domenica 28 luglio 2019

Archeologia. Pozzi Sacri in Sardegna, come erano costruiti? Articolo di Ercole Contu

Archeologia. Pozzi Sacri in Sardegna, come erano costruiti?
Articolo di Ercole Contu



Già dal 1974 mi ero posto il problema della ricostruzione grafica dei pozzi sacri (o "templi a pozzo") della Sardegna nuragica; ma solo nel 1980 avevo tradotto graficamente la mia l'ipotesi in un disegno (fig.l,f) - che per gran parte qui riconfermo nella sua relativa validità - concernente la struttura generale originaria di questa categoria di monumenti. Tutto ciò riguardava anche le fonti sacre, che, per essere l'acqua sorgiva più facilmente accessibile rispetto a quella che viene da falda freatica, e perciò necessitando - quand'anche essa ci sia - di una scala molto breve, risultano essere, per dir così, dei pozzi sacri in miniatura. Nella mia ricostruzione grafica, sia passata sia presente, del pozzo sacro di Santa Vittoria di Serri-NU (figg. 1,f; 2,b ) mi sono limitato agli elementi principali dell'architettura, trascurando persino, volutamente, sia il recinto o temenos ellittico che racchiude l'edificio - data la sua modesta rilevanza architettonica e perché deve trattarsi di un'aggiunta successiva, piuttosto recente - sia il problema della sistemazione originaria di altri elementi non direttamente riferibili all'edificio: quali i betili-torre, o modellini in
pietra di nuraghi, e i bronzetti; e infine le due statue di toro in calcare (conservate in due distinti frammenti). Comunque questi due tori potevano stare, uno per lato davanti alle due ante, sulla fronte del pozzo, all'incirca come i leoni alati assiri del palazzo di Nimrud o quelli stilofori delle chiese romaniche. Il problema ricostruttivo, a dire il vero, non era nuovo, in quanto una soluzione era stata già proposta dal TARAMELLI e dal GIARRIZZO, circa sessant'anni prima, per il pozzo sacro di Sant' Anastasìa a Sàrdara-Cagliari (fig. l,a).

Successivamente, nel 1956, era anche avvenuta la scoperta da parte di Godeval DAVOLI e la pubblicazione da parte di Giovanni LILLIU (fig. 1 ,b), della fonte sacra di Su Tempiesu a Orune-Nuoro, che aveva offerto nuovi dati di estremo interesse, che permettevano almeno in parte di rivedere la questione sotto una diversa luce. Con questa nuova scoperta - arricchita ancora successivamente, con nuovi scavi e altre nuove scoperte, da Maria Ausilia FADDA nel 1982 e in seguito - appariva accertata, perché ancora in posto, la copertura litica a doppio spiovente, o timpano, dell' atrio dei pozzi o almeno di alcuni di essi. Unica differenza fra la ricostruzione del LILLIU, e mia, e quella della FADDA (fig. l,c) era l'assenza per quest'ultima di un architrave, con sovrastante finestrello di scarico, al centro del timpano; i quali elementi erano stati ipotizzati pur non restandone traccia in posto. Anzi ancora non mi abbandona il dubbio che essi in un primo tempo potessero esserci stati, in analogia a come l'architettura nuragica realizza, in casi numerosissimi, la copertura ad aggetto della luce di ingressi e nicchie. Nel punto infatti in cui ci si sarebbe aspettato tale architrave si affrontano ora, sue due lati del timpano, due conci di colore più chiaro, rispetto a quelli della restante struttura; tanto che forse potrebbero interpretarsi, come i resti, successivamente scalpellati in seguito a rottura, di un preesistente architrave. Inoltre, benché risulti difficile individuarne, dalla copertura della scala all'architrave della fronte, la reale collocazione originaria, non si può pensare a funzione diversa da un architrave, quale che sia, per la sistemazione del concio parallelepipedo con uno spigolo smussato o negativo, che si ritrovò sia a Serri (figg. 2,f; 5,j ) (fuori posto, presso la torre con feritoie B o 2, che si addossa al cosiddetto "Tempio Ipetrale") che a Sàrdara (figg. 3,d; 5,c); quest' ultimo esempio, che era intero, è lungo m l,06 x 1,10 x 0,19; mentre quello di Serri - trovato circa 35 m a SE del pozzo - è rotto in due pezzi. Peraltro molto problematica è anche la precisa sistemazione originaria delle comici rettilinee, per lo più frammentarie, decorate da fregi a penne o dentelli, che si rinvennero ugualmente sia a Serri che a Sàrdara (fig. 5,m); e che forse dovevano decorare, ai lati, l'andito al suo interno, all'altezza del supposto architrave dell'ingresso; più o meno come è illustrato nei disegni ricostruttivi di F. GIARRIZZO per Sàrdara (fig. 1 ,a). Ma, a differenza di Serri, a Sàrdara- così come nelle altre splendide architetture dei pozzi di Predio Canopoli di Pérfugas, S. Cristina di Paulilàtino e Milis di Golfo Aranci - non si ha traccia di un timpano, che pure doveva esserci: e questo non avrebbe permesso, a mio parere, le comici a dentelli anche sul lato esterno dell' atrio. Per giunta la decorazione architettonica a spina pesce, a zigzag e a cerchielli o occhi di dado, presente a Sàrdara, è solo indiziata (si ritrova su numerosi betilini-torre) a Serri, potrebbe veramente in entrambi i monumenti aver decorato variamente lo sbocco, sull'andito, della scala, così come rappresentato solo per Sàrdara dal GIARRIZZO. Altro problema è quello se e, architettonicamente parlando, anche perché nell'atrio, dietro questo supposto architrave, dovessero trovarsi, anche negli altri casi, degli archetti monolitici, come quelli che appaiono, per quanto ci consta, solo nell'atrio della fonte di SuTempiesu (figg. 3,a; S,i). Ma di tali archetti, più o meno simili, in numero limitato e generalmente non in posizione originaria, si trovano esempi anche in tombe di giganti (Pedras Doladas-Scano Montiferro-OR) e, ancora in posto, come architrave del vano d'ingresso, in pochi nuraghi (Puligone di Sédilo-Oristano e Ìzzana di Aggius-Sassari), nonché nel maggiore fra i templi in antis di Serra Òrrios a Dorgàli. Il monumento di Su Tempiesu o, meglio - dopo le ultime scoperte in cui appare anche un'altra fonte, di più modesta fattura, alcuni metri più ad est -, la parte principale e più antica di esso, benché in pianta possa risultare in tutto o per gran parte simile ad altri pozzi e fonti, di fatto documenta solo il modo in cui era coperto, con doppio spiovente, l'atrio; mentre nulla dice di come poteva o doveva, in altri casi, essere coperto esternamente il vano più interno circolare, cioè la camera d'acqua. Infatti a Su Tempiesu questa camera, sebbene incamiciata con una bella muratura isodoma, per il resto era scavata nella viva roccia, alla quale il monumento si appoggia; per cui non è presente in questo punto nessun paramento murario esterno. 

Diverso, ed eccezionale in quanto provvisto di muratura absidata esterna, è il caso della fonte di Noddule-Nuoro (fig. 6,d-e); ma qui la costruzione fu realizzata sul piano e la vena d'acqua catturata qualche metro più sotto. Analogamente differente è anche, in genere, il caso di tutti i restanti pozzi sacri. La copertura a doppio spiovente, indubbiamente traduzione monumentale in pietra, per onorare la sacralità del luogo, di un normale tetto stramineo a tre strati, era già conosciuta in un piccolo edificio che affianca il famoso modellino in bronzo di nuraghe complesso da Ittireddu-SS (fig. l,e). Questa elegante e raffinata copertura in pietra, che è tuttora per gran parte in situ solo a Su Tempie su (figg. l,b-c; 2,e; 3,a; 5,i), appare altrove documentata, in pochi altri casi, esclusivamente da chiari elementi architettonici sparsi ( e perciò, precedentemente alla scoperta di Su Tempiesu, di non facile interpretazione): tali son quelli che, riportanti la caratteristica modanatura su cornice a due scozie delle falde del "tetto", si ebbero presso il pozzo di Santa Vittoria di Serri-NU (figg. 2,c-d; 5,f-g) e, molto di recente, presso la fonte, fatta di conci ben sagomati, di Puntana S'Arcu-Sédilo-OR (fig. 3,b) e in quella di Abini-Teti NU. Quindi in luoghi così distanti fra loro che la documentazione monumentale è da interpretarsi come prova del fatto che si tratta di elemento funzionale e stilistico particolarmente apprezzato, significativo e di ampia diffusione. Anche se è bene non trascurare che sinora si tratta di quattro casi su circa 80 di queste costruzioni sacre: cioè più di 36 pozzi e di 40 fonti. Precisando concetti ai quali si è già in parte accennato, bisogna tenere presente che questi edifici cultuali si dividono sostanzialmente (analogamente a quanto si osserva per il bastione dei nuraghi complessi) in due tipologie di pianta: A ) quella curvilinea o a semiellisse allungata, e B ) quella (più comune nei pozzi) retto-curvilinea, cioè costituita dall'innesto a spigolo concavo, di una porzione rettangolare, che include l'atrio, su di una, più ampia, circolare, costituita dal paramento murario esterno che racchiude la camera d'acqua o "canna" del pozzo; anch' essa circolare. Differenza icnografica che non poteva non rispecchiarsi anche nell'elevato; per cui il problema dell'aspetto originario esterno, in elevazione, della sola parte retro stante e dell'insieme, potrebbe prestarsi a soluzioni diverse. Infatti nel tipo A, se con fronte a timpano triangolare, l’estradosso, cioè la copertura esterna complessiva, poteva molto ragionevolmente essere costituita dal tetto a due falde rettilinee che, in corrispondenza della zona absidata, andavano a congiungersi col semicerchio basale di una porzione di cono -(fig. 6,b-f); mentre nel tipo B, quello di un edificio retto-curvilineo, la porzione esterna circolare, retro stante, ben larga, dell'edificio doveva avere almeno in parte la forma e l'imponenza di una torre appunto circolare nuragica (fig. figg. 1,d,f; 2,a-b; 7,c-e); anche se quanto ancora si conserva (p. es. a Santa Anastasìa di Sàrdara e a Sa Testa di Olbia) ha oggi, con la sua modesta altezza residua, l'aspetto delle murature basali di una semplice capanna circolare. È evidente comunque che nel caso B i costruttori avevano affrontato il non facile problema dell'accostamento di un atrio rettangolare a un adiacente vano circolare: un problema che in verità aveva avuto lontani e indipendenti precedenti nel V-IV millennio in Mesopotamia e intorno al 2000 a. C. a Creta e, persino, nel II sec. d. C. a Roma, nel Pantheon. Diverso risulterebbe il problema qualora si accettasse - del tutto ragionevolmente - che almeno in due costruzioni (pozzo di SuPutzu-Orroli-NU e fonte di Noddule-Nuoro) (fig. 6,b-e), la fronte fosse stata invece centinata; per cui l'insieme sarebbe risultato coperto a botte o semicilindro, che, nel raccordarsi progressivamente all'abside retrostante, avrebbe qui assunto all'incirca la convessità di un quarto di sfera. 

Per giunta un estradosso a botte (fig. 6,t) avrebbe reso più giustificata, come si è accennato, la tecnica costruttiva che impose l'inattesa presenza degli archetti monolitici interni a Su Tempiesu. Tornerò su quest' argomento, e su altri ancora, trattando del rapporto di somiglianza (che è analogia di funzionalità architettonica) fra i pozzi ed altre costruzioni di Età Nuragica. Comunque resta il fatto che, sia per il tipo retto-curvilineo che per l'altro, non si ha prova diretta in opera che ci dica in modo inconfutabile quale fosse l'originario aspetto in elevato della parte retrostante; mentre, grazie al monumento di Su Tempiesu, qualcosa di più sappiamo per la fronte e per l'atrio adiacente. Si possono comunque formulare, per la suddetta parte retro stante, alcune ipotesi, che, anche se non tutte espresse in precedenza, erano già alla base della ricostruzione grafica del tipo B, da me presentata appunto nel 1980; e riguardante particolarmente il pozzo di Santa Vittoria di Serri (fig. l,t), pur se estensibile anche ad altri. Per l'elevato retrostante "a torre", vari, cogenti e concordanti indizi si possono trovare in numerosi elementi architettonici, sparsi nelle immediate vicinanze o, comunque, nei pressi di alcuni pozzi: quali quelli di San Michele a Ìttiri-SS (fig. 4,c) e soprattutto dei già citati Santa Vittoria e Santa Anastasìa. È vero d'altronde che vi potrebbero essere delle discrepanze qualora si facesse eccessivo affidamento sulla reale corrispondenza, quand'anche conosciuta, fra le dimensioni di questi pezzi e la loro collocazione nell'insieme ricostruttivo grafico ipotizzato; dato che non dobbiamo escludere soluzioni anche in parte diverse da quella che qui si propone. Debbo inoltre aggiungere che, per realizzare tale nuovo disegno ricostruttivo (fig. 2,b; 5),. specie della parte conica della torre, feci ricorso anche alle suggestioni offerte dall'architettura etnologica rurale sarda, costituita dalla struttura in pietra delle pinnettas. Precisando, gli elementi diretti di Età Nuragica, utili alla ricostruzione della zona a torre, con la supposta terminazione conica, riguardano: 1) vari conci semplici con faccia vista curva inclinata convessa (come quelli di Ortu Commidu-Sàrdara e Santa Anastasìa e quelli, molto più numerosi di Serri) (figg. 3,c; 5,n); 2) un analogo concio a "T"con gibbosità-risega (appunto da S. Michele-Ìttiri) (fig. 4,c); 3) conci con ampia sezione cilindro-conica e cornice di base, semplice o doppia (a poca distanza dal Nuraghe Losa di Abbasanta OR (figg. 4,b; 5,c), presso il cosiddetto Tempio Ipetrale di Santa Vittoria di Serri27 (figg. 3,e; 4,a,1-2; 5,e) e, infine, presso il pozzo sacro di Santa Anastasìa) (figg. 3,d; 5,c); 4) conci conici (già supposti betili) o troncoconici interi dell'atrio del pozzo di Serri (figg. 4,d-f; 5,a-b). 

Ovviamente tutti questi elementi potrebbero permettere anche interpretazioni divergenti, in tutto o in parte da quella da me proposta; ma ritengo di aver portato sufficienti indizi in favore della mia tesi. Senza entrare descrittivamente nei particolari, il disegno "esploso" di fig. 5 e le altre l'illustrazioni già citate permettono di farsi un'idea di ogni singola possibile attribuzione dei vari pezzi sparsi alla ricostruzione generale. Posto che la mia tesi generale sia giusta, restano altri problemi da risolvere, quale quello dell'altezza, sia dell'insieme sia della porzione troncoconica della torre sia, per sé, di quella, sovrastante, conica. Anche una, eventualmente possibile, convessità della parete troncoconica o potrebbe portare a risultati differenti; e così una qualche convessità o, anche, concavità o altra risega di quella parte da me supposta conica. Se si vuole calcolare l'altezza originaria della camera o canna del pozzo (che ha il diametro di circa m 2 - meglio 2,13x2,20 - e l'altezza residua di m 4,27), i confronti con gli altri pozzi, dove questi dati sono ancora rilevabili, portano a risultati differenti. P.es. il confronto col pozzo sacro di Sàrdara, che ha l'indice-quoziente diametro/altezza molto basso (1,4 , in quanto il diametro è di m 3,55 e l’altezza di m 5,05) suggerisce di aggiungere a quanto ancora si conserva un'altezza modesta, cioè poco più di 2 m: quindi per complessivi m 6,30 o forse più; mentre il confronto con il pozzo di Sa Testa a Olbia (diametro m 1,25 x 5,25 di altezza, quoziente 4,2) permetterebbe di ottenere un' altezza, del vano, maggiore di m 8. Inoltre c'è da considerare l'eventuale presenza di una seconda camera sovrastante, così come è documentata a Sàrdara e a Olbia. Ma, sull'altezza esterna generale e particolare della torre del pozzo, relativamente al terreno circostante, indicazioni importanti possono essere fomite anche dallo studio della facciata timpanata dell'atrio: in quanto questa facciata a doppio spiovente, deve a Serri - per ovvie ragioni architettoniche, concernenti tutti i pozzi di pianta retto-curvilinea - appoggiarsi ad una torre di altezza maggiore e non viceversa. A Serri, due frammenti di tale timpano garantiscono che la copertura era dello stesso genere di quella della fonte di Su Tempiesu a Orune, con la quale ho iniziato il mio discorso. Per cui - impiantando una "proporzione" matematica simile a quella con la quale abbiamo cercato di ritrovare le misure originarie della camera d'acqua del pozzo di Serri - si ottiene che, se l'atrio di Su Tempiesu è largo m 70 e l'altezza totale sulla fronte era di m 6,85 (il solo timpano m 4,24) , per Santa Vittoria di Serri, che ha l'atrio, sul davanti, di m 2,62, è ipotizzabile una facciata alta complessivamente circa m 8 (mentre ora l'atrio e il suo pozzo si alzano dal suolo per l'altezza residua m 1,20). 

Conseguentemente, la "torre" circolare, ove è ricavata la camera d'acqua, dovrebbe essere stata alta almeno una decina di m; che potrebbero anche, ragionevolmente, come suggerisce il mio recente disegno ricostruttivo, giungere a 12 m (figg. 2,b; 5, in basso). Quindi, contrariamente all'aspetto attuale che fa dei pozzi sacri dei monumenti quasi interamente sotterranei, essi dovevano avere una visibilità epigeica e una rilevanza monumentale notevolissime. E, fra questi, in particolare quelli di pianta retto-curvilinea, provvisti di una torre piuttosto alta. Se furono ridotti nella situazione attuale, in sostanza ciò è da imputarsi proprio all'eleganza e preziosità dei materiali con cui furono edificati, che divennero in varie epoche, anche recenti, materiali di spoglio sia per le successive costruzioni circostanti sia certamente per altre anche molto lontane.

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Vorrei ora accennare al fatto che proprio a Santa Vittoria di Serri, e l'aveva già notato il TARAMELLI, si ha un'altra bella costruzione del tipo retto-curvilineo (torre e atrio con sedili), che era del tutto in vista e somigliantissima al pozzo sacro: la Capanna o Dimora del Capo (fig. 7,a). La parte di essa circolare, che si conserva ancora per un'altezza notevole, m 4, ed è ampia circa m 6 (l'ingresso è alto ben m 2,50), doveva essere coperta da una struttura conica in pietra proprio come i pozzi; mentre le notizie dello stesso studioso sembrano suggerire che, mentre in età romana si aveva nell'atrio una copertura con travature di legno e tegole di terracotta, in età nuragica si fosse avuto un tetto di frasche a doppio spiovente o due ante senza copertura. L'accostamento a questa costruzione ci suggerirebbe perciò' di interpretare il pozzo come la Casa dell'Acqua o la Casa dello Spirito dell' Acqua. Altri due confronti possibili abbisognerebbero invece di maggiore approfondimento: e sono la somiglianza di pianta con il cosiddetto "tempio" senza pozzo di Sa Carcaredda-Villagrande Strisaili-NU; nonché quello, segnalato da tempo, con il nuraghe (se tale è, a voler giudicare semplicemente prima di appositi scavi, o un pozzo sacro o una capanna) di Su Nuraxi di Sìsini-NU, costituito da torre circolare più un atrio fra ante leggermente divergenti (fig. 7,b).

***
Prima di concludere, vorrei tornare un momento sui pozzi e le fonti sacre che presentino la pianta del tipo A" cioè più o meno, come si è detto, a tre quarti di ellisse; ciò per ricordare che si ha anche un tempietto, quello di Malchittu ad Arzachena (fig. 6,a), che richiama questa forma di pianta. Il confronto in questo caso serve a suggerire la copertura con tetto di frasche a doppio spiovente, che si incurva nell'abside: infatti a Malchittu si conserva parte di un semplice timpano triangolare (fig. 6,a), in normale muratura, senza cornici o altri elementi ornamentali e che appunto doveva sostenere un tetto del genere suddetto. In particolare questo concetto del doppio spiovente sembra, almeno in parte, ritornare nel tempio a megaron di S'Arcu e is Forros-Villagrande Strisaili-NU, dove, secondo M. A. FADDA, "il tetto era realizzato da numerose lastre in pietra che poggiavano su travi lignee". Ma la forma di pianta absidata era quella già presente in alcuni dolmen (come quelli di Su Coveccu di Bultei-SS e di S'Ena 'e Sa Vacca di Olzai-NU) e si ritrova comunemente nel corpo centrale delle tombe di giganti, dove la copertura esterna non poteva che essere a botte. Perciò essa non si può escludere anche nel caso di pozzi e fonti sacre, ove compaiano altri elementi che lo suggeriscano. Uno di questi elementi potrebbe essere il forte aggetto delle ante dell'atrio-scala, come avviene nel solo caso della fonte di Noddule-Nuoro (fig. 6,d-f); che d'altronde somiglia eccessivamènte negli altri elementi di pianta al pozzo di Su Putzu di Orroli NU(fig. 6,b), per dover supporre (anche se non si può escludere) un diverso tipo di copertura per questo secondo monumento. Peraltro la copertura "a botte", che io avevo proposto molto tempo fa, basandomi sull'aggetto e lo spessimento progressivo dei muri, per il tempio doppiamente in antis di Domus de Orgìa-Esterzili-NU (fig. 7,0, trova - come per altri casi quella a doppio spiovente - ragioni sufficienti per essere accolta, visto che ancora si conserva nell' Africa settentrionale ed è chiaramente documentata in Sardegna almeno per l'Età Romana, almeno nei primi secoli dell'Impero, dalle tombe, riproducenti un'abitazione rettangolare, trovate nelle zone centrali dell'Isola e nel Campidano. Insomma bisogna rischiare di uscire dal seminato e formulare e realizzare graficamente utili e stimolanti ipotesi ricostruttive della splendida architettura nuragica. D'altronde che cos'altro è il lavoro dell'archeologo se non un continuo e ragionato prospettare ipotesi ricostruttive della passate civiltà?

Fonte:
Bollettino della Associazione Storica Sassarese Anno VI - N. 6
Contu, Ercole (1999)
Pozzi sacri: ipotesi ricostruttive. Sacer, Vol. 6 (6), p. 125-148

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