Archeologia. Gilgamesh e gli Antichi Popoli della Mesopotamia: Sumeri e Accadi.
Sumeri.
Le prime città
del Vicino Oriente sorsero nell’antica Mesopotamia, una fertile pianura situata in
Asia fra i due grandi fiumi Tigri ed Eufrate. Qui, per la prima volta, gli
uomini introdussero un sistema di scrittura costituito da caratteri lineari a
forma di cuneo scritti da sinistra verso destra mediante la punta di una canna che
affondava nell’argilla. In origine i segni, pittografici, riproducevano
schematicamente gli oggetti. Successivamente divennero lineari, per poi acquistare
la forma di cunei quando si cominciò a scrivere nell’argilla ancora molle, su
cui era impossibile segnare con chiarezza le linee. Gli abitanti vivevano
prevalentemente in campagna, all’interno di
case fatte di mattoni crudi, ovvero
di fango seccato all'aria, e generalmente avevano un cortile e un terrazzo sul
tetto. I contadini allevavano capre, pecore e buoi, che usavano per i lavori
agricoli. Scavarono una fitta rete di canali per irrigare il terreno con
l'acqua dei fiumi. Fra i prodotti dell’agricoltura notiamo orzo, frumento e
datteri. Il raccolto era ricco e consentiva di sfamare anche coloro che si
dedicavano ad attività diverse dall'agricoltura. Nelle piccole città
risiedevano bottegai e artigiani che si dedicavano ad attività legate al
consumo alimentare, alla tessitura e alla colorazione dei tessuti. Fabbri e falegnami
costruivano mobili e attrezzi da lavoro, mentre gli orefici creavano gioielli e
i vasai fabbricavano anfore, piatti e oggetti per la mensa. Alla guida di
carovane di asini e cammelli c'erano mercanti che portavano questi prodotti
lontano dalla Mesopotamia per barattarli con metalli, pietre preziose e altri
oggetti che non si trovavano nel loro paese. Al centro delle città sorgeva il
palazzo, dove vivevano i re e gli scribi. I re amministravano la giustizia e
conducevano gli eserciti in guerra. Gli scribi, invece, annotavano le spese e
conteggiavano i tributi dei contadini. I mestieri erano spesso ereditati dai
figli, in città e in campagna. Le donne si dedicavano alla famiglia ma avevano
la possibilità di amministrare da sole le proprie ricchezze. Il popolo adorava decine
di divinità diverse, ad esempio Ishtar, dea dell'amore e della guerra, Shamash,
dio del Sole, e Nabu, dio della scrittura. Le cerimonie solenni si svolgevano
nei templi. Alcuni di essi avevano terrazze su cui sacerdoti, denominati magi, studiavano gli astri: registravano i
movimenti delle stelle e da queste prevedevano il futuro e facevano l’oroscopo.
Alle preghiere e alle pozioni magiche si ricorreva anche in caso di malattia
perché si pensava che si trattasse di una punizione divina o l'effetto di una
maledizione. Nel corso dei millenni diversi popoli si contesero il dominio
della Mesopotamia. All'inizio c'erano i Sumeri, poi i Babilonesi e in seguito i
bellicosi Assiri, guerrieri spietati provenienti dal Nord. Poi di nuovo presero
il sopravvento i Babilonesi, e infine ci fu il dominio dei Persiani. Questi
ultimi parlavano una lingua diversa e adoravano un solo dio, che veneravano
sotto forma di fuoco. Inoltre, erano abilissimi combattenti a cavallo. Crearono
un vastissimo impero nel quale costruirono strade e diffusero l'uso della
moneta. Una delle più grandi città della Mesopotamia fu
Babilonia, una città completamente circondata da mura possenti, con torrioni e
porte fortificate, decorate con mattonelle smaltate blu. I giardini pensili
costruiti sulla sommità dei palazzi sono considerati una delle sette meraviglie
del mondo. Al centro della città sorgeva un enorme edificio a gradoni, alla
base del quale stava il tempio del dio Marduk. Questo tipo di costruzioni,
formate da più piani sovrapposti, era diffuso in tutta la Mesopotamia e si
chiamava ziqqurat. Fra i più antichi popoli a lasciare tracce indelebili nella
storia di quei luoghi abbiamo i Sumeri. Fondarono alcune città-Stato ma non
furono i soli abitanti di quell’area, popolata anche da genti semitiche che
parlavano l’accadico (la lingua dei Babilonesi e degli Assiri), stanziate nel
Centro e nel Nord della Mesopotamia. La lingua dei Sumeri non ha parentele
dirette con altri idiomi. Era una lingua agglutinante, ossia che unisce alla
base della parola diversi elementi, attaccandoli secondo un ordine rigoroso.
Per esempio, in sumerico “ai figli del re” si direbbe così: dumu.lugal.ak.ene.ra =
figlio + (re del) plurale + a. Oggi esistono tante lingue
agglutinanti (la più parlata è il turco), ma la lingua dei Sumeri non è affine
a nessuna di esse. La scrittura inventata dai Sumeri fu largamente adottata dai
popoli vicini, che parlavano lingue diverse tra loro: basti pensare
all’accadico, all’ittita (indoeuropeo) e all’elamico (altra lingua
agglutinante). Il sistema sumerico consisteva di un migliaio di segni, ognuno
dei quali non rappresentava i suoni delle parole, bensì un’idea o un oggetto. Così,
l’insieme di 5 segni ad angolo più la forma schizzata di un pesce (in sumerico ku) significa: 50 pesci. Per semplificare il
sistema, si pensò di attribuire più valori a ogni singolo segno, secondo
rapporti di affinità. Per esempio il segno che rappresentava la testa (sag) con l’aggiunta di un tratteggio nella
mascella inferiore significava bocca (ka).
Ma con la bocca si mangia e si parla, quindi con lo stesso segno di bocca si
indicavano i verbi mangiare (gu) e parlare
(dug), parola (enim), e altro. In seguito, quando i disegni
stilizzandosi assunsero la forma di cunei, essi furono usati per indicare anche
delle sillabe, senza curarsi del significato. Per scrivere la parola italiana barca, avremmo usato il segno bar (che in sumerico vuol dire lato) 1 ka (bocca), senza riferimento all’idea di “lato
1 bocca”, ma solo al suono delle due sillabe: il principio è lo stesso dei
rebus che si trovano nelle odierne riviste di enigmistica. Il numero di segni
con il passare del tempo si ridusse e con essi furono scritti poemi mitici,
epici, cronache, inni e preghiere agli dei, esorcismi contro i demoni e
trattati di divinazione per capire cosa gli dei avessero in serbo per il re.
Furono redatti anche lettere e documenti amministrativi o contabili, creando
vasti archivi che documentassero le attività che si svolgevano in templi,
palazzi e mercati. La convivenza tra Sumeri e Semiti, che parlavano due lingue
diverse tra loro, creò una vasta area popolata da persone bilingui e, di
conseguenza, le due lingue subirono delle modificazioni. Per fare un esempio, le
lingue semitiche mettono il verbo in mezzo alla frase (per esempio, il re costruì il tempio), ma l’accadico, pur
essendo lingua semitica, mette il verbo alla fine, proprio come fa il sumerico,
a causa appunto dell’influenza di questo (il re
il tempio costruì). Chi parlava entrambe le lingue trovava più
comodo costruire le frasi nello stesso modo, e sapeva che non ci sarebbe stata
confusione, perché tutti erano bilingui. Non sappiamo quando i Sumeri giunsero in
Mesopotamia. Divisero il territorio in regioni autonome, ognuna retta da una città-Stato.
Spesso in conflitto tra loro, erano unite dalle stesse concezioni religiose, e ogni
città era sede di una divinità. Tutte insieme erano l’assemblea degli dei. La
città di Nippur era sede del re degli dei, Enlil. L’organizzazione del
territorio in città-Stato si riflette anche nel mito che racconta la storia
delle loro origini. I Sumeri, infatti, ritenevano che gli dei, per dare inizio
alla civiltà, avessero fatto scendere in terra la regalità e il culto. I re
regnarono su singole città, ognuna delle quali, a turno, si era sede della
regalità. Così al primo re, Alulim, succedette Alagar ed entrambi regnarono a
Eridu, la città più meridionale della Mesopotamia. I successivi tre re regnarono
a Bad-Tibira, perché la regalità s’era trasferita da Eridu in quella città. In
seguito, anche Bad-Tibira fu abbandonata e la regalità s’installò nella città
di Larak. Il lungo elenco dei re riportato nei testi sumeri si succedono
dall’inizio della civiltà, addirittura prima del diluvio universale. Infatti,
dopo Larak, furono le città di Sippar e Shuruppak (con un solo re ciascuna) le
sedi della regalità, ma poi il diluvio spazzò via tutto. L’ultimo re,
Ubar-Tutu, divenne il Noè mesopotamico. Costruì un’arca con cui salvò sé
stesso, la sua famiglia e una coppia di ogni specie animale. Egli, poiché era
figlio del dio demiurgo Enki, fu avvertito per tempo della catastrofe
incombente. Ognuno di questi re, secondo il mito dei Sumeri, regnò per un
incredibile numero di anni: per esempio, al re Alulim furono attribuiti 28.800
anni di regno, e Ubar-Tutu durò per 18.600 anni. Dopo il diluvio, i re durano
per un numero di anni meno fantasioso fino a giungere ai re storici. Tuttavia,
la Lista reale sumerica non
rispecchia la realtà, infatti non è vero che una città alla volta abbia
esercitato il potere regale in Mesopotamia. La storia è più complessa, infatti,
dal novero delle città è esclusa, ad esempio, l’importante città di Lagash,
sulla quale sappiamo che ingaggiò un conflitto (tra il 2450 e il 2300 a.C.) con
la vicina città di Umma, per il possesso di un territorio ricco di grano: il
Guedena. Gli dei delle due città, il dio Shara di Umma e il dio Nin-Girsu di
Lagash, avevano ricevuto in Cielo, da Enlil, il tracciato del confine
realizzato dall’antico re Mesalim; quando il re di Umma violò il confine, si
scatenò la guerra, vero ‘giudizio di Dio’, per ripristinare l’ordine divino
violato. Attorno al 2350 il re di Uruk Lugalzagghesi riuscì a imporre il suo
dominio sulla Mesopotamia del Sud, ma fu sconfitto da Sargon di Akkad
(2335-2279), un personaggio mitico salvato dalle acque, che fondò il primo
impero semitico a noi noto. I barbari Gutei scesero in Mesopotamia e l’Impero
accadico crollò attorno al 2190; fu solo la riscossa del re di Uruk a
decretarne la sconfitta. In seguito, il principe della città di Ur, Ur-Namma,
prese il potere, dando inizio alla terza dinastia di Ur, che unificò la
Mesopotamia dal 2112 al 2004, data in cui Ur fu distrutta. Questo evento segna
l’uscita di scena dei Sumeri come popolo dominante, ma la loro lingua (come il
latino nel Medioevo) continuò a essere usata fino al III d.C.
Accadi.
Gli Accadi sono un’antica popolazione semitica che prende nome
dalla città di Akkad, fondata da Sargon I nel 2300 a.C. circa e divenuta, dopo
la vittoria sul re sumero Lugalzaggesi, capitale di un regno che comprendeva la
Mesopotamia, una parte dell’Iran e della Siria. Il primo re e fondatore
del popolo degli Accadi fu Sargon, un leggendario personaggio abbandonato dalla
madre in un fiume, come Mosè, e salvato dalla dea Ishtar. Da giovane fu coppiere
reale a Kish, poi condusse delle campagne militari conquistando la Siria e parte del Mediterraneo, comandando
"sopra le quattro parti del mondo". Il suo potere era garantito dalla
fedeltà dell'esercito, 5400 uomini che banchettavano e bevevano alla sua stessa
mensa. Nei testi cuneiformi, il nome Akkad designa sia la città sia la regione
settentrionale della bassa Mesopotamia, in opposizione alla terra di Sumer.
Distrutta intorno al 2100 a.C., la capitale degli Accadi non fu più ricostruita. Il
regno degli Accadi ebbe un’amministrazione centralizzata, di cui rimangono tracce
documentarie a Umma e Gasur, oggi
Yorgan Tepe. Per favorire l’integrazione delle città sottomesse, Sargon I
declassò i principi locali al rango di governatori e li sostituì con i cittadini
di Agade, suoi consanguinei. La figlia del sovrano, Enheduanna, sacerdotessa a
Ur, assimilò il culto semitico della dea guerriera Ishtar, protettrice della
dinastia, a quello della sumera Inanna, favorendo forme di sincretismo
religioso tra divinità sumere e semitiche. Narām-Sīn, terzo successore di
Sargon, si fregiò dei titoli di re delle quattro regioni del mondo e dio di
Agade. La lingua accadica,
utilizzata insieme al sumerico nelle iscrizioni regie e per la redazione di
atti amministrativi e legali, costituisce insieme alla lingua paleocananea di
Ebla il più antico esempio di
lingua semitica. I più antichi documenti risalgono alla prima metà del III
millennio a.C. e sono scritti con i caratteri sillabici cuneiformi già usati
dai Sumeri. Nel II millennio a.C. l’accadico divenne la lingua più diffusa nei
paesi del Vicino Oriente. Si distinguono diverse fasi linguistiche: il
paleoaccadico (circa 2600-2000 a.C.), lingua dell’impero fondato da Sargon I;
il paleobabilonese (circa 2000-1600 a.C.), l’espressione più alta
dell’accadico; il paleoassiro (circa 2000-1700 a.C.), che conserva, a
differenza del babilonese, alcune vocali in iato non contratte; il
mediobabilonese (circa 1600-1000 a.C.); il medioassiro (circa 1500-1000 a.C.);
il neobabilonese e il neoassiro (circa 1000-600 a.C.), che risentono
dell’influenza dell’aramaico. Fra le opere letterarie, si ricorda un poema in
onore di Ishtar composto da Enheduanna.
Gilgamesh.
Gilgamesh, il leggendario eroe sumerico, fu
il quinto re della I dinastia della città sumerica di Uruk, era per due terzi
dio e per un terzo uomo. Risulta come divinità in un elenco di nomi trovato a
Shuruppak, l'odierna Fara, in Afghanistan, databile al 2600 a.C. Le sue gesta
ispirarono numerosi poemi: Gilgamesh e
l'oltretomba, Gilgamesh e Agga, Gilgamesh e Huwawa, Gilgamesh e il Toro
Celeste, La morte di Gilgamesh.
I testi risalgono al 2100 a.C., lo raccontano come uno spietato tiranno che
aveva stremato il popolo di Uruk, impegnandolo nella costruzione di una superba
cinta muraria a difesa della città. Le donne chiedono aiuto agli dei, che
creano Enkidu, un essere primitivo e selvaggio che vive in armonia con gli
animali, distruggendo le trappole approntate dai cacciatori. Questi ultimi chiedono
a una fanciulla di sedurlo e condurlo nella civiltà. Entrato a Uruk, Enkidu si
scontra con Gilgamesh ma i due diventano amici e decidono di compiere insieme
una grande impresa: entrare nella foresta dei cedri (in quello che oggi è il
Libano) e uccidere il mostro Khumbaba che ne stava a guardia. L'impresa riesce,
ma irrita gli dei che avevano stabilito il ruolo di Khumbaba. Inoltre la dea
Isthar, la Venere babilonese, respinta da Gilgamesh invia sulla Terra il Toro
Celeste, ma i due eroi riescono a ucciderlo. La dea, a quel punto, lancia una
terribile maledizione e, subito dopo, Enkidu si ammala e muore. Incapace di
rassegnarsi, Gilgamesh decide di mettersi in viaggio per raggiungere gli
estremi confini del mondo e chiedere aiuto all'unico uomo immortale: Utnapishtim,
il Noè mesopotamico, che aveva salvato nell'arca le specie viventi e l'uomo dal
diluvio universale (il mito fu ripreso nella Bibbia) e, per questa ragione,
aveva ottenuto la vita perpetua. Ma, richiesto di restare sveglio per una
settimana, l'eroe fallisce la prova. Utnapishtim, impietosito, gli indica come
consolazione dove trovare la pianta della giovinezza. Sulla via del ritorno,
per una banale distrazione, la pianta viene mangiata da un serpente, che subito
ringiovanisce cambiando pelle. Nella saga di Gilgamesh, quindi, l'eroe fallisce
nella sua ricerca sia dell'immortalità sia della giovinezza, ma la sua figura
ispirerà quella dell'eroe greco Ulisse e perfino il pellegrinaggio della Divina Commedia di
Dante. Degli altri poemi sumerici esclusi dalla trama unificata del poema
babilonese, Gilgamesh e Agga narra
l'apparire sulle mura di Uruk dell'eroe, circonfuso di splendore, per volgere
in fuga gli assedianti del re Agga (l'episodio richiama quello di Achille, che
mette in fuga i Troiani con il suo urlo dopo la morte di Patroclo, nell'Iliade). Nei poemi “La morte di Gilgamesh” e “Gilgamesh e l'oltretomba” si descrive
il mondo dei defunti, in cui l'incauto Enkidu rimane prigioniero richiamando l’episodio
della discesa di Ulisse nell'Ade.
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