Le migrazioni dei popoli Indoeuropei nell'Europa meridionale provocarono la conquista da parte degli Achei della Grecia e di Creta, la cui civiltà (secondo alcuni studiosi) venne letteralmente annientata dallo tsunami seguito all'esplosione del vulcano dell'isola di Santorini a cavallo del XVI a.C. Ne seguì la fondazione in Grecia di tutta una serie di città-stato, le stesse che verso la fine del XIII a.C. assediarono e distrussero Troia, come cantano l'Iliade e l'Odissea, i primi poemi del mondo occidentale.
La città-stato dominante era Micene, la leggendaria capitale di Agamennone. In tal modo all'influsso cretese sull'Europa si sostituì quello miceneo, che interessò l'intera penisola balcanica, e da qui la Germania e le isole britanniche. Le fiorenti culture danubiane del Bronzo ne furono fortemente influenzate (i grandi giacimenti di stagno e rame necessari per la produzione del bronzo si trovavano proprio nei Balcani, a Varna e a Vinca); i manufatti dell'importante cultura di Unetice (oggi nella Repubblica Ceca) sono stati trovati addirittura in Scandinavia. Certamente questo rigoglio culturale e tecnologico si estese fino all'area alpina e appenninica; e così in Italia durante quest'epoca si distinguono diverse culture:
-Cultura delle Terremare (metà del II millennio a.C.), caratterizzata da insediamenti nella pianura padana di dimensioni comprese tra 1 e 20 ettari, munite di fortificazioni artificiali, in genere costituite da alti terrapieni, palizzate lignee, fossati pieni d'acqua. Le tipiche capanne, di dimensioni variabili tra i 40 e gli 80 metri quadrati, erano spesso costruite su piattaforme sostenute da pali, simili a quelli delle palafitte, ma collocate sulla terraferma; erano inoltre disposte secondo un impianto stradale a forma di reticolo, che permetteva un protourbanesimo. I rifiuti venivano gettati sotto le piattaforme, su letamai dove si trasformavano in concime; quei depositi organici sono stati sfruttati in tempi abbastanza recenti dai contadini padani, che chiamarono quelle zone "terre-marne", cioè terre nerastre e grasse, da cui il nome di Terremare. La società di quell'epoca era decisamente moderna, essendo caratterizzata da differenziazioni sociali e un certo grado di specializzazione del lavoro con capi e guerrieri, artigiani, contadini e pastori. Veniva inoltre praticata un'agricoltura già piuttosto evoluta: era noto l'aratro trainato dai buoi, venivano coltivati frumento, farro, orzo e leguminose. Bovini, maiali e pecore erano allevati in grandi quantità, mentre i cavalli venivano utilizzati per il trasporto o la guerra. Queste attività permettevano un buon livello di vita, tanto che nelle Terramare poterono svilupparsi forme di artigianato specializzato, come la metallurgia, che ci hanno lasciato prodotti artigianali di altissimo livello: vasi ceramici decorati, ornamenti e utensili in osso e in corno di cervo, strumenti per filare e tessere, armi e materiali in bronzo, oggetti d'oro provenienti dagli scavi effettuati ci descrivono questo popolo come già altamente civilizzato.
-Cultura Appenninica (1600-1300 a.C.) con economia agricolo-pastorale, ma soprattutto pastorale per via del clima umido e freddo che favoriva la vegetazione. Negli abitati sono stati rinvenuti scrematoi, fornelli per la bollitura del latte, bollitori, tutti in ceramica. Le popolazioni vivevano in villaggi in pianura, ma praticavano anche la transumanza con spostamenti stagionali. La ceramica era nera decorata con incisioni a fasce meandriformi, a spirale, a cerchi a rombi, riempiti con puntini.
-Con i Sub-Appenninici (1300-1150 a.C.) si ritornò ad un economia agricola dovuta al clima più mite. Vi fu un forte aumento demografico, per cui numerosi sono gli insediamenti rinvenuti. Nella ceramica scomparvero le decorazioni; caratteristiche erano le anse verticali dei vasi, con appendici laterali o ad ascia. Appartiene a questa famiglia la cosiddetta "cultura di Rinaldone" nell'area tosco-laziale.
-La fase finale del Bronzo in Italia vide il fiorire della Cultura Villanoviana (1150-900 a.C.), da Villanova di Castenaso, in provincia di Bologna, dove nel 1853 sono stati effettuati i primi ritrovamenti archeologici grazie al lavoro di Giovanni Gozzadini; essa si sviluppò a partire da quella delle Terramare, ma il villaggio villanoviano era diverso rispetto a quelli della prima Età del Bronzo. Gli abitati si fecero più sparsi, privi di strutture imponenti, senza fossati, senza argini, senza palizzate, e costituiti da agglomerati di piccole capanne rotonde o ovoidali con il tetto conico di paglia o a spioventi. Emerse una classe gentilizia proprietaria di mandrie e greggi, mentre la maggior parte della popolazione era dedita all'agricoltura: gli antenati, insomma, dei Patrizi e dei Plebei di Roma. La necropoli, periferica rispetto all'abitato, era costituita da tombe singole, quasi sempre a cremazione; infatti la civiltà dei villanoviani fu caratterizzata dal rito dell'incinerazione in vasi biconici, posti in buche e ricoperte da lastre di pietra. Si tratta quindi della propaggine italiana della "Cultura dei campi di urne", irradiatasi verso sud a partire dal medio Danubio. La penetrazione della cultura dei campi d'urne verso il Mediterraneo portò come conseguenza la fine della civiltà Micenea, la distruzione dell'impero Ittita nell'Asia Minore, che si era scontrato più volte con quello Egizio, giunto al suo culmine con il Nuovo Regno, e l'invasione dell'Egitto da parte dei "Popoli del Mare" di cui parlano le iscrizioni. Una parte di essi si insediò in Palestina, dando vita al popolo dei Filistei, irriducibile nemico degli Ebrei. Il passaggio all'Età del Ferro varia nelle diverse zone d'Europa: in alcune regioni si data all'XI a.C., ed in Italia intorno al IX a.C.; l'uso del ferro tuttavia risulta pienamente diffuso solo a partire dal VII a.C. L'Età del Ferro vede l'arrivo in Europa meridionale ed in Italia degli Indoeuropei, popoli provenienti in origine dalla regione del Caucaso che si trasferirono prima nelle zone steppose della pianura tra il Volga e il Danubio, e poi dilagarono in tutto il nostro continente. La penisola fu occupata da Italici, Illiri e Veneti, mentre al di là delle Alpi dilagarono i Celti (fino al II d.C., i Germani rimasero confinati all'area danese e scandinava). L'Età del ferro in Europa è chiamata anche Età di Hallstat, dal nome della città del Salzkammergut presso cui fu rinvenuta una notevole necropoli. Premessa del suo sorgere fu la scoperta di grandi giacimenti di ferro e la conquista delle tecniche necessarie per ottenere le alte temperature alle quali il ferro fonde. Questa cultura si diffuse dalla valle danubiana nella fascia alpina, e culminò con la costituzione della civiltà etrusca, di origine sicuramente non indoeuropea. Sua caratteristica fondamentale furono le cosiddette "spade di Hallstatt" e le fibbie ritrovate in molte tombe. In Sardegna fiorì la civiltà nuragica, ruotante intorno a costruzioni megalitiche di forma troncoconica, forse fortezze o luoghi di culto fortificati, che secondo alcuni studiosi (Sergio Frau) furono distrutti dallo tsunami prodotto dall'eruzione di un vulcano sommerso nel Tirreno. In Italia settentrionale le culture dell'Età del Ferro si organizzarono ad est intorno al polo della cultura atesina (i Veneti) e ad ovest intorno alla cultura di Golasecca (i Celti), dal nome della località in provincia di Varese in cui furono trovati i principali reperti. Estesa all'incirca dalla Lombardia occidentale fino al fiume Oglio, al Canton Ticino e al Cantone dei Grigioni, fu scoperta dall'abate Giovanni Battista Giani (1788-1857), che nel 1824 individuò nel territorio del comune di Golasecca un gran numero di tombe molto antiche contenenti urne cinerarie ovoidali (una caratteristica di questa cultura) unitamente a corredi di ceramica e metallo. Tuttavia l'uomo di Chiesa incorse in una solenne cantonata, attribuendo i reperti ritrovati ai resti della battaglia avvenuta presso il Ticino fra i Romani ed i Cartaginesi durante la seconda guerra punica, perché a suo dire i Romani avrebbero adoperato dei vasi di produzione locale per deporre le ceneri dei loro soldati caduti nello scontro. Nel 1865, invece, l'archeologo Gabriel de Mortillet ridatò le tombe descritte dall'abate Giani alla prima Età del Ferro, vista la totale assenza di manufatti del tipo usato dai Romani. Oggi sappiamo che la cultura di Golasecca è l'espressione delle primissime popolazioni celtiche, gli Insubri, che dal IX al V a.C. si stabilirono in una vasta area compresa tra i fiumi Serio e Sesia, e tra lo spartiacque alpino ed il Po. Nel IX a.C. si formarono in Etruria i primi centri urbani (Tarquinia, Cerveteri, Veio ecc.), mentre le città del sud furono le colonie greche della Sicilia meridionale fondate circa alla metà dell'VIII a.C. La data tradizionale della fondazione di Roma è il 21 aprile 753 a.C., ma in realtà la città è molto più antica: probabilmente era un centro nevralgico per il commercio del sale fra Adriatico e Tirreno (la famosa Via Salaria) fin dalla tarda Età del Bronzo, in seguito occupato dagli Etruschi in espansione verso sud. Questo mito è adombrato nella successione dei celebri Sette Re: ai primi quattro re Italici (i cosiddetti Re Pastori) segue una dinastia di tre re etruschi forse provenienti dalla città di Tarquinia (i Tarquini, in etrusco Tarcna, detti i Re Mercanti). In Italia settentrionale e nelle zone a nord e a est delle Alpi gli agglomerati erano costituiti da migliaia di individui, ma non vi furono vere e proprie città prima della romanizzazione. Un processo protourbano si sviluppò nella pianura padana, tra il VI e il V a.C., con l'arrivo in massa dei Celti che soppiantarono i Liguri, probabilmente preindoeuropei, e con la fondazione di Milano ("in mezzo alla pianura"). Nell'Europa centrale lo sviluppo protourbano si era invece già avuto tra il III e II a.C. con gli oppida celtici.
fonte: http://www.fmboschetto.it/didattica
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