Storia e archeologia della Sardegna. La Battaglia di
Sanluri (Sa Battalla)
di Alberto Massazza
Alla morte,
avvenuta per peste nel 1375, di Mariano IV d’Arborea, la cui lungimiranza
politica e militare aveva portato il Giudicato alla massima espansione,
arrivando a relegare i Catalano-Aragonesi al possesso delle sole città di
Cagliari e Alghero, il Regno d’Arborea visse oltre un trentennio di alterne
vicende, tra tirannicidi manovrati probabilmente dagli stessi aragonesi,
Giudici minori sotto la reggenza di una madre leggendaria, battaglie e
armistizi. Nonostante l’instabilità dinastica degli arborensi, i
Catalano-Aragonesi non riuscirono a trovare il bandolo della matassa per far
volgere le sorti dell’ormai secolare disputa in loro favore.
Le cose
cambiarono radicalmente nel 1407, alla morte senza eredi del secondogenito di
Eleonora, Mariano V, divenuto Giudice al compimento del quattordicesimo anno
d’età, intorno al 1393. La Corona de Logu, il particolare Parlamento formato
dai maggiorenti del Regno, investì della
Reggenza Leonardo Cubello, bisnipote
di Ugone II, tagliando fuori il marito di Eleonora Brancaleone Doria e
prendendosi il tempo per trovare una soluzione più lineare. La scelta cadde su
Guglielmo III di Narbona, nipote della figlia di Mariano IV, nonché sorella di
Eleonora, Beatrice.
Al contempo, il
giovane Re di Sicilia Martino I detto il giovane, figlio del Re d’Aragona
Martino I detto il vecchio, decise che era giunta l’ora di dirimere una volta
per tutte la questione sarda. Organizzata una poderosa flotta, nell’ottobre del
1408 salpò dalla Sicilia alla volta di Cagliari. Il suo esercito, comandato dal
luogotenente del padre Pietro Torrelles, era meno numeroso, ma molto meglio
organizzato di quello giudicale. Nel giugno del 1409, dopo aver sbaragliato
nelle acque dell’Asinara sei galere genovesi di rinforzo alle truppe sarde,
organizzò l’offensiva. I suoi piani erano di puntare sul castello e sul borgo
fortificato di Sanluri, tradizionale frontiera tra i due regni, per poi andare
alla conquista della città di Villa di Chiesa (Iglesias) a ovest e del Castello
di Quirra ad est.
All’alba del 30
giugno, dopo aver risalito il corso del Flumini Mannu, insolitamente in piena
per la stagione, l’esercito guidato da Martino e Pietro Torrelles puntò
decisamente su Sanluri. Guglielmo III tentò di giocare d’anticipo, lanciando la
sua cavalleria contro la fanteria aragonese, ma Martino e Torrelles, disponendo
a cuneo le truppe, riuscirono a spaccare il fronte arborense in 2 tronconi. La
parte sinistra si divise ulteriormente in due parti, la prima delle quali tentò
di ripiegare nel Castello e nel borgo di Sanluri. Le fortificazioni, fatte
restaurare in fretta e furia dallo stesso Giudice, non ressero all’urto e i
soldati arborensi, al pari degli abitanti maschi, vennero trucidati, mentre le
donne vennero fatte prigioniere. Guglielmo di Narbona, alla guida della seconda
parte del troncone di sinistra riuscì a trarsi in salvo nel vicino castello di
Monreale, l’odierna San Gavino M.
La parte destra
dell’esercito arborense fu spinta verso il Flumini Mannu. Qui, impossibilitati
a guadare il fiume per la piena fuori stagione, dovettero giocoforza tentare di
risalire l’altura occupata dagli aragonesi, dove vennero inesorabilmente
massacrati. Il luogo ancora oggi è chiamato S’Occidroxiu (il macello), a
testimonianza della carneficina che vi venne perpetrata. La piccola collina del
primo scontro, in cui l’esercito arborense venne frazionato dall’abile manovra
di Martino, conserva il nome di Bruncu de sa Battalla (Bruncu è termine che
indica genericamente una cima, indipendentemente dalla sua altezza, come Bruncu
Spina, seconda vetta del Massiccio del Gennargentu).
La Battaglia di
Sanluri non risolse definitivamente la contesa, ma ne fece volgere le sorti in
favore degli aragonesi. Appena un mese e mezzo dopo, gli arborensi ebbero una
platonica rivincita nella cosiddetta Seconda Battaglia, combattuta tra le
paludi di Santa Giusta e Sant’Anna, il giorno successivo al tentativo respinto
di assedio alla capitale giudicale. Ma l’autonomia di Oristano aveva vita
breve: alla fine di marzo del 1410, il vicario del giudice Leonardo Cubello,
mentre Guglielmo III tentava una disperata missione diplomatica in Francia, si
arrese inspiegabilmente senza combattere ad un nuovo attacco alla città. Per
altri dieci anni i sardi tentarono di riorganizzarsi, fino a quando, il 17
agosto 1420, Guglielmo, stanco di una contesa che non gli apparteneva fino in
fondo, decise di vendere tutti i suoi diritti alla corona aragonese per 100
mila fiorini, decretando formalmente la fine del Giudicato.
Martino il
giovane non ebbe la possibilità di godersi il prestigio guadagnato con la
vittoriosa battaglia. Contrasse le febbri malariche verosimilmente durante la
risalita del Flumini Mannu e i suoi anticorpi furono ulteriormente indeboliti
per aver lungamente giaciuto, nel periodo d’incubazione della malaria,
con una bellezza deportata dal villaggio conquistato, la leggendaria Bella di
Sanluri, la cui veridicità storica è stata acclarata. Morì il 25 luglio del
1409, gettando nello sconforto il Regno ed estinguendo il ramo catalano della
dinastia. Fu tumulato nel Duomo di Cagliari, nel luogo in cui, tra il 1676 e il
1680, lo scultore Giulio Aprile eresse il suo Mausoleo, uno dei più importanti
tesori della Cattedrale cagliaritana.
Fonte:
https://albertomassazza.wordpress.com
Immagine di http://www.conchidortos.org
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