giovedì 25 novembre 2021

Archeologia. Polibio e Diodoro raccontano vicende di Sardi, Cartaginesi e Romani. Tante cose non quadrano. Articolo di Rolando Berretta.

 Archeologia. Polibio e Diodoro raccontano vicende di Sardi, Cartaginesi e Romani. Tante cose non quadrano

Articolo di Rolando Berretta.



Nel cinquantennio dal 480 al 430 a.C. Cartagine è assente, militarmente, dalla scena internazionale. Dopo la disfatta di Imera fu fatto un trattato con Gelone di Siracusa; una clausola doveva contenere questa imposizione. Passati questi 50 anni Cartagine si precipita a Sant’Antioco e la fortifica. L’Archeologia dovrebbe testimoniarlo.

Nel 442 a.C. Diodoro ci ricorda la pace che regnava ovunque, Sicilia compresa. Cartagine rispetta il trattato fatto con Gelone, e qui abbiamo la conferma della lunga pausa ricordata da Giustino che è seguita alla morte di Amilcare.

Ricordiamoci dell’anno memorabile, di Tito Livio, il 429 a.C.: -Cartagine, destinata a diventare il maggior pericolo per Roma, per la

venerdì 19 novembre 2021

Sardegna antica. Riflessioni sull'etimologia del termine nuraghe Articolo di Zoltan Ludwig Kruse

 Sardegna antica. Riflessioni sull'etimologia del termine nuraghe

 Articolo di Zoltan Ludwig Kruse

Nell'immagine il nuraghe Ponte di Dualchi.

 


La meravigliosa terra di Sardegna che ebbi occasione di conoscere, ammirare e amare è ricchissima di monumenti megalitici: tombe di giganti, nuraghi, pozzi sacri, dolmen, menhir e, come unicum nell’Europa occidentale, una torre a gradoni assai similare alla famosa ziqqurratu mesopotamica. Tra tutti questi prevalgono in maniera netta i nuraghi. Dopo aver presentato i messaggi che i nomi parlanti “Domus de Janas/Bajanas” e “Monte d’Accodi” rivelano, in questo studio intendo indagare sull’etimologia del termine archeologico nuraghe.

Il nuraghe è una imponente costruzione in pietra, evidentemente megalitica, realizzata in muratura a secco di forma tronco conica della civiltà nuraghica del II mill. a.C. Il nuraghe costituisce effettivamente l’emblema della Sardegna. Secondo il parere della maggioranza degli studiosi il termine sardo nuraghe/nuraghes con le varianti dialettali nuràkenuràxinuràccinuràginaràcu deriverebbe dalla

martedì 16 novembre 2021

Archeologia della Sardegna. Il nome e l’origine del nuraghe nella letteratura antica. Articolo di Giovanni Ugas.

 Archeologia della Sardegna. Il nome e l’origine del nuraghe nella letteratura antica.

Articolo di Giovanni Ugas.

Il mondo dei nuraghi è un fenomeno per più versi straordinario nell’ambito dell’archeologia preistorica e protostorica della Sardegna e del Mediterraneo. Nell’Ottocento il canonico Giovanni Spano riconduceva il nome nuraghe a un termine fenicio significante “luce, fuoco”, ma la diffusione sistematica del radicale nur- anche nelle zone interne della Sardegna toglie qualsiasi incertezza sulla sua origine prefenicia. In effetti, la radice nur-, che talora appare nella forma nor-, è presente in parole come nurra “cavità o cumulo di pietrame” e in numerosi toponimi isolani (Nuraccàra, Nuraddha, Nuràminis, Nuratze, Nurecci, Nurra, Nurri, Nora, Noragùgume, etc.). È palese che la parola sarda logudorese nurake/nuraghe, non diversamente dal campidanese nuraxi/nuracci e dal gallurese naracu, continua un vocabolo risalente almeno all’età del Bronzo, già attestato nella forma nurac nell’iscrizione romana del nuraghe Aidu Entos di Bortigali in provincia di Nuoro, che fissava uno dei confini tra le popolazioni protosarde degli Iliesi e dei Balari. Il radicale nur- si riscontra anche in nomi geografici extrainsulari che indiziano antiche parentele culturali e antropiche con la Sardegna, come Nura, antico nome preromano dell’isola balearica di Minorca, attestato nell’Itinerarium maritimum, Nursia, nell’Etruria meridionale e Nure “rio, bosco” su un’antica via commerciale dell’Appennino emiliano percorsa dagli

martedì 9 novembre 2021

Archeologia. La produzione e il commercio dell'olio nella Sardegna di epoca romana. Articolo di Attilio Mastino

Archeologia. La produzione e il commercio dell'olio nella Sardegna di epoca romana.

Articolo di Attilio Mastino


                              

L'economia della Sardegna in età romana.

Dopo la conquista romana, la situazione relativa alla produzione, al commercio ed al consumo dell'olio non dové modificarsi di molto, almeno per l'età tardo-repubblicana, anche perché i Romani preferirono mantenere gli orientamenti adottati dalla colonizzazione cartaginese ed inizialmente limitarono l'introduzione di alberi da frutto. Sulle terre dichiarate ager publicus populi Romani e lasciate in precario possesso ai vecchi proprietari si preferì mantenere la produzione di grano, anziché impiantare colture specializzate di olivo e vite. L'agricoltura sarda era finalizzata a partire dall'età cartaginese ad assicurare l'approvvigionamento granario degli eserciti impegnati nei diversi teatri di operazioni; per l'età romana, questa caratteristica fu mantenuta e il «sottosviluppo» dell'economia della Sardegna si andò caratterizzando con la progressiva estensione sul territorio della monocoltura cerealicola, che richiedeva l'impiego di mano d'opera servile. Nascevano delicati problemi giuridici sulla proprietà della terra, che coinvolgevano le popolazioni rurali, con violenze, occupazioni illegali di terre pubbliche, contrasti tra contadini e pastori, immediate esigenze di ripristinare l'ordine con interventi repressivi. Il protezionismo italico limitava enormemente la produzione di olio e di vino nell'Isola; lo stesso Cicerone richiama l'ostilità dei Romani (iustissimi homines) nei confronti della produzione di olio e di olivo nelle province, e ciò già dalla metà del II secolo a.C. L'estensione dei campi abbandonati alla fine del I secolo a.C. raggiungeva in Sardegna secondo Varrone una dimensione notevole in alcune località (forse vicine ad Olbia), anche a causa del brigantaggio. Strabone sostiene che le razzie dei popoli montani (gli

sabato 6 novembre 2021

Archeologia. La produzione e il commercio dell'olio nella Sardegna punica. Articolo di Attilio Mastino

Archeologia. La produzione e il commercio dell'olio nella Sardegna punica.

Articolo di Attilio Mastino



1. L'olio in età punica.

Per l'epoca punica si hanno notizie precise dalle fonti letterarie: secondo l'autore anonimo del De mirabilibus auscultationibus, che risale evidentemente a Timeo, i Cartaginesi avrebbero proibito la coltivazione in Sardegna degli alberi da frutto ed avrebbero obbligato i Sardi a tagliare tutte le piante, imponendo il divieto di piantarle nuovamente, sotto pena di morte; e ciò probabilmente allo scopo di potenziare la produzione di grano nell'isola e di impedire la concorrenza agli oliveti ed ai vigneti africani. Del resto anche Diodoro Siculo, seguendo ugualmente Timeo, addebita ai Cartaginesi la fine di quella che era derivata dalla splendida operosità di Iolao, il compagno di Eracle, il quale aveva coltivato la terra e piantato alberi da frutto. La notizia del taglio degli alberi da frutto, che pure sembrerebbe sostenuta da analoghi provvedimenti protezionistici adottati successivamente dai Romani nella Gallia Narbonense, va  sicuramente ridimensionata, dal momento che si tratta con tutta probabilità di un luogo comune di origine siceliota nell'ambito della polemica sulla barbarie punica? Già Arnaldo Momigliano, con riferimento ad analoghe arcaiche «leggi. puniche, ha parlato di intrinseca assurdità» della disposizione che riguardava non la devastazione di piantagioni nemiche, bensì «un

mercoledì 3 novembre 2021

Archeologia. La produzione e il commercio dell'olio nella Sardegna antica: origini mitiche ed epoca nuragica. Articolo di Attilio Mastino

Archeologia. La produzione e il commercio dell'olio nella Sardegna antica: origini mitiche ed epoca nuragica.

Articolo di Attilio Mastino


1. Le origini mitiche

Le fonti classiche attribuiscono l'introduzione della coltivazione degli alberi di olivo in Sardegna all'eroe Ariste o, figlio di Apollo e della ninfa Cirene, genero di Cadmo, il fondatore di Tebe: secondo Pausania, Aristeo avrebbe raggiunto la Sardegna su consiglio della madre, con un gruppo di Greci della Beozia, dopo esser fuggito da Tebe, sconvolto per la morte del figlio Atteone, trasformato in cervo e sbranato dai cani per aver visto Artemide mentre si bagnava alla fonte Partenia; con lui forse giunse anche Dedalo, il costruttore dei nuraghi. Diodoro Siculo conosce la tradizione dell'arrivo di Aristeo in Sardegna: lasciati i figli a Ceo nelle Cicladi, l'eroe si sarebbe recato in Libia, dalla madre Cirene, che avrebbe consigliato la colonizzazione della Sardegna, isola allora bellissima ma