lunedì 3 settembre 2018

Archeologia, le materie prime dell'antichità. I profumi e le sostanze balsamiche, gli strumenti utilizzati dagli antichi per entrare in contatto con le divinità. Riflessioni di Pierluigi Montalbano


Archeologia, le materie prime dell'antichità. I profumi e le sostanze balsamiche, gli strumenti utilizzati dagli antichi per entrare in contatto con le divinità.


Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Le fonti documentarie più antiche sulle sostanze profumate provengono dalla civiltà egizia che le utilizzava nei templi per favorire l’intermediazione fra uomini e dei. In tutti i rituali di purificazione, di imbalsamazione dei defunti e di elevazione dell’anima, si fa uso di aromi e profumi. In Asia i due maggiori centri che si dedicano alla produzione sono Palmira e Babilonia, specializzati in resina di terebinto, olibano, galbano, laudano e mirra. Unguenti e oli profumati fanno parte delle attività dei sacerdoti che si dedicano alla pulizia delle statue, alla cura personale e alla preparazione dei defunti, con offerte che assicurano la protezione degli dei per il loro passaggio nell’aldilà mantenendo l’integrità del corpo. Nei templi sono presenti sale adibite alla preparazione degli aromi da bruciare e dell’olio profumato destinato agli dei, con attività che durano diversi mesi per pestare le piante, i fiori, i grappoli, le erbe aromatiche e tritare resine e gomme. Altri assistenti rimestano in grandi calderoni il vino, gli oli, il miele mentre il sacerdote officiante, capo del laboratorio, legge le
formule dipinte sui muri. Alcuni passaggi sono trasmessi oralmente dai sacerdoti per salvaguardare i segreti. Uno di questi locali è stato scoperto nel Tempio di Edfou, sulla riva occidentale del Nilo, 100 km a sud di Luxor. Fu realizzato sotto il regno di Tolomeo III, nel 237 a.C. e dedicato a Horus, il dio del cielo. Gli aromi erano conservati al riparo dal sole e alcune iscrizioni sulle pareti rivelano i segreti di fabbricazione e le virtù magiche e terapeutiche. Gli Egizi più ricchi iniziano a impiegare le sostanze aromatiche anche nell’igiene quotidiana, con un’industria dei profumi attestata ai tempi della regina Hatshepsut che organizza una spedizione navale nel leggendario Paese di Punt per approvvigionarsi di due resine: l’incenso e la mirra. Per la cura del faraone si usa il Kyphi, un miscuglio di 60 essenze che arrivano dalla Libia, dal Medio Oriente e dall’Arabia: legni odorosi, oli di pino e di olivo, mirra, cannella, spezie delle Indie e balsamo di Giudea. La terra di Punt è un territorio a sud dell’Egitto, nella zona interna che va dal basso Sudan (Porto Sudan) fino al corso superiore del Nilo Azzurro, nei territori dell’Etiopia. Dai bassorilievi di Tebe, a Deir-el-Bahari, gli archeologi hanno ricavato tante informazioni su questa regione accessibile dalla costa attraverso percorsi fluviali, ricca di uccelli, scimmie, rinoceronti e giraffe, e dove una lussureggiante flora comprendeva palme, alberi di incenso, di mirra e di ebano. Gli scambi commerciali erano mediati dalle tribù nomadi dell’Hadramaut, regione del sud-est dello Yemen, sul golfo di Aden, che detenevano il monopolio del commercio dell’incenso con i nativi di Punt. Al riguardo, sappiamo che il faraone Sahuré, intorno al 2500 a.C., provò senza successo di combattere questi nomadi arabi. I bassorilievi di Deir-el-Bahari, inoltre, forniscono una precisa descrizione della spedizione nella terra di Punt che la regina Hatshepsut, figlia di Tuthmosis I, effettuò partendo con una flotta di cinque grandi navi da trasporto. Le cronache del tempo raccontano che Hatshepsut tornò con le navi colme di legnami pregiati, resina profumata e grandi quantità di mirra, incenso e opoponax. Il suo fu un regno di pace e di prosperità, dedicato al restauro di ciò che era stato lasciato all’incuria durante il periodo degli Hyksos.
Scelse collaboratori di altissimo profilo, primo fra tutti il principe Senmut, uno dei più grandi architetti dell’antichità, che costruì per la sua sovrana un raffinato monumento: il tempio di Deir-el-Bahari. Ispirato al vicino tempio di Montuhotep, 500 anni più antico, è una costruzione originale nella quale la regina fece incidere le sue magnificenze giovanili e le sue imprese. Nel nono anno del suo regno, i vascelli con un ricco carico di merci, al comando del tesoriere Nehesi, salparono da Tebe, attraversarono il Mar Rosso e sbarcarono sulla costa somala. Scambiate le mercanzie e riempite colmate le stive di preziosi prodotti esotici, compresi interi alberi di mirra, le cinque navi presero la via del ritorno. L’approdo a Tebe fu un avvenimento memorabile. Hatshepsut, dopo aver offerto al tempio di Amon un ricco tributo di avorio, mirra, incenso e profumi, ordinò che gli alberi di mirra fossero trapiantati per abbellire la terrazza del suo tempio a Deir-el-Bahari affinché il suo Dio potesse passeggiarvi, trasformando quella parte di deserto in un rigoglioso giardino. Nel trentesimo anno di regno, Hatshepsut spedì Senmut ad Assuan perché le approntasse due obelischi da porre nel santuario di Karnak. I due monoliti, forse i più belli di tutto l’Egitto, furono cavati, trasportati, scolpiti e messi in opera in soli sette mesi. Alla sua morte, nel ventunesimo anno di regno, il suo sarcofago fu posto nella Valle dei Re accanto a quello del padre Tuthmosis I. In laboratorio, la ricercatrice francese Sandrine Videault ha ricreato il profumo originale dei faraoni dell’Antico Egitto grazie all’aiuto dello storico greco Plutarco, che scrisse che il Kyphi aveva il potere di favorire il sonno, aiutare a fare dei bei sogni, rilassare, spazzare via le preoccupazioni quotidiane e dare un senso di pace. Secondo le fonti documentarie, il profumo, non alcolico, era applicato sui capelli e nelle parti intime, per migliorare la vita sessuale. La ricetta di Kyphi è stata ricavata dalle iscrizioni nei templi di Edfou e da una ricetta nell’opera “Iside e Osiride” di Plutarco. L’antico autore scrive: “Il kyphi è un profumo composto da 16 sostanze: miele, vino, uva passa, cipero, resina, mirra, legno di rosa; si aggiunge lentisco, bitume, giunco odoroso, pazienza, ginepro, cardamomo e calamo aromatico, ma non a caso, bensì secondo le formule indicate nei libri sacri, anche se l’odore è forse troppo pungente per le narici dell’uomo moderno”.
Il tempio di Horus a Edfou fu edificato dalla dinastia tolemaica nel II secolo a.C. sul luogo della battaglia di Horus, dove furono innalzati templi fin dal 2660 a.C. In quel tempo, poiché il clero sapeva che in caso di disordini le scritte su papiro e la tradizione orale sarebbero state distrutte, fecero incidere le informazioni sulle pareti in arenaria del tempio.
Nella Bibbia si apprende che i profumi erano utilizzati nella vita quotidiana perché l’igiene è indispensabile per la purificazione corporale. Mosè spiega i differenti utilizzi dei bagni e delle abluzioni per donne e uomini. Prima del pasto, si nebulizza del profumo, si aromatizzano i vini e si bruciano aromi nelle sale delle feste. I sacerdoti sono medici e profumieri, e ciò testimonia che il forte legame tra medicina, magia, cucina e profumi. Il ruolo sacro dei profumi è contenuto nel libro dell’Esodo, nei passi 30, 34 e 36, quando Dio ordina di costruire un altare dei profumi e di cospargerlo con sostanze aromatiche aggiungendo con che essenze doveva essere fatto l’aroma. Il Signore dice a Mosè: “Prendi degli aromi, della resina, della conchiglia odorosa, del galbano, degli aromi, con incenso puro, in dosi uguali, e fai un profumo composto secondo l’arte del profumiere, salato, puro, santo; riduci una parte in minutissima polvere, e ponila davanti alla testimonianza nella tenda di convegno, dove io m’incontrerò con te; esso vi sarà cosa santissima”. L’incenso è il profumo per eccellenza, è riservato al culto, segno d’onore e di riconoscenza al dio vivente. Nella vicenda dei Re Magi, ai tempi del re Erode, sappiamo che aprirono un cofanetto e offrirono in dono oro, incenso e mirra. I Magi sono degli astrologi babilonesi e i loro doni sono dei simboli: l’oro indica il futuro re dei Giudei, l’incenso un omaggio a Dio, e la mirra, aroma funerario, un riferimento alle sue qualità umane. Nei rituali funerari ebraici, l’imbalsamazione non veniva praticata, il defunto era lavato con acqua profumata e poi unto con oli aromatici. Fra i profumi degli Ebrei abbiamo l’aloe e il nardo, una graminacea chiamata la Verbena delle Indie. Il Cantico dei Cantici, la celebre melodia liturgica da cantare alle nozze, si menzionano il nardo, il fiore della vite, la canna odorosa, il cinnamomo, il giglio e la melagrana. In tutti i paesi biblici il profumo è utilizzato sotto forma di unguenti, chiamati puk, di oli profumati, di polveri a base di henna, e di sacchetti di erbe aromatiche messi fra i vestiti. Nel Tempio di Gerusalemme l’offerta dei profumi da bruciare era importante, soprattutto le misture a base di incenso. Nel paese di Avila, circondato da Pison, uno dei fiumi del Paradiso terrestre, oltre all’oro si trovano anche il bdellio, una resina odorosa sotto forma di gocce rossastre dall’aroma simile alla mirra, e l’ònice, una misteriosa materia aromatica che compare anche fra gli ingredienti dei profumi da bruciare (timiati) prescritti a Mosè per il culto.
Nella Bibbia, l’olfatto è uno dei sensi più considerati, infatti, gli oli profumati e l’incenso erano gli strumenti per entrare in comunione con Dio, per purificarsi e per aromatizzare e sacralizzare il luogo dove pregare. Questa è la formula indicata a Mosè: “Procurati balsami pregiati: mirra vergine per il peso di cinquecento sicli; cinnamomo odorifero, la metà, cioè duecentocinquanta sicli; canna odorifera, duecentocinquanta; cassia cinquecento sicli, secondo il siclo del santuario (16,4 g circa) e un hin (5, 83 litri circa) d’olio d’oliva. Ne farai l’olio per l’unzione sacra, un unguento composto secondo l’arte del profumiere” (Es. 30, 22-25).
Nel regno di Israele il commercio delle erbe era florido, e si importavano olio di mirto e di basilico dal Mediterraneo; cannella da Ceylon, cedro dal Libano e calamo aromatico dall’India. Per ottenere l’olio santo e quello per le unzioni, gli specialisti facevano macerare a caldo piante e resine aromatiche nell’olio dopo averne estratto il succo strizzandole in un panno e facendone stillare il succo in un vaso. Gli scavi hanno portato alla luce mortai per frantumare radici e resine aromatiche, fornelli per macerare a caldo e anfore per acque profumate, vasetti e fiale in terracotta, in vetro e in alabastro.

Immagine di http://archeoclubtorre.altervista.org/blog/wp-content/uploads/2015/02/vita_essenze_01.jpg

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