la sorpresa filtra dalle reazioni a caldo degli specialisti; uno per tutti, il professor Carlo Tronchetti, l'archeologo che nel 1976 venne incaricato dalla Soprintendenza di Cagliari di guidare la prima campagna di scavo che ha permesso di riportare alla luce le sculture riconsegnate alla storia più di trent'anni dopo: «La mia idea è che tutti i reperti dovrebbero rimanere insieme, ma è pur vero che un museo importante come quello di Cagliari non poteva non avere almeno una testimonianza di una scoperta così rilevante».
Novità altrettanto importanti arrivano anche durante l'affollata conferenza stampa con la quale il soprintendente di Sassari, Bruno Massabò, affiancato dall'omologo cagliaritano Marco Minoja e dal soprintendente regionale Maria Assunta Lorrai, ha dato la stura a una mattinata frenetica. Gli archeologi torneranno presto a Monte 'e Prama, forse già la prossima primavera, il Ministero ha infatti destinato settecentomila euro per varare una nuova campagna nel Sinis. Le risorse saranno ripartire fra Tharros (450 mila euro) e Mont'e Prama (250 mila) in entrambi i siti saranno realizzate opere di restauro e consolidamento, ma solo a Mont'e Prama si continuerà a scavare.
Di 6 milioni e cinquecentomila euro è invece il finanziamento della Regione sarda destinato alla creazione della Scuola di alta formazione per il restauro nella struttura di Li Punti. «Risorse già erogate - ha garantito l'assessore regionale Sergio Milia - per creare a Sassari un centro altamente specializzato». Ma non è tutto, i giganti rischiano perfino di volare in Corea: saranno infatti ospiti all'Expò di Seul anche se non è chiaro se vadano gli originali o una riproduzione. «L'ultima parola - ha precisato Milia - spetta comunque alla Soprintendenza di Cagliari».
La questione delle sculture ha appassionato e diviso. L'idea originaria di sistemare le statue nel museo della cultura nuragica è morta sul nascere perché il progetto del Betile, avveniristica struttura che avrebbe dovuto sorgere a Cagliari, è stato accantonato.
Tutto è cominciato negli ormai lontani anni Settanta, precisamente nella primavera del 1974, quando l'aratro di Sisinnio Poddi, un contadino intento a lavorare nel suo terreno, in località Monte 'e Prama, a Cabras, cozza contro qualcosa di molto duro. L'uomo ferma l'attrezzo e dopo avere rimosso la terra, è colpito dallo sguardo fisso di due occhi sbarrati incorniciati da un volto di pietra. La segnalazione alle autorità competenti è immediata e tra il 1974 e il 1975, la Soprintendenza archeologica e l'Università di Cagliari organizzano il primo scavo. La campagna entra nel vivo qualche anno più tardi, nel 1979, sotto la guida di Tronchetti. I lavori portano alla luce un'intera necropoli, una scoperta straordinaria.
A proposito della datazione, le ipotesi su cui si confrontano gli studiosi sono due: la prima colloca le statue intorno al VII secolo avanti Cristo, l'altra si spinge fino alla fine del primo millennio. Il dibattito è acceso, poi il silenzio. L'intero complesso è stato chiuso in casse e depositato nei sotterranei del Museo archeologico di Cagliari e da quel momento sulle sculture dei guerrieri del Sinis cala il sipario. Un silenzio di oltre trent'anni, rotto dal provvedimento col quale il ministero per i Beni culturali e la Regione, nel 2005, hanno destinato un milione e duecentomila euro al restauro di cui la cerimonia inaugurale di ieri, a Sassari, ha segnato la conclusione.
Fonte: La Nuova Sardegna
La cronologia delle statue è ancora al vaglio degli studiosi. La mia proposta di attribuire una datazione legata allo stile geometrico
RispondiElimina(vedi i miei due articoli pubblicati il 29 e 30 Ottobre 2010)
http://pierluigimontalbano.blogspot.com/2010/10/cronologia-dei-giganti-di-monte-prama-1.html
http://pierluigimontalbano.blogspot.com/2010/10/cronologia-dei-giganti-di-monte-prama-2.html
continua a non essere considerata valida dagli archeologi che indagano il problema.
Prendo atto delle valutazioni proposte (alcuni rialzano fino al X...altri parlano del V a.C.) ma nessuno studioso lega la data all'archeologia, ossia al metodo scientifico. Sembra incredibile ma tutti si affidano a valutazioni personali e sensazioni.
Nella mia indagine utilizzo il metodo della comparazione stilistica, quello del ritrovamento in strato, quello del contesto ideologico, quello del corredo funerario (Stiglitz VIII a-C. in base all'ormai celebre scarabeo di Tiro)...ma pare che non vogliano ascoltare. Pazienza...rimarrò in attesa di qualche pubblicazione che indichi inequivocabilmente che la mia proposta è errata. Fino ad allora continuerò a sostenere che le statue sono state realizzate fra il 780 e il 730 a.C.
Caro Pierluigi
RispondiEliminaio propendo per l'VIII sec., ma non a causa dello scaraboide che è di cronologia più alta: lo scaraboide mi è servito per sbloccare la datazione alla fine del VII a seguito della prima attribuzione di quel reperto, fatta al momento dello scavo
Alfonso Stiglitz
Mi fa piacere che la tua posizione inquadri l'VIII a.C., è la più logica se si tiene conto di ciò che avviene a Tharros (e dintorni) in quel periodo.
RispondiEliminaBuonasera Sig. Montalbano, questo commento non sarà solo riferito all'increscioso sballotamento al quale sono sottoposti i Giganti di Mont'e Prama. Mi sembra ovvio, infatti, che tali sculture debbano essere destinate senza se e senza ma al museo del territorio di Cabras, non solo perchè esso è il luogo di rinvenimento, ma anche nell'ottica di una maggiore distribuzione nel territorio dell'immenso patrimonio archeologico nuragico, il quale dovrebbe svolgere il ruolo di volano per lo sviluppo dell'industria turistica isoolana, in modo tale che i benifici dell'indotto, spostandosi dalle nostre bellissime coste ricadano anche verso i centri dell'interno, guidando il turista alla ricerca dei bellissimi e preziosi siti archeologici isolani.
RispondiEliminaSi pensi allo stupefacente pozzo sacro di Santa Cristina, alla perfezione architettonica del nuraghe Santu Antine, alla straordinaria scoperta del sito di S'Arcu e is forros, ed alla variegata e multiforme rappresentazione della bronzistica nuragica, solo per citare alcuni dei nostri tesori.Oltre a questo, infatti, ciò che più mi rincresce ed addolora, da Sardo, è l'ennesimo tentativo da parte delle istituzioni di dedicare , attraverso una pur lodevole iniziativa, il golfo di Oristano al popolo fenicio. Ma come, proprio la Sardegna, che detiene un patrimonio archeologico preistorico e protostorico, perchè di tali periodi si sta trattando, unico al mondo, decide di intestare proprio questo vasto specchio d'acqua , dove per secoli si mostrarono orgogliosi e fieri della loro bellezza ed imponenza i Giganti di Mont'e Prama, ad un popolo che dinanzi allo splendore ed alla complessità della Civiltà Nuragica non può che umilmente cedere il passo. Suvvia, dunque, istituzioni politiche ed universitarie regionali, abbiate un moto d'orgoglio, questo mare prospicente il sito di Mont'e Prama deve portare un solo ed unico nome: Il golfo dei Giganti di Mont'e Prama.
Caro Pierluigi,
RispondiEliminaconcordo pienamente con la datazione data da Alfonso Stiglitz che, come sai, è sottintesa nei contributi editi o in via di edizione che ho preparato in questi ultimi tre anni. Da questo punto di vista l'VIII secolo, forse la prima metà?, è perfetta per relazionare gli spunti artistici del monumento con le scuole di statuaria attive nel Mediterraneo orientale in quella fase e soprattutto con la storia delle città orientali, soprattutto nel settore nord siriano, in quella fase. Questo porterebbe alla luce una storia del Sinis prima della strutturazione coloniale che farebbe ben comprendere la maggiore profondità storica dei rapporti fra componenti locali forti e mercanti "stranieri". Sulla collocazione futura dei "giganti" non mi esprimo: penso solo che ci sia un gran polverone che non fa bene al complesso monumentale e fa fare brutta figura alla politica culturale della Sardegna.
Marco Rendeli
Grazie Marco, e ringrazio anche Alfonso Stiglitz che, insieme a Paolo Bernardini, focalizzano la data della statuaria di Monte Prama intorno alla prima metà dell'VIII a.C., stesso periodo da me indicato nell'articolo.
RispondiEliminaL'attribuzione di questa cronologia dovrebbe finalmente essere accettata anche dall'opinione pubblica, spesso disorientata dai sentito dire o dagli scoop infondati che si leggono sui giornali.