Archeologia. I Fenici e
gli altri. Traffici commerciali nel Mediterraneo della Prima età del Ferro
Riflessioni di
Pierluigi Montalbano
Parlare dei rapporti fra i mercanti fenici e le
comunità indigene del Mediterraneo Occidentale comporta un’esposizione di cronologie,
di spazi geografici, di modelli d’insediamento. L’epoca in questione inizia
all’alba del Primo Millennio a.C. e si conclude intorno al 600 a.C. Le aree
interessate comprendono Malta, la Sicilia nord-occidentale, la Sardegna, il
Nord-Africa e la Penisola iberica. In passato gli studiosi attribuivano ai
fenici una valenza commerciale, tuttavia occorre mettere in evidenza i
cambiamenti climatici che colpirono il Vicino Oriente durante la prima età del
Ferro causando una forte riduzione delle terre coltivabili e una conseguente crisi
alimentare. Inoltre, dall’850 a.C. la spinta degli Assiri per la conquista di
uno sbocco a mare danneggiò e limitò ancora le terre fertili. Fu dunque il
Ad esempio il sito di Cadice, nella zona
dell’attuale Stretto di Gibilterra, abbiamo il Castillo de Doña Blanca, posizionato
in una piccola insenatura in prossimità della foce del Guadalete. Già nell’VIII
a.C. le sue 500 abitazioni occupavano una superficie di 7 ettari delimitata da
una possente muraglia preceduta da un fossato di 20 metri di ampiezza. La
ceramica rinvenuta dagli archeologi testimonia la ricchezza del centro, un
porto in grado di svolgere relazioni commerciali ad ampio raggio con tutte le
coste mediterranee. Inizialmente nel territorio si svolgevano attività legate
alla pesca, alla raccolta di molluschi e alle operazioni di piccolo cabotaggio,
ma nell’arco di un secolo l’approdo fu attrezzato di tutti gli elementi utili
allo svolgimento in sicurezza degli scambi. Fu costruito un tempio dedicato a Melqart,
sull’isolotto di Sancti Petri. Si tratta, come in tanti altri approdi del
Mediterraneo, di un santuario che rappresenta simbolicamente il centro
religioso, politico ed economico dell’incontro fra locali e mercanti. L’insediamento
era composto dall’approdo nell’isoletta posta nella baia di Cadice e da un suo
avamposto sulla terraferma che garantiva la sicurezza nei confronti di
eventuali aggressioni da popolazioni dell’interno. Le fonti storiche raccontano
delle immense ricchezze minerarie della
regione e dei rapporti fra gli insediamenti costieri e le aree montuose interne
nelle quali sono presenti decine di piccoli insediamenti concepiti come aree
produttive. La base economica di queste comunità è di tipo agropastorale e il
commercio dei metalli si sviluppa in un secondo momento. C’è da osservare che
in altre zone, invece, lo sfruttamento delle miniere era in piena attività, con
officine specializzate nella lavorazione di armi e di oggetti in rame e bronzo.
Questi materiali erano oggetto di regolari commerci, anche a lunga distanza, e
ciò suggerisce una struttura sociale gerarchizzata con élites in grado di
gestire la filiera mineraria, dall’estrazione, alla fusione e al trasporto
verso i mercati. In queste élites erano
presenti dei leader che rappresentavano gli interessi del gruppo di
appartenenza, e ciò favorì le relazioni con i mercanti che approdavano nei
luoghi deputati allo scambio. Il metallo sotto forma di lingotti e il minerale
allo stato grezzo venivano trasportati soprattutto lungo il corso dei fiumi per
poi essere imbarcati alla volta dei mercati oltremare. Verosimilmente, una parte
del minerale allo stato grezzo era trasportato direttamente sino alla costa,
dove era fuso in centri specializzati. Il dato è di grande interesse nelle zone
con presenza di piombo, dal momento che sappiamo quanto questo metallo sia fondamentale
nella coppellazione, una tecnica utilizzata nella fusione dell’argento. Le relazioni commerciali instaurate negli
approdi, innescarono un processo di acculturazione che portò rapidamente alla
creazione di impianti urbani, con edifici organizzati sia in quartieri
abitativi sia in quartieri industriali, questi ultimi con ambienti per attività
metallurgiche e magazzini per lo stoccaggio dei prodotti alimentari. E’
evidente che gli approdi più importanti dovettero dotarsi di muraglie difensive
e altri apparati militarizzati poiché le ingenti risorse accumulate
costituivano un boccone prelibato per qualunque popolo esterno. Appaiono,
dunque, villaggi nei quali sono presenti elementi di riconoscimento come templi,
fortificazioni, forni, necropoli, capanne
artigianali e altre strutture nelle quali confluivano sia le materie
prime provenienti dalle regioni metallifere, sia i manufatti e i prodotti
utilizzati dai mercanti come contropartita negli scambi e destinati alle
comunità dell’interno. L’organizzazione commerciale si mescolò a quella
politica e a quella sociale, con una fattiva collaborazione tramite una serie
di patti e di alleanze stabiliti dai mercanti con i capi delle comunità. La testimonianza
di questa strategia politica è individuabile nei manufatti esotici e i beni suntuari
rinvenuti nei villaggi dell’interno che, grazie alla loro posizione, svolgevano
una forma di controllo sul flusso dei metalli.
Dai porti il metallo veniva imbarcato su flotte
adatte alla navigazione d’altura, e la rete commerciale si articolò a
dismisura, con ingenti ricchezze che furono distribuite in tutto il
Mediterraneo. Questi traffici portarono notevoli benefici anche alle
popolazioni indigene, ed è evidente che furono inserite negli scambi anche
grandi quantità di derrate alimentari, soprattutto olio e vino vista la massiccia
presenza di anfore utilizzate per il loro trasporto e da altre tipologie
ceramiche, quali le brocche bilobate e le coppe carenate.
Le nuove tecnologie dei settori produttivi vanno
dall’introduzione della tecnica del tornio e della depurazione dell’argilla
alla metallurgia e alla lavorazione di utensili e oggetti preziosi ma si nota
anche una grande attenzione alle modifiche nel piano urbanistico. Gli studi testimoniano nuove pratiche
funerarie, con la presenza di corredi funerari con urne contenenti i corpi
cremati, piatti con offerte di cibo, anfore a collo espanso per le sostanze
oleose e brocche per il vino che attestano la pratica del banchetto rituale. I
mercanti levantini trasportavano nell’Occidente mediterraneo l’olio attico,
considerato di qualità eccellente, che veniva commerciato in anfore di lusso di
produzione greca, denominate «SOS».
L’ostentazione di beni di prestigio indica un
accumulo di ricchezze motivato dai floridi commerci e dalla buona organizzazione
della filiera. All’aumento della domandasi
rispose con un notevole incremento delle attività produttive e all’introduzione
di nuove tecnologie in grado di determinare la formazione di un surplus. Le terre
fertili furono sfruttate intensivamente e, parallelamente, fu specializzata la
filiera mineraria. Commercianti, artigiani, carpentieri e tecnici aumentarono
di numero e qualità professionale, andando a formare un substrato nel quale
emersero elitès in grado di governare gli approdi e i distretti dell’interno.
La comparsa nella ceramica di grandi contenitori suggerisce la creazione di una florida filiera
alimentare con traffici di olio, vino, carne salata e altre derrate. probabilmente
gli animali sacrificati nei santuari erano successivamente macellati e le loro
carni lavorate, salate e trasportate tramite speciali contenitori riconoscibili
dal tipo di decorazione.
Nell'immagine: Collana in pasta vitrea conservata al Museo Archeologico di cagliari
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