Archeologia. Il
Bronzo medio della Sardegna
Articolo
di Anna Depalmas
ISTITUTO
ITALIANO DI PREISTORIA E PROTOSTORIA, ATTI DELLA XLIV RIUNIONE SCIENTIFICA. LA
PREISTORIA E LA PROTOSTORIA DELLA SARDEGNA
Cagliari,
Barumini, Sassari 23-28 novembre 2009 - Volume I - Relazioni generali
Il lungo
periodo (secoli XVIII-XIV) appare caratterizzato da uno sviluppo culturale di
cui sembra possibile definire solo parte dei processi mentre prive di sufficiente
dettaglio risultano le articolazioni interne in due o tre fasi. Nell’intento di
sincronizzare le sequenze con quelle peninsulari, si tende a distinguere tre
fasi: gli aspetti Sa Turricola (BM 1), San Cosimo (BM 2) e “a pettine” (BM 3)
(Lo Schiavo 2002, p. 52); oppure: Sa Turricola, “con associazioni tipologiche
rinnovate” e “a pettine” (Usai 1998, p. 129); o ancora: Sa Turricola, Monti Mannu
e San Cosimo (Ugas 2005); tali scansioni non sembrano però del tutto chiare.
Recenti organizzazioni dei dati in tabelle di associazioni (Depalmas 2005,
Tanda et alii 2003) hanno consentito l’ipotesi di almeno tre fasi, due
delle quali ben distinte: BM I-facies Sa Turricola, caratterizzata da un
limitato numero di elementi; BM II di più lunga durata contraddistinta dalla
progressiva introduzione di elementi vascolari che preannunciano il Bronzo
recente. Piuttosto difficile invece enucleare la fase BM III, in cui pur
permanendo elementi tipici del BM come le decorazioni plastiche e l’olla a tesa
interna, compare la decorazione “a pettine” ma forse non ancora con il
repertorio completo di sintassi decorative che caratterizzerà il Bronzo
recente. Il Bronzo medio della Sardegna appare comunque un periodo
caratterizzato da articolazioni
fluide e cambiamenti graduali non
formalizzabili in eventi nettamente distinguibili.
Datazioni
I
riferimenti radiometrici che si prendono in considerazione sono quelli del riesame
di Rubinos e Ruiz-Gálvez 2003, anche se non tutte le datazioni ritenute valide
in quella sede sono utili per un inquadramento cronologico del periodo. Le alte
datazioni di 2530 ÷ 1890 BC di Duos Nuraghes-Borore nel caso dello strato XIII,
trincea esterna alla torre A (I-17872) mancano di un significativo contesto
materiale e per gli strati XII sup e XI (I-17869, I-17871, I-17870, I-15465)
riguardano unità con materiale cronologicamente non omogeneo (Webster 2001, pp.
19, 26-28, 43). A momenti piuttosto antichi riportano le datazioni 1977÷1620 BC
(Q-3167) e 1520÷1296 BC (Q-3068) della capanna circolare II del nuraghe a torre
semplice di Noeddas-Mara riferite alla locale fase II, 1748÷1518 BC (Q-3070),
da una trincea esterna al nuraghe, pertinenti alla fase III, e 1751÷1439 BC
(Q-3169), da una capanna rettangolare datata Early nuragic. Nella fase
II sembra evidente la commistione di elementi del BM1 con altri più antichi,
anche eneolitici (Trump 1990, fi gg. 20-23), mentre per ciò che riguarda le
fasi III, (BM1-Sa Turricola) e IV (BM2) non si conoscono nel dettaglio i
materiali dei livelli datati. Scarsamente attendibili per l’elevato margine di errore
le datazioni 2880÷1603 BC dello strato 3 del vano e di Brunku Madugui
(Gif-243,) e 2474÷1430 BC degli strati X-IX della Torre B di Duos Nuraghes
(I-18546,) come la data 2290÷1259 BC di un trave della torre centrale di Su
Nuraxi-Barumini (K-151). Così pure le datazioni ottenute dall’ossidiana su
schegge dalla tomba di Palatu (1790÷1386 a.C. e 1509÷1159 a.C.) in associazione
con una decorazione metopale ma in uno strato in “stato di grave
sconvolgimento” (Moravetti 1984, p. 86). Per quanto riguarda altre due date
ottenute con lo stesso metodo a Palatu = 2099÷1847 a.C. e a Fruscos = 2008÷1800
a.C. (Contu 1992, p. 18) è evidente l’incertezza dell’associazione di schegge
di superficie alla fase di edificazione del monumento. Le datazioni
riporterebbero a un momento iniziale della fase o a un periodo di transizione
dal Bronzo antico anche se non vi sarebbe corrispondenza con i contesti,
tipologicamente ben inquadrabili nel Bronzo medio.
Tra le datazioni relative ai
monumenti del comparto di Pranemuru (Gonzáles Ruibal et alii 2005) quella
di 1746÷1524 BC ottenuta nello strato di base di una plataforma adjunta di
fronte al nuraghe complesso di Sutta ’e Corongiu-Nurri (Ua-19316) è associabile
solo ad alcuni frammenti poco caratterizzati dal livello superiore. Nello
stesso ambito territoriale, dall’US 11 del sondaggio A esterno al nuraghe
monotorre Gasoru-Orroli, deriva la datazione di 1634÷1314 BC (Ua-17760)
associabile però ad alcuni materiali del Bronzo recente (Ibid., p. 48,
fi g. 11B, 4, 6-7, 9). La datazione 2474÷1495 BC della grotta Sisaia (St-?,
1850±100 b.C., Lilliu 1988, p. 20), sembra riferibile ad un contesto al limite
tra Bonnánaro e Sa Turricola. Analogamente non sembra vi sia perfetta
concordanza tra la datazione 1526÷1314 BC dello strato 2 della zona D di
Oridda-Sennori (R- 1060) e i materiali, inquadrabili nel BM1. I dati di
cronologia assoluta disponibili per i momenti più antichi della fase sono
quindi quelli di 1916÷1635 BC dello strato 3 sul pavimento della capanna di Sa
Turricola-Muros (R-963α) e di 1880÷1636 BC dello strato 2 della trincea B di Filiestru
(Q-3031) (Fig. 3). Entrambe le datazioni sono piuttosto alte ma i loro valori
medi concordano oltre che con quelle di Duos Nuraghes e Noeddos, non
utilizzabili per le considerazioni sopra esposte, con le indicazioni fornite da
contesti peninsulari come le date dei livelli A di Coppa Nevigata- Manfredonia
(Vanzetti 1998, pp. 182-183). Per i momenti più recenti la datazione di 1742÷1519
BC del nuraghe Pitzinnu-Posada potrebbe essere tenuta in considerazione come
riferita ad una fase avanzata del Bronzo medio in cui la ceramica “a pettine” è
già presente. La datazione di 1620÷1130 BC di Cuccuru Cresia Arta-Soleminis
(LTL 641A) è riferita ad uno strato in cui si trovano, oltre a forme poco
articolate, come le scodelle ad orlo lievemente ingrossato, considerabili di
lunga durata nell’ambito del BM, anche olle ad orlo ispessito e sporgente
all’interno ben inquadrabili nel BR. L’ipotesi che si tratti di una situazione
perturbata dai riutilizzi (Manunza 2005, p. 248) risulta più prudente di quella
relativa all’individuazione di una fase tarda del BM di passaggio al BR. Al
nuraghe Arrubiu l’alabastron miceneo, datato da Lucia Vagnetti alla
seconda metà del XIV sec. a.C. (TE IIIA:2) (Nuraghe Arrubiu 2003, p.
32), sarebbe da riferire agli esiti del Bronzo medio anche se il contesto di
giacitura dei frammenti non consente di associarlo ai reperti di tale fase. A
tempi di poco recenziori indirizzano altri due elementi di importazione
dall’egeo, il frammento di testa eburnea di guerriero di Mitza Purdia (Sanna 1981-85)
e il frammento ceramico di Muru Mannu- Cabras che riportano al Miceneo
IIIA:2/IIIB e quindi a momenti di passaggio tra BM e BR. Dati cronologici e
culturali Il Bronzo medio 1 L’individuazione dei caratteri relativi ai
momenti iniziali del BM (facies Sa Turricola) ebbe inizio con il
riconoscimento di un aspetto interpretato come posteriore a Bonnánaro,
denominato Bonnánaro B, Bonnánaro II o Sub-bonnánaro -corrispondente alla II
fase nuragica della periodizzazione di Lilliu 1998 (p. 318)-, o III fase
Bonnánaro di Contu 1998 (p. 666) e dalla sua prudente connessione alle prime
manifestazioni nuragiche (Ferrarese Ceruti 1981a). La definizione di tale
aspetto come fase a sé stante tardò ad affermarsi (Lilliu 1982, p. 24, 1988);
infatti, il perdurare dell’uso dell’attribuzione originaria, cristallizzata al
momento della “scoperta” della facies Sa Turricola, ha determinato una certa
ambiguità. Alcuni caratteri del suo repertorio ceramico -che associa forme poco
articolate a elementi quali le pastiglie discoidali, le nervature, le anse a
gomito e con sopraelevazioni asciformi- hanno a lungo rappresentato un richiamo
all’aspetto Bonnánaro che induceva (e ancora induce: v. infra) qualche
autore a riferire la facies al Bronzo antico. Sino allo scavo della
capanna I di Sa Turricola (Ferrarese Ceruti e Germanà 1978, nota 35, pp. 16,
69-70) e all’enucleazione dei caratteri distintivi della facies questo
riferimento appariva, infatti, l’unica possibile chiave di lettura in senso
cronologico e culturale. D’altra parte è attestato che questi tratti culturali
perdurano in varia misura per tutto il BM e alcuni di essi, come l’ansa a
gomito, scompariranno definitivamente solo nei momenti molto avanzati del
periodo.
Se oltre al singolo elemento di presa si considera la forma vascolare,
si rilevano differenze tra i due ambiti cronologici a cui le facies sono
rispettivamente da riferire. Nel BA Bonnánaro, infatti, l’ansa a gomito o con
sopraelevazione asciforme o cornuta caratterizza tazze troncoconiche, tazze ad
orlo rientrante, tazze carenate, vasi carenati, vasi tripodi, più raramente
boccali e olle ad orlo rientrante o a colletto (Castia 1999). Nel BM Sa
Turricola essa, la cui presenza diminuisce comunque in modo significativo,
sembra persistere solo in tazze e vasi carenati e in olle con orlo distinto e
corpo globulare. È evidente quindi che il problema non può essere affrontato
mediante la focalizzazione su un singolo elemento estrapolato dal contesto di
rinvenimento. Significativa nella storia degli studi fu l’attenzione ai
contesti da tombe di giganti a stele centinata costruite con tecnica
ortostatica-dolmenica (Castaldi 1968, 1969), rispondente alle tecniche e agli
schemi architettonici propri della cultura nuragica. La presenza, infatti, di
edifici realizzati con la ristrutturazione di strutture più antiche, risalenti
verosimilmente alla facies Sant’Iroxi, costituite da ciste litiche come
a Li Lolghi-Arzachena o da corridoi megalitici come a Coddu Vecchiu-Arzachena, ha
contribuito a sostenere l’attribuzione dei più antichi edifi ci nuragici
all’aspetto culturale Bonnánaro e all’età del bronzo antico. Tale prospettiva
non sembrava d’altronde smentita dall’interpretazione dei contesti archeologici
restituiti da questi tipi di monumenti o da analoghi complessi di materiali
pertinenti alle tombe di giganti di Thomes-Dorgali, Oridda-Sennori, Li
Mizzanni-Palau (Ibid.) o ad altri ambiti come quelli insediativi
individuati a Monte ’Ncapiddatu, Punta Candela e Monte Mazzolu- Arzachena nei
quali si notò la forte incidenza dei tegami inornati e delle decorazioni
plastiche quali le pastiglie discoidali e le nervature triangolari sotto l’orlo
(Ibid.). Il legame tra l’aspetto culturale Bonnanaro e la prima fase
dell’età nuragica non appare comunque tenue ed è rafforzato dagli elementi di
continuità riscontrabili sia nel campo della tradizione formale della ceramica
sia in alcune tecniche e moduli costruttivi dell’architettura funeraria.
L’enucleazione di una facies di raccordo come quella di Sant’Iroxi,
seppure limitata per ora quasi esclusivamente ad ambiti funerari, come
d’altronde quella Bonnánaro, permette di valutare il processo come un cammino
graduale scandito da cambiamenti e lente innovazioni quali si possono, ad
esempio, osservare nella tomba megalitica di Monte Gonella-Nuraxinieddu (Atzeni
1973-74; Sebis 1995, pp. 101-102) e della tomba IX di Sa Figu-Ittiri (Melis
2007, pp. 94-95) dove l’assenza dei tripodi e la presenza dei tegami potrebbe
indicare un momento che precede di poco l’affermazione della facies Sa
Turricola. Esclusiva dei momenti iniziali del Bronzo medio (BM1), tale facies
si caratterizza per la scarsa varietà tipologica delle ceramiche, con fogge
pressoché prive di articolazione (tegami con pareti basse ad andamento
curvilineo, ansati e non, scodelle a vasca tronco-conica con pareti convesse e
vasca molto bassa, olle ad orlo rientrante con bugne, anse a gomito anche con
sopraelevazione asciforme e lunata, ad anello, a maniglia, le prese a lingua,
talvolta forata). Sono assenti le decorazioni, eccezion fatta per le pastiglie
a disco applicato, le nervature in rilievo di forma triangolare poste sotto
l’orlo di vasi a pareti verticali, e le bugne coniche (Fig. 4A, 1-11).
L’aspetto così delineato appare documentato in un ristretto numero di località,
tutte nel centro nord della Sardegna, in corrispondenza di grotte come
Filiestru-Mara, (Trump 1983) e Sisaia-Dorgali (Ferrarese Ceruti e Germanà
1978), ripari sotto roccia come Monte San Basilio-Ollolai (Fadda 1993), nuraghi
di transizione con vano ellittico e copertura ad ogiva tronca, come
Talei-Sorgono (Fadda 1998, p. 186), aree insediative presso nuraghi di
transizione come Crastu-Soddì (materiale di superfi cie inedito) o nuraghi a
corridoio come Sa Turricola-Muros (Ferrarese Ceruti 1981a, C49) e a tholos semplice
come Noeddos-Mara (Trump 1990, p. 11), tombe di giganti come Thomes-Dorgali
(Moravetti 1980) e Iscrallotze-Aidomaggiore (A. Depalmas e S. Vidili, poster in
questo convegno). Nei territori meridionali si possono forse cogliere
manifestazioni analoghe nell’aspetto (?) di Marramutta-Villanovaforru, di cui
non si ha documentazione edita (Badas et
alii 1988, p. 188) e nelle capanne con zoccolo litico (?) di Cuccuru Santu
Srebastianu-San Sperate (Ugas 1992, p. 203) -tra cui compare anche materiale più
recente (Diana 1996, tavv. I-III)- ma, in generale, per il sud si dispone di un
numero inferiore di complessi rapportabili alle sequenze elaborate attraverso i
contesti del nord Sardegna. Nelle località citate in cui è attestata la facies
Sa Turricola è documentato anche un più ampio repertorio vascolare, non
esclusivo dell’aspetto ma condiviso con altri contesti cronologici e costituito
da elementi che nell’ambito della fase costituiscono elementi di lunga durata:
tegami a pareti ad andamento rettilineo, scodelle troncoconiche con pareti
rettilinee o curvilinee, ciotole e tazze carenate con parete superiore
rientrante, tazze carenate con pareti lievemente inclinate all’esterno e ansa
impostata sulla carena, ciotole carenate con pareti verticali concave, olle
ovoidi a pareti rientranti, prese orizzontali allungate forate. Le uniche
decorazioni sono ancora quelle plastiche (nervature verticali e a zigzag,
pastiglie, bugne coniche) ma sul fondo esterno dei tegami si osserva di
frequente l’impronta lasciata da un intreccio spiraliforme di vimini. Questa
associazione riguarda un gruppo consistente di siti archeologici nei quali le
differenze sono rappresentate da elementi innovativi rispetto all’insieme che
caratterizzava il gruppo precedentemente definito: nel corso della fase,
infatti, il repertorio vascolare si arricchisce ad esempio di tegami con orlo
sporgente, scodelle ad orlo rientrante, scodelle troncoconiche con orlo
ispessito e sbiecato esternamente, olle con orlo lievemente ispessito e
sporgente o con breve colletto eretto, vasi a listello interno o bollitoi (fi
g. 4A, 12-22). Il tegame risulta la forma più rappresentata per tutto il BM con
esemplari a orlo arrotondato ma anche distinto all’esterno o sporgente a
piccola tesa; le anse sono a largo nastro non perfettamente verticale e di
fattura poco curata, le prese a lingua rettangolare, talvolta impostate
sull’orlo; il raccordo tra le brevi pareti e il fondo è arrotondato o distinto
da una leggera sporgenza. La sua ampia diffusione è legata all’affermarsi di
una nuova modalità di cottura per un alimento verosimilmente da identificare
con una sorta di pane di cereali. Ad un momento maturo del BM1, sono
riferibili, tra gli altri, l’insediamento presso il nuraghe Talei-Sorgono
(Fadda 1998, pp. 186-187), il riuso A. DEPALMAS ETÀ DEL BRONZO 127 dell’ipogeo
a domus de janas di Iloi-Ispiluncas (Depalmas 2000, pp. 67-73) e, forse,
la frequentazione del circolo megalitico di Sa Figu-Ittiri (Melis 2004). Questo
aspetto appare largamente diffuso in tutta l’isola, nelle zone settentrionali
negli abitati di Punta Candela, Monte ’Ncapiddatu e Monte Mazzolu e nel nuraghe
a corridoio Albucciu-Arzachena (Ferrarese Ceruti 1962), nella struttura
absidata di Malchittu-Arzachena (Ead. 1981a, p. LXVIII), nella capanna absidata
antistante il nuraghe Chessedu- Uri (Ibid.), nelle tombe di giganti di
Li Lolghi e Coddu Vecchiu-Arzachena, Oridda-Sennori (Castaldi 1969),
Palatu-Birori (Moravetti 1984). A Monte Baranta-Olmedo è stato portato alla
luce un complesso di materiali che si possono riferire al BM1, costituito da
tegami e da scodelle e numerose tazze troncoconiche con pareti rettilinee e
convesse o ad orlo lievemente rientrante (Depalmas 2003, p. 223, nota 20,
Moravetti 2004, pp. 62-73). La presenza preponderante delle tazze, oltre ai
pochi tegami, fa supporre che esse fossero impiegate per off erte e/o libagioni
rituali. In proposito Ugas (2005, pp. 85-86) avanza l’ipotesi che, dopo la
somministrazione di bevande mortali, si praticasse il patricidio di cui si
mantiene il ricordo nella tradizione etnografi ca. Nell’Alto Oristanese è
attestato nei nuraghi a corridoio di Fruscos-Paulilatino e di Friarosu-
Mogorella (Manca Demurtas e Demurtas 1984 pp. 666-668, 669-670). Nel meridione
potrebbe essere inquadrabile in questa fase il deposito del vano a del
nuraghe a corridoio di Sa Fogaia-Siddi, tra i cui materiali compaiono tazze
carenate, scodelle emisferiche anche con orlo distinto e un vaso con accenno di
listello interno (Santoni 2001b, p. 105, fi g. 106). Il Bronzo medio 2 Probabilmente
già all’inizio di questa fase compare una foggia destinata a una grande diff
usione nel corso del periodo: l’olla a tesa interna (pisside secondo la
terminologia proposta in Campus e Leonelli 2000, pp. 455-463), documentata con
esemplari apparentemente non decorati e in associazione al vaso a listello
interno nei villaggi di Montegonella (Sebis 1981-85) e Santa
Vittoria-Nuraxinieddu (Id. 2006), che potrebbero ben collocarsi in un
momento piuttosto precoce del BM2 visto che le nuove fogge sono ancora
associate ad un numero piuttosto elevato di forme con anse a gomito e
decorazioni plastiche (fi g. 4B, 23-36). A Santa Vittoria, come nella capanna 1
presso il nuraghe Baumendula-Villaurbana (Santoni 1992a, pp. 127-133, fi g. 7,
9, 14-15) e nell’insediamento privo di strutture litiche di Santa Maria Su
Claru-Nuraxinieddu (Sebis 1995, p. 103, tavv. VI-VII), nell’ambito quindi di
complessi in cui è ancora presente l’ansa a gomito, nei livelli basali del
nuraghe a corridoio di Su Mulinu-Villanovafranca (Ugas 1987, pp. 78-79, 2005,
tav. 69) e nel nuraghe a corridoio di Brunku Madugui-Gesturi (Badas 1992, tav.
IX), fa la sua comparsa la decorazione a sottili nervature -disposte a zigzag,
riquadri o a definire comparti triangolari o quadrangolari- che caratterizzerà
la parete sopra la carena delle olle a tesa interna con corpo biconico insieme
ai più diffusi motivi metopali -che alternano riquadri campiti a zone lisce- o
a triangoli riempiti di punti impressi (fi g. 4B, 55-58). Nella Sardegna
meridionale parte di questi elementi si ritrovano in villaggi di strutture
deperibili intorno a nuraghi a corridoio come a Faurras-Villamar (Ugas 1993a,
pp. 54-59) o all’interno di essi come ad Argiddas-Samassi (Lilliu 1988, p. 322)
o in edifi ci rettangolari come quello di Mitza Púrdia- Decimoputzu dove le
olle a tesa interna con decorazione a punti sono in associazione di superficie
con la testina di guerriero del Miceneo IIIA:2/IIIB (Sanna 1981-85, pp. 64-65).
Nella tomba di giganti a filari di San Cosimo- Gonnosfanadiga -insieme alle
olle con orlo a tesa interna, biconiche e biansate, decorate da sottili nervature
formanti riquadri e associate a grossi punti impressi e pastiglie in rilievo,
triangoli riempiti di punteggio, teorie di triangoli e scacchi realizzate con
il pettine trascinato- si rinvennero tazze carenate monoansate, un bicchiere
troncoconico con ansa ad anello, una scodella cilindroconica con presa a
lingua, una scodella emisferica con orlo ingrossato internamente, un’olla
globulare con orlo ingrossato e sporgente, un’ansa a gomito (Ugas 1981, 1992,
tav. VI,8), e alcune perle di vetro blu e verde, altre di faïence verde
chiaro, dei tipi a rotellina dentata e cilindroide segmentata di importazione egea
del TE IIIA:2 che, anche sulla base dei confronti con l’ipogeo di Madonna di
Loreto di Trinitapoli, riportano ad orizzonti del Bronzo medio pieno e tardo
(Peroni 1996). Le olle a tesa interna con decorazioni impresse appaiono
particolarmente diffuse nei contesti funerari quali gli ipogei a domus de
janas ristrutturati o semplicemente riutilizzati in età nuragica come la
Tomba III di Sa Figu-Ittiri, la tomba IV di Filigosa 128 (A. Murgia,
poster in questo convegno), in una fase d’uso delle tombe di giganti ad
ortostati e stele centinata come a Palatu-Birori (Moravetti 1984) e Goronna-
Paulilatino (Lilliu 1988, p. 328), in tombe di giganti a fi lari in tecnica
isodoma come Tamuli e Sa Pattada-Macomer (Tanda 1976; Fadda 1998, pp. 179-184),
Iloi 2-Sedilo (Iloi7) e Noeddas-Paulilatino (E. Atzeni e A. Depalmas,
comunicazione in questo convegno). Si dispone, sinora, di pochi dati certi che
possano mettere in relazione tali materiali con nuraghi a tholos tra cui
i rinvenimenti all’interno di saggi di scavo nei nuraghi Marfudi-Barumini
(Lilliu 1946, p. 178) e Trobas-Lunamatrona (Id. 1988, p. 322; Sebis
comunicazione personale) e nei cortili dell’Arrubiu-Orroli (Cossu 2003, fi gg.
11-12) e del Santu Antine-Torralba (Rossi, e Bafico 1987, pp. 41-42). A tali
indicazioni sono da aggiungere i dati provenienti dalle raccolte di superficie
presso i nuraghi Accas-Gesico e Torolleo-Paulilatino, (Lilliu 1988, p. 322) e
nel mastio del trilobo, in una torre dell’antemurale e in una capanna del
villaggio del Domu Beccia-Uras (Santoni 2001a, p. 55), nonché forse quelle definite
ceramiche “a pettine”presso il nuraghe complesso di Sant’Anna-Sant’Anna Arresi
(Atzeni 1987a, p. 45). I materiali di questa fase possono essere invece ben
relazionati oltre che con nuraghi a corridoio come Monte Atzei -Narcao (Ciccone
2008) e con strutture di abitato con zoccolo di pietra e pianta rettangolare e
circolare come Pardulette-Paulilatino
(E. Atzeni e A. Depalmas, comunicazione in questo convegno), anche con
abitazioni seminfossate, di materiale deperibile, come quelle di Piscinortu
ovest-San Sperate (Ugas 1993b, pp. 128-133) e del tipo scavato a Sipoi-Baratili
S. Pietro (Sebis, relazione di scavo non pubblicata). In molti dei contesti in
cui sono presenti olle a tesa interna decorate con motivi metopali o a
triangoli è interessante notare come i motivi di punti siano realizzati indifferentemente
a tratto libero o mediante l’utilizzo di un pettine dentato, impresso o
strisciato, portando ad ipotizzare che le due tecniche siano state utilizzate
contemporaneamente. Nonostante ciò, in nessuno dei complessi sinora citati è
presente il tipo di decorazione “a pettine” caratteristica del BR. Al BM2
avanzato piuttosto che al BM3 (Usai 2000, p. 52) o all’inizio del BR (Ugas
1998b, p. 256; Campus e Leonelli 2006c, p. 378), si ritiene sia da ascrivere il
contesto del villaggio di Su Muru Mannu-Cabras (Santoni 1985), dove ad un
repertorio formale del Bronzo medio, tra cui la tazza monoansata, il vaso a
listello interno, l’olla ad orlo rientrante e l’olla a tesa interna, si
associano pochi elementi innovativi come il decoro punteggiato sul fondo
(Acquaro 1980, tav. XXVI) e l’ansa a margini espansi. Da un’area indagata nel
1989, circa 30 metri più ad ovest del villaggio, da uno strato sconvolto,
proviene un frammento di vaso miceneo del Mic IIIA:2/IIIB ricollegabile ad un
momento avanzato del BM. Non ben inquadrabile per ciò che concerne la sua
posizione cronologica nell’ambito del BM è la ceramica cd “lustrata a stecca” o
“nero-lustrata” (Ugas 1998b, pp. 256-258), una tecnica di finitura che si
ritrova associata anche a motivi decorativi di strette solcature realizzate
all’esterno di forme chiuse o, piuttosto frequentemente, anche all’interno di
forme aperte. È presente a Muru Mannu come anche in numerosi complessi del BM e
BR della Sardegna centro-settentrionale. A Conca Illonis-Cabras, ricerche di
superficie di Salvatore Sebis nelle strutture in negativo a ridosso di un
nuraghe monotorre, hanno permesso di individuare un complesso nel quale
-insieme alle olle a tesa interna e ad altre fogge che caratterizzano la fase
del BM2- si trovano tegami con decorazione a punteggio sparso circoscritto a
piccole zone (Sebis 1992, 1995, p. 103, 1998). Tale associazione di superficie
trova ora conferma nei risultati dello scavo del villaggio di Sa Osa-Cabras,
noto in letteratura come S’Arrieddu, rappresentativo di una forma di abitato
diff usa in zone con disponibilità limitata di materiale litico, come le
pianure dei Campidani, costituiti da strutture incise. All’interno del deposito
che riempie i fondi delle strutture scavate in un’alluvione antica, si
rinvengono semplici dischi fittili, coppe di cottura, tegami con pareti di differente
altezza e, tra essi anche esemplari con decoro di punti impressi disposti al
centro del fondo (Castangia cds, fi g. 7,3; Serreli cds, fi g. 2,5), anche
racchiusi entro un spazio ellittico, scodelle a calotta, con orlo talvolta ispessito,
ed esemplari con anse verticali a nastro lievemente insellato, passanti a
tazze, scodellini con orlo rientrante, con accenno di risega interna e vasca
profonda, ciotole carenate, con parete poco rientrante e leggermente concava e
tazze con carena ben pronunciata (fi g. 4A, 40-42, 48-51). Vi sono, inoltre,
olle panciute con corpo globulare e orlo
distinto ingrossato o a breve colletto, lievemente svasato, olle con orlo
ingrossato e appiattito che preludono
chiaramente al tipo di orlo a sezione triangolare caratteristico del Bronzo
recente, olle a tesa interna con decoro metopale e a denti di lupo. I vasi a
listello interno, sono presenti, sebbene, in quantità limitate, mentre
risultano ormai praticamente scomparse le anse a gomito e anche la decorazione plastica
è meno diffusa. Il Bronzo medio 3 Gli aspetti relativi alle fasi
avanzate del BM coincidono -nell’ambito della Sardegna centrosettentrionale- con
quella definita da Salvatore Sebis facies “a pettine”, cronologicamente
distinta da quella “a pettine evoluto” del BR (Sebis 1992, p. 143, tav. IIa,
1995, p. 103). In sostanza si tratta di complessi come il nuraghe monotorre Su
Sattu ’e Serra-Nuraxinieddu e, in parte, di Montigu Mannu- Massama in cui
sembra documentata anche una fase del BR dove insieme ad elementi
caratteristici del BM, come le impressioni di canestro sul fondo, l’olla a tesa
interna, la decorazione plastica a pastiglia, sono presenti tegami con la
superficie interna decorata secondo schemi non dissimili da quelli che caratterizzeranno
gli stilemi della ceramica “a pettine” del BR (fig. 4C, 59-70). Nel resto della
Sardegna, appare piuttosto difficile, sulla base della letteratura disponibile,
individuare complessi archeologici con queste caratteristiche giacché la
segnalazione della presenza di frammenti di ceramica “a pettine”, raramente si
accompagna all’illustrazione dettagliata dei materiali ad essa associati. In
altri casi la distinzione di un complesso del BM3 da quello del BR presente
nello stesso strato, è stato determinato sulla base dell’analisi tipologica che
per fasi che presentano una “sostanziale continuità nella tecnologia e
tipologia” sembra risultare piuttosto azzardato (Usai 2000, pp. 45-47). Ad una facies
della ceramica “a pettine” inserita ancora nel BM sembra riportare la data
di 1742 ÷ 1519 BC (Rubinos e Ruiz-Gálvez 2003, p. 93), ottenuta con campioni
del nuraghe Pitzinnu di Posada, NU, dove è documentata la presenza di ceramica
“a pettine”, senza ulteriori precisazioni (Contu 1962). Aspetti insediativi Un
indizio dell’esistenza di impianti produttivi è dato dal ritrovamento a Cuccuru
Cresia Arta-Soleminis, di un pozzo rivestito di lastre e una adiacente fossa
scavata nella marna, interpretati come resti di una fornace (Manunza 2005, pp.
230-261). Il pozzo, che presentava diversi livelli di focolare, oltre ad un
frammento di vaso a tesa interna decorato a metope e uno con nervature sottili,
ha restituito anche materiali non esclusivamente riferibili al BM, come le olle
con orlo a sezione triangolare e orlo ingrossato verso l’interno, che riportano
al BR. Questi elementi sarebbero compatibili con una precoce comparsa nelle
fasi avanzate del BM2 e BM3 (analogamente a quanto si osserva a Sa Osa) ma il
tipo di giacitura non permette di verificare se si tratti di un’unica fase o di
due diverse. In contesti abitativi è ancora presente, in quantità variabili,
sebbene nel complesso limitate, un’industria litica di ossidiana rappresentata
per lo più da manufatti spesso non ritoccati di piccole e piccolissime dimensioni
tanto da far ritenere che possa trattarsi di elementi utilizzati con un supporto
ligneo (falce) (Ugas 2005, p. 164). L’abbondanza di elementi analoghi nelle
tombe di giganti potrebbe essere riferita ad un aspetto del rituale connesso alla
collocazione di strumenti agricoli nel sepolcro o alla deposizione di schegge e
manufatti in una materia prima riconducibile al culto degli antenati. È inoltre
documentata un’industria in osso, costituita da punteruoli del tipo osservabile
a Su Muru Mannu e Su Molinu. Il processo evolutivo che contrassegna lo sviluppo
delle prime architetture nuragiche prende avvio nell’ambito di un momento non
precoce della facies Sa Turricola e si svolge nel corso del BM arrivando
a parziale compimento alla fine (?) del periodo con la realizzazione dei
nuraghi monotorre a tholos. Le prime attestazioni del BM1 sono relative
oltre che a frequentazioni in grotta, ad abitazioni a zoccolo litico di pianta
rettangolare, anche absidata, e circolare. Il contesto di Su Muru Mannu è
indicativo del fatto che in un momento avanzato del BM2 è gia presente la
modalità costruttiva in cui le capanne circolari con zoccolo di pietra si
strutturano in complessi ad isolato con cortile centrale, di cui forse si ha un
riflesso anche nei villaggi di strutture lignee organizzate in compounds come
Sa Osa. A partire da un momento piuttosto antico e per tutto il procedere della
fase sono ben documentate attestazioni di materiali nei nuraghi di tipo a
corridoio e nelle tombe di giganti. Nella zona centrosettentrionale della
Sardegna il passaggio dal tipo di sepoltura con stele centinata e struttura
ortostatica di tradizione dolmenica alla tomba con “concio dentellato”e
muratura a fi lari in tecnica isodoma si compie verosimilmente entro il BM2.
Nei territori 130 del sud tale processo non è verifi cabile a causa della rarità
delle tombe con stele centinata, attestate solo a Perda Lada-Decimoputzu (Ugas
1990, p. 28), Badde Arena-San Giovanni Suergiu e Monte Is Casteddus- Isili
(Bagella 2001, pp. 120-123). La mancanza di un elemento religioso/strutturale
come la stele appare come una devianza
dall’omogeneità architettonica riscontrabile a livello planimetrico, forse
indicativa del fatto che il processo di differenziazione regionale manifesto
nel BR era già in atto. La Metallurgia Le poche nuove acquisizioni non modificano
nella sostanza il quadro delle conoscenze proposto in Ferrarese Ceruti e Lo
Schiavo 1992 (pp. 132- 136). Permane la quasi totale assenza di associazioni stratigrafi
che con materiali ceramici e con strutture monumentali. Il tipo di ascia a
margini rialzati denominato “Nule-Ilbono”che trova ampia diffusione nel BM (Lo
Schiavo 1989-90, p. 265), si caratterizza per avere forma stretta e slanciata,
taglio diritto e poco espanso, tallone dritto a profilo semiellittico e
rastremato, con margini pronunciati rispetto allo spessore, e con profilo
esterno appiattito o curvilineo. L’ambito cronologico, pur in assenza di dati contestuali,
è confermato dal richiamo alla foggia dell’ascia tipo Sezze, diffusa
nell’Italia centrale al termine dell’antica età del bronzo (Ead. 2005b,
pp. 280-281). Invariato è rimasto anche il repertorio delle daghe, con gli
esemplari con cinque chiodi a base semicircolare e sezione lenticolare con
nervature laterali (Siniscola) e a base triangolare e sezione schiacciata (San
Marco-Settimo San Pietro). Solo l’esemplare di Su Molinu-Villanovafranca (Ugas 1987,
p. 79), assimilabile a quest’ultima foggia, è stato ritrovato in strato nel
vano Bs del nuraghe in associazione con materiali delle fasi iniziali del BM2. I
pugnali -di rame o di bronzo (?)- sono documentati dall’inizio del periodo, in
continuità con la produzione di facies Sant’Iroxi, come attesta
l’esemplare a base semplice con due fori e corta lama triangolare ritrovato
nello strato 3 a contatto con il pavimento della capanna 1 di Sa Turricola (Lo Schiavo
2005a, pp. 203-204). Ad una foggia analoga riporta il pugnale della tomba di
giganti 2 di Iloi-Sedilo (Bagella 2003) rinvenuto in uno strato fortemente
rimestato ma in cui erano presenti anche materiali del BM1 non iniziale e BM2 e
quello di Santa Vittoria-Nuraxinieddu, in associazione di superficie con
materiali dell’inizio del BM2 (Sebis 2006, p. 122, fi g. 28,9). Gli esemplari
paiono molto vicini al tipo Mercurago riportabile a un momento molto avanzato
del Bronzo antico (Bianco Peroni 1994, p. 40). In Sardegna il tipo sembra
restare in uso per un tempo maggiore perlomeno sino alla fase più avanzata del
BM1.
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