venerdì 12 maggio 2023

Miniera di Sos Enattos, una ricerca etimologica. Articolo di Antonio Salezzari

Miniera di Sos Enattos, una ricerca etimologica

Articolo di Antonio Salezzari

Vediamo quale dovrebbe essere il significato del nome di questo sito di recente assurto agli onori delle cronache per la possibile installazione dell'Einstein Telescope svelandone la potenza evocativa della parola.

Intanto “enattos” lo sentiamo come un sostantivo maschile plurale, così evidenziato anche dall'articolo che lo precede, poi osserviamo che nel panorama dei toponimi sardi il Geoportale Sardegna, salvo che a Lula, non lo riporta altrove. Anche al singolare solo ad Alà dei sardi troviamo “Enattu e conchedda” e “Senatu (s'enatu?) tenniru” entrambi riferiti a regione geografica. Mentre più comuni sono enatzu, benatzu, benazzu, benazzus, quasi sempre nomi di una regione geografica e di qualche idronimo, comunque tutti sinonimi con discreta diffusione sul territorio sardo. Un richiamo ci viene dalla Planargia dove in territorio di Suni abbiamo “abbatzu”.
Evidentemente è un termine composto da suddividere in due parti: alla prima “ena” ben nota a sa limba, Enzo Espa attribuisce diversi significati sia come lemma singolo che in composizione.
Proviamo con delle considerazioni: iniziando per vocale facilmente lo dobbiamo ritenere preceduto dalla labiale /b/ ma anche da /f/ e /v/ cadute o aspirate, fenomeno comune al logudorese nuorese.
Vediamo da una parte termini preceduti dalla /b/ e dalla /v/ legati a vena d'acqua, sorgente, vena vaso sanguigno, dall'altra fitonimi preceduti dalla “f” come fenu e fenaile. Questi ultimi fanno pensare al collegamento con i terreni umidi dove crescono i giunchi, anche per via della somiglianza con lo stelo delle graminacee. Ne derivano alcune metonimie: zufolo ricavato dai fusti erbacei o, addirittura, aia e trebbiatura.
Infine Espa riporta ena come termine usato a Bitti e riferito al costume locale.
Ena o (b)ena è una base alla quale fanno riferimento vari vocaboli, lo troviamo oltre che nei toponimi, in idronimi, fitonimi e antroponimi. Si chiamava così un villaggio medioevale scomparso. Il lungo elenco fa ipotizzare possibili diverse origini a parole somiglianti, ad esempio alcuni dei cognomi Ena, Enas potrebbero essere trascrizioni nelle anagrafi di Enna, Ennas da chi riteneva che la doppia enne fosse dovuta alla pronuncia. Ancora avena ed enardzu dovrebbero essere originate da base diversa da quella che ha originato “ena”. Infatti nel dizionario “enarzu”, usato a Gavoi, vuol dire “giuncaia, sito umido” ma è la dimostrazione di come parole somiglianti si richiamino tra loro. É ovvio che il termine può essere pronunciato, a seconda della parlata locale, in maniera un po' differente, più asciutta quella della montagna, ma difficilmente “enarzu” potrebbe diventare “enattu” perdendo la /r/.
"Argyróphleps nésos", "l'isola dalle vene d'argento", questo è l'antico nome dato alla Sardegna dai greci, in quanto l'isola era nota come terra che ha molte miniere d'argento. (Wikipedia et alii)
E se i filoni di piombo argentifero fossero le vene che in antichità venivano attribuite alla Sardegna in considerazione che Sos Enattos è una miniera antica e che nei tempi remoti l'argento era più prezioso dell'oro?
Come al solito la notizia storica è che la miniera era stata sfruttata dagli antichi romani e non si va più indietro nel tempo. Sappiamo che nell'era dei nuraghi la metallurgia era assai sviluppata tanto che si produceva in abbondanza una lega complicata da realizzare quale il bronzo; sappiamo pure che era di uso comune il piombo, metallo certamente facile da lavorare che in vari minerali si trova associato all'argento. C'è da ritenere quindi che anche le miniere di Lula venissero scavate in tempi remoti e che gli antichi romani siano subentrati a precedenti estrazioni. Conferma è data dalla presenza del vicino nuraghe Nabella. Viene difficile pensare che chi era in grado di procurarsi lo stagno dalle Cassiteridi (arcipelago britannico) e il rame di Cipro non fosse capace di attingere ad una risorsa così a portata di mano.
Ad orientarci può aiutare la massima principe nell'interpretazione dei toponimi “nomina sunt consequentia rerum” che presuppone la conoscenza del posto se gli interventi dell'uomo hanno lasciato traccia della situazione che li ha preceduti.
La miniera di Sos Enattos si inserisce in un paesaggio collinare, solcato dallo scorrere di diversi torrenti sul quale impone la propria presenza il Monte Albo. Tra le opere necessarie allo sfruttamento moderno venne costruita una diga con un invaso che può raccogliere 100.000 metri cubi d'acqua e la grande laveria, a testimonianza della ricchezza di fonti della zona.
Gli studiosi di linguistica storica dicono che gli idronimi sono tra le parole che più di altre mantengono “intatto il segreto di remote appartenenze” e che nell'area mediterranea gli idiomi usati prima del latino erano varianti dell'accadico. Di più la parlata locale è tra quelle ritenute maggiormente conservative perciò è in questo ambito che cercheremo l'origine del termine, in accadico: (w)ēnu = fonte, enu = sorgente, (Semerano Oce 289, 519) e 'ēnā = sorgente da base in aramaico (Oce diz. 607). Quindi dobbiamo ritenere questo vocabolo risalente all'antichità preromana quando i nomi avevano un realismo simbolico, un'anima e, nel caso, uno spirito femminile che ritroviamo in sorgente, vena, polla, fonte, acqua.
Riferisce Natalia Guiso che per un minatore di Lula enattos = sorgenti, ma sarebbe stato sufficiente dire enas, benas e simili, come troviamo nel resto dell'Isola, perciò cerchiamo di dare un senso alla seconda parte del vocabolo.
Gli studi sul logudorese-baroniese dicono che la /tt/ doppia potrebbe essere un esito di un più antico /th/ (che a volte ha prodotto anche /tz/) tanto che nei nuovi cartelli che indicano la miniera è scritto Enathos, comunque il finale di ena/ttos pone diverse questioni, A dir poco ci si avventura in un mare magnum di congetture, come per il caso dell'alternanza tra la doppia dentale sorda /tt/ e la /ss/. Ci sovvengono: Tattari/Sassari, Bittiri/Bissiri, Buttu/Bussu, Cottu/Cossu, Matta/Massa, Rattu/Rassu, ecc... e i tanti fenomeni comuni alle difficili trascrizioni dei suoni antichi.
Vale accettabile l'ipotesi che il suffisso “-ttu” sia la desinenza del femminile accadico (-atum) incrociato con “attu” => “l'immagine della divinità”, per elisione di una /a/. Va da se che una zona ricca di sorgenti venisse considerata sacra da chi dava grandissima importanza al culto delle acque, come confermato dai tanti monumenti ad esso dedicati.
Non è per caso che “attu” voglia dire anche gatto, parola che in sardo non varia nel genere maschile e femminile (nel mio logudorese (b)attos è femminile), capiamo così che non solo in Egitto, raffigurati nella dea Bastet, ma anche in Sardegna i gatti erano sacri: si intravede un ennesimo collegamento tra remote realtà! … e richiami a mille supposizioni.
Per concludere, l'articolo sos è frutto di una concordanza con un vocabolo che nel sardo attuale suona come maschile perché nel decorrere dei millenni si è perso il ricordo del genere femminile del termine enattos.
Quindi Sos Enattos sono: “Le Sorgenti Sacre”
Così ci avvicineremo alla località col dovuto senso di rispetto per la sacralità che ne avvertivano i nostri progenitori e quella nuova, quando sarà, che metterà l'essere umano in sintonia con la profondità dell'universo grazie al rilevamento delle onde gravitazionali.
Antonio Salezzari
Con la preziosa collaborazione di Natalia Guiso ho scritto questa ricerca.

Foto di Davide Madeddu


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