Storia, cartografia e navigazione. La scoperta del Brasile.
Articolo di Rolando Berretta
Vorrei
dire la mia sulla scoperta del Brasile e sul periodo interessato.
Come è
riconosciuto globalmente, a Lisbona operava una spia del Duca Ercole 1 d’Este.
Nulla da dire! La nostra abilissima spia era riuscita a corrompere un grande
cartografo portoghese (chi sarebbe? che
rischiava la vita) e a far pervenire una copia di una carta geografica che
riporta tutte le scoperte dei loro grandi navigatori. Premesso che, in quel
periodo, tutti erano affamati di notizie e TUTTI cercarono di informare i loro “paesani”.
I mercanti che operavano a Lisbona, Siviglia (etc) ne avranno recapitato di
posta. Se andate sulla wikipedia, alla voce: Planisfero di Alberto Cantino, potete
capire meglio questo preambolo. Ci sono due lettere che provano questo
misfatto.
Vediamo
il contenuto della prima; si parla del ritorno di Miguel Corte Real; il fratello Gaspar aveva
proseguito la
ricerca. Il testo della lettera completo lo trovate nel libro di Henry Harrise http://www.archive.org/stream/lescorterealetl01harrgoog (da pag. 204)
Lisbona 1501 17 ottobre
….Gia son nove mesi passati che
questo serenissimo re mando alle parte de tramontana dui legni ben armati,
solum per cerchare se possibil fusse ch’a quella parte vi si potesse ritrovare
terre on insule alcune: cusìhora, alli undece del presente, salvo, et con preda,
uno de epsi e ritornato: et ha portato gente et le nove quale non me ha parso
che sencia sentita da Vostra Excellentia debbiano passare, et cusì precisamente
tutto quello qual fu per il Capitan al Re me presente racontato qui di sotto
distintamente scrivo: In prima raccontano che partiti che furon del porto de
Lisbona quatro mesi continui sempre per quello vento et a quel polo caminarno,
ne mai in tutto questo spacio heberno vista de cosa alcuna. E intracti nel
quinto mese volendo pure in ante seguire dicono che ritrovarno masse
grandissime de concreta neve andare mosse da l’onde sopra il mare a galla: Da
la summità de le quale per la potentia del sole una dolce et chiara aqua se
dissolvea, et disciolta per canaletti da epsa facti ruinando al basso giù cadea:
Onde che avendo gia la nave bisogno de acqua, con li battelli a quelle se
acostarno: Et per quanto fu a lor necessario ne prederno, et temendo de stare
in quel locho per il loro presente periculo volseno tornare indrieto, ma pur
aiutati da speranza deliberarno como meglio potesseno andare anchora alcun
giorno inanti et poseronsi al viaggio nel secondo giorno del quale ritrovarno
el mar gelato, et constrecti ha abbandonare la impresa cominciarno a circondare
verso maestro et ponente ove tre mesi sempre, con bon tempo a quella volta
continuarno: Et nel primo giorno del quarto mese heberno vista fra questi dui
venti d’un grandissimo paese: al quale con grandissima allegreza se acostarmo:
et correndo molti et grandi fiumi dolci per quella regione al mare, per uno de
epsi, forsi una legha fra terra, intrarno, et in quella di smontati, trovarno
copia de suavissimi et diversi fructi, et albori et pini de si smisurata alteza
et grosseza che sarebbeno troppo per arboro de la più gran nave che vada in
mare: ivi non nasce biada d’alcuna sorte, ma gli homini di quel paese dicono
non vivere se non de pescasone et caza de animali, de li quali el paese abonda,
cioè cervi grandissimi vestiti di lunghissimo pelo, le pelle de li quali usano
per veste, ne fanno case et barche: et cusi lupi, volpe, tigri et zebellini:
affermano esservi, che mi pare miraculo, tanti falcuni peregrini quante passere
sono nel nostro paese, et io ne ho veduti et sono belletissimi. Degli homini et de le donne de questo loco ne
pigliarno circha da cinquanta per forza, et hannoli portati al re, li quali io
ho visti, tochi et contemplati; et cominciando alla loro grandezza, dico che
sono alquanto più grandi del nostro naturale, cum membre correspondevole et ben
formate: li capelli de maschij sono longi quanto noi altri usiamo, et pendono
con certe inhanelate volveture; et hanno il volto con gran signi segnato, et li
segni sono como quelli de li Indiani; gli occhi suoi tranno al verde, da li
quali, quando guardano, dona una gran fireza a tutto il viso: la voce non se
intende, ma per ciò in sè non ha alcuna aspreza, anci più presto è humana: la
condicione et gesti loro son mansuetissimi, rideno assai e dimostrano summo
piacere et questo è quanto alli homini; la donna ha piccole poppe et bellissimo
corpo, et tien un viso assai gentil esco, il colore de le quale più presto se
può dire bianco che altro, ma il maschio è assai più negro. In summa, salvo che
la terribile guarda tura de lhomo, in ogni altra cosa mi pareno eguali alla
imagine et similitudine nostra. Da ogni parte sono nudi, salvo che le membre
vergognose che con una pelle de sopra dicti cervi se tengon coperti: non hanno
arme ne ferro niuno, ma cio che lavorano et cio che fanno, fanno con durissime
pietre aguze, con le quale non è cosa si dura che non taglino. Questo naviglio
è venuto di la a qua in un mese, et dicono esservi 2800 milia de distantia.
Laltro compagno ha deliberato andar tanto per quella costa che vuol intendere
se quella è insula o pur terra ferma. Et cusi il re con molto desiderio et
quello et altri aspetta, li quali venuti che siano et portando cosa degna de
vostra excellentia subito ne darò notitia a quella. …
Il resto
della lettera fa capire che lo
spionaggio è altra cosa. Cantino e il veneziano Pietro Pasqualigo furono
invitati a visitare il Palazzo Sintra dal re Dom Manuel.
Dunque:
il Corte Real riportò indietro dei Nativi con gli occhi verdi, con gli uomini
dalla pelle scura mentre le donne l’avevano chiara. Non parlavano ma ridevano….(curioso; mi sarei aspettato Eschimesi.)
Il veneziano Pietro Pasqualigo,
presente pure lui, ha raccontato:
et quelle ancora hanno portato uno pezzo de spada rotta dorata ;
la qual certo par facta in Italia : uno putto de questi haveva al orecchie due
tondini de argento : che senza dubio pareno ste facti a Venetia : il che me fa
credere : che sia terra ferma…
Ma
torniamo alla nostra spia e alla seconda lettera che dimostra il crimine.
"Ill.mo Principi et Ex.mo Duci et Domino Domino Herculi Duci
Ferrarie et Domino meo Benefactorique observandissimo, Ferrarie.
Ill.mo Princeps et Ex.me Dux et Domine Domine mi observandissime etc.
Per una de V. Ex in risposta d'una mia a giorni passati a quella drizata, ho inteso quanto in epsa se contiene, et maxime circha la Charta del navichare: Il che humilmente a V.S. respondendo adviso, che dicta Charta lassai in genoa a dicto messer Francesco Catanio et da lui hebbi Ducati vinte striti, cioè de libre tre ciascuno. Vera è che dicta Charta in portogallo a me de pacto facto mi costo Ducati dodici d'oro in oro. Ma astretto dal'bisogno et non havendo ove ricorrere fui sforzato a tuor dicti denari et far quanto a V.S. scrissi: la Charta è di tal sorte, et spero che in tel manera piacerà a V. Ex. che non gli sera molesto haver per epsa exbursato dicta quantidade, perché di quel piu che sopra spenderà V.S. cioè de dodici. Si che V. Ex.t ia piacendoli mi advisi quanto circha questo ho adoperare, et continuamente fra numéro de suoi fideli Servitori mi tenga.
Romae die 19. novembris 1502.
servitor AIbertus Cantinus Scripsi.
(archives de la Casa d'Esté, Modena;)
Per pura combinazione ho una cognata che faceva l’Archivista. La costrinsi a tradurla in un italiano comprensibile. (Grazie Carla. Carla Mariani Archivista a Narni TR)
Ill.mo Princeps et Ex.me Dux et Domine Domine mi observandissime etc.
Per una de V. Ex in risposta d'una mia a giorni passati a quella drizata, ho inteso quanto in epsa se contiene, et maxime circha la Charta del navichare: Il che humilmente a V.S. respondendo adviso, che dicta Charta lassai in genoa a dicto messer Francesco Catanio et da lui hebbi Ducati vinte striti, cioè de libre tre ciascuno. Vera è che dicta Charta in portogallo a me de pacto facto mi costo Ducati dodici d'oro in oro. Ma astretto dal'bisogno et non havendo ove ricorrere fui sforzato a tuor dicti denari et far quanto a V.S. scrissi: la Charta è di tal sorte, et spero che in tel manera piacerà a V. Ex. che non gli sera molesto haver per epsa exbursato dicta quantidade, perché di quel piu che sopra spenderà V.S. cioè de dodici. Si che V. Ex.t ia piacendoli mi advisi quanto circha questo ho adoperare, et continuamente fra numéro de suoi fideli Servitori mi tenga.
Romae die 19. novembris 1502.
servitor AIbertus Cantinus Scripsi.
(archives de la Casa d'Esté, Modena;)
Per pura combinazione ho una cognata che faceva l’Archivista. La costrinsi a tradurla in un italiano comprensibile. (Grazie Carla. Carla Mariani Archivista a Narni TR)
…Illustrissimo principe ed eccellentissimo comandante e Signore
con osservanza, etc.
In relazione alla vostra eccellentissima risposta ad una mia lettera a voi indirizzata, ho capito quanto in essa è descritto, soprattutto in relazione alla Carta di navigazione: rispondendo al riguardo, umilmente l’avviso, che ho lasciato quella Carta a Genova al detto Signor Francesco Catanio per il prezzo di 20 ducati striti, cioè di tre libre ciascuno. Anche se è vero che, di fatto, quella Carta in Portogallo mi costò 12 ducati d’oro in oro. Ma, costretto dal bisogno e non avendo altra possibilità, fui obbligato ad accettare detti denari e a fare quanto vi ho scritto: la Carta è di tale sorta ( genere, fatta) che spero così piacerà a Vostra Eccellenza, che non le sia spiacevole di aver sborsato per essa, detta quantità perché è di più di quello che Vostra Signoria spenderà, cioè dodici. Cosicché Vostra Eccellenza, qualora le faccia piacere, mi avvisi di quanto farà circa questo, e mi ritenga continuamente tra il numero dei suoi servitori.
Roma 19 novembre 1502. Servitore ALBERTO CANTINUS scrissi.
In relazione alla vostra eccellentissima risposta ad una mia lettera a voi indirizzata, ho capito quanto in essa è descritto, soprattutto in relazione alla Carta di navigazione: rispondendo al riguardo, umilmente l’avviso, che ho lasciato quella Carta a Genova al detto Signor Francesco Catanio per il prezzo di 20 ducati striti, cioè di tre libre ciascuno. Anche se è vero che, di fatto, quella Carta in Portogallo mi costò 12 ducati d’oro in oro. Ma, costretto dal bisogno e non avendo altra possibilità, fui obbligato ad accettare detti denari e a fare quanto vi ho scritto: la Carta è di tale sorta ( genere, fatta) che spero così piacerà a Vostra Eccellenza, che non le sia spiacevole di aver sborsato per essa, detta quantità perché è di più di quello che Vostra Signoria spenderà, cioè dodici. Cosicché Vostra Eccellenza, qualora le faccia piacere, mi avvisi di quanto farà circa questo, e mi ritenga continuamente tra il numero dei suoi servitori.
Roma 19 novembre 1502. Servitore ALBERTO CANTINUS scrissi.
Archivi della Casa D’Este
di Modena.
Da quello che credo di
capire c’è un giro di soldi che il Cantino reclama … a modo suo. Passiamo
adesso alla parte più interessante. Il planisfero del Cantino riporta, dietro,
una nota.
Sentiamo il parere della
Prof.essa Patrizia Licini a riguardo:
…Da ogni punto di vista, ciò che Cantino scrive al Duca Ercole
nella lettera certamente autografa già da Roma nel novembre 1502 non è
compatibile con la frase «Charta da navigar per le isole novame[n]te t[ro-vate]
in la parte de l’India dono di Alberto Cantino al S. Duca Hercole» che leggiamo
sul retro di detta carta nautica oggi a Modena. La frase non è di Cantino per
una serie di ragioni. 1. La frase è anonima, in una scrittura corsiva che è
indubbiamente diversa da quella gotica che figura su tutta la carta nautica
oggi detta del Cantino, e certamente posteriore alla datazione di questa. 2.
Inoltre nella lettera da Roma, Cantino annuncia al Duca Ercole di avere chiesto
ai Cattaneo al ritorno a Genova un anticipo sulla somma sborsata per acquistare
la carta in Portogallo, perché era rimasto senza soldi e la carta gli era
costata 12 scudi d'oro in oro (dice proprio così), ma è talmente bella che,
anche se cara, il Duca l'apprezzerà. Dunque questo NON è un dono di Cantino,
come la frase anonima arbitrariamente si permette di dire, perché gli è costata
12 scudi che vuole riavere dal Duca. E chi ha scritto quella frase non era a
conoscenza di questa lettera autografa del Cantino. 3. Un documento è
autenticato da un notaio di tipo latino il quale, essendo pubblico ufficiale
autorizzato ad attribuire fede pubblica ai documenti, ha il potere pubblico di
garantire con il suo sigillo che il sottoscrittore è veramente lui. Ma nella
frase anonima sul retro della carta non troviamo né la firma di chi la scrisse
in un anno non dichiarato, né tanto meno la certificazione di un notaio. E, per
di più, né sul retro né sul davanti della cosiddetta Carta Cantino noi possiamo
trovare un nesso, seppur minimo, un legame che leghi il nome Cantino ad essa.
Niente di Niente. Anzi, nel disegno geografico anche io vedo quella gigantesca
vignetta urbana di Venezia che mi fa propendere per un cartografo di Venezia
quale autore del lavoro, a parte la impiastricciata di pergamena aggiuntiva
incollata per 2,5 cm (!) proprio lungo la costa del Brasile dove Vespucci
svolse il quarto viaggio del 1503-1504, il secondo per Emanuele il Re di
Portogallo per il mare antartico. Insomma, l'autore della frase sul retro della
cosiddetta Carta Cantino può essere chiunque senza la minima garanzia di
verità, tra Cinquecento e Ottocento. 4. Ercole I da Este, il Duca di Ferrara,
da circa un anno era il consuocero di Papa Alessandro VI Borgia. Allora mi
chiedo: che necessità avrebbe avuto il Duca Ercole di far trafugare una carta
nautica in Portogallo dal suo agente Cantino (un gentiluomo ammesso alla corte
del Re del Portogallo), addirittura fatta fare da un autore bravissimo che però
volle tenersi nascosto per paura della pena di morte imposta da Re Emanuele su
chi rivelava i segreti delle navigazioni, quando a Roma il consuocero del Duca
Ercole era il Pontefice di tutti i Cristiani, il Signore del mondo al quale
doveva essere comunicato per primo il risultato di ogni scoperta geografica
transoceanica?5. Gli inventari della Biblioteca estense furono redatti da un
notaio soltanto nel 1597 per il passaggio del patrimonio a Cesare da Este;
carte geografiche e planisferi inventariati ammontano a circa 100. In conclusione
anche io come Lei (che sarei Io) penso ad un archivista che scrisse quella
frase sul retro nell’Ottocento nella biblioteca di Modena.
Detto in parole povere
Alfonso d’Este, il primogenito di
Ercole, sposò, nel dicembre del 1501 Lucrezia Borgia. Il Cantino, nel 1502, che
ci faceva a Roma? Ercole d’Este morì il 25 gen 1505.
Che c’entra la scoperta
del Brasile con la carta del Cantino? Ci arrivo.
Detta carta riporta tre
note (legende): la prima in alto,
segnala una terra dove i Portoghesi non riuscirono a sbarcare. Sulla Raya, in
alto, c’è una nota che riguarda la scoperta di Gaspar Corte Real.. proprio dove
io vedo l’isola giapponese di Kiùshù. La terza nota riguarda la scoperta del
Brasile ad opera del Cabral nel 1500. La flotta di Cabral partì da Lisbona il 9
marzo del 1500 diretta in India. Finì sulle coste del Brasile il 23 aprile.
Piantò la mitica Croce (isola della Vera Croce), fatti tutti i suoi calcolì
stabilì che quella era terra portoghese. Mandò una nave ad annunciare la
scoperta a Dom Manuel. Ma con tutti gli spioni che giravano per Lisbona nessuno
ha segnalato quella nave? Qui i Portoghesi (e Brasiliani) non sono tanto chiari
con le spiegazioni. Negli archivi nostrani non ci sono segnalazioni di quella
nave. E’ il periodo che Vespucci sta ritornando dal II viaggio. Ed è il periodo
che il cartografo Juan de la Cosa riporta nella sua celebre carta (1500) l’isola della Santa Croce scoperta per il
Portogallo. Vespucci fu, poi, chiamato dai Portoghesi e partì per il III
viaggio. Da quello che si intuisce Amerigo non fu informato della scoperta del
Cabral; sapeva, solo, della partenza della flotta. Vespucci partì e fece scalo
nelle isole di Capo Verde. E arrivò una nave che stava riportando in Portogallo
le vicende della flotta del Cabral. Apprese che Cabral aveva toccato quelle
terre che lui aveva toccato un anno prima per i reali di Spagna; ma più a
occidente. Torniamo alla carta del Cantino. Occhio all’immagine iniziale! Sulle
coste del “Brasile” c’è un rattoppo e una “mano diversa” ha aggiunto della
toponomastica. Come si vede le grafie sono completamente diverse. Sulla nuova
toponomastica si legge “a baida de todos
santos”. Quel nome fu dato nel IV viaggio. Quando Vespucci passò al comando
della spedizione. Rileggendo si scopre che era partito al comando di una nave.
Tutta la flotta era agli ordini di un altro comandante. Questo comandante si
era perso. In questa situazione, su comando di Dom Manuel, il comando doveva
passare al Vespucci che non aveva molta stima dei piloti portoghesi: sapevano
navigare solo su mari noti.
Chi fosse il Vespucci lo
raccontano gli incarichi che ebbe in Portogallo. Conoscete Firenze? Conoscete
la Chiesa di Ognissanti e dei legami con la famiglia Vespucci? Provate a
tradurre in Portoghese, o Spagnolo, la parola Ognissanti.
Si legge che Nicolò
Caveri, a Genova, copiò la carta del Cantino….. non credeteci.
Ho fatto diversi controlli.
Le carte hanno altra
origine. Caveri ha sviluppato l’Emisfero centrale della carta; come Vesconte Maggiolo.
Chi ha copiato non sono certamente i Genovesi. Quando si fanno certe
affermazioni bisogna saperle dimostrare.
Dimenticavo: la lettera da
Capo Verde, datata 4 giugno 1501, indirizzata a Lorenzo di Pier Francesco de
Medici, si trova facilmente in rete.
Inoltre: chi ha aggiunto
la nuova toponomastica …ha scritto qualcosa davanti alla zampa del pappagallo.
Riuscite a decifrarla?
Appendice
In
questi giorni ho rivisitato le lettere di Pietro Pasqualigo, scritte da
Lisbona, come le riporta Henry Harrise. Ho voluto rivedere la questione degli
orecchini e della spada che ho citato.
Ho
fotografato le pagine
Lettera
indirizzata alla Signoria di Venezia. Una prima nave è rientrata il 9 ottobre a
Lisbona.
La
lettera fu compilata il 18 ottobre del 1501. E adesso la seconda lettera del
Pasqualigo:
E’
indirizzata ai fratelli del Pasqualigo. E’ datata 19 ottobre 1501. Cantino, la
nostra spia, non ha visto l’arrivo della prima nave. Ha messo, solo, la data
della compilazione della sua lettera: il 17 ottobre.
Questa
precisazione va fatta perché, mi dispiace ricordarlo, Lisbona fu distrutta da
un terremoto e da un violento incendio. Buona parte dei loro archivi andarono
persi. Per ricostruire la Loro storia si appoggiano, anche, sulle fonti
esterne.
Questo
si legge sulla Wikipedia alla voce :
Planisfero di Alberto Cantino
Alla
fine del XV secolo Ercole
I d'Este, duca di Ferrara, inviò Alberto Cantino
a Lisbona con l'incarico formale di
commerciante di cavalli ma in realtà per raccogliere riservatamente
informazioni sulle scoperte geografiche portoghesi. In due lettere al Duca,
datate al 17 e al 18 ottobre 1501, Cantino riferisce di aver sentito
l'esploratore Gaspar Corte-Real esporre al re Manuele I i
risultati del suo ultimo viaggio a Terranova.
Ma..: lettere a parte, Gaspar Corte Real rimandò in Portogallo il fratello Miguel con due
navi. Lui proseguì la ricerca e non si seppe più nulla. Miguel volle ripartire
alla ricerca del fratello ma il Re lo mandò a dare una mano ai Veneziani
impegnati a combattere l’Islam.
Sono l'autore del pezzo....
RispondiEliminac’è una lettera datata 14 febbraio 1498 del cancelliere Giovanni Adorno, di Genova, indirizzata ad Antonio Costabile dove si parla di ser Alberto Cantino, servitore dell’ill.mo S.Duca di Ferrara avvertendo che egli è venuto dalla Spagna con cavalli e mule. (non trovo più la fonte)
Altra lettera di Alberto Cantino al Duca di Ferrara Ercole I (Modena)
Orano 1501, 7 giugno “… Et cusì anchora ho inteso da uno proprio che se è trovato in facto; como in quelle insule del re de Spagna più ultime hora se ritrovato una miniera de oro, de la quale ne hanno portato al presente per quatordece milia ducati. et ne esce grane che pesano cento vinti ducati luno, qual se dice esser cosa meravigliosa….”
Ricorderei che il 17 ottobre del 1501 la nostra spia era a Lisbona.
Credo che Cantino, da Orano, sia passato a Ceuta (sullo stretto e in mano ai Portoghesi) e sia finito a Lisbona.
sempre Rolando Berretta...
RispondiEliminaA proposito dei fratelli Gaspar e Miguel Cortereal:
le fonti le abbiamo nelle lettere di Cantino e del Pasqualigo.
Le navi, ben armate, che partirono furono solo 2 (due); questo hanno scritto!
Cantino fa ritornare una nave il giorno alli undece del presente; siamo nell’ottobre del 1501.
La lettera fu scritta da Lisbona 1501 17 ottobre
Pietro Pasqualigo scrisse una prima lettera alla Signoria di Venezia: A di 9 dil presente; lettera scritta a di 18 octubrio
Sempre il Pasqualigo, in data XIX octobrio, scrisse ai fratelli: A dir VIII del presente..
Da quello che hanno interpretato “gli storici” il Pasqualigo fa rientrare una prima nave il giorno 8 di ottobre e l’altra il giorno 9. Se avessero aggiunta quella che il Cantino ha segnalato in data 11 ottobre … termino qui. Il fatto curioso è che nessuno dei due (Cantino/Pasqualigo) si ricordasse in quale giorno rientrò quella nave guidata da Miguel Cortereal. Per i “nostri” quella guidata da Gaspar era attesa da un giorno all’altro; non è mai arrivata con la cinquantina di nativi che aveva a bordo. Una persona normale avrebbe scritto alla, Signoria, che erano rientrate due navi. La prima il giorno 8 e la seconda il giorno 9. Stessa cosa con i fratelli. Purtroppo, per gli storici, la nave che rientrò era solo quella. Le navi che partirono, mi ripeto, erano due di numero e non 3 (tre) come scrivono tutti.