Archeologia.
Sacrifici umani nella storia. Furono praticati anche dagli antichi Greci?
Il sacrificio è una pratica rituale propria di
molte civiltà, antiche e moderne. Secondo il nostro punto di vista e la nostra
sensibilità culturale, tendiamo a considerare i sacrifici umani come un
qualcosa di aberrante e mostruoso ma al contempo affascinante, da relegare,
tuttavia, a civiltà arcaiche o arretrate e non civilizzate. Nel 226 a.C. Roma
si trovava in una situazione di crisi, essendo minacciata dall’invasione di
popolazioni galliche. Dietro consultazione dei Libri Sibillini, furono
seppellite vive una coppia di Galli e una di Greci nel Foro Boario. Si scelsero
i Galli perché erano i nemici del momento, ma la decisione di sacrificare
persone greche non trova, al momento, una spiegazione certa. Lo stesso
sacrificio fu ripetuto dopo la battaglia di Canne, nel 216, ancora con vittime
greche e galliche, ma questa volta al fine di espiare la condotta impudica di
alcune Vestali, che furono coinvolte nel supplizio.
Un testo ittita descrive un rito di purificazione che
si eseguiva dopo una sconfitta militare: si tagliavano in due un uomo, un
capro, un cagnolino e un piccolo maiale, si ponevano le metà dei corpi a una
distanza tale che le truppe potessero passare attraverso di essi, poi
attraverso due fuochi, poi
attraverso una porta, e infine venivano bagnate con
dell’acqua per essere purificate. Questo rito così singolare trova analogie
presso numerose civiltà per evitare un pericolo, trovare scampo da malattie e
altre circostanze difficili. Erodoto riferiva che il persiano Serse fece
passare il proprio esercito tra le metà di un corpo umano prima di marciare
sull’Ellesponto, inoltre, l’esercito vittorioso di Peleo, a Iolco in Tessaglia,
passò attraverso le metà del corpo di Astidamia, la moglie del re vinto
Acasto.
Conosciamo il rito ebraico del capro espiatorio
dell’Antico Testamento che prevedeva, in occasione della festa autunnale dei
Tabernacoli il sacrificio di un capro che assume su di sé tutto il male di
Israele accumulatosi durante un intero anno, e lo conduce lontano, nel
deserto. Ad Atene, un rito prevedeva il sacrificio di vittime umane
durante la celebrazione della festa Thargelia, in onore di Artemide e
Apollo. Prevedeva che due vittime scelte tra la classe più bassa venivano
espulse dalla città dopo essere state nutrite a spese pubbliche per un certo
periodo. Mentre per Atene non si ha nessuna notizia circa l’uccisione di tali
vittime, sappiamo che a Massalia, l’attuale Marsiglia, il rito si celebrava in
concomitanza di epidemie, e le vittime erano volontari, forse attratti dalla
possibilità di nutrirsi a spese non proprie. Ad Abdera, una persona acquistata
all’uopo, veniva lapidata a nome di tutta la collettività. Nel mondo romano i
giochi gladiatori rientrano forse in questi rituali, e Plinio scrive che
esisteva l’usanza di bere il sangue caldo dei gladiatori morti perché efficace
contro l’epilessia. A Sparta c’era il rito
della flagellazione, per il quale dei fanciulli venivano frustati dinanzi il
simulacro di Artemide Orthia. Questo rito fu introdotto da Licurgo per
sostituire la pratica originaria che prevedeva sacrifici umani.
Su
Focus di questo mese si legge del ritrovamento di uno scheletro di adolescente
sul Monte Liceo, sacro a Zeus. Ciò riaccende il dibattito sulla presenza della
cruenta pratica nella civiltà considerata culla della filosofia. Leggiamo che lo
scheletro di un adolescente vissuto 3.000 anni fa, senza cranio e disposto tra
due file di sassi, con una lastra di pietra a coprire il bacino, è stato
rinvenuto in Grecia. Nulla di strano, se non fosse per il luogo del
ritrovamento: il Monte Liceo, sede del culto di Zeus e citato spesso in
antichità per i sacrifici, umani e animali, che gli antichi Greci consumavano
su di esso.
Finora
le testimonianze di sacrificio umano associate a questa montagna, incluse
quelle di Platone, erano state liquidate come leggende. Difficile pensare che
la pratica del sacrificio umano, presente per motivi religiosi tra antichi
Romani, Egizi e Israeliti, riguardasse anche la culla della democrazia e del
pensiero razionale. Tuttavia, anche se gli archeologi invitano alla
cautela, il ritrovamento è straordinario: la cima sud della montagna, dove è
avvenuto, era sede di un altare sacrificale, non di un cimitero.
Perché
allora seppellire un corpo proprio lì?
Diverse
fonti classiche menzionano l'altare di Zeus come adibito a sacrifici umani. In
base alla leggenda, un ragazzo veniva immolato assieme ad alcuni animali, e la
carne delle vittime veniva poi cotta e consumata. Ma se del macello animale
erano state trovate tracce di migliaia di animali sacrificati per il periodo
dal XVI a.C. e fino al 300 a.C., fino a qualche settimane fa non erano stati
rinvenuti resti umani.
La
presenza umana in questo luogo risale a più di 5000 anni fa. Fino ad oggi non
sono state trovate prove di un culto di Zeus, ma rimane difficile capire
perché, altrimenti, una comunità avrebbe dovuto abitare su una cima tanto
esposta e arida. Finora solo il 7% dell'altare del Monte Liceo è stato portato
alla luce dagli archeologi, e bisognerà attendere nuovi scavi per chiarire il
mistero.
Nessun commento:
Posta un commento